Ma che cosa sta succedendo all'industria dei videogiochi? La notizia di oggi, che conferma quanto anticipato un paio di giorni fa, ossia la chiusura pressochè definitiva della Rage Software, mi mette addosso un po' di preoccupazione. Ultimamente le notizie di difficoltà economiche e chiusure di studi di programmazione e software house si stanno susseguendo a ritmo (troppo) serrato: la Looking Glass, la Interplay, Vivendi Games, Crawfish, centri di sviluppo di Electronic Arts ed Acclaim... Dall'altro lato leggiamo con sempre maggior frequenza di acquisizioni, fusioni, assorbimenti: tutte le software house che "sopravvivono" alle difficoltà economiche finiscono per diventare società "controllate" di un gruppo più grande. È il caso della Blizzard, della id Software, della Westwood, della Bioware, e di moltissime altre (praticamente tutte quelle che vi vengono in mente).
Quello che si sta delineando all'orizzonte, insomma, mi pare un quadro tutt'altro che confortante: assistiamo da una parte alla pressochè totale sparizione delle piccole realtà, osservando dall'altra il crescente rafforzamento di pochi colossi dell'intrattenimento (le famigerate "compagnie"), sotto le cui mani passa tutto il mondo del videogioco: Activision, Electronic Arts, Infogrames, Nintendo, Microsoft...
Il primo paragone che mi viene in mente è quello del settore dell'auto, dove le numerosissime marche esistenti (di ogni genere, dal produttore di macinini super economici al costruttore di dream car) fanno in realtà riferimento a pochissimi gruppi industriali.
E la storia ci insegna che l'oligopolio, si sa, non fa un granchè bene alla qualità dei prodotti e alle tasche dei consumatori...