Wenger presenta un Arsenal prudente. Rijkaard affida
il Barcellona all'estro del suo fuoriclasse
La sfida tra Henry e Ronaldinho
festa del calcio però l'Italia non c'è
dal nostro inviato CORRADO SANNUCCI
PARIGI - Che l'Italia sia del tutto assente da questa finale, non un giocatore tra i 22, figuratevi l'arbitro, è il segnale della penitenza che deve fare il nostro calcio e rende malinconica la gioia della festa che si mette in scena. Che poi tra Barcellona e Arsenal sia davvero una partita con giochi di prestigio degli artisti in campo è lecito dubitare, ma è struggente essere esclusi dalla celebrazione di stasera dei cinquant'anni di Coppa/Champions, ancora a Parigi dopo quella Campioni del '56, vinta dal Real Madrid. E una vittoria dei rivali Barça (ma davanti gli occhi di Zapatero) sarebbe davvero la chiusura maliziosa di un lungo giro del football, partito da una competizione per pochi intimi e poche televisioni e diventato un carnevale per il quale sono stati pagati in queste ore dai bagarini anche 2000 euro per un biglietto. "E' bello vedere questa euforia intorno, sentire come ancora il calcio affascina la gente" diceva Wenger.
Sarà la finale di Ronaldinho, del miglior talento che gioca in Europa, del calciatore che ha trasformato il dribbling in un sorriso che diverte chi lo subisce. Sarebbe stupefacente se sprecasse la chance di chiudere come si deve la sua stagione fatta di ininterrotte bellezze, siano gol veri o palleggi per gli spot pubblicitari. Dall'altra parte sarà Thierry Henry, un altro che ha marchiato il suo calcio con l'estro e la leggerezza. "Ma non sarà una sfida Ronaldinho contro Henry" diceva Arsene Wenger cercando di dare la giusta dimensione all'evento. A ragione, ma levate quei due e sarà tutto più grigio.
E' una partita di presenze e di addii. Ronaldinho è incardinato nel suo Barça, Henry medita di andarsene, vincendo casomai la Coppa nella Parigi dove è nato. "Ma sono convinto che resterà con noi" ha ribadito Wenger. Da parte sua, l'allenatore francese ha dimostrato di saper costruire una squadra dal capo, con giocatori giovani e di talento, miscelandoli a vecchi giocolieri, come Bergkamp, ormai nel ruolo di soprammobile, ma che stasera chiuderà la sua carriera. Il pericolo, anzi la probabilità, è che la partita degeneri in qualche attendismo tattico. Rijkaard con il Milan ha dimostrato di non vergognarsi a tentare marcature quasi a uomo, l'Arsenal ha come principio di vita quello di non prendere gol. "Ma non cambieremo il nostro modo di giocare per paura di Henry" predicava Rijkaard.
Gli inglesi sono imbattuti da 919 minuti, gli avversari gli giocano contro da più di 15 ore senza riuscire a battere Lehmann, comprensibile che davanti a tanto record Jurgen Klinsmann l'abbia scelto per difendere la Germania al Mondiale. Nel Barcellona dovrebbe esserci Giuly, che invece è stato escluso dalla lista dei 23 del ct Domenech, che evidentemente non è rimasto colpito dal fatto che sia stato il protagonista dell'arrivo del Barça in questa finale. Nella Francia ci devono essere dei fenomeni dei quali non si era accorto nessuno.
Anche la terna arbitrale ha tentato di farci sentire a casa, con una specie di moggiata involontaria arrivata dalla Norvegia. Un guardalinee, tal Brogman, ha avuto la bella di idea di farsi fotografare con la maglia dei catalani: una volta apparsa la foto su un giornale norvegese, l'incauto si è dovuto precipitosamente scusare per un atto "davvero stupido" ma è stato comunque sostituito.
Le due squadre hanno dei punti di contatto: nessuna delle due ha perso nei precedenti dodici incontri di Champions, anche il Barça non ha preso gol negli ultimi quattro incontri. Rijkaaard ha Messi da due mesi fermo, Wenger sceglierà se schierare Pires più che le due punte. Un tema sottotraccia c'è: il Barcellona ha vinto lo scudetto e sta festeggiando da tempo, l'Arsenal invece ha chiuso in rimonta il campionato conquistando all'ultima giornata il posto Champions per il prossimo anno scavalcando il Tottenham. Potrebbe prevalere la squadra in rimonta come è accaduto l'anno scorso al Liverpool.
"Andremo in campo per giocare bene e vincere" diceva Wenger, con il ponte già steso sul futuro. Il Barça deve ritrovare concentrazione e concretezza al di là delle proprie arti: già una volta, contro il Milan ad Atene, i blaugrana (allora con un olandese più vanesio di Rijakaard in panchina, il grande Cruyff) furono travolti perché convinti di avere già vinto. "Bisognerà avere equilibrio. Il calcio è un gioco serio, perché esige lavoro, responsabilità, tattica. Ma poi bisogna andare in campo con allegria, con gioia, con voglia di giocare" diceva Rijkaard. Che questa finale sia professionalità, divertimento e sport, ancora un messaggio che ci arriva addosso nei nostri giorni bui.
(17 maggio 2006)