Nella malinconica voce di uno sconosciuto
Spesso mi raccontai, in dolce ambiguità
In quel bizzarro discorrere
Le mie intime parole
Trovarono nel nido straniero
Il caldo affetto di casa
Tra me e il mio sconosciuto
Eterni spazi, spesso, mi ritrovai a plasmare
Il sole si scinde, freddo
In spicchi di veneziana
Sfiora un corpo gettato
Sul tiepido sofà
Accoccolato tra le ante
E i ripiani dell’armadio
Che va sopendosi
Cullato dal canto
Dolce delle televisioni
E nel sonno vago e distante
Al sole, la pelle di un bambino
scusa se rovino il pathos, ma 'sta poesia (la seconda strofa soprattutto) mi ha fatto venire in mente un poveretto che è morto di infarto dopo aver preso il viagra...
Tra le assi sconnesse
e i mattoni logori,
sembra farsi gioco di lei
il sibillino filtrare del vento
e lo stridore dell’uscio,
che s’accompagna a quel surreale silenzio,
par che sia straziante
un urlo di dolore
E geme inerme e, ancora, geme
sotto lo scrosciare repentino
della pioggia, che ne punzecchia
il capo liso d’obliqua creta
(un dì lontano motivo d’orgoglio)
e subdola ne mina, scavate
nel tempo, le radici
In dimenticate cataste riposano
gli arnesi, che di tanto affanno
poco ancora ne conservano,
a muta indifferenza si plasmano
in specchio a quelle mani
che, negli spasmi della creazione,
usarono imbracciarli
In te ravvede tutte le sue pene
il bizzarro tuo creatore, dolce rifugio,
che di gran bellezza, e forza, e grazia
t’elargì e che a infausto destino
t’indirizzò ridente
Il tuo rancore è in fondo il suo
verso chi le gioie limita nel vivere,
e il bene e la pace della quiete,
verso chi ad un'esistenza condanna
d’indicibile, comune solitudine
Non giudicare
il figliolo abbandonato
dilettatosi nel ruolo
del dolce padre ingrato
Accetto molto volentieri qualsivoglia critica, ma non vorrei che tu limitassi la poesia al giudizio puramente estetico del linguaggio (che poi aulico non direi essere) anziché soffermarti sull'analisi del significato vero di quel che è scritto, che magari potresti non aver colto, o colto parzialmente o, ancora, colto e non apprezzato (assolutamente condivisibile).
in linea di massima non mi esprimo mai sul messaggio (per motivi che leggerai se avrai la pazienza di spulciarti quei thread).
se avrò il tempo di essere più dettagliato, non mancherò.
Tra una selva di arti rivestiti
e visi, scarni volti morenti
s’adagiava il corpo mio
e torpore, sferraglio e voci sommesse.
Ricordo un arcobaleno di grigio.
Tra onde di tetra danza
s’alzò l’urlo di un bambino.
Ricordo lo scalpiccio insolente,
e uno squarcio di libertà.
bye.
Ultima modifica di DeadStar; 18-04-08 alle 20:00:52