Secondo uno studio della Jupiter Research (http://www.jup.com) pubblicato qualche giorno fa, nelle case i cui guadagni complessivi sono sotto i 35.000 dollari (più o meno lo stesso valore in euro) si passa all'incirca il cinquanta per cento di tempo in più giocando ai videogame di quanto non avvenga in case dove il reddito supera i 74.000 dollari. Chissà come mai, questo la ricerca non lo dice.
Diverso il caso dei cosiddetti "hardcore gamer", gli smanettoni, per i quali il reddito conta poco: i ragazzi giocano comunque tanto, indipendentemente da quanti soldi arrivano in casa (e comprano, mediamente, almeno sei titoli a prezzo pieno all'anno). I teen-ager (argh, che definizione tipicamente anni ottanta!) passano più tempo davanti alla televisione, navigando su Internet o ascoltando la radio di quanto ne passino davanti al joystick; in compenso, il tempo dedicato alla lettura di libri e giornali è comunque inferiore.
Il fattore economico è sempre il più rilevante nella scelta della console da comprare: un terzo dei ragazzi intervistati sceglie quella che costa di meno, il venticinque per cento preferisce quelle che offrono feature aggiuntive, come la possibilità di vedere DVD o ascoltare CD, e solo l'otto per cento considera importante l'opzione del gioco online sulle console. Sarà per il fatto che è una novità?
Particolare curioso: oltre il venti per cento delle ragazze intervistate ha dichiarato di non giocare, risposta che ha dato solo il due per questo dei ragazzi. Secondo l'autore dello studio, il dato non è dovuto tanto al fatto che ai maschi piacciono i videogame e alle femmine no, quanto alla scarsa considerazione che le software house hanno del pubblico femminile, che si caratterizza nella minore offerta di giochi pensati per loro.