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  1. #51
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  2. #52
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    Nanatsu è in vacanza moooolto lontano

  3. #53
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    5°episodio

    6- La battaglia al castello di Ôsaka e la nuova vita di Musashi.

    Dopo la battaglia di Sekigahara, il paese era nelle mani di Tokugawa Ieyasu, che oramai governava al posto degli sconfitti Toyotomi.
    Questi ultimi, dopo la perdita del potere, si erano ritirati con le loro ultime forze nella loro città- castello di Ôsaka, dove avevano accolto le truppe di rônin che avevano perso i loro padroni, fedeli alla casata dopo la sconfitta e fino alla morte.
    Il castello era quindi una bomba pronta ad esplodere: il clan Toyotomi, ora guidato da Hideyori , e i rônin (che ospitava nel suo castello) covavano ira e bramavano vendetta.
    Tokugawa Ieyasu, conoscendo la situazione e conscio dei fastidi che una rivolta avrebbe potuto scatenare, decise di stringere definitivamente la morsa e di attaccare il castello in una campagna di assedio che iniziò a metà dicembre del 1614.
    La battaglia durò fino al 21 gennaio 1615, quando fu proposta una tregua, cosa che fece finire quella che fu chiamata “la campagna Invernale”.
    Ma la battaglia rincominciò subito dopo e verso febbraio le pareti del castello furono esposte direttamente agli attacchi; ciononostante le truppe dei Toyotomi non demordevano e continuavano a ripopolarsi grazie all’arrivo, da varie parti del paese, di centinaia di rônin fedeli alla causa, facendo forte resistenza.
    Resistenza che capitolò in un mese scarso dopo che a maggio Ieyasu, nella “campagna estiva”,
    attaccò il castello con un numero di uomini doppio rispetto a quelli che lo difendevano.
    Verso fine giugno la situazione fu chiara a tutti, i Tokugawa avevano vinto; Hideyori si suicidò e sua madre, suo figlio e la sua concubina preferita, per non perdere l’onore, si fecero uccidere da alcuni fedeli samurai affinché li dispensassero da ulteriori umiliazioni.
    La casata e ogni sua piccola speranza di rivalsa erano quindi state spazzate via e a questa disfatta aveva contribuito, a sorpresa, Musashi, combattendo nelle schiere di Tokugawa Ieyasu.
    Secondo le fonti, infatti , Musashi avrebbe partecipato ad entrambe le campagne (invernale ed estiva), forse addirittura come comandante d’armata, sebbene egli ancora disprezzasse non poco i Tokugawa.
    Questa prova di valore sul campo, però, assicurò a Musashi un altro lungo soggiorno alla corte di un daimyô che partecipava a fianco dei Tokugawa all’assalto al castello (cosa che avvalora ancora di più l’ipotesi di un Musashi nelle schiere dei Tokugawa).
    Il clan in questione era quello di Ogasawara Tadazane che, muovendo il suo feudo da Shinano Matsumoto ad Akashi, si preparava a costruire la sua nuova città-castello, la cui progettazione decise di affidare proprio a Musashi, il quale, nei suoi viaggi, nei suoi duelli e nelle sue battaglie aveva visto, vissuto e analizzato molte delle principali città giapponesi, sviluppando un forte senso della planimetria delle città e comprendendo profondamente come esse dovessero essere organizzate al meglio sia per le funzioni di tutti i giorni sia per la difesa.
    Basandosi sulla sua esperienza e sul suo gusto estetico, quindi, Musashi non solo ideò la città castello, ma ebbe anche l’incarico di disegnare i giardini dei templi di Enkakuin e Honsoji.
    L’ottimo lavoro svolto, oltre a far stringere il legame tra Musashi e Tadazane (che si sarebbe riaffacciato spesso nella vita dello spadaccino), lo mise anche in buona luce agli occhi di altri feudatari, tanto che qualche anno dopo, nel 1617, anche gli Honda gli proposero di disegnare la pianta della città-castello e alcuni giardini di templi, proposta che Musashi accettò .
    In quegli anni Musashi diventò istruttore di spada del clan, continuò ad avere nuovi studenti sviluppando nel frattempo il suo stile di spada (chiamato Enmei-ryû, “perfetta illuminazione”, basato sull’uso combinato di katana e wakizashi insieme) e affrontando di tanto in tanto qualche nuovo sfidante.
    Iniziò anche a pensare a come portare avanti il nome della sua famiglia, senza però imbrigliarsi in una relazione sentimentale che avrebbe bloccato il suo avanzamento nelle varie vie che stava percorrendo, le quali oramai, non si limitavano solo a quella della spada.
    All’età di trentasette anni quindi, Musashi si mise alla ricerca di qualche giovane da adottare e rendere suo successore.
    Il primo che attirò su di sé l’interesse dello spadaccino fu Mikinosuke, un ragazzo di umili origini che Musashi notò durante una cavalcata nell’area di Amagasaki, nel Banshu.
    Musashi chiese al ragazzo di diventare suo apprendista, ma egli rifiutò, dicendo che non avrebbe mai potuto abbandonare così su due piedi i suoi vecchi genitori che aveva il dovere di aiutare con il suo lavoro.
    Ancora più ammirato dal ragazzo, Musashi si recò quindi a casa della famiglia dove, dopo un lungo discorso e con un’ingente somma di denaro, riuscì ad ottenere il consenso del ragazzo, che divenne quindi il suo primo vero apprendista e il suo primo erede .
    Il ragazzo si impegnò al massimo sin dai primi momenti diventando un eccellente spadaccino e un diligente studente, confermando l’intuizione di Musashi.
    Più tardi, riuscì a farsi assumere nel feudo di Honda Tadatoki (che ebbe nel suo feudo Musashi come artista e come ospite), diventando suo maestro di spada, come già il suo padre adottivo.
    Mentre il suo primo erede aveva intrapreso la sua strada, Musashi si mise alla ricerca del suo possibile secondo figlio adottivo.
    La scelta cadde su Iori, un ragazzo che il guerriero incontrò nella piana di Shohojigawara.
    Mentre passeggiava per una via della zona, Musashi incontrò il giovane, intento a vendere pesci; quando lo spadaccino gli chiese di vendergliene uno, il ragazzo gli disse “prendili tutti” e scappò via.
    Nel pomeriggio del giorno seguente, Musashi, sperduto nella piana, andò in una piccola capanna a chiedere alloggio per la notte e, incredibilmente, vi trovò il ragazzino del giorno prima, il quale gli diede ospitalità.
    Durante la notte, riverso nel letto senza riuscire a dormire, Musashi sentì il rumore di una spada che veniva affilata; preso dal sospetto nei confronti di quel ragazzo che fino ad allora aveva agito in maniera così strana e pensando che volesse ucciderlo nel sonno per poi derubarlo, tossì sonoramente in modo da fargli capire che era sveglio e pronto a reagire.
    Il ragazzino si mise quindi a ridere accusando il viaggiatore di essere stato impaurito da un ragazzino di dodici anni debole e piccolo come lui; dopodiché andò da Musashi e gli spiegò la sua situazione: il padre era morto da poco e lui era troppo debole per riuscire a trascinarlo sulla collina dov’era stata sepolta la madre per seppellirlo vicino a lei; aveva quindi pensato di tagliare il corpo del padre a pezzi con una katana e di portarlo sul luogo pian piano, pezzo a pezzo.
    Colpito da un così strano e profondo atto di amore filiale, Musashi, dopo aver aiutato il ragazzo a dar degna sepoltura al padre, gli propose di diventare suo apprendista e figlio adottivo; egli, dopo aver sottolineato che non avrebbe mai fatto da schiavo o servo, accettò la proposta .
    Anche Iori si dimostrò un ottimo investimento tanto che, pochi anni dopo, Musashi riuscì a farlo assumere da Ogasawara Tadazane e nel 1626 divenne un impiegato fisso del daimyô.
    Lo stesso anno però, Mikinosuke commise seppuku切腹 dopo la morte di Honda Tadatoki, suo padrone.
    Iori invece continuò una carriera brillante diventando sempre più potente e ricco grazie agli onori che di anno in anno stava acquisendo nel feudo di Ogasawara.



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  4. #54
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    Ti sei deciso a tornare

  5. #55
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  6. #56
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    6°epidosio

    7-Il Nuovo Musashi

    Musashi, dopo il combattimento con Sasaki, ebbe un profondo cambiamento; si avvicinò molto al buddismo, soprattutto quello zen, e iniziò ad attribuire un nuovo valore alla vita, tanto che nei suoi combattimenti successivi non finì mai il suo avversario né lo ferì in modo grave.
    Un concreto esempio di questo nuovo modo di pensare si ebbe nel 1628 quando, nella provincia dell’Owari nel castello di Nagoya, per una richiesta del settimo figlio di Tokugawa Ieyasu, Yoshinao , Musashi ebbe un confronto di tecnica con un abilissimo rappresentante del clan Owari.
    Usando le sue due spade di legno, Musashi bloccò ogni azione del nemico, annullandone ogni attacco e non ferendolo mai, sconfiggendolo così non fisicamente ma nello spirito e nella tecnica.
    Yoshinao, che si aspettava qualcosa di ben più drammatico da colui che aveva sconfitto il “demone delle province occidentali”, non apprezzò l’incontro e non si interessò più allo stile di Musashi.
    Questo comportamento invece colpì molto Yagyû Hyôgonosuke Toshiyoshi , istruttore di scherma di Yoshinao e maestro nella tecnica di scherma mutô-ryû無刀流 che non prevedeva l’uso di spade (la famosa tecnica del bloccare la lama avversaria con i soli palmi delle mani); egli, incrociando per strada Musashi, disse ai suoi discepoli “Infine ho incontrato in vita mia un vero essere umano”, lo invitò a cena ed ebbe con lui, durante la serata, un’appassionato scambio di idee.
    Un'altra prova del suo rinnovato carattere si ebbe nella nuova dimora di Ogasawa Tadazane a Kokura, dove combatté con Takada Mataemon, esperto nello stile di lancia dell’Hozoin (che ricordiamo, Musashi aveva già sconfitto) il quale si arrese quando Musashi per tre volte rese nulli i suoi attacchi; dopo l’incontro Tadazane propose per l’ennesima volta a Musashi di diventare suo sottoposto e per l’ennesima volta egli rifiutò, proponendosi nuovamente come ospite del feudatario.
    Durante il suo nuovo soggiorno presso gli Ogasawa, Musashi ebbe un paio di scontri, nessuno dei quali realmente significativo.
    Nel 1638, fu invitato da Matsudaira Izumo no Kami Naomasa, daimyô di Izumo per una dimostrazione delle sue abilità nella quale sconfisse il più dotato spadaccino del feudo; sconcertato dall’evento, Matsudaira stesso scese nell’arena impugnando una spada di legno, ma una volta davanti al suo avversario, si arrese miseramente.
    Dopo questo episodio, Musashi si trasferì per un breve periodo a Edo dove, incredibilmente, intrattenne una relazione sentimentale con una cortigiana di nome Kumoi del quartiere Yoshiwara.
    Nonostante la sua determinazione nel seguire la via della spada senza distrazioni e nonostante la sua
    convinzione di dover star lontano dalle donne per evitare inutili distrazioni, Musashi, all’età di 54 anni cadde vittima delle tentazioni della carne e del cuore, ma questo periodo di pace era destinato a durare ben poco.
    Nel 1637 a Shimabara, nella provincia di Hizen nel Kyûshû, scoppiò una violenta rivolta di contadini e cristiani (che Tokugawa reprimeva con forza) con epicentro nel feudo di Matsukura Shigeharu il quale attuando una severa politica economica, aveva portato i contadini al limite della disperazione, costringendoli ad un’azione violenta, alla quale si unirono i Cristiani, stufi anche loro della repressione che stavano subendo.
    Scatenato il putiferio, non passò molto prima che il governo Tokugawa mandasse un esercito a sedare la rivolta (e a distruggere una volta per tutte il feudo dei Matsukura, affiliato ai Toyotomi).
    Alle armi fu quindi chiamato anche Musashi, che oramai aveva definitivamente cambiato fazione, Egli partecipò probabilmente in veste di ispettore dello shogunato, abbandonando per sempre la sua amata cortigiana di Edo.
    Ruolo ben più autorevole ebbe Iori, il suo figlio adottivo, che scese in campo come comandante di una delle truppe degli Ogasawara.
    La rivolta fu sedata completamente il 14 Aprile 1638 e subito dopo, con l’accusa di aver favorito la rivolta attraverso la sua politica economica repressiva, a Matsukura Shigeharu fu ordinato di commettere seppuku.



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  7. #57
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    Predefinito Riferimento: Miyamoto Musashi: Guerriero, Stratega, Artista [episodio 6: Il Nuovo Mus

    7°epidosio


    8- Gli Hosokawa e gli ultimi anni di Musashi

    Dopo la battaglia, Musashi tornò ancora una volta a Kokura, dagli Ogasawara, dove passò i successivi 2 anni.
    Nel 1640, mentre Musashi risiedeva ancora a Kokura, andò a cercarlo Iwama Rokubei, un inviato di Hosokawa Tadatoshi (che il guerriero aveva conosciuto anni prima in un circolo di poeti a Kyôto e con il quale aveva scambiato discorsi su arte e spada , di cui il daimyô era grande esperto ) proponendo a Musashi di diventare ospite del feudo.
    Ma il messaggero, oltre a questa prestigiosa occasione, proponeva allo spadaccino ben altro: il suo padrone infatti era fortemente deciso ad avere Musashi nel suo feudo e per fare ciò, gli offriva la sua diretta amicizia e la possibilità di ufficializzare il suo stile di scherma, il niten ichi-ryû 二天一流 (nome con cui venne rinominato lo stile Enmei-ryû).
    Musashi fu preso alla sprovvista da tanto interesse e tanta generosità e, una volta decise le condizioni dell’accordo, accettò l’offerta e nella primavera del 1640 partì da Kokura alla volta di Kumamoto.
    A Musashi fu assegnato uno stipendio di duecento koku di riso e, nonostante fosse un ospite, il posto in cui sedeva durante le assemblee era pari a quello di un capo di un esercito del feudo.
    Come residenza gli fu assegnato il castello di Chiba a Kumamoto.
    Nel frattempo però, la salute di Musashi iniziò a peggiorare e lui ne era conscio, ma nonostante ciò creò un suo dôjô, prese sotto di sé un certo numero di allievi e partecipò ai sui due ultimi incontri di spada.
    Il primo, svoltosi nel 1640, fu contro Uiji Yashiro, l’istruttore personale degli Hosokawa, e fu organizzato in segreto da Tadatoshi; lo scontro prevedeva l’uso delle armi di legno e la conclusione in 3 incontri.
    Musashi, come suo solito nelle ultime battaglie sostenute, non combatté con lo scopo di colpire e uccidere il nemico ma semplicemente annullò e anticipò ogni suo attacco mettendolo alle strette.
    Sorpreso da tale tecnica, Tadatoshi stesso scese in campo contro Musashi ma non ebbe risultati migliori del precedente avversario.
    Il daimyô ora aveva avuto una prova concreta dell’incredibile tecnica di Musashi e, preso dall’entusiasmo, diventò lui stesso un seguace della niten ichi-ryû.
    L’ultimo incontro della vita dello spadaccino si svolse nello stesso anno contro un altro guerriero al servizio degli Hosokawa, un tale Shioda Hamanosuke: esperto nell’uso della lancia e nel corpo a corpo, era istruttore dell’esercito del clan.
    Nella battaglia, Musashi oppose alla lunga lancia dell’avversario una corta spada di legno con la quale, come nel precedente incontro, controllò e mandò a vuoto ogni attacco che gli veniva inferto, mettendo per l’ennesima volta il suo nemico in una situazione di impotenza.
    Stanco della situazione, Musashi disse a Tadatoshi e al resto del pubblico che Hamanosuke non era assolutamente in grado di sconfiggerlo ma che, se fosse riuscito ad avvicinarsi a lui ad almeno due metri, l’avrebbe considerato il vincitore dell’incontro.
    A queste parole, Hamanosuke buttò via la lancia infuriato e si scagliò a mani nude contro l’avversario cercando di afferrarlo, venendo però anche in questo caso eluso, senza riuscire a mettere in atto nessuna delle sue mosse.
    Alla luce di ciò, il guerriero si arrese e chiese a Musashi di accettarlo come suo discepolo; il vincitore invece, conscio del valore e della bravura di Hamanosuke, chiese all’uomo di insegnare ai discepoli che stava addestrando la sua arte e le sue tecniche le quali, difatti, sono tuttora incluse nello stile di Musashi; stile che da lì a poco avrebbe avuto il suo primo documento scritto.
    Un anno dopo l’arrivo dello spadaccino a Kumamoto, infatti, Tadatoshi chiese a Musashi di mettere per iscritto l’essenza del suo stile di scherma.
    Musashi accettò di buon grado e compilò quello che viene ritenuto il prototipo del “libro dei cinque anelli”, il suo vero testamento spirituale; questo libricino di appena 15 pagine chiamato
    “Hyôhô sanjûgo”「兵法三十五」 racchiude in sé l’essenza e la filosofia della tecnica
    nitenichi-ryû.
    Tadatoshi fu entusiasta del lavoro e si ritenne onorato di poter avere per sé le conoscenze messe per iscritto di un uomo abile e intelligente come Musashi; ma la sua gioia non durò molto perché, il 17 marzo 1641, appena un mese dopo aver ricevuto il manoscritto, il daimyô di Kumamoto morì di malattia.
    Musashi fu molto colpito dalla cosa, Tadatoshi era stato per lui un grande amico e la sua morte lo addolorò.
    Nel frattempo però, anche la salute di Musashi continuava a peggiorare e lui lo sapeva bene.
    In quest’ultimo periodo continuò ad addestrare discepoli, tre dei quali: Okinaga Yoriyuki , Terao Katsunobu e Terao Kumanosuke, diventarono i suoi favoriti.
    Si dedicò molto anche ad altre arti quali la cerimonia del the, il teatro Nô, la poesia e soprattutto la pittura.
    Si avvicinò ancora di più al buddismo, in particolar modo allo zen di cui spesso praticava la meditazione zazen .
    Il luogo in cui andava a meditare era una caverna di nome Reigan sul monte Iwato, situato a qualche chilometro ad est di Kumamoto.
    Nella primavera del 1645 le condizioni di Musashi iniziarono a diventare preoccupanti e lui, comprendendo che la sua ora stava ormai arrivando, decise di isolarsi nella caverna di Reigan per trascorrere lì i suoi ultimi giorni e per scrivere quello che sarebbe diventato il suo testamento spirituale e il retaggio della sua tecnica di spada, il “Go Rin no Shô” 「五輪の書」
    prima di partire lasciò una lettera indirizzata al clan Hosokawa in cui ringraziava per l’ospitalità, per l’amicizia del defunto daimyô e per la vita che era riuscito a condurre contando solo sulle sue forze.
    Sebbene Musashi avesse espressamente richiesto che nessuno andasse a fargli visita, fu mandato spesso un medico alla caverna affinché portasse al guerriero moribondo medicine e cure che egli puntualmente rifiutò.
    L’eremitaggio durò fino agli inizi di maggio quando, mosso da forte preoccupazione, Okinaga Yoriyuki (uno dei suoi già citati tre discepoli preferiti) si recò alla cava per riportarlo al castello.
    Il giovane trovò il suo maestro al limite delle forze e, senza che questi riuscisse a opporre alcuna resistenza, lo trasportò al palazzo non curandosi delle sue proteste.
    Musashi quindi si trovò a passare gli ultimi giorni della sua vita in un futon布団 nella sua stanza al castello di Chiba.
    Il 12 maggio, ormai conscio della sua prossima fine, Musashi chiamò i suoi discepoli prediletti nella sua stanza per lasciare loro la sua eredità e le sue ultime volontà:
    a Okinaga Yoriyuki diede la sua spada, a Terao Katsunobu , il suo preferito, donò il suo lavoro appena completato,”il Libro dei Cinque Anelli”, e a suo fratello Kymanosuke consegnò i “Trentacinque articoli della strategia”, la cui prima stesura era appartenuta a Tadatoshi.
    Fatto ciò, prese in mano un pennello e scrisse di getto 21 articoli che chiamò Dokkudô 独行道 , nei quali era concentrata tutta la sua filosofia e il suo modo di pensare:








    1- 世々の道を背くことなし Non contravvenire alle vie del mondo.
    2- 身に楽しみをたくまず Non elaborare il piacere per te stesso.
    3- よろずにえこの心なし Non essere dipendente da molte cose.
    4- 身を浅く思い、世を深く思う Pensa a te stesso con leggerezza, al mondo con profondità.
    5- 一生の間欲心思わず Per tutta la vita non pensare alla passione.
    6- 私事において後悔をせず Non pentirti delle tue cose.
    7- 善悪に他を妬む心なし Nel bene e nel male non essere geloso degli altri.
    8- いずれの道にも別れを悲しまず In qualsiasi caso, non rattristarti per le separazioni.
    9- 自他共に怨み託つ心なし Non avere lamenti o risentimenti per te stesso e per gli altri.
    10- 恋慕の道思い寄る心なし Non pensare di percorrere la via dell’amore.
    11- 物事に好き好むことなし Non avere preferenze negli oggetti.
    12- 私宅において望む心なし Non avere desiderio di una casa privata.
    13- 身一つに美食を好まず Non amare cibi particolarmente buoni.
    14- 末末代物なる古き道具所持せず Non possedere oggetti antichi che diverranno eredità.
    15- 我が身にいたり物忌することなし Non essere superstizioso.
    16- 兵具は格別よの道具嗜まず Non collezionare armi e oggetti in eccesso.
    17- 道においては死を厭わず思うPensa a non evitare la morte nella via.
    18- 老後に財宝持ちゆる所領に心なし Non avere interessi per feudi e tesori nella vecchiaia.
    19- 仏神は尊し仏神を頼まず Rispetta i Budda e le divinità ma non pregarle per favori.
    20- 身を捨てても名利は捨てず Anche se abbandoni il corpo, non abbandonare l’onore.
    21- 常に兵法の道を離れず Non separarti mai dalla via della strategia.


    Il 19 maggio 1645 Miyamoto Musashi morì, per quello che pare fosse un cancro ai polmoni, all’età di 62 anni; in accordo con le sue richieste il suo corpo fu vestito con armatura e elmetto e messo nella bara che fu sepolta nel quinto cho di Handagun, nel villaggio di Tanga Yuge, con l’abate Shuzan del tempio Taishoji come celebrante ufficiale della cerimonia del funerale.
    Otto anni dopo la sua morte, nel 1654, il figlio adottivo Iori innalzò sul monte Tamuke, fuori dalla città di Kokura la Kokura Hibun 小倉碑文 , una pietra monumentale in suo onore che narra la sua vita e le sue vicende.
    La vita di Musashi, dopo sessanta duelli e sei battaglie su larga scala, si era quindi conclusa, ma la sua leggenda era appena iniziata e il suo pensiero avrebbe continuato ad espandersi nel mondo e nel tempo, arrivando fino ai giorni nostri.



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  8. #58
    Dr.Zoser
    ospite

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    wow!

  9. #59
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    Capitolo 2

    8°episodio

    CAPITOLO 2
    LO STRATEGA
    |
    「五輪の書」
    Il libro dei cinque anelli

    1-Introduzione
    Miyamoto Musashi aveva combattuto per tutta la vita e aveva sempre vinto.
    Si cimentò in molte altre strade oltre a quella della spada e, come in essa, non ebbe alcun maestro, creò da sé il suo stile, la sua tecnica, la sua identità.
    Per Musashi la spada non era un gioco, era la vita, e quindi disprezzava le scuole che le davano una connotazione goliardica, che creavano tecniche visivamente appaganti ma inutili a livello pratico, che insegnavano la via della spada solo a scopo di lucro, puntando tutto sull’immagine e poco sulla sostanza.
    Per lui la katana era fatta per combattere, per uccidere e venire uccisi, prenderla con leggerezza era sintomo di debolezza di spirito.
    Musashi non credeva neanche nelle tecniche prefissate, nelle pose da combattimento rigide, nei movimenti calcolati, per lui il combattimento nasceva dall’anima, dall’istinto e dalla prontezza della mente, dalla capacità di attuare e mettere in atto una strategia.
    La somma di questo pensiero, il succo dell’esperienza di Musashi, il modo in cui visse e ciò che gli permise di vincere sessanta incontri e di uscire vivo da sei battaglie è rinchiuso nella sua opera maggiore, “il libro dei Cinque anelli”, che ci offre la possibilità di analizzare direttamente il suo pensiero.
    Il libro è diviso in cinque capitoli: rotolo della terra, rotolo dell’acqua, rotolo del fuoco, rotolo del vento e rotolo del vuoto (o cielo, a seconda di come si traduca il kanji kara/sora 空 che racchiude entrambi i significati)
    Questa divisione, che si rifà agli elementi naturali e che termina con il supremo concetto buddista della vacuità, ricorda molto la struttura degli Stupa, i reliquiari della religione buddista, che presentano appunto cinque livelli dedicati agli stessi cinque elementi che menziona lo spadaccino.


    2-Il Rotolo Della Terra
    “Occorre tracciare un cammino diritto su un terreno appianato. Per questo do il nome della terra al primo rotolo”
    Nel primo capitolo, il rotolo della terra, Musashi introduce se stesso e la sua scuola raccontando le sue vittorie e i suoi avanzamenti in quella che lui chiama “strategia”.
    I kanji con cui scrive la parola strategia (hyôhô兵法) sono 兵, hei/hyô, ovvero soldato/esercito/truppe e法, hô, legge; la legge delle truppe, dell’esercito, della guerra.
    Ed è questa strategia che, come lui dice, bisogna perseguire.
    Molti si trovano a seguire varie vie nelle arti di questo mondo, ma ”ben pochi amano la via della strategia.”
    Nel rotolo della terra, lo spadaccino lancia anche il suo primo attacco verso le altre scuole di arti marziali che, secondo lui, non fanno che smerciare tecniche a buon mercato, illudendo gli acquirenti di star seguendo una vera via.
    Per Musashi, in questo capitolo, colui che segue la via della strategia è come un carpentiere che, per costruire al meglio ciò che ha in mente, deve conoscere i suoi utensili, scegliere bene i materiali, diversificarli a seconda del ruolo che essi dovranno avere nella costruzione, levigarli e adattarli per bene alle misure commissionate.
    Come un carpentiere, uno spadaccino deve conoscere bene le sue armi, le sue capacità, le capacità del suo avversario; nello stesso modo un generale dovrà conoscere bene i suoi uomini, il terreno della battaglia, le tattiche da utilizzare e l’indole dei suoi nemici.
    Introducendo la sua scuola delle due spade, egli sottolinea che “Se si deve morire in combattimento, è preferibile usare tutte le armi che si portano addosso” e che sbaglia chi si affida a una sola lunga lama, visto che “Se non si arriva ad uccidere il proprio nemico con una mano sola, allora basta usarle entrambe, non è una cosa complicata”.
    Ma Musashi evidenzia anche che è sbagliato prediligere un’arma più di un'altra, bisogna conoscerle tutte, nei loro pregi e nei loro difetti, bisogna saperle fronteggiare, saperle sfruttare a seconda dell’occasione sfruttando quella che lui chiama “cadenza”.
    La cadenza per lui indica il ritmo, l’andamento di una battaglia o di un duello, ma è anche il modo di pensare proprio e dell’avversario.
    Secondo lo spadaccino, nella via della strategia è essenziale saper capire e padroneggiare le cadenze, sconfiggere il nemico mettendogli contro una linea di pensiero che non avrebbe mai immaginato, eseguendo attacchi opposti alla sua cadenza di combattimento.
    Musashi ritiene che ci siano 9 fondamentali punti da tenere a mente per raggiungere l’eccellenza nella strategia:
    1- pensare a ciò che non è il male
    2- allenarsi nella via
    3- interessarsi a tutte le altre arti
    4- conoscere la via di tutte le professioni
    5- saper valutare i vantaggi e gli svantaggi di ogni cosa
    6- imparare a giudicare la qualità di ogni cosa
    7- percepire e comprendere quel che non si vede dall’esterno
    8- essere attenti anche alle cose minime
    9- non compiere atti inutili
    Tenendo a mente questi pochi, semplici principi, non si perde neppure contro dieci nemici, si impara a vincere contro chiunque in qualsiasi situazione.
    Quello che appare già in questo primo rotolo è un Musashi che punta alla semplicità pratica, alle conoscenza di se stessi e di ciò che si ha attorno, all’eliminazione del superfluo.
    Questi punti fondamentali vengono, infatti, sviluppati molto più a fondo nei capitoli successivi, che il rotolo della Terra descrive e introduce.



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  10. #60
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    9°episodio

    3-Il Rotolo dell’Acqua

    “Lo spirito della strategia della mia Scuola delle due spade prende l’acqua come modello fondamentale, io perciò intitolo questo scritto Rotolo dell’acqua”
    Nel rotolo dell’acqua, Musashi spiega le basi della sua scuola.
    Per Musashi, lo stato con cui si affronta un duello è identico a quello in cui si affronta una battaglia su larga scala; il piccolo porta al grande e viceversa.
    Lo spirito deve essere stabile, né agitato né calmo, non bisogna né cedere all’agitazione né rilassarsi troppo ma stare sempre in bilico anche fuori dalla battaglia, nella vita quotidiana, e bisogna espandere la propria sapienza, cercare di conoscere qualsiasi cosa, qualsiasi arte, in modo da non risultare inferiori a nessuno in nessun campo.
    Bisogna imparare non solo a vedere le cose, ma a guardarle, guardare l’insieme senza fissarsi su particolari che potrebbero distrarci e portarci alla sconfitta.
    In questo rotolo, lo spadaccino poi dà le direttive generali della sua arte della spada, spiegando postura, guardia, attacchi, contromosse e tecniche psicologiche.
    Quel che si evince da questo elenco è che, per Musashi, non esiste nulla di immobile, di immutevole.
    Non esiste una vera guardia, ma una serie di cinque guardie da adattare sul momento a seconda dell’evenienza diretta; nello stesso modo funzionano gli attacchi e i colpi “speciali” che devono essere eseguiti col solo pensiero di tagliare in due l’avversario, di sconfiggerlo, adeguandosi alla situazione, come l’acqua di adegua al contenitore in cui viene versata.
    Tutte queste tecniche e mosse (molto semplici e efficaci, prive di qualsiasi artificio coreografico), inoltre, si devono apprendere dopo lunghi esercizi, tant’è che compaiono spesso le frasi “Bisogna allenarsi bene” e ”Esaminate bene questo”; questo perché le tecniche devono penetrare dentro l’adepto, devono diventare automatiche, devono scaturire naturalmente dal suo corpo durante il combattimento senza un minimo di esitazione.
    “Mille giorni di allenamento per forgiare, diecimila giorni di allenamento per lucidare.”


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  11. #61
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    Molto interessante!
    Vedrò di procurarmi il libro dei cinque anelli!

  12. #62
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    10°episodio

    4-Il Rotolo Del Fuoco

    “Io scrivo a proposito della battaglia e del combattimento in questo rotolo del fuoco”
    In questo capitolo infatti, Musashi parla delle tecniche da eseguire in guerra; ma non solo, perché per lui non c’è differenza tra vincere da solo contro dieci o vincere mille contro diecimila.
    Bisogna conoscere le tattiche di ciascun avversario e tentare di conoscere la forza e la debolezza delle sue tecniche.
    Le tecniche che compaiono in questo capitolo, anch’esse pensate per diventare parte integrante del pensiero dell’adepto, vertono quasi tutte sulla psicologia dell’avversario.
    Sono tecniche che puntano a sfruttare i vantaggi del luogo spingendo in zone difficili il nemico, che lo disorientano con finte e comportamenti improvvisi, che puntano ad annichilirlo, a sfruttare i suoi momenti di debolezza, a immedesimarsi in lui e a fare il contrario di quello che si aspetta, a irritarlo e a manovrarlo, mettendolo nella situazione di fare le mosse che voi avete previsto, come se egli fosse un soldato e voi il suo generale; “il generale conosce i propri soldati”.
    Sono quindi tecniche molto profonde, che svelano un lato diverso della scuola di spada di Musashi e che mettono in risalto la sua esperienza sul campo che gli ha permesso di affrontare, capire e sconfiggere una tale quantità di nemici da fargli comprendere le regole generali della strategia psicologica.



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  13. #63
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    11°episodio

    5-Il Rotolo del Vento
    “Scrivo il rotolo del Vento a proposito delle altre scuole di strategia, per spiegare in questo rotolo quello che esse sono. Non potete comprendere con certezza la via della vostra stessa scuola senza conoscere quella delle altre.”
    E in questo rotolo, infatti, Musashi mette a nudo e critica le altre scuole di armi, molte delle quali lui stesso ha sconfitto.
    Per la seconda volta, mette in evidenza il suo astio verso le scuole che vendono le loro tecniche come “mercanzie ornate di colori e fiori, per farne un mezzo per guadagnarsi da vivere, cosa che non è la vera via”.
    Musashi non ha pietà per nessuno: mette in evidenza l’inefficacia delle scuole che si ostinano ad usare un'unica lunga katana (come quella di Ganryû Kojirô Sasaki)e, allo stesso modo, di quelle che usano solo katana corte; quasi ridicolizza quelle che puntano a colpi molto potenti e evidenzia l’inutilità di quelle che vantano decine di tecniche elaborate, in quanto al mondo” non esistono diversi modi di tagliare in due un uomo”.
    Per lui tutte queste scuole sono limitate, si fissano su concetti sbagliati che non hanno utilità e anzi sono dannose all’atto pratico del combattimento.
    Nella sua scuola, a differenza delle altre, non vi sono colpi speciali, non vi è stata un’illuminazione divina che ha ispirato Musashi, non vi sono segreti che solo gli adepti più anziani e avanzati possono conoscere; nella sua scuola “Non c’è né fondo né entrata per l’arte della spada, e non vi sono guardie fisse. L’essenziale della strategia è unicamente che lo spirito ne apprenda la virtù.”.



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  14. #64
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    12°episodio

    6- Rotolo del Vuoto
    “Il senso del vuoto è lo spazio in cui non vi è nulla, e io concepisco il vuoto anche come ciò che non può essere conosciuto.”
    Questo è il vuoto per Musashi, ma è anche e soprattutto conoscere, attraverso ciò che esiste, ciò che non esiste.
    Praticando la via della strategia strenuamente, imparando e praticando le varie vie del mondo e arricchendo il suo sapere, il guerriero allontanerà da sé ogni dubbio e ogni incertezza perché “bisogna sapere che il vero spazio vuoto è là dove le nubi dell’incertezza sono completamente dissipate.”
    Il vuoto per Musashi è quindi la comprensione del tutto e la cessazione di ogni turbamento dell’animo, è il contenitore della sapienza, della strategia che, a sua volta, se seguita correttamente, porta alla comprensione del vuoto.
    E’ un vuoto fortemente buddista, perché nella sua assenza di essere contiene tutto, visto che tutto è a sua volta nullo, vuoto: “ il sapere esiste, la via esiste e lo spirito, in sé, è vacuità.”.
    La via della strategia, quindi, porta alla tranquillità dell’essere, a quello che in gergo buddista viene chiamato Nirvana.
    La mente ferma, l’adattabilità a ogni situazione, la conoscenza di tutte le vie senza pregiudizi, portano alla rettitudine che altro non è che la vera via della strategia.
    Il testo di Musashi quindi, non è solo un elenco di tecniche e mosse, ma l’espressione di uno stile di vita, di un pensiero, di un modo d’essere.
    Leggendolo ai nostri tempi, si ha la sensazione di poter tuttora applicare queste tecniche psicologiche, queste linee di pensiero, questi ragionamenti .
    Naturalmente non ci troveremo mai in un duello o in una battaglia contro un castello come successe a Musashi, ma, nella lotta per la sopravvivenza di tutti i giorni, possiamo ancora trarre ispirazione dalle sue parole, possiamo ancora adoperarle.
    Eliminare il superfluo, non sottovalutare niente, accumulare conoscenza e esperienza, agire a seconda della situazione che abbiamo davanti, questi sono postulati tuttora validi, il campo di battaglia non è poi tanto diverso dalla vita e dal mondo del lavoro e gli esseri umani, in fondo, sono sempre gli stessi, tanto che alcuni manager utilizzano oggigiorno lo scritto nelle loro strategie economiche.
    Questo fa di Musashi un grande uomo che ha capito meccanismi di pensiero universali, tanto da permettergli di scrivere un’opera senza tempo che, nonostante il suo contesto e il destinatario a cui si riferiva, è riuscita ad arrivare fino a noi sia come libro che come pensiero.



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  15. #65
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    13°episodio

    CAPITOLO 3
    L’ARTISTA
    |
    芸術家


    1-Introduzione
    Musashi, come spiega abbondantemente nel suo scritto e come si evince dalla sua vita, non si dedicò solo alla via della spada, ma cercò di percorrerne molte altre, in modo da diventare un uomo il più completo possibile.
    Come nella via della spada, Musashi diceva di non aver mai avuto alcun insegnante nell’apprendimento e nello sviluppo delle altre arti, nelle quali ottenne risultati eccellenti.
    Si dedicò quindi alla cerimonia del the, al teatro nô, alla scrittura e, soprattutto, all’arte.
    Firmandosi con lo pseudonimo di Niten (come il nome della sua scuola), lo spadaccino ci ha lasciato svariate opere di ottima fattura.
    Poiché era fortemente influenzato dal buddismo, tutti i suoi soggetti si rifanno a quel mondo, come d’altronde avveniva nella maggior parte dell’arte giapponese ed asiatica da ormai svariati secoli.
    Le sue opere consistono in statuette di legno, calligrafie, ma soprattutto pitture monocromatiche raffiguranti uccelli o patriarchi del buddismo.
    Questo tipo di arte è rappresentativa del buddismo zen, fortemente praticato da Musashi soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita e ben si adatta allo spirito dello spadaccino che, impugnando il pennello, traccia tratti come se desse fendenti.

    2-Le Opere
    Opera di grande impatto e perfezione stilistica è la statua del Fudômyô-ô不動明王 .
    Intagliata nel legno e alta 45 centimetri, nella sua espressione e nella sua posa plastica esprime tutto il fervore del suo artista.
    Il viso imbronciato, la spada tesa pronta a colpire e le divampanti fiamme di sfondo danno dinamismo all’immobile re e rendono palpabile la tensione della scena.
    Il Fudômyô-ô è tipico del buddismo esoterico, e questo ci suggerisce un interesse di Musashi non solo verso lo zen, ma anche per altre sette .



    Ma lo spirito di Musashi si manifesta soprattutto nelle pitture monocromatiche suibokuga 水墨画 , stile importato dalla Cina durante il periodo Kamakura (1192-1333) e diventato uno degli stili principali degli artisti zen.
    In queste opere non c’è esitazione: ogni pennellata, ogni tratto è definitivo e decisivo, l’autore esprime attraverso esse se stesso e la sua intenzione; in questo stile Musashi si cimentò spesso utilizzando come soggetti uccelli e patriarchi buddisti, in particolar modo Daruma, che, venendo dall’india in Cina, fondò il movimento zen e Hotei, monaco eccentrico entrato sia nella religione buddista che shintô (come uno delle sette divinità della fortuna).


    Tra le opere raffiguranti uccelli, la più famosa è sicuramente l’”Averla”.
    Il piccolo uccello è stato scelto da Musashi per il suo forte spirito combattivo, infatti, nonostante le sue piccole dimensioni, attacca violentemente i suoi nemici causandogli danni gravissimi.
    Ma l’abilità del guerriero come artista, più che dalla morbidezza dei tratti con cui è reso il piccolo volatile, emerge dalle due singole, forti e sicure pennellate che formano il ramo su cui poggia.
    Come se avesse sferrato un attacco mortale a un suo nemico, Musashi ha dipinto il ramo senza esitazione e mettendoci tutta la sua energia, rendendo lo stesso ramo simile alla lama di una spada.
    L’opera è tra l’altro perfettamente bilanciata nell’insieme: mettendo il soggetto al centro, egli non appesantisce nessun punto particolare della realizzazione.


    Molto interessante, tra le rappresentazioni di Hotei, è “Hotei che guarda un combattimento di galli” , in cui il vecchio monaco osserva appunto un combattimento tra due volatili. In quest’opera quindi compaiono insieme i due soggetti preferiti da Niten, gli uccelli e i patriarchi buddisti. Hotei è rappresentato secondo i canoni del personaggio, ovvero fortemente in carne, con un’espressione divertita e con un’enorme sacca sulle spalle. In verità non è il primo a rappresentare questa scena, già altri prima di lui l’avevano dipinta, ma quella di Musashi spicca sulle altre soprattutto per il magistrale uso dell’intensità dell’inchiostro che, con varie tonalità di grigio, dona profondità e risalto al personaggio e ai due galli, magistralmente rappresentati quasi dalle sole piccole pennellate che formano le piume. Di quest’opera il pittore Tanomua Chikuden (1777-1835) ha detto: “ Le pennellate sono eccellenti e le tonalità d’inchiostro hanno penetrato profondamente la carta.”.


    Dipinto particolare tra le opere di Musashi che rappresentano Daruma e’ “Daruma che Medita”.
    Si dice che questo dipinto venisse commissionato a Musashi da Hosokawa Tadatoshi, che volle
    vederne personalmente la realizzazione.
    Musashi, però, rimasto insoddisfatto del risultato, in piena notte si svegliò bruscamente e, preso in
    mano il pennello, ridipinse da capo l’opera realizzando quello che davvero aveva in mente.
    L’opera che ne venne fuori fu appunto “Daruma che medita”.
    Il dipinto sembra diviso in due, con il volto del monaco dettagliato e realizzato con inchiostro secco
    grigio e le sue vesti fatte di poche pennellate di inchiostro nero.
    Significativo è il suo volto, con gli occhi incrociati e la bocca ricurva (che ricorda il profilo del
    monte Fuji), che indicano un profondo stato di meditazione, stato a cui Niten era abituato e
    metteva in pratica nel periodo della realizzazione e che quindi riuscì a rendere perfettamente.


    3-Conclusioni
    Anche a livello artistico quindi Musashi era un vero esperto e sulla sua bravura concordano e hanno
    concordato moltissimi critici come Okakura Tenshin che lavorò con Fenollosa Ernest , il più famoso studioso non giapponese di cultura nipponica.
    Come esempio di questa grande considerazione và ricordato che nel 1915, quando l’imperatore
    partecipò alla cerimonia di diploma all’Università Imperiale di Tôkyô e venne invitato, come da
    tradizione, a osservare opere d’arte scelte dal “Dipartimento della Letteratura”, gli vennero mostrate
    ben tre opere dell’artista guerriero.
    In questi dipinti riusciamo quindi a scorgere un ulteriore lato del carattere di Musashi, un lato pieno
    di senso artistico e di bellezza che evidenzia, per una terza ed ultima volta, la grandezza di questo personaggio.









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  16. #66
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    Predefinito Riferimento: Miyamoto Musashi: Guerriero, Stratega, Artista[episodio12: Il Rotolo del

    14°episodio

    CONCLUSIONI

    |

    結末

    Musashi Miyamoto è stato quindi un uomo completo, una figura diversa dalle altre appartenenti al
    suo mondo e uno che, proprio grazie alla sua particolarità, è riuscito ad andare oltre nell’unica via
    che noi tutti non possiamo fare a meno di percorrere, quella della vita, arrivando con il suo pensiero e le sue opere fino a noi, quattrocento anni dopo la sua morte.
    Musashi tuttora è un personaggio molto considerato e la sua figura viene utilizzata in molte
    produzioni moderne e contemporanee.
    Di fama mondiale, per esempio, è il romanzo di Yoshikawa Eiji “Musashi”, che racconta la vita dello spadaccino in maniera appunto romanzata, inserendo personaggi e cambiando l’ordine e lo
    svolgersi di alcuni eventi.
    Al romanzo è invece ispirato il manga “Vagabond” di Inoue Takeiko , la cui serializzazione è iniziata nel 1998 e continua tutt’oggi; il manga presenta uno stile grafico dettagliatissimo e una narrazione incalzante e scorrevole che hanno portato l’autore a vincere ben due premi: il 24° Premio per il miglior manga della Kodansha nel 2000 e l’ Osamu Tezuka Culture Award nel 2002.
    Al guerriero sono anche ispirati molti film e videogiochi in cui non è raro trovarsi ad usare uno strano spadaccino armato di due spade.
    Ma cosa ha permesso alla figura di Musashi di imporsi così fortemente e di diventare tanto famosa?
    Personalmente, penso che egli sia un simbolo di realizzazione personale, un uomo che ha fatto tutto da solo, senza l’aiuto di nessuno, contando solo su di sé e sulle sue abilità, un uomo che incarna l’impegno e l’inseguimento di un sogno che, grazie solo alle proprie forze, diventa realtà.
    Una figura tanto carismatica non può non affascinare, non può che diventare un esempio da seguire, da cui prendere ispirazione; ognuno può diventare un Musashi, ma “Bisogna allenarsi bene”.


    BIBLIOGRAFIA

    ALABISO Alida, “Samurai: arte, filosofia e società”

    INOUE Takehiko,“Vagabond”, Planet Manga, Italia

    MIYAMOTO Musashi, traduzione e commento di TOKITSU Kenji, “Il Libro dei Cinque elementi e altri scritti”,Luni Editrice, (2004) Italia

    TOKITSU Kenji, “Miyamoto Musashi – His life and Writings”, Shambhala Publications inc., (2004) USA

    WILLSON William Scott, “The Lone Samurai – The life of Miyamoto Musashi”, Kodansha International, (2004) Giappone

    YOSHIKAWA Eiji, “Musashi”, Rizzoli, (2008 ) Italia

    Wikipedia The Free Enciclopedia, “http://www.wikipedia.org/”, a WIKIMEDIA project

    si conclude così la storia di Musashi.
    Spero vi sia piaciuta e di avervi appassionato almeno un po'!
    Ultima modifica di Nanatsusaya; 20-12-09 alle 12:31:58


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  17. #67
    Lo Zio L'avatar di kaaio
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    Appena la coda di libri in lettura diminuisce un po mi procuro “Musashi” di Yoshikawa .. Vagabond l'ho cercato in fumetteria ma i primi numeri non si trovano e ho paura che mi verrebbe a costare parecchio recuperare tutto...

  18. #68
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    Beh si, Vagabond, soprattuto il Deluxe, costa parecchio a volume.


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  19. #69
    La Borga L'avatar di samefag
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    Questa era la tua tesi di laurea?

  20. #70
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