A CHIOMONTE - IN VAL DI SUSA
No Tav, in 400 attaccano il cantiere
Alfano e Lupi: «Lo Stato non si ferma»
Dopo mezzanotte i manifestanti hanno lanciato bombe carta e razzi contro le reti. Il bilancio: 9 fermati e 15 agenti feriti
Ancora una notte di tensione al cantiere della Tav di Chiomonte, in Val di Susa. Prima un incendio sull'autostrada Torino-Bardonecchia. Poi l'assalto. Bombe carta, razzi, pietre e petardi lanciati contro le reti. Una battaglia di esplosivi. Nove i manifestanti fermati, tra cui anche una donna. Più alto il numero di feriti: 15 soltanto tra le forze dell'ordine. Si tratta di sette poliziotti, sette carabinieri e un soldato. Ci sono anche alcuni feriti tra i fermati. Nessuno è grave. Dei 9 fermati, sei sono stati arrestati per resistenza e violenza a pubblico ufficiale aggravata. C'e' anche il figlio di un giudice piemontese: Edoardo Ennio Donato, 29 anni. Gli altri sono Molina Luke, di Trento, 23 anni, Matthias Moretti di Roma, 27, Gabriele Tomasi, milanese di 18 anni, Piero Rossi, romano di 56 e Marcello Botte, di Potenza, 24 anni. Un'altra attivista, residente a Pisa, di 33 anni, è stata denunciata per il reato di resistenza a pubblico ufficiale in concorso.
A MEZZANOTTE - È quasi mezzanotte quando oltre quattrocento incappucciati armati di scudi bianchi, caschi e maschere attaccano il cantiere dell'alta velocità. Avanzano nel buio, nei boschi. Sono divisi in più gruppetti, che hanno percorso sentieri diversi da Giaglione, il punto di ritrovo, perché la tattica stabilita è quella di «disperdere la polizia». Dalla galleria autostradale all'altezza di Giaglione, tirano sassi contro i carabinieri che marciano contro di loro per respingerli, mentre l'autostrada ancora brucia. In fiamme i copertoni a cui i manifestanti hanno dato fuoco. Attaccare in più fronti, contemporaneamente, con qualsiasi cosa prenda fuoco. La strategia è chiara. E la polizia lancia lacrimogeni per disperderli. Sono centinaia le forze dell'ordine che presidiano i diciannovemila metri quadrati di area di scavo immersi nei boschi della Val Clarea, tra alture, saliscendi e rocce da perforare.
L'INIZIO - La manifestazione dei No Tav è iniziata alle 21, con l'afflusso a Giaglione, il punto di ritrovo da cui parte il sentiero. Poi è partita la marcia attraverso i boschi. Il gruppo si è diviso in più frange a metà percorso, ognuna ha percorso una via diversa per attaccare il cantiere in almeno la metà dei suoi 13 varchi. Sono arrivati non solo valligiani, ma autonomi, anarchici, esponenti dei centri sociali. Da Torino, Roma, Rovereto, dalla Francia.
A VISO COPERTO - Almeno duecento gli «incappucciati» con il viso coperto, armati di zaini carichi e maschere antigas. Altri 175 «sospetti» secondo la questura sono stati identificati prima che calasse il sole, lungo le strade della Val da Susa, durante controlli mirati e organizzati da ieri. Quattordici di questi sono stati portati in questura perché trovati con maschere, caschi e «oggetti atti al travisamento». I più giovani sono arrivati dal campeggio No Tav allestito a Venaus, paese a pochi chilometri di distanza all'inizio scorso, allestito dai primi giorni di luglio. Chi tra le forze dell'ordine lavora ai servizi informativi se lo aspettava, che quella di questa sera sarebbe stata una notte di fuoco.
L'ORGANIZZAZIONE IN RETE - Il tam tam dei movimenti antagonisti, che comunica molto attraverso la rete, anche al di fuori di canali ufficiali, ha attirato in valle anarchici da tutta Italia e da oltre le Alpi. Lo stesso movimento No Tav aveva lanciato la marcia di questa sera con particolare «convinzione», per dare un segnale, dopo i numeri bassi delle ultime manifestazioni. Tutti segnali d'allerta che hanno portato al presidio del cantiere da parte di centinaia di forze dell'ordine. Poliziotti, carabinieri, finanzieri e membri dell'Esercito, piazzati anche fuori dalla reti, appostati nei punti migliori per l'avvistamento nei boschi.
AUMENTA LA TENSIONE - A contribuire ad alzare la tensione, è stata anche la sentenza di condanna a otto mesi inflitta nel corso della mattinata dal tribunale di Torino a un'anarchica No Tav, Marianna Valenti. Era accusata di resistenza a pubblico ufficiale per un'irruzione con altri anarchici a uno degli uffici di esecuzione sfratti a Torino. Ma era diventata uno dei «simboli della lotta No Tav» da quando era stata arrestata proprio fuori dal cantiere di Chiomonte durante una manifestazione notturna No Tav nel settembre del 2011. Al Palagiustizia ad ascoltare la sentenza di prima mattina sono accorsi oltre duecento antagonisti. Non solo italiani. Pronti per salire in Valle durante la serata.
CAMBIO DI STRATEGIA - rispetto a tutti gli episodi di «guerriglia» avvenuti al cantiere dal 2011, anno in cui e' stato costruito, le forze dell'ordine hanno cambiato strategia: sono uscite dalla reti del cantiere «venendo incontro» ai manifestanti, dopo che era partito il lancio di molotov, anziché restare dentro o nei pressi delle reti come avvenuto nei mesi e negli anni scorsi Questa tattica ha fatto sì che gli scontri avvenissero nei boschi e che poco dopo un'ora dal tiro del primo razzo - quindi dall'inizio degli scontri - venissero fermati una decina di «incappucciati». La protesta si è conclusa prima delle 4 del mattino.
REAZIONI - «Lo Stato non si ferma e non consente alcuna forma di intimidazione», scrive in una nota il ministro dell'Interno Alfano. «Lo Stato non si ferma neanche di fronte ad attacchi di pura guerriglia come quelli avvenuti questa notte al cantiere Tav di Chiomonte». Un commento è arrivato anche dal ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi : «La risposta delle istituzioni all'inaccettabile attacco di questa notte contro la Tav sarà decisa e ferma come quella delle forze dell'ordine, alle quali va tutta la mia solidarietà e il mio plauso». «La Tav - ha sottolineato il ministro - «è un'opera strategica per l'Italia e per l'Europa decisa democraticamente e lo Stato non indietreggerà di un millimetro dalla sua difesa e dalla volontà di realizzarla».
Elisa Sola |