"PS3 difficile da programmare? Voluto"
Programmare per PS3 non è cosa semplice. Anzi. E non è la prima volta che se ne parla: in molti casi alcuni titoli escono mesi dopo rispetto alle controparti per PC o Xbox 360 (vedi i recenti Bioshock o Command & Conquer Red Alert 3, i primi che mi vengono in mente) per le maggiori difficoltà che gli sviluppatori incontrano, e che hanno spesso lamentato in questi mesi. L’ultimo in ordine di tempo è stato Shaun Himmerick, produttore esecutivo di The Wheelman, che durante una puntata del podcast This Xbox Life ha detto, senza mezzi termini, che “la risposta politicamente scorretta che la PS3 è un enorme ‘pain in the ass’“.
Due anni fa, Gabe Newell di Valve disse a Edge che “investire sul Cell (il processore della PS3, ndCT) non offre alcun beneficio a lungo termine. Non c’è nulla che puoi usare poi da altre parti. Non porti a casa niente, se non odiare l’architettura che hanno realizzato. E non mi sembra un granché“.
Sull’ultimo numero di Official PlayStation Magazine risponde a queste accuse Kaz Hirai, CEO di Sony Computer Entertainment. Continuate a leggere, perché non potrete credere alle sue parole: “non mettiamo a disposizione degli sviluppatori la console ‘facile da programmare’ che vogliono, perché ‘facile da programmare’ significherebbe che chiunque potrebbe avvantaggiarsi di praticamente tutto ciò che l’hardware è in grado di fare. Quindi la domanda diventa: cosa fai poi per i prossimi nove anni e mezzo? È difficile da programmare, e molta gente lo vede come un fatto negativo, ma d’altro canto significa anche che l’hardware ha ancora molto da offrire“.
Non c’è dubbio che l’hardware offra di più con il passare del tempo e con la maggior dimestichezza e conoscenza che ne hanno gli sviluppatori. Pensate ai primi giochi del Commodore 64 e agli ultimi titoli usciti prima della sua dipartita: sembravano due computer diversi!
Ma la spiegazione di Hirai appare priva di senso. Lo sarebbe detta da chiunque, figuratevi dal capoccia di Sony. Quale vantaggio ottiene la casa giapponese dal rendere complicato (”pain in the ass“) lo sviluppo per la sua console? Banalmente, meno titoli. E questo è noto. Il che significa meno prodotti con cui convincere la gente a comprare la console. Che non a caso è indietro di diversi milioni di unità rispetto alla rivale di Microsoft, che può contare su un parco titoli immenso. La via imboccata da Sony con questa decisione, che a questo punto appare voluta e non semplicemente frutto di una maggiore complessità del progetto complessivo, rischia di rivelarsi una strada a fondo chiuso. Di più, una spirale autodistruttiva senza via di uscita.
Giochi più belli (perché più semplici da realizzare) significano maggiori vendite, sia di titoli che di console. Cosa di cui Sony avrebbe disperatamente bisogno. Ancora, gli sviluppatori guardano alla diffusione delle console, concentrandosi logicamente su quella più venduta. E con otto milioni di unità di distacco, voi a chi vi rivolgereste?