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  1. #1101
    L'Onesto L'avatar di Lester Burnham
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    Predefinito Riferimento: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Econom

    Se l’Europa
    ci chiede tagli per 25 mld


    di Gianmaria Pica
    Conti. Il 16 dicembre il Consiglio europeo esigerà pesanti e immediati sacrifici. Queste le cifre.


    © Mauro Scrobogna / LaPresse 19-11-2010 Roma Politica Camera - legge stabilit¿ - finanziaria Nella foto: Il ministro degli esteri Franco Frattini
    Approvata ieri la finanziaria alla Camera, già s’addensano nuove nubi sui conti pubblici italiani. E s’avanza lo spettro di una manovra da approvare all’inizio del 2011. Già, ma da quale governo? Il 14 dicembre il Parlamento voterà la fiducia all’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi. Il 16 dicembre si terrà il vertice europeo dei capi di Stato e di governo e un Ecofin straordinario sulla nuova governance economica, la riforma del patto di stabilità e il bilancio Ue 2011. In quell’occasione - fanno sapere fonti molto accreditate - Bruxelles chiederà all’Italia di stringere ancora la cinghia.
    Cioè tagliare ulteriormente spesa e debito per evitare che anche il nostro paese finisca a rischio default come Grecia, Irlanda e Portogallo.
    Dopo il sì della Camera, il passaggio definitivo per l’approvazione della legge di stabilità (ex Finanziaria) proposta dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti è atteso entro il 10 dicembre con l’esame del testo in Senato.
    Gli analisti spiegano che il Consiglio europeo di metà dicembre potrebbe chiedere all’Italia di tagliare circa cinquanta miliardi di euro di spesa (per la precisione 49 miliardi). Una cifra alta, ma considerata come un punto di partenza per la trattativa: alla fine Bruxelles costringerà l’Italia a sacrifici per 25 miliardi di euro. Il problema per Berlusconi sarà come affrontare questa grana, anche perché la manovra straordinaria imposta da Bruxelles dovrà essere presentata ai primi di gennaio 2011, e non solo il premier e il suo ministro dell’Economia rischiano di doversi presentare da dimissionari al vertice, ma nei primi mesi del prossimo anno c’è il rischio che il paese sia impegnato in campagna elettorale.
    La notizia che Bruxelles batterà cassa è stata confermata in una sede che più istituzionale non si può, dal senatore Raffaele Lauro (Pdl). Lo scorso 10 novembre, in aula a Palazzo Madama, Lauro ha detto che i termini del nuovo Patto di stabilità Ue annunciano scenari di duro sacrificio: «Per ridurre in venti anni il debito pubblico dall’attuale 118 al 60 per cento del Pil senza impoverire il paese - ha affermato - occorrerebbe ricorrere a strumenti (un’operazione di finanza straordinaria o una fiammata inflazionistica) incompatibili con il quadro europeo». Il senatore pidiellino propone un programma di riduzione sostenibile del debito che passa attraverso la compressione della spesa primaria e il rilancio della crescita: ossia, una nuova Finanziaria.
    Ma che calcoli hanno fatto a Bruxelles per arrivare a chiedere all’Italia una manovra straordinaria da 49 miliardi di euro? Dopo Grecia e Irlanda, l’Italia è tra quelli europei il paese maggiormente toccato dai vincoli del nuovo Patto di stabilità: registra livello altissimi di debito in rapporto al Pil (108,5 per cento per il 2010) e un deficit superiore al limite (4,9 per cento nel 2010). Questa situazione di devianza dai parametri del Patto non è destinata a rientrare in breve tempo, ma dovrebbe trascinarsi ancora per molti anni. Secondo il Tesoro, sulla dinamica del rapporto tra debito e Pil nel prossimo triennio influiranno sia la crescita modesta della ricchezza italiana (l’1,3 per cento nel 2011 e 2 per cento nel 2012-2013), sia la partecipazione al sostegno finanziario della Grecia (e a quello futuro dell’Irlanda). Un quadro negativo su cui pesano anche altri fattori: l’evoluzione della spesa per interessi sul debito; il saldo primario (cioè la differenza tra le entrate e le spese al netto degli interessi sul debito); l’indebitamento netto; e le operazioni di finanziamento per gli enti pubblici. Tutte variabili tendono a gravare sul debito.
    E se le regole del nuovo Patto Ue fossero in vigore nel prossimo triennio, per i prossimi tre anni sarebbe insostenibile la riduzione del debito rispetto ai valori del 2009. Secondo il ministero dell’Economia, soltanto per stabilizzare il rapporto tra debito e Pil al livello del 2009, occorrerebbero quattro anni. Sarebbe un’ipotesi insostenibile se l’Italia dovesse non solo stabilizzare l’incidenza del debito sul Pil, ma anche ridurla.
    Il nuovo Patto prevede anche che dal 2014 in poi, diversi ritmi annui di riduzione del debito sul Pil. La Commissione europea ha proposto al riguardo di ridurlo nella misura annua di un ventesimo della differenza tra la media degli ultimi tre anni e il traguardo del 60 per cento del Pil. Per L’Italia, dato che questa media per il periodo 2011-2013 ammonta al 117,3 per cento, si tratterebbe di decurtare il rapporto tra debito e Pil di quasi il 2,9 per cento ogni anno, che corrisponde a circa 49,3 milioni di euro. Dunque, ecco che ritornano i 49 miliardi di sacrifici il prossimo 16 dicembre il Consiglio europeo chiederà all’Italia.

    venerdì, 19 novembre 2010

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    Politicamente, chi si può prendere questo fardello? Un Berlusconi alla fase finale o un governo tecnico? Tanto per non bruciarsi in prima persona.

  2. #1102

    Predefinito Riferimento: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Econom

    Citazione Originariamente Scritto da DBX Visualizza Messaggio
    Scansafatiche, tutto subito e premasticato volete voi giovani.

    Liberizzazione dei commerci +
    Tassazione agevolata nel secondo mondo +
    Costo della manodopera basso +
    Servizi e Terziario sono in realtà legati a doppio filo all'industria "vera" +
    Tecnologia e ricerca sono ancora più facilmente esportabili dell'industria
    = disastro per l'occidente.

    Ma ci sono anche tante altre frasette profetiche, del tipo:
    le corporazioni americane vedranno crescere i loro profitti tantissimo, ma venderanno all'estero prodotti fabbricati all'estero marchiati come americani .

    Ma il bello è sentire i discorsi della tipa ( dell'amministrazione Clinton bytheway ) che con aria supponente cerca di difendere la liberizzazione con cose del tipo "la delocalizzazione delle fabbriche aumenterà il numero di posti di lavoro in america" () o peggio, "liberalizzare il commercio aumenterà la quantità di prodotti esportati dagli stati uniti", e venire distrutta da Goldsmith ogni singola volta . Ovviamente con il senno di poi è ancora più divertente perché sappiamo già come è andata veramente
    Aggiungo al già detto:

    Per qualsiasi produzione servono capitali, tecnologia e manodopera

    Le prime 2 possono essere spostate istantaneamente ovunque (più o meno).

    Il punto è se liberalizzi la terza: con questa sciagurata misura OBBLIGHI, per motivi di mera competizione e crescita, le imprese ad esternalizzare le produzioni per rimanere a galla.

    Questo è un caso di esternalità negativa e di conflitto tra interessi di corporazioni e interessi sociali/di stato.

  3. #1103
    Shogun Assoluto L'avatar di Necronomicon
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    Predefinito Riferimento: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Econom

    Fossi Berlusconi farei vincere il carrozzone del PD

  4. #1104
    Il Nonno L'avatar di gmork
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    Predefinito Riferimento: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Econom

    je serve lo scudo dai processi. e se poi nun jela fa a stassene seduto ar su posto, comme a da fa per nun finì ar gabbio?
    (come vado col romanesco? )
    Ultima modifica di gmork; 25-11-10 alle 11:25:11

  5. #1105
    Lo Zio L'avatar di Dr.Funk
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    Citazione Originariamente Scritto da DBX Visualizza Messaggio
    Scansafatiche, tutto subito e premasticato volete voi giovani.

    e anche con qualche figura, se possibile

    Liberizzazione dei commerci +
    Tassazione agevolata nel secondo mondo +
    Costo della manodopera basso +
    Servizi e Terziario sono in realtà legati a doppio filo all'industria "vera" +
    Tecnologia e ricerca sono ancora più facilmente esportabili dell'industria
    = disastro per l'occidente.

    Ma ci sono anche tante altre frasette profetiche, del tipo:
    le corporazioni americane vedranno crescere i loro profitti tantissimo, ma venderanno all'estero prodotti fabbricati all'estero marchiati come americani .

    Ma il bello è sentire i discorsi della tipa ( dell'amministrazione Clinton bytheway ) che con aria supponente cerca di difendere la liberizzazione con cose del tipo "la delocalizzazione delle fabbriche aumenterà il numero di posti di lavoro in america" () o peggio, "liberalizzare il commercio aumenterà la quantità di prodotti esportati dagli stati uniti", e venire distrutta da Goldsmith ogni singola volta . Ovviamente con il senno di poi è ancora più divertente perché sappiamo già come è andata veramente

    Mah, l'unica cosa su cui tutti gli economisti sono d'accordo è che liberalizzare il commercio estero è conveniente per tutti; non mi pare che negli ultimi anni sia nato un nuovo consenso a favore del protezionismo. Anzi, quando in campagna elettorale Obama dichiaro di volersi ritirare dal NAFTA venne sommerso di critiche da tutti gli economisti americani e fu costretto a ritrattare.

  6. #1106

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    Citazione Originariamente Scritto da Dr.Funk Visualizza Messaggio
    e anche con qualche figura, se possibile




    Mah, l'unica cosa su cui tutti gli economisti sono d'accordo è che liberalizzare il commercio estero è conveniente per tutti; non mi pare che negli ultimi anni sia nato un nuovo consenso a favore del protezionismo. Anzi, quando in campagna elettorale Obama dichiaro di volersi ritirare dal NAFTA venne sommerso di critiche da tutti gli economisti americani e fu costretto a ritrattare.
    Come abbiamo provato a spiegarti, il problema non è la liberalizzazione, ma la delocalizzazione del LAVORO.

    In questo modo distruggi tessuto industriale, mercato interno, e crei un generale impoverimento sociale.

    Queste sono conseguenze non dirette, ma indotte da una serie di regole miopi e folli, di cui in parte gli stati sovrani, sono responsabili.

    Io più chiaro di così non riesco a renderlo

  7. #1107
    Lo Zio L'avatar di Dr.Funk
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    Predefinito Riferimento: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Econom

    Citazione Originariamente Scritto da Battlerossi Visualizza Messaggio
    Come abbiamo provato a spiegarti, il problema non è la liberalizzazione, ma la delocalizzazione del LAVORO.

    Non c'è alcuna differenza dato che la delocalizzazione è una conseguenza del libero commercio: le imprese spostano la produzione solo se possono reimportare i prodotti senza tariffe extra. Altrimenti non ci sarebbe alcun vantaggio economico.

    Comunque il libero mercato a livello internazionale, anche se può danneggiare alcune categorie di lavoratori che perdono il posto, a livello aggregato è comunque efficiente:

    http://www.wto.org/english/thewto_e/..._e/fact3_e.htm

  8. #1108
    Chiwaz
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    Citazione Originariamente Scritto da Dr.Funk Visualizza Messaggio
    Non c'è alcuna differenza dato che la delocalizzazione è una conseguenza del libero commercio: le imprese spostano la produzione solo se possono reimportare i prodotti senza tariffe extra. Altrimenti non ci sarebbe alcun vantaggio economico.
    Se il dazio è inferiore al risparmio sul costo della manodopera e dei costi della burocrazia, il vantaggio c'è ugualmente.

    Anzi, credo che non esista nessun prodotto con un dazio tale da non giustificare una delocalizzazione.

  9. #1109
    PinHead81
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    Citazione Originariamente Scritto da gmork Visualizza Messaggio
    je serve lo scudo dai processi. e se poi nun jela fa a stassene seduto ar su posto, comme a da fa per nun finì ar gabbio?
    (come vado col romanesco? )
    Sembri Boldi in fratelli d'italia

  10. #1110
    La Borga L'avatar di Il Nero
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    Predefinito Riferimento: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Econom

    Citazione Originariamente Scritto da Dr.Funk Visualizza Messaggio
    Non c'è alcuna differenza dato che la delocalizzazione è una conseguenza del libero commercio: le imprese spostano la produzione solo se possono reimportare i prodotti senza tariffe extra. Altrimenti non ci sarebbe alcun vantaggio economico.

    Comunque il libero mercato a livello internazionale, anche se può danneggiare alcune categorie di lavoratori che perdono il posto, a livello aggregato è comunque efficiente:

    http://www.wto.org/english/thewto_e/..._e/fact3_e.htm
    Il problema è che tutte le vaccate del WTO si basano sulla teoria del vantaggio comparativo che è "vera" più o meno quanto la "mano invisibile". Cioè all'incirca è vera da qualche parte alla fine dell'arcobaleno. Per essere più precisi, si basa su una serie di ipotesi semplificative che non stanno in cielo nè in terra. Ancora più in particolare, la magnifica teoria ricardiana pone la piena occupazione come ipotesi, il che rende immediatamente manifesto la sua natura di vaccata cosmica.

  11. #1111

    Predefinito Riferimento: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Econom

    Citazione Originariamente Scritto da Il Nero Visualizza Messaggio
    Il problema è che tutte le vaccate del WTO si basano sulla teoria del vantaggio comparativo che è "vera" più o meno quanto la "mano invisibile". Cioè all'incirca è vera da qualche parte alla fine dell'arcobaleno. Per essere più precisi, si basa su una serie di ipotesi semplificative che non stanno in cielo nè in terra. Ancora più in particolare, la magnifica teoria ricardiana pone la piena occupazione come ipotesi, il che rende immediatamente manifesto la sua natura di vaccata cosmica.
    Fammi star zitto và.

    Quando andavo all'uni e studiavo de 'sti geni, mi chiedevo ogni tanto se i teoremi postulati fossero seri o barzellette.

    Non tutti eh, ma certi ipotesi altro che campate per aria...

  12. #1112
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    Predefinito Riferimento: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Econom

    Io non credo che il problema della delocalizzazione sia dovuto a chissa cosa se non a tutti quei piccoli inghippi burocratici tipici dell'occidente e sopratutto dell'italia.
    Postai tempo fa un'impressione che ora riposto:
    Caramelle fruitjoy, quelle prodotte all'estero sono nel pacchetto a tubo sfuse, quelle prodotte in italia sono nel pacchetto a tubo incelofanate una a una.
    Adesso, per una simile norma igienica di cui si poteva fare a meno, quanto pensate che il costo di produzione ne abbia risentito?
    Io penso di un bel pò.

    Altro esempio stupido ma che può far rendere conto dell'idiozia di chi è incaricato di decider di queste cose senza rendersi conto dei danni che fa.
    A torino nei locali pubblici è stato vietato vietare l'accesso ai cani. Per farlo devi ottenere una autorizzazione speciale.
    Credete che tutto questo sara gratuito? NonCredo.
    Chi la dara l'autorizzazione? Se prima non c'era questo ufficio adesso ci sara, ed ecco costi inutili che potevamo evitarci.

    Sono ste cose che affossano l'economia, mica i nostri stipendi da urlo.
    Anzi...qualcuno spieghi a qualcun'altro, che piu i nostri stipendi sono bassi, meno soldi da spendere abbiamo per i beni non di prima necessita.

  13. #1113
    Chiwaz
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    Predefinito Riferimento: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Econom

    Articolo interessante:

    Quei paesi falsi virtuosi

    Marco FortisCronologia articolo25 novembre 2010

    Secondo gli ultimi dati della Banca di Francia, tra il secondo trimestre 2009 e il secondo trimestre 2010 il debito aggregato lordo (di famiglie, imprese non finanziarie e governi) è cresciuto in modo diffuso in tutte le maggiori economie avanzate. Tuttavia è aumentato di meno in Germania (+2 punti di Pil), negli Usa (+5,1) e in Italia (+7,7), mentre è letteralmente esploso negli altri paesi: Spagna (+11,5), Giappone (+14,5), Francia (+16) e Gran Bretagna (+19,9). Colpa del peggioramento dei conti statali (che la Banca di Francia calcola in base ai conti finanziari trimestrali e non con le modalità di Maastricht), con la Germania (+4,1 punti di Pil) e l'Italia (+5,6) più virtuose in questo campo di tutti gli altri paesi, che hanno invece sperimentato accelerazioni annuali senza precedenti dei loro debiti pubblici: Spagna (+9,6), Francia (+10,3), Giappone (+15, e Gran Bretagna (+16,2).
    L'Italia è stata l'unica economia che nel secondo trimestre 2010 ha ridotto rispetto al trimestre precedente il proprio rapporto debito pubblico/Pil (-0,7 punti) mentre tutti gli altri paesi l'hanno ulteriormente peggiorato. Il dato americano è contraddittorio perché da un lato le famiglie statunitensi sono impegnate in una titanica operazione di riduzione del proprio indebitamento (-5,1 punti di Pil), cresciuto a dismisura negli anni scorsi, mentre il debito pubblico invece ora sta volando (+10 punti di Pil in un anno).
    Questo tipo di statistiche scandirà i rintocchi del prossimo futuro, in cui il mondo avanzato sarà impegnato, più che a crescere, soprattutto a ridurre i debiti, accumulati in anni di sviluppo squilibrato delle domande interne in rapporto alle capacità di risparmio e di creazione di effettiva ricchezza.
    Dieci anni fa, Giappone a parte (dove pesa in modo abnorme il debito pubblico, finanziato massicciamente dal risparmio domestico), i debiti aggregati più alti in rapporto al Pil erano quelli di Germania e Italia. Oggi la situazione si è capovolta. I debiti aggregati più bassi sono caratteristici dei paesi più equilibrati dell'Euroarea, a cominciare dalla Germania, la più virtuosa (184% del Pil nel secondo trimestre 2010), seguita dalla Francia (208%) e dall'Italia (246,6%).
    Il debito aggregato del nostro paese, secondo i metodi di calcolo della Banca di Francia, è solo di poco superiore a quello degli Usa (240,7%), ma se si includesse il debito pubblico intra-governativo il debito aggregato americano risulterebbe di gran lunga superiore e si collocherebbe vicino ai livelli della Spagna (265,3%) e della Gran Bretagna (269%). Dopo la sbornia immobiliare e finanziaria il debito delle famiglie, nel secondo trimestre 2010, è comparativamente più sbilanciato negli Usa (pari al 118,3% del Pil, dopo un massimo storico al 125,3% nell'ultimo trimestre del 2007), in Gran Bretagna (99%) e Spagna (86,7%), mentre le famiglie italiane sono in assoluto le meno indebitate (43,9% del Pil). La Spagna guida invece la graduatoria del più forte indebitamento delle imprese non finanziarie (116% del Pil), con il settore delle costruzioni particolarmente esposto, davanti alla Gran Bretagna (90,9%).
    Se l'Italia manterrà la sua politica di rigore sui conti pubblici, mentre il debito federale Usa continuerà a crescere a velocità vertiginosa, nel giro di 6-8 trimestri il debito aggregato americano, anche con il metodo di calcolo conservativo della Banca di Francia, potrebbe tornare a viaggiare stabilmente su livelli più elevati di quello italiano (dopo essere già stato superiore al nostro nel 2007-2008 nella fase di picco dell'indebitamento delle famiglie Usa). Il debito aggregato italiano in rapporto al Pil tenderà a rimanere sostanzialmente sui livelli attuali, come quello tedesco, mentre il debito aggregato della Francia si avvicinerà a quello dell'Italia e i debiti aggregati di Spagna e Gran Bretagna, nonostante le politiche di austerità, continueranno a galoppare ancora per qualche tempo a causa della spinta inerziale dei deficit pubblici.
    Questi sono i parametri allargati che sempre più guideranno i mercati internazionali nelle loro preferenze di finanziamento dei debiti sovrani, non il semplice rapporto debito pubblico/Pil, secondo il quale ancora nel 2009 Irlanda e Spagna sembravano di gran lunga più solide della Germania. Non vi sono, statistiche ufficiali sul debito aggregato dell'Irlanda, ma adesso sappiamo per certo quanto costerà all'Europa mettervi mano! La crisi ha squarciato un velo dietro il quale nessuno potrà più occultare una contabilità aggregata che è stata superficialmente ignorata. Se si fosse guardato prima al debito aggregato, si sarebbe potuto capire con largo anticipo e molto prima che i danni diventassero irreparabili che troppe economie stavano giocando con carte truccate.
    Dal '99 al 2007, sulla spinta dell'indebitamento del settore privato il debito aggregato è cresciuto di oltre 5 punti di Pil rispetto all'anno precedente in ben 5 anni su 8 negli Usa (2002, 2003, 2005, 2006 e 2007) e in 6 anni su 8 in Spagna e Gran Bretagna (dal 2002 al 2007), mentre ciò è avvenuto soltanto in una sporadica occasione in Germania e in Italia e solo in 2 anni in Giappone e in Francia.
    Dal 2008 al 2010, dopo lo scoppio della "bolla" e con il diffondersi dei suoi effetti recessivi anche ai paesi virtuosi, il debito aggregato è poi cresciuto a macchia d'olio in tutte le economie.
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  14. #1114
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    Predefinito Riferimento: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Econom

    Il governo ungherese per bocca del Ministro delle Finanze Gyorgy Matolcsy è stato chiaro: gli asset dei fondi pensione privati vanno spostati nelle casse statali, altrimenti si perderà il diritto alla pensione di Stato. I contribuenti hanno tempo fino al 31 gennaio. L´annuncio-choc, che equivale ad una nazionalizzazione dei fondi pensione privati, dovrebbe portare nelle casse statali 1,3 mld di euro, destinati a "ridurre il debito pubblico ed a finanziare riforme strutturali".

    Però, non nazionalizzano le banche ma iniziano dalle pensioni private.
    Io mi chiedo: Una persona oltre ai contributi statali, a fronte di una pensione futura irrisoria e insufficente investe un'altra parte del suo stipendio in un fondo pensione privato per il suo futuro, poi, arriva il politico di turno e decide di toglierglielo e nazionalizzarlo.
    Spero che in ungheria, se lo faranno davvero, scoppi una rivolta vecchio stile, perché altrimenti vuol dire che siam diventati talmente passivi da accettar qualsiasi sopruso.

  15. #1115
    Lo Zio L'avatar di stuckmojo
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    Predefinito Riferimento: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Econom

    Citazione Originariamente Scritto da MrChuck Visualizza Messaggio
    Il governo ungherese per bocca del Ministro delle Finanze Gyorgy Matolcsy è stato chiaro: gli asset dei fondi pensione privati vanno spostati nelle casse statali, altrimenti si perderà il diritto alla pensione di Stato. I contribuenti hanno tempo fino al 31 gennaio. L´annuncio-choc, che equivale ad una nazionalizzazione dei fondi pensione privati, dovrebbe portare nelle casse statali 1,3 mld di euro, destinati a "ridurre il debito pubblico ed a finanziare riforme strutturali".

    Però, non nazionalizzano le banche ma iniziano dalle pensioni private.
    Io mi chiedo: Una persona oltre ai contributi statali, a fronte di una pensione futura irrisoria e insufficente investe un'altra parte del suo stipendio in un fondo pensione privato per il suo futuro, poi, arriva il politico di turno e decide di toglierglielo e nazionalizzarlo.
    Spero che in ungheria, se lo faranno davvero, scoppi una rivolta vecchio stile, perché altrimenti vuol dire che siam diventati talmente passivi da accettar qualsiasi sopruso.
    Questa e' pesantissima. Ad un passo dalla confisca dell' oro ai privati.

    la strada e' sempre la stessa: Asset freeze - Asset confiscation - Protectionism - War. Repeat.

  16. #1116
    Il Nonno L'avatar di gmork
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    Predefinito Riferimento: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Econom

    l'importante e' salvare i sistemi per speculare sui mercati, mi pare di capire.

  17. #1117
    Mauoooo
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    Poche tasse, molte entrate. Perché l’Irlanda non vuole alzare le imposte sulle imprese

    Alle prese con gravi problemi di bilancio conseguenti alla decisione davvero improvvida di salvare le proprie banche e quindi costretta ad affrontare un deficit fuori controllo (superiore al 30% del pil), l’Irlanda sta studiando in vari modi come ridisegnare la propria economia. Ci saranno tagli alle spese e, soprattutto, vi sarà un massiccio aiuto dal resto d’Europa. Non è sorprendente che in questa situazione si inviti l’Irlanda a modificare le proprie regole in materia fiscale, in particolare accrescendo il prelievo sulle imprese, che oggi è tra i più modesti d’Europa, dato che è solo al 12,5%.
    Da questo orecchio, però, gli irlandesi sembrano non sentirci, per ragioni che un recente intervento di Nicolas Lecaussin dell’Iref (Institut de Recherches économiques et fiscales) ha illustrato molto bene.
    L’Irlanda è infatti il Paese europeo che ottiene le entrate fiscali maggiori. Può sembrar strano che aliquote limitate producano grandi attivi, ma è così. In questo caso non si tratta in primo luogo di portare la mente alla “curva di Laffer” (che evidenzia come la tassazione, oltre un certo livello, deprima la produzione e quindi finisca per comprimere anche le entrate tributarie), quanto invece di aver ben presente che siamo ormai in un’economia largamente basata sulla concorrenza tra sistemi fiscali, legali e regolamentari. E poiché molte attività hanno una forte propensione a spostarsi, è normale che si trasferiscano dove il prelievo è più modesto.
    In questo senso, i dati sono eloquenti. Con un’aliquota del 12,5% l’Irlanda riesce a introitare il 3,9% del pil, mentre la Francia ottiene solo il 3% (nonostante una tassazione al 34,4%), la Germania il 2,1% (con una tassazione al 29,8%) e la vecchia Europa “a 15” il 3,4% (con una tassazione media del 23,2%). Senza questa limitata tassazione, l’Irlanda non avrebbe mai conosciuto lo straordinario sviluppo che ha avuto negli ultimi trent’anni.
    Il boom della Tigre celtica è stato figlio in larga misura, infatti, proprio della lungimirante decisione di abbassare le imposte, i contributi sociali, la regolamentazione. E se ora a Dublino la situazione è divenuta drammatica, questo si deve al fatto che le banche irlandesi – come quelle americane – si sono lanciate in operazioni irragionevoli (dando soldi a chi non era in grado di restituirli) e poi alla “generosità” con il ceto politico è corso in loro aiuto.
    Ora anche i Paesi europei hanno messo mano al portafoglio, per togliere l’Irlanda dai guai, ma l’hanno fatto anche al fine di premere sul governo dell’isola affinché cambia la sua fiscalità. Gli “inferni fiscali” del continente – Germania, Francia, Italia ecc. – non sono disposti a sopportare la concorrenza delle economia a limitata pressione fiscale, ma i dati sulle entrate e l’esigenza di guardare al futuro sembrano indurre gli irlandesi a non modificare il loro sistema tributario. Speriamo sappiano resistere a lusinghe e minacce.


    fonte: Chicago Blog

    Secondo voi in Italia si potrebbe adottare questa strategia, ovviamente con altre a corredo e/o sostegno, come ad esempio incentivare ai privati la deducibilità di investimenti, donazioni, contribuzioni verso il settore ricerca, cultura, sociale? A me converrebbe molto, anche se prima di tutto aspetto come la manna l'obbligo di saldare le fatture da parte del pubblico a 30-60gg.

  18. #1118
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    Citazione Originariamente Scritto da Mauoooo Visualizza Messaggio
    Secondo voi in Italia si potrebbe adottare questa strategia, ovviamente con altre a corredo e/o sostegno, come ad esempio incentivare ai privati la deducibilità di investimenti, donazioni, contribuzioni verso il settore ricerca, cultura, sociale? A me converrebbe molto, anche se prima di tutto aspetto come la manna l'obbligo di saldare le fatture da parte del pubblico a 30-60gg.
    in effetti gli ultimi dati sul recupero crediti sono allarmanti

    http://www.europarlamento24.eu/white...index_2010.pdf

  19. #1119
    Lo Zio L'avatar di Dr.Funk
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    Citazione Originariamente Scritto da Chiwaz Visualizza Messaggio
    Se il dazio è inferiore al risparmio sul costo della manodopera e dei costi della burocrazia, il vantaggio c'è ugualmente.

    Anzi, credo che non esista nessun prodotto con un dazio tale da non giustificare una delocalizzazione.
    Boh, non saprei perchè non mi ricordo come funzionava prima. Mi pare comunque che le delocalizzazioni abbiano iniziato a diffondersi intorno alla metà degli anni '90, cioè più o meno quando sono sono partite le liberalizzazioni del WTO. Ma forse perchè c'erano anche vincoli allo spostamento di capitali all'estero, non so.

  20. #1120
    Lo Zio L'avatar di Dr.Funk
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    Citazione Originariamente Scritto da Il Nero Visualizza Messaggio
    Il problema è che tutte le vaccate del WTO si basano sulla teoria del vantaggio comparativo che è "vera" più o meno quanto la "mano invisibile". Cioè all'incirca è vera da qualche parte alla fine dell'arcobaleno. Per essere più precisi, si basa su una serie di ipotesi semplificative che non stanno in cielo nè in terra. Ancora più in particolare, la magnifica teoria ricardiana pone la piena occupazione come ipotesi, il che rende immediatamente manifesto la sua natura di vaccata cosmica.
    Le "vaccate" del WTO non sono considerate tali da quasi tutti gli economisti di questo pianeta, e da quasi tutti i governi di questo pianeta. Quindi a meno che non siano tutti cretini, forse non sono poi tanto delle vaccate.
    Nel caso specifico della tua obiezione, "piena occupazione" non significa che tutti lavorano, nè che non c'è disoccupazione. Significa, detto terra terra, che non ci si trova in recessione o nel bel mezzo di bolle speculative generalizzate. Cioè è lo stato in cui si trova normalmente un'economia, e non vedo come possa essere una "vaccata cosmica".
    Ultima modifica di Dr.Funk; 27-11-10 alle 09:33:41

  21. #1121
    La Borga L'avatar di Il Nero
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    Citazione Originariamente Scritto da Dr.Funk Visualizza Messaggio
    Le "vaccate" del WTO non sono considerate tali da quasi tutti gli economisti di questo pianeta, e da quasi tutti i governi di questo pianeta. Quindi a meno che non siano tutti cretini, forse non sono poi tanto delle vaccate.
    Nel caso specifico della tua obiezione, "piena occupazione" non significa che tutti lavorano, nè che non c'è disoccupazione. Significa, detto terra terra, che non ci si trova in recessione o nel bel mezzo di bolle speculative generalizzate. Cioè è lo stato in cui si trova normalmente un'economia, e non vedo come possa essere una "vaccata cosmica".
    Nono, piena occupazione significa proprio piena occupazione, dato che il teorema presuppone magicamente lo spostamento di tutte le risorse (incluso il lavoro) da un settore produttivo all'altro per realizzare il vantaggio comparativo. Naturalmente questa cosa è una vaccata tanto devastante che non c'è nemmeno bisogno di parlarne.

    Poi per quanto mi riguarda gli economisti possono credere anche quello che vogliono, credevano che i sub-prime fossero una buona idea e che la mano invisibile fosse una roba reale, fino a qualche anno fa, quindi non vedo perchè non credere in qualche altra vaccata surreale.

    Tra l'altro intorno a questa faccenda del vantaggio comparativo è un pò che si sta sviluppando di nuovo il dibattito. Ad esempio qualche tempo fa incappai nell'abstract di un articolo dove sostanzialmente si dimostrava che in realtà quello che succede è che si crea un Paese super-fabbrica mentre l'occupazione negli altri Paesi va in vacca.

  22. #1122
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    Citazione Originariamente Scritto da Il Nero Visualizza Messaggio
    Tra l'altro intorno a questa faccenda del vantaggio comparativo è un pò che si sta sviluppando di nuovo il dibattito. Ad esempio qualche tempo fa incappai nell'abstract di un articolo dove sostanzialmente si dimostrava che in realtà quello che succede è che si crea un Paese super-fabbrica mentre l'occupazione negli altri Paesi va in vacca.
    Cioè sti supermegalaureatieconomisti de staceppa devono ancora discutere di questa cosa? Ma cosa c'è da discutere?
    La realtà dei fatti non gli basta? ci vogliono una laurea e 10 master per capire sta cosa?

    L'ho sempre detto che per il mondo sono più pericolosi 100 economisti con 3 master ciascuno piuttosto che 100.000 fondamentalisti islamici armati di tutto punto.
    Ultima modifica di MrVermont; 27-11-10 alle 10:27:33

  23. #1123
    Chiwaz
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    Citazione Originariamente Scritto da Dr.Funk Visualizza Messaggio
    Le "vaccate" del WTO non sono considerate tali da quasi tutti gli economisti di questo pianeta, e da quasi tutti i governi di questo pianeta. Quindi a meno che non siano tutti cretini, forse non sono poi tanto delle vaccate.
    Guarda che è grazie a loro se siamo in questa situazione.
    Vuoi chiamarli intelligenti?

  24. #1124
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    Non so quanto ci si possa lamentare della globalizzazione, è normale che con lo sviluppo dei trasporti si sia sviluppata a tal punto, è stato fisiologico.
    Poi comunque ci sono prove su prove di nazioni che sono prosperate in barba a delocalizzazioni e quant'altro: Si chiama investire nell'eccellenza, e l'italia dovrebbe essere la migliore su questo campo grazie a tutte le caratteristiche della nostra nazione.
    Se avessimo una classe politica lungimirante e coi controcazzi potremmo diventare una delle nazioni più prosperose del mondo.
    Basti pensare che il solo marchio Made in Italy fa andare in brodo di giuggiole chiunque, e invece stiamo declinando pure nell'apparenza.
    Anni buui.

  25. #1125
    L'Onesto L'avatar di DBX
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    Citazione Originariamente Scritto da MrChuck Visualizza Messaggio
    Non so quanto ci si possa lamentare della globalizzazione, è normale che con lo sviluppo dei trasporti si sia sviluppata a tal punto, è stato fisiologico.
    Poi comunque ci sono prove su prove di nazioni che sono prosperate in barba a delocalizzazioni e quant'altro: Si chiama investire nell'eccellenza, e l'italia dovrebbe essere la migliore su questo campo grazie a tutte le caratteristiche della nostra nazione.
    Se avessimo una classe politica lungimirante e coi controcazzi potremmo diventare una delle nazioni più prosperose del mondo.
    Basti pensare che il solo marchio Made in Italy fa andare in brodo di giuggiole chiunque, e invece stiamo declinando pure nell'apparenza.
    Anni buui.
    L'eccellenza si esporta più in fretta delle fabbriche. Se tutto quello che rimane ad una nazione è investire in eccellenza ha già perso. Vedi alla voce Giappone e USA, dove gli unici campi in cui resistono ancora sono quelli che per legge non possono esportare (spazio, aereonautica, etc...)

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