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Trentaseienne, di Milano, non sapeva di essere incinta
«Feto senza il primo respiro non è mai nato»
La procura di Milano archivia il caso di una donna che aveva partorito senza accorgersene in un water: «Non costituisce reato»
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MILANO - Un feto che muore, subito dopo il parto, senza riuscire a fare il primo respiro, si deve considerare in senso giuridico come «mai nato». È quel che sostiene la consulenza medico legale chiesta dalla Procura di Milano e finita agli atti di un caso, oggi archiviato dal gip, di una donna obesa che, mai accortasi di essere rimasta incinta, circa un anno fa, inconsapevolmente, partorì sulla tazza del water un bimbo già all'ottavo mese facendolo morire annegato.
Il piccino, completamente formato e attaccato al cordone ombelicale, perse la vita in acqua per asfissia per le modalità del parto: dopo l'espulsione e prima di finire, con la testa sommersa, in acqua «il feto percorreva - scrivono i medici legali - un brevissimo tratto, del tutto insufficiente, a consentire l'inizio dell'attività respiratoria».
La donna, una 36enne dell'hinterland milanese e moglie di una guardia giurata, inizialmente accusata di omicidio volontario, reato derubricato in omicidio colposo, è stata oggi prosciolta. Il giudice Marco Maria Alma, che ha disposto l'archiviazione del caso perché il fatto non costituisce reato, ha accolto la tesi del pm Elio Ramondini, cioè «l'assenza di colpa in capo all' indagata», anche in relazione alla consulenza tecnica disposta, «e prima ancora, probabilmente, della capacità di intendere e volere» quando partorì.
03 aprile 2006