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Risultati da 251 a 275 di 289
  1. #251
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    in effetti...
    gran bel thread.

  2. #252
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Spam di beneficenza.
    Non sia mai che al prossimo ApocaFUD perdiamo questo thread.

  3. #253
    Veterano del Backstage L'avatar di Karat45
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    sì sì, lasciamolo vivere...

  4. #254
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    L'ho riletto... Mi son quasi venute le lacrime agli occhi. Quanto cazzo ero intelligente due anni fa! E come filava bene il thread!

    E' l'una e trentatré di mattina, della webzine mi mancano solo la rubrica dedicata al forum (2 pagine dovrebbero bastare) e la coda della rana; non so se inserire alcuni post visti qui dentro, o abbandonare tutto. Voi che dite? Ricordate una discussione più adatta di questa?

  5. #255
    La Nebbia L'avatar di theblackpages
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Ciao raghi.

    Scusate la nubiaggine.

    Mi sono appena finito di leggere l'intero thread, sono quasi le 5 di mattina, fra 3 ore debbo alzarmi, e le porte della percezione mi si sono aperte che manco LSD...

    Per tanto (?), vorrei chiedervi che è successo nel periodo seguente al post di Emack del 22 gennaio 2004. Quello successivo di Karat risale a qualche giorno fa.

    Insomma, le teorizzazioni sorte nel thread, che fine hanno fatto? Il libro è stato scritto? Tutto è confluito nel magazine Ars Ludica? Chiedo delucidazioni.

    Questa sì che è tensione narrativa .

    Saluti.

  6. #256
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Beh, fa piacere che a due anni di distanza dai primi vagiti di questo topic ci sia ancora qualcuno interessato alla discussione!

    blackpages, devi sapere che questo thread nacque in Backstage, e solo successivamente fu spostato nella neonata Ars Ludica, a mo' di manifesto per l'area.

    Che fine hanno fatto tutte le cose dette in queste sette pagine? Hanno alimentato altri dibattiti, alcuni accesissimi, sul tema. Purtroppo l'ApocaFUD ha cancellato gran parte di questi.

    La webzine è nata molto dopo, frutto del desiderio dei frequentatori di Ars Ludica di creare qualcosa assieme che trascendesse i confini del semplice post in un forum.

  7. #257
    La Nebbia L'avatar di theblackpages
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Okidoki.

    Però ci sono rimasto male T___T.

    Che ne dite di riprendere ora la stramaladettamente interessate discussione?

    Ad esempio:

    1) Cosa rende un mondo fittizio plausibile?

    2) Il "realismo" inficia il gameplay?

    3) Cos'è la narrazione in un videogioco? Il plot lineare individuato dal game designer (ossia, la trama, la serie di eventi predefiniti, sovente sotto forma di cut scene, individuato dal game designer), oppure la 'semplice' azione del fruitore, le sue scelte, la performance del giocatore?

    So che per alimentare la discussione dovrei esporre un punto di vista aperto a critiche inferocite o approvazioni massive, ma, ad essere onesto, non me la sento ^___^".

    Beh, vediamo che succede. Qualcuno si faccia vivo! Karat, 'ndo sei???

  8. #258
    Veterano del Backstage L'avatar di Karat45
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    theblackpages ha scritto lun, 16 maggio 2005 alle 23:48
    Okidoki.

    Però ci sono rimasto male T___T.

    Che ne dite di riprendere ora la stramaladettamente interessate discussione?

    Ad esempio:

    1) Cosa rende un mondo fittizio plausibile?

    2) Il "realismo" inficia il gameplay?

    3) Cos'è la narrazione in un videogioco? Il plot lineare individuato dal game designer (ossia, la trama, la serie di eventi predefiniti, sovente sotto forma di cut scene, individuato dal game designer), oppure la 'semplice' azione del fruitore, le sue scelte, la performance del giocatore?

    So che per alimentare la discussione dovrei esporre un punto di vista aperto a critiche inferocite o approvazioni massive, ma, ad essere onesto, non me la sento ^___^".

    Beh, vediamo che succede. Qualcuno si faccia vivo! Karat, 'ndo sei???

    Nessun problema a riprendere la discussione.
    Ti rispondo per punti:

    1) Un mondo fittizio diventa plausibile nel momento in cui i suoi elementi sono armonizzati con l'immaginario del giocatore e mantengono una coerenza interna.

    2) Vorresti avere in un videogioco l'obbligo di andare al bagno di tanto in tanto? Una rappresentazione può essere più o meno realistica, il gameplay no... Lo scopo di un gioco è farti calare all'interno di un immaginario che già conosci o, nei casi più illuminati, in uno nuovo e originale (vedi Darwinia).

    3) Secondo me le azioni del giocatore compongono il tessuto narrativo di un videogioco più delle sequenze filmate. Altrimenti giochi come Gothic II (per fare un esempio) non avrebbero storia ... mentre in realtà, chiunque ci abbia giocato, potrà dire che per tutto il gioco si respira un'atmosfera molto particolare dovuta al rapporto fra i diversi personaggi e fra i diversi elementi di gioco.

  9. #259
    La Nebbia L'avatar di theblackpages
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto mar, 17 maggio 2005 alle 10:58


    Nessun problema a riprendere la discussione.
    Ti rispondo per punti:
    Thanx .

    Quote:
    1) Un mondo fittizio diventa plausibile nel momento in cui i suoi elementi sono armonizzati con l'immaginario del giocatore e mantengono una coerenza interna.
    Quindi diverso giocatore -> diversa armonizzazione di elementi? E diverso immaginario -> diversa coerenza?

    Cioè, la coerenza interna ad un mondo non è virtù del mondo, ma è responsabilità del fruitore conferire transativamente tale qualità?

    Credo ci sia qualcosa di oggettivo e universalmente valido nella plausibilità; reputo esista un margine entro il quale un certo mondo risulterà plausibile alla maggioranza dei giocatori.

    La giocabilità impone dei paletti alla plausibilità? Certo. In alcuni giochi, per evitare di rendere l'azione troppo dispersiva (e danneggiare di conseguenza il game play), esistono "campi di forza" atti ad ostruire spostamenti verso certe direzioni non fondamentali/interessanti. E' un fenomeno per certi versi simile alla selezione degli ambienti tipico della narrativa tradizionale (processo di sintesi spaziale, diciamo).

    Li pone al realismo, inteso come fedeltà alla realtà quotidiana? Certo, avviene spesso. In un titolo calcistico la partita non può durare materialmente 90 minuti, altrimenti la singola sessione di fruizione diverrebbe così lunga e prolissa da risultare insulsa e tediosa.

    Ma tra plausibilità e realismo, che rapporto c'è?

    La plausibilità non coincide necessariamente col realismo, ma in talune condizioni può corrispondervi. Le simulazioni, ad esempio. Teniamo conto che spesso alcune nostre esperienze delle cose del mondo, sono soggette ad una rappresentazione mentale "deviata". Vedi esempio di Emack sull'effettiva "insulsaggine" degli effetti particellari digitali i quali, seppure appaiono realistici, anzi, arricchiscono il gioco di realismo, fedeli alla realtà non lo sono per niente.

    Negli esempi di cui sopra, siamo nell'ambito della forma ludica, ossia nel campo del come è rappresentato un certo ambiente fittizio.

    Il discorso ovviamente interessa pure i contenuti, il cosa.

    In tal senso, bisogna tenere conto anche del target di giocatori prefissato. Un simulatore di volo non si può concedere leggerezze nella riproduzione dei veivoli, incoerenze che salterebbero immediatamente all'occhio al target, ossia un utenza che di solito ha un minimo di preparazione tecnica sull'argomento. In Ace Combat, o in qualsiasi altro titolo che contiene veivoli ma non è una simulazione, si può anche sor-volare .
    Un tie-in può si prestarsi a delle variazioni rispetto al formato originale, ma esiste ed è più o meno oggettivamente valido un limite di ragionevolezza.

    Nel gioco di Spiderman, l'eroe protagonista non può avvinghiare i nemici con la lingua e inghiottirli, però può emettere la ragnatela da fori delle mani (film) anziché da congegni costruiti ad oc (fumetto).

    Vorrei approfondire ancora, ma vi prego di criticarmi e permettermi così di spiegarmi ulteriormente.

    Quote:
    2) Vorresti avere in un videogioco l'obbligo di andare al bagno di tanto in tanto? Una rappresentazione può essere più o meno realistica, il gameplay no... Lo scopo di un gioco è farti calare all'interno di un immaginario che già conosci o, nei casi più illuminati, in uno nuovo e originale (vedi Darwinia).
    Sopra risposi in parte anche a ciò. Tuttavia vorrei aggiungere quanto segue.

    Calarsi in un mondo implica che più quel mondo è realistico/plausibile, maggiore è la possibilità e l'intensità dell'atto mentale di immergersi nell'immaginario digitale noto e/o straordinario.

    Quote:
    3) Secondo me le azioni del giocatore compongono il tessuto narrativo di un videogioco più delle sequenze filmate. Altrimenti giochi come Gothic II (per fare un esempio) non avrebbero storia ... mentre in realtà, chiunque ci abbia giocato, potrà dire che per tutto il gioco si respira un'atmosfera molto particolare dovuta al rapporto fra i diversi personaggi e fra i diversi elementi di gioco.
    Urge definizione conciliante/alienante di narrazione.

    Più che di narrazione in sé, mi riferisco al suo valore estetico. Attenzione: non parlo delle potenzialità artistiche del gioco. Semplicemente, l'esperienza che ci fa parlare di bella in riferimento ad una storia.

    Deambulare da una location ad un altra e flagellare qualche bestia dalle esotiche fattezze, potrà mai essere una storia "bella"?

    Non credo.

    Ma potrebbe essere benissimo una bella performance. Ossia, quel che tu chiami narrazione, io lo chiamo interattività. Che essa si esprima in una forma per certi versi simile alla tradizionale narrativa (Gothic sembra un film in piano sequenza con inquadratura semisoggettiva), è soltanto un caso, in my stupid opinion.

    Karat, non ti ricordavo così preso dalla questione ludica.

    Non so se rammenti, ma qualche anno (? ) fa discutemmo di cinema: novelli Deleuze, delle ragioni ontologiche dello stesso .

    Bye.

  10. #260
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    La plausibilità riguarda l'immaginario, più che il realismo. Il realismo non è un elemento necessario... diciamo che è più utile la verosimiglianza. Fai proprio l'esempio dei simulatori di volo. Cito a memoria: anni fa, i DID, autori di F29-Retaliator e di vari altri capolavori, parlando dei simulatori di volo spiegarono come un aereo colpito ad un'ala da un missile nella realtà si sarebbe stabilizzato immediatamente, non subendo il classico effetto dondolamento che invece viene reso nei simulatori. Alla domanda del perché, allora, implementare quell'effetto, venne risposto, più o meno, che il dondolio era (ed è ancora) una necessità dovuta alle aspettative dei giocatori che, se non vedessero il proprio aereo dondolare dopo che è stato colpito da un missile, considererebbero il tutto poco realistico. Il punto è questo. Il videogioco è una mediazione fra molti elementi: il giocatore con il suo carico d'immaginario, la realtà che detta alcune regole imprescindibili (a seconda del tipo di gioco, ovvio), la capacità "artistica" degli sviluppatori, la piattaforma su cui gira ecc. La mediazione impone delle scelte per cui alcuni elementi verranno considerati più di altri a seconda del contesto di gioco. Altri elementi verranno completamente ignorati, mentre altri ancora diverranno centrali. la plausibilità del risultato non sarà univoca, ma dipenderà in buona parte dal fruitore e dalla capacità degli sviluppatori di creare la coerenza interna di cui si parlava sopra... per fare un altro esempio: un pilota di caccia non troverà granché realistico guidare un aereo virtuale, non per altro perché la sua esperienza nella realtà è più vasta addirittura dei creatori del gioco e, quindi, ha conoscenze che vanno oltre qualsiasi target immaginabile.

  11. #261
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    theblackpages ha scritto mer, 18 maggio 2005 alle 02:59

    Urge definizione conciliante/alienante di narrazione.

    Più che di narrazione in sé, mi riferisco al suo valore estetico. Attenzione: non parlo delle potenzialità artistiche del gioco. Semplicemente, l'esperienza che ci fa parlare di bella in riferimento ad una storia.

    Deambulare da una location ad un altra e flagellare qualche bestia dalle esotiche fattezze, potrà mai essere una storia "bella"?

    Non credo.

    Ma potrebbe essere benissimo una bella performance. Ossia, quel che tu chiami narrazione, io lo chiamo interattività. Che essa si esprima in una forma per certi versi simile alla tradizionale narrativa (Gothic sembra un film in piano sequenza con inquadratura semisoggettiva), è soltanto un caso, in my stupid opinion.

    Karat, non ti ricordavo così preso dalla questione ludica.

    Non so se rammenti, ma qualche anno (? ) fa discutemmo di cinema: novelli Deleuze, delle ragioni ontologiche dello stesso .

    Bye.
    Non sarà una storia bella, ma è comunque una storia in cui la narrazione è decisa dalle azioni del giocatore. In questo caso la narrazione è il tessuto del gioco che nasce da un punto inziale (filmato iniziale) e arriva a un punto finale (filmato finale) sviluppandosi all'interno di una rete vasta ma limitata di possibilità (mondo di gioco).

  12. #262
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto ven, 20 maggio 2005 alle 00:56
    La plausibilità riguarda l'immaginario, più che il realismo.
    Sono d'accordo. Del resto, la realtà non esiste, è solo un clone contingente mal riuscito del vero necessario. Esiste soltanto la nostra rappresentazione mentale della stessa. Per 'nostra' intendo, 'comune'. Essa può essere tanto ampia fino ad abbracciare la maggior parte dei giocatori. E' a questa rappresentazione comune che gli autori si riferiscono, anche in ambito letterario e cinematografico, per rendere l'opera plausibile, ovvero strutturalmente e funzionalmente convincente.

    Quote:
    La plausibilità del risultato non sarà univoca, ma dipenderà in buona parte dal fruitore e dalla capacità degli sviluppatori di creare la coerenza interna di cui si parlava sopra... per fare un altro esempio: un pilota di caccia non troverà granché realistico guidare un aereo virtuale, non per altro perché la sua esperienza nella realtà è più vasta addirittura dei creatori del gioco e, quindi, ha conoscenze che vanno oltre qualsiasi target immaginabile.
    Bene. Ma prefissato un certo target, il peso di tale 'relatività scetticistica' decresce in misura consistente.
    Riferendomi al tuo esempio, un vero pilota troverà incongruenze e sarà scettico rispetto al mondo fittizio in quanto starà fruendo di un prodotto che, per quanto di nicchia, è comunque mass oriented: nicchia di massa, un ossimoro insomma. Ma un simulatore professionale, impiegato per l'addestramento, non soffrirà certo di queste incongruenze.

    Certo, sto allargando il discorso dal videogioco verso la rappresentazione virtuale tout court, trascendendo il tema iniziale. Ma è solo per spiegare cosa intendo quando parlo di maggiore univocità di plausibilità conseguentemente ad un target prefissato di utenza.

  13. #263
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto ven, 20 maggio 2005 alle 00:59
    Non sarà una storia bella, ma è comunque una storia in cui la narrazione è decisa dalle azioni del giocatore. In questo caso la narrazione è il tessuto del gioco che nasce da un punto inziale (filmato iniziale) e arriva a un punto finale (filmato finale) sviluppandosi all'interno di una rete vasta ma limitata di possibilità (mondo di gioco).
    Non sono d'accordo per un semplice motivo. Non conosco un ambito narrativo in cui l'intenzionalità dell'autore non pertenga alla sfera estetica. Ossia, la storia è creata per essere bella. 'Bella' in senso lato: interessante + piacevole.

    La performance, di solito, non ha nulla di bello, non ha finalità estetiche; piuttosto, riveste funzioni quali: avanzare nel gioco, migliorare le caratteristiche del proprio simulacro, aumentare le proprie abilità (del giocatore), superare un ostacolo definito dal game design, e così via.

    Ma la questione è molto più profonda e complessa di quanto sembri. Pertanto, ti rimando al mio topic che tratta proprio di tale aspetto della fruizione ludica.

    http://www.tgmonline.it/forum/index.php? t=msg&th=228906&start=0&rid= 11858

  14. #264
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    theblackpages ha scritto ven, 20 maggio 2005 alle 13:10
    Karat45 ha scritto ven, 20 maggio 2005 alle 00:59
    Non sarà una storia bella, ma è comunque una storia in cui la narrazione è decisa dalle azioni del giocatore. In questo caso la narrazione è il tessuto del gioco che nasce da un punto inziale (filmato iniziale) e arriva a un punto finale (filmato finale) sviluppandosi all'interno di una rete vasta ma limitata di possibilità (mondo di gioco).
    Non sono d'accordo per un semplice motivo. Non conosco un ambito narrativo in cui l'intenzionalità dell'autore non pertenga alla sfera estetica. Ossia, la storia è creata per essere bella. 'Bella' in senso lato: interessante + piacevole.

    La performance, di solito, non ha nulla di bello, non ha finalità estetiche; piuttosto, riveste funzioni quali: avanzare nel gioco, migliorare le caratteristiche del proprio simulacro, aumentare le proprie abilità (del giocatore), superare un ostacolo definito dal game design, e così via.

    Ma la questione è molto più profonda e complessa di quanto sembri. Pertanto, ti rimando al mio topic che tratta proprio di tale aspetto della fruizione ludica.

    http://www.tgmonline.it/forum/index.php? t=msg&th=228906&start=0&rid= 11858

    ma nei videogiochi "l'estetica" deve essere nell'azione, altrimenti possiamo considerarli alla stregua di un libro illustrato.

  15. #265
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Certo. Ma non vedo cosa vieti che l'estetica partenga ad entrambi i piani (ludico e narrativo). Anzi. Credo che una storia ben congegnata, giovi all'appagamento legato all'interattività.

  16. #266
    Emack
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    theblackpages ha scritto ven, 20 maggio 2005 alle 21:22
    Certo. Ma non vedo cosa vieti che l'estetica partenga ad entrambi i piani (ludico e narrativo). Anzi. Credo che una storia ben congegnata, giovi all'appagamento legato all'interattività.
    Preferisci Wipeout o F-Zero?

  17. #267
    Veterano del Backstage L'avatar di Karat45
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    theblackpages ha scritto ven, 20 maggio 2005 alle 21:22
    Certo. Ma non vedo cosa vieti che l'estetica partenga ad entrambi i piani (ludico e narrativo). Anzi. Credo che una storia ben congegnata, giovi all'appagamento legato all'interattività.
    lo credo anche io... ma ritengo molto più importante il giocato che considero un livello superiore di narrazione (almeno nei videogiochi)... se poi c'è anche una bella storia di contorno non mi lamento certo.

  18. #268
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Emack ha scritto lun, 23 maggio 2005 alle 23:49
    theblackpages ha scritto ven, 20 maggio 2005 alle 21:22
    Certo. Ma non vedo cosa vieti che l'estetica partenga ad entrambi i piani (ludico e narrativo). Anzi. Credo che una storia ben congegnata, giovi all'appagamento legato all'interattività.
    Preferisci Wipeout o F-Zero?
    Mi spieghi che c'entra?

    In riferimento al discorso finora portato avanti, non ha senso che io ti risponda, giacché parliamo di due titoli diversi, seppure analoghi per via di ambientazione, stile visuale, meccaniche di gioco.

  19. #269
    La Nebbia L'avatar di theblackpages
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto mar, 24 maggio 2005 alle 09:55
    lo credo anche io... ma ritengo molto più importante il giocato che considero un livello superiore di narrazione (almeno nei videogiochi)... se poi c'è anche una bella storia di contorno non mi lamento certo.
    Sono d'accordo.

    Ciò su cui dissento è il concetto di narrazione.

    Che narrazione c'è in Tetris?

  20. #270
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    theblackpages ha scritto ven, 27 maggio 2005 alle 21:45
    Karat45 ha scritto mar, 24 maggio 2005 alle 09:55
    lo credo anche io... ma ritengo molto più importante il giocato che considero un livello superiore di narrazione (almeno nei videogiochi)... se poi c'è anche una bella storia di contorno non mi lamento certo.
    Sono d'accordo.

    Ciò su cui dissento è il concetto di narrazione.

    Che narrazione c'è in Tetris?

    nei videogiochi c'è narrazione ogni volta che c'è azione o, meglio, interazione. in Tetris l'interazione c'è, ma ovviamente il gioco appartiena a un genere troppo "astratto" per poter parlare di narratività... ciò non toglie che il suo toccare schemi mentali molto particolari lo renda comunque interessante... forse una delle opere d'arte più profonde e complesse degli anni 80...

  21. #271
    La Nebbia L'avatar di theblackpages
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto ven, 27 maggio 2005 alle 22:02

    nei videogiochi c'è narrazione ogni volta che c'è azione o, meglio, interazione.
    Mi spieghi che fondamento ha questa frase?
    Per me, ogni volta che c'è azione, o meglio interazione, c'è per l'appunto interattività, non narrazione.

  22. #272
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    theblackpages ha scritto dom, 29 maggio 2005 alle 02:26
    Karat45 ha scritto ven, 27 maggio 2005 alle 22:02

    nei videogiochi c'è narrazione ogni volta che c'è azione o, meglio, interazione.
    Mi spieghi che fondamento ha questa frase?
    Per me, ogni volta che c'è azione, o meglio interazione, c'è per l'appunto interattività, non narrazione.
    La rivelazione è che l'interattività è fondamentalmente narrazione. Pensa a questo: premi un pulsante e Mario si muove. Quando ti sporgi con Solid Snake noti due soldati nemici. Fatto un dannato passo in avanti una macchina in fiamme si dirigerà a folle velocità contro Leon.
    Questa è narrazione a tutti gli effetti.

  23. #273
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Ph@ntom ha scritto dom, 29 maggio 2005 alle 21:33

    La rivelazione è che l'interattività è fondamentalmente narrazione. Pensa a questo: premi un pulsante e Mario si muove. Quando ti sporgi con Solid Snake noti due soldati nemici. Fatto un dannato passo in avanti una macchina in fiamme si dirigerà a folle velocità contro Leon.
    Questa è narrazione a tutti gli effetti.
    Rivelazione?!?
    Sono tutt'altro che convinto. Continuo ad intendere gli esempi sopra citati come esperienze di interattività, esecuzioni di performance ludiche. PREMI un pulsante... TI SPORGI... FATTO un dannato passo: non sono forse puramente delle azioni queste?

    Azioni su di una periferica che hanno riscontro nel mondo fittizio, il quale risponde conseguentemente all'input, alterando se stesso e il sapere del fruitore e il futuro input di questo. Tutto ciò non somiglia forse alla definizione di interattività?

    Per narrazione intendo lo dispiegarsi di una serie di eventi, secondo una precisa intenzionalità autoriale; del discorso [ossia la struttura formale con cui è materialmente creata l'opera] prima, della fabula [cioé l'ordine cronologico 'effettivo' degli eventi ricostruito mentalmente dal fruitore] poi. Ordine e struttura formale devono per me avere intenzionalità, carico informativo di natura estetica. Del resto, che si racconta a fare una storia se non è piacevole per lo spettatore?
    Resta da chiarire cosa intendete voi per narrazione. Non vorrei che voleste ri-definire il termine in questione sulla base del medium ludico, sarebbe pazzesco.

  24. #274
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    theblackpages ha scritto lun, 30 maggio 2005 alle 02:32
    Rivelazione?!?
    Per modo di dire .

    Quote:

    Sono tutt'altro che convinto. Continuo ad intendere gli esempi sopra citati come esperienze di interattività, esecuzioni di performance ludiche. PREMI un pulsante... TI SPORGI... FATTO un dannato passo: non sono forse puramente delle azioni queste?
    Non capisco perché l'interattività debba escludere la narrazione. E' prerogativa del ludus su video mangiare le due cose e rigettarne una sintesi. Fino ad un certo punto, comunque, ad esempio rubandoti un quote...

    Quote:

    Azioni su di una periferica che hanno riscontro nel mondo fittizio, il quale risponde conseguentemente all'input, alterando se stesso e il sapere del fruitore e il futuro input di questo.
    ...potrei affermare le stesse cose a proposito di un libro. O del cinema, fai tu. D'altra parte il topic ha esordito con il discorso di Coleridge sul teatro.
    Perdipiù mi riporti la parte sbagliata degli esempi che t'ho fatto. Bisogna consideri le conseguenze di 'premere, 'sporgersi', 'camminare' ed è precisamente questo rapporto tra schiacciare il pulsante e le sue conseguenze che costituisce il fatto narrativo.
    Lo confermi tu stesso, addirittura. Guarda:

    Quote:

    Per narrazione intendo lo dispiegarsi di una serie di eventi, secondo una precisa intenzionalità autoriale; del discorso [ossia la struttura formale con cui è materialmente creata l'opera] prima, della fabula [cioé l'ordine cronologico 'effettivo' degli eventi ricostruito mentalmente dal fruitore] poi.
    l'intenzionalità dell'autore è quella programmatore o quella del videogiocatore, dipende dai momenti.

    P.S.

    Quote:
    Ordine e struttura formale devono per me avere intenzionalità, carico informativo di natura estetica. Del resto, che si racconta a fare una storia se non è piacevole per lo spettatore?
    Questo è francamente opinabile, a meno di considerare latamente quel 'piacevole'.



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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    theblackpages ha scritto lun, 30 maggio 2005 alle 02:32
    [email
    Ph@ntom[/email] ha scritto dom, 29 maggio 2005 alle 21:33]
    La rivelazione è che l'interattività è fondamentalmente narrazione. Pensa a questo: premi un pulsante e Mario si muove. Quando ti sporgi con Solid Snake noti due soldati nemici. Fatto un dannato passo in avanti una macchina in fiamme si dirigerà a folle velocità contro Leon.
    Questa è narrazione a tutti gli effetti.
    Rivelazione?!?
    Sono tutt'altro che convinto. Continuo ad intendere gli esempi sopra citati come esperienze di interattività, esecuzioni di performance ludiche. PREMI un pulsante... TI SPORGI... FATTO un dannato passo: non sono forse puramente delle azioni queste?

    Azioni su di una periferica che hanno riscontro nel mondo fittizio, il quale risponde conseguentemente all'input, alterando se stesso e il sapere del fruitore e il futuro input di questo. Tutto ciò non somiglia forse alla definizione di interattività?

    Per narrazione intendo lo dispiegarsi di una serie di eventi, secondo una precisa intenzionalità autoriale; del discorso [ossia la struttura formale con cui è materialmente creata l'opera] prima, della fabula [cioé l'ordine cronologico 'effettivo' degli eventi ricostruito mentalmente dal fruitore] poi. Ordine e struttura formale devono per me avere intenzionalità, carico informativo di natura estetica. Del resto, che si racconta a fare una storia se non è piacevole per lo spettatore?
    Resta da chiarire cosa intendete voi per narrazione. Non vorrei che voleste ri-definire il termine in questione sulla base del medium ludico, sarebbe pazzesco.

    Mai giocato ad Another World? nel gioco quasi non ci sono sequenze narrative statiche, eppure interagendo si riesce comunque a "leggere" una storia...

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