Leggo in questo istante che è morto Mario Rigoni Stern, indimenticato e indimenticabile autore di quel terribile capolavoro che è "il sergente nella neve", lucido e spietato racconto (vissuto in prima persona) dell'inferno bianco della ritirata di russia.
Un libro crudele e tragico, grandioso e feroce, tremendo e infernale, splendido e profondo, accurato e sognante, poetico e realistico, come tutte le epopee che riportano alla luce il conflitto primordiale della lotta per la sopravvivenza contro un nemico onnipresente e soverchiante.
il trionfo della volontà di tornare a casa contro la violenza e la vergogna del tradimento: un libro imperdibile, fondante, civilmente imprescindibile, scritto con uno stile potentissimo e commovente al tempo stesso: un libro di pura realtà che annienta le ridicole fantasie degli scrittori mediocri.
se ne va anche un uomo d'altri tempi, e con una tempra morale tutta d'un pezzo (veneto, eppure avreste dovuto sentirlo, nelle sue interviste, far strame del razzismo leghista che cercava di usarlo in funzione anti-meridionale, proprio lui che con gli alpini aquilani della Julia aveva condiviso tutto).
Nella notte nera che ottenebra l'italia moderna, un altro faro che si spegne.
Più attuale che mai, la domanda del titolo, che quell'alpino continuamente gli rivolgeva (sergente maggiore, riusciremo a tornare a casa?).