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  1. #13376
    Lo Zio
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    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    non bisogna assaggiar la merda per sapere che non è buona.

  2. #13377
    Suprema Borga Imperiale L'avatar di MrVermont
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    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Il fatto è che hai mangiato merda fino ad ora.

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  3. #13378
    Lo Zio
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    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Citazione Originariamente Scritto da MrVermont Visualizza Messaggio
    Il fatto è che abbiamo mangiato merda fino ad ora.

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    al massimo

  4. #13379
    Suprema Borga Imperiale L'avatar di MrVermont
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    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Giusto

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  5. #13380
    Shogun Assoluto L'avatar di Manu
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    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    'sto Anibal è un sant'uomo, ha salvato il suo paese da un disastro pressoché certo.

  6. #13381
    Il Nonno L'avatar di gmork
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    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    the fiuciur is della cina. se fanno 'ste cose possono fare tutto

  7. #13382
    Shogun Assoluto L'avatar di Lo Zio
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    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    sarebbe un modello lego fighissimo

  8. #13383
    Il Nonno L'avatar di Edward Green
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    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Citazione Originariamente Scritto da Blinker Visualizza Messaggio
    Allora facciamo andare al potere sciakimikari e antivaccinari, così siamo tutti a posto.
    Non svicolare. Ti ho fatto una domanda precisa. E risposte qualunquiste non vanno molto a genio in questa sezione.

  9. #13384
    Lux !
    ospite

    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Citazione Originariamente Scritto da Lo Zio Visualizza Messaggio
    sarebbe un modello lego fighissimo
    Anche un bel boss di fine livello

  10. #13385

    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Citazione Originariamente Scritto da Azatoth Visualizza Messaggio
    Praticamente é come se in Italia impedissero la formazione di governi formati da Salvini o dal M5S.
    In che senso "è come se"? Si stanno affannando da anni a questo esclusivo scopo.

  11. #13386
    Chiwaz
    ospite

    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Citazione Originariamente Scritto da Blinker Visualizza Messaggio
    Non necessariamente un male eh
    Eh, che schifo la democrazia quando dà risultati che non mi piacciono.

  12. #13387
    Chiwaz
    ospite

    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Citazione Originariamente Scritto da Veteran Tom Visualizza Messaggio
    In che senso "è come se"? Si stanno affannando da anni a questo esclusivo scopo.
    La Lega non ha i numeri, il M5S non ha voluto andare al governo (e non posso dargli torto).

  13. #13388

    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Citazione Originariamente Scritto da Chiwaz Visualizza Messaggio
    La Lega non ha i numeri, il M5S non ha voluto andare al governo (e non posso dargli torto).
    Neanche il M5S aveva i numeri. Si stanno affannando affinché continuino a non averli autonomamente, visto che entrambi quegli schieramenti sono passati da fenomeno marginale a minaccia elettorale concreta.

  14. #13389
    Chiwaz
    ospite

    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Citazione Originariamente Scritto da Veteran Tom Visualizza Messaggio
    Si stanno affannando affinché continuino a non averli autonomamente
    In che senso?
    E' dal 1978 che non c'è un governo monopartito, con il IV governo Andreotti.

    Chi gli impedisce di prendere la maggioranza assoluta, se non il consenso che non basta?

  15. #13390

    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Non glielo impedisce formalmente niente, intendo che si stanno affannando affinché questo non succeda. Si sono persino inventati questo burattino di premier, sostenuto contemporaneamente da gente che fino all'altro ieri in campagna elettorale si sputava in faccia e ora limona in parlamento.

  16. #13391
    Chiwaz
    ospite

    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Citazione Originariamente Scritto da Veteran Tom Visualizza Messaggio
    Non glielo impedisce formalmente niente, intendo che si stanno affannando affinché questo non succeda. Si sono persino inventati questo burattino di premier, sostenuto contemporaneamente da gente che fino all'altro ieri in campagna elettorale si sputava in faccia e ora limona in parlamento.
    Una coalizione al potere tenta con ogni mezzo di restare al potere. In effetti è proprio strano

  17. #13392

    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Ma chi ha detto che è strano?

  18. #13393
    Chiwaz
    ospite

    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Mi era parso.

  19. #13394
    Azatoth
    ospite

    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Nessuno commenta le elezioni polacche?

  20. #13395
    Suprema Borga Imperiale L'avatar di MrVermont
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    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Vanno annullate

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  21. #13396
    alberace
    ospite

    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    in argentina potrebbe finire la politica kirchner.
    fra un mese scarso il ballottaggio.

  22. #13397
    Chiwaz
    ospite

    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    Citazione Originariamente Scritto da Azatoth Visualizza Messaggio
    Nessuno commenta le elezioni polacche?
    che c'entrano qui?

  23. #13398
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    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    fregne a nastro?

  24. #13399
    Il Nonno L'avatar di Lord Derfel Cadarn
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    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    29 OTTOBRE 2015

    Deutsche Bank: perdita record a 6 miliardi. Maxi piano di tagli

    di Monica D’Ascenzo



    Spoiler:
    Un rosso da 6,01 miliardi nel terzo trimestre sta penalizzando il titolo Deutsche Bank sulla piazza di Francoforte, dove cede il 3,50% circa. A far scattare le vendite anche l’annuncio della sospensione del dividendo per gli anni 2015 e 2016 e oneri di ristrutturazione per 3,8 miliardi di euro. D’altra parte si tratta di una perdita netta record per l’istituto tedesco, causata da importanti svalutazioni e nuove previsioni di rischi giuridici. Basti pensare che nello stesso periodo dell’anno precedente il gruppo aveva perso “solo” 94 milioni di euro.
    In realtà non è stata una doccia fredda per il mercato, perché il management aveva già annunciato la cifra provvisoria a metà ottobre. La banca tedesca ora corre ai ripari e vara un piano di riassetto con drastici interventi: sopprimerà novemila posti di lavoro e ritirerà la propria presenza in dieci paesi. L’obiettivo è quello di arrivare a risparmiare 3,8 miliardi entro il 2018.
    I tagli all’organico
    Deutsche Bank sopprimerà 15mila posti di lavoro, di cui 9mila a tempo indeterminato, e ritirerà la propria presenza in dieci paesi. L’obiettivo è quello di arrivare a risparmiare 3,8 miliardi entro il 2018. Il gruppo bancario tedesco ha comunicato che uscirà da Argentina, Cile, Messico, Perù, Uruguay, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Malta, Nuova Zelanda. In Europa, la banca rafforzerà la sua presenza puntando su sinergie tra Private Banking e Wealth Management. È prevista una riduzione di 200 filiali in Germania. L’Italia, in questo quadro, rimane un mercato chiave per Deutsche Bank e qualsiasi rumor di un presunto ritiro è totalmente infondato.
    Il piano al 2020, in realtà, è ben più drastico e prevede un taglio del numero dei clienti serviti dalla divisione investment banking del 50%.

    http://www.ilsole24ore.com/art/finan...5629_PRN.shtml

    che è successo? a qualche altra stagista è scappato il ditino?


    29 ottobre 2015

    Cina e Volkswagen fanno inciampare i fondi pensione e quelli sovrani



    Spoiler:
    Il meno che si possa dire è che il terzo trimestre del 2015 è andato di traverso a chi gestisce i portafogli di investimento. Sul bilancio trimestrale pesano in particolare i timori per il rallentamento dell’economia cinese, che quest’estate ha fatto sobbalzare le Borse internazionali. Timori che, una volta sopìti, hanno passato il testimone allo scandalo Volkswagen, che ha messo in difficoltà molti investitori.

    Fondi sovrani, fondi pensione e asset manager calcolano in questi giorni l’effetto del black monday, che ha scosso i listini a fine agosto. Tra questi il fondo pensione norvegese che ha registrato un rendimento negativo del 4,9% nel terzo trimestre. Complessivamente il portafoglio gestito dalla Banca centrale norvegese ha perso 273 miliardi di corone, pari a 29,1 miliardi di euro tra luglio a settembre. Si tratta del peggior trimestre della storia del fondo, secondo quanto reso noto dalla banca centrale norvegese, responsabile della sua gestione. Il numero uno, Yngve Slyngstad, ha inteso ridimensionare il crollo precisando che nel mese di ottobre, vale a dire dopo la chiusura dell'esercizio, il portafoglio aveva recuperato quasi 300 miliardi di corone.

    A leccarsi le ferite anche i gestori di fondi comuni, cui i fondi pensione stessi affidano mandati di gestione: «E’ stato un trimestre particolarmente brutale», ha dichiarato all’Ft Peter Lenardos, analista di Rbc Capital Market, commentando le stime che calcolano il rosso del terzo trimestre dell’anno delle prime sette case di investimento mondiali in 700 mililardi di dollari, pari a 640 miliardi di euro.
    Il dato è una stima di ciò che viene investito sui mercati finanziari con diversi obiettivi. Quelli previdenziali hanno in realtà una pluralità di metodologie: semplificando, i fondi a prestazione definita puntano a ottenere un rendimento finale coerente con le rendite che devono erogare agli iscritti, mentre quelli a contribuzione definita hanno minori vincoli in termini di benchmark.
    Inoltre, è il caso di sottolinearlo, accusare un calo dell’andamento del proprio portafoglio non è un male assoluto, finché questa perdita non viene consolidata al momento del pensionamento dell’iscritto. Chi infatti aderisce - obbligatoriamente o volontariamente - ad un fondo pensione, destina una porzione del proprio reddito a risparmio previdenziale in modo periodico, a rate, cioè. Soprattutto per gli iscritti più giovani questa rappresenta un’opportunità, poiché costoro avranno sottoscritto con la stessa cifra valori quota che successivamente avranno tempo per recuperare e rivalutarsi. Perché è sempre bene ricordare che sui mercati si guadagna quando si compra a poco e si vende a molto.
    E in Italia come sono andate le cose? Non benissimo, di certo, anche se i  dati aggregati e riferiti ai primi nove mesi dell’anno appaiono positivi: mediamente i negoziali hanno guadagnato l’1,1%, contro uno 0,8% del Tfr, causa deflazione (la liquidazione si rivaluta per l’1,5% più il 75% dell’inflazione). Un risultato molto meno netto dei trimestri precedenti: nel primo del 2015 la crescita era stata del 4,3% contro un Tfr dello 0,3%, mentre nel 2014 la crescita aveva toccato il 7,3%, non lontano dal 7,5% dei fondi aperti ma ben sopra il 2,9% delle gestioni separate usate per i Pip.
    29 ottobre 2015

    Goldman, la porta girevole con la Fed fa scattare una sanzione per furto

    di Marco Valsania



    Spoiler:
    NEW YORK - La multa non è gran che. Cinquanta milioni di dollari, per Goldman Sachs, non fanno la differenza in bilancio. Ma la sanzione, fatta scattare dalle autorità di sorveglianza del New York State Department of Financial Services, lancia un messaggio assai più oneroso del suo peso in contanti: mette sotto accusa la “revolving door”, la cosiddetta porta girevole tra grandi banche e autorità di regolamentazione, il passaggio frequente e frequentemente troppo facile e mal controllato di personale tra società controllate e controllori. Perché di questo Goldman è da sempre grande campione, prima e dopo la crisi, tanto da non essersi ancora liberata del soprannome di Government Sachs.

    La storia della sanzione - che prevede anche un divieto per tre anni alle consulenze sulla regolamentazione legata al Dipartimento - è quella dell'intreccio tra la società di Wall Street per eccellenza e la Federal Reserve, o meglio la sede di New York della Banca centrale che ricopre un ruolo cruciale di controllo sui protagonisti dei mercati. Al centro di questo intreccio è la vicenda di Rohit Bansal, giovane ex dipendente di entrambe.

    Funzionario della Fed di New York, a metà dell'anno scorso Bansal fu assunto da Goldman, dove in tre mesi si distinse però per l'utilizzo irregolare di materiale e documentazione confidenziale ottenuta attraverso i suoi contatti alla Fed. Documentazione in particolare relativa a un istituto di medie dimensioni, cliente di Goldman e che era sotto le maglie normative della Banca centrale. Bansal fu velocemente licenziato alla scoperta delle sue pratiche e delle fughe di informazioni dalla Fed.

    Ma la sanzione oggi prende di mira Goldman, accusata di inadeguata supervisione del suo dipendente «per prevenire il furto» di simili informazioni riservate. Goldman, a detta delle authority, ha anche mancato nel rispetto di politiche e procedure «adeguate sotto il profilo delle restrizioni nei casi di ex dipendenti governativi».

    http://www.ilsole24ore.com/art/mondo...0108_PRN.shtml
    multona!!! quattro spicci e la coscienza è apporno!

    ciliegina finale sulla torta il potenziale default ritorsivo della russia verso i fagottari magnainsetti dell'unione (n)europea.


    Il "jolly" di Putin contro Usa e Ue

    Spoiler:
    Mauro Bottarelli

    Economia e Finanza

    giovedì 29 ottobre 2015
    Ormai, nel mondo post-crisi e post-Qe, la regola è una sola: combattere l'indebitamento con nuovo debito, calciare avanti il barattolo in attesa di un miracolo. Vale ovunque, tutti gli Stati sono terrorizzati dall'idea di fare default, si guarda allo spread come a un segnalatore di vita o morte e si prosegue sulla strada del leverage come se questa fosse la soluzione e non il male da estirpare. Anzi, a pensarci bene forse uno Stato che potrebbe rompere questo circolo vizioso c'è: la Russia, la cui storia ci insegna che non tutti i default sono mortali e, soprattutto, che non bisogna averne paura.
    Prima di un excursus storico, vediamo un attimo a cosa sta portando l'attivismo di Mosca. Di fatto, ha raggiunto un ruolo di leadership in Medio Oriente, forte dell'asse con Siria e Iran e adesso anche Iraq (tanto che gli Usa cominciano a parlare di truppe terrestri nel Paese proprio per evitare l'egemonia del Cremlino), ma sta anche cambiando gli equilibri del comparto energetico, da un lato per il suo rapporto privilegiato con la Cina e dall'altro grazie al suo ruolo di destabilizzatore in seno all'Opec, in chiave anti-saudita e pro-Teheran. Insomma, mai come oggi Mosca è un player internazionale di primo livello.
    Il problema è un altro, ovvero la crisi economica interna, con la crescita a -5%, la recessione ormai sul tavolo e il prezzo basso del petrolio che certo non aiuta, se non nel rubare quote di mercato nell'export strategico verso Pechino. Guerra e recessione, un'accoppiata già vista, anche se in termini differenti. Negli anni Novanta, infatti, la prima guerra di Cecenia aveva fiaccato i russi non solo psicologicamente ma anche economicamente: i costi del conflitto perso, infatti, andarono ad aggravare un già pesante deficit di budget e lo sciagurato cambio fisso del rublo verso le altre monete dei partner commerciali aveva portato la situazione al limite. Ad aggravare il tutto, proprio come oggi, arrivarono la crisi finanziaria asiatica e il crollo del prezzo del petrolio.
    L'Occidente, Fmi e Banca mondiale in testa, sottostimarono però la situazione, dicendosi certi che Mosca non avrebbe fatto default e avrebbe seguito l'esempio di altri grandi Paesi indebitati, ovvero sottoporsi alle forche caudine delle ristrutturazioni e dei salvataggi. Così non fu e il 17 agosto del 1998 la cosiddetta "influenza russa" contagiò i mercati, tanto che Mosca annunciò una moratoria dei pagamenti verso i creditori esteri e svalutò il rublo del 33%: pochi mesi e la riammissione della moneta russa alla libera fluttuazione si sostanziò in un'altra svalutazione del 120%, portando a una crisi bancaria in piena regola, con tanto di fallimenti e a una fiammata inflazionistica. Cominciò l'era dei cosiddetti oligarchi, ovvero un vero e proprio assalto alla diligenza pubblica per sbranarne a costo di saldo i pezzi più appetibili, ovvero le risorse energetiche e minerarie.
    È da questo caos che emerge la figura di Vladimir Putin, l'uomo forte che stroncò la rivolta cecena, riducendo il Paese a un posacenere (non cedendo nemmeno di fronte ad atti drammatici come la prese di ostaggi al teatro Dubrovka da parte delle "vedove nere", stroncate con il gas fatto passare dalle condutture di aerazione) e riportò gli oligarchi sotto il controllo statale, incarcerazioni e deportazioni in Siberia compresi. Ma, al di là di eventi e comportamenti che solo la storia potrà giudicare, Vladimir Putin ebbe un'enorme intuizione in quel momento di caos: puntare tutto sul settore energetico, scelta che quando il ciclo delle commodities riportò in alto i prezzi permise all'economia russa un vero e proprio boom, il cui merito fu iscritto proprio all'ex spia del Kgb.
    Oggi, come detto prima, la Russia è ancora una volta in crisi economica, fiaccata da un lato dai mancati introiti dell'export petrolifero e dall'altro dalle sanzioni occidentali per la guerra di Crimea, con in più un notevole carico di debito estero denominato in dollari che, se per caso la Fed decidesse di alzare i tassi anche solo di un quarto di punto entro fine anno, diverrebbe ancora più insostenibile, sia per il governo che per molte aziende strategiche, Gazprom in testa, come ci mostra il primo grafico a fondo pagina. E se, forte dei successi militari e delle rinnovate alleanze, Vladimir Putin fosse tentato di proseguire ancora una volta la strada del 1998-1999, facendo default sul debito estero? Il 2016 sarà l'anno del deja vù? Ponendo in atto le sanzioni economiche - oltre che spendendo molti soldi per l'operazione in Ucraina e i prestiti a Kiev del Fmi - i Paesi occidentali sembrano infatti non essersi posti due domande fondamentali.
    Primo, chi detiene la maggior parte del debito che diverrebbe inesigibile in caso di default russo? L'Occidente con i suoi governi e le sue banche, non certo la Cina o l'Iran. Quindi, la seconda domanda: al netto di questo, cosa importerebbe a Mosca delle relazioni con l'Occidente in caso di default? Nulla. Ed ecco arrivare conseguente la terza e ultima domanda? Cosa significherebbe per l'Occidente, ovvero per i creditori di Mosca, un default russo? Un disastro. Pensate che portare Mosca davanti a Corti di giustizia internazionali come fanno gli hedge funds con i Paesi del terzo mondo che non pagano coupon e interessi sul debito sia una buona idea? Ripensateci, non questa Russia.
    Ora guardate il secondo grafico, ci mostra la comparazione del prezzo del petrolio con il credit default swap russo a 10 anni. A oggi, l'ipotesi di un default di Mosca non è affatto prezzata dal valore dei cds: tanto per capirci, durante l'ultimo crollo del prezzo del petrolio avvenuto tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009, il cds russo salì del 600% a oltre il 7% e anche all'inizio di quest'anno, quando il prezzo del greggio era più alto di adesso, il cds era più caro del 100%, ma da allora è sceso del 3%. Un assurdo, seguendo una normale pratica di risk analisys, ma è così: per il mercato, nonostante oggi il petrolio sia di nuovo a minimi record e senza prospettive di rapida risalita, il rischio di default russo non compare negli schermi delle sale trading.
    Insomma, l'Occidente è convinto che Putin non userà quell'azzardo come arma difensiva, altrimenti non si spiegherebbe perché il cds sia a livelli più bassi di quanto non fosse a inizio anno, stante la criticità rappresentata dall'export di petrolio per l'economia russa. Non sarà che Putin ha fatto la sua scelta, ovvero puntare tutto sul comparto energetico ma soprattutto sull'alleanza strategica con la Cina e i mercati emergenti in generale, dimostrando all'Occidente che non solo le sue sanzioni sono inutili ma anche controproducenti, come i dati economici della Germania stanno certificando?


    Io non mi sento di escluderlo del tutto, soprattutto in un anno, il 2016, che vedrà l'America concentrata sulle elezioni presidenziali, quindi un periodo di transizione politica molto delicato che potrebbe vedere i riflessi e la guardia abbassata di fronte ad atti eclatanti come un default, anche solo selettivo, sul debito estero di Mosca. Guardato da questa angolazione, il contratto pluriennale di fornitura di gas alla Cina da 400 miliardi di dollari siglato lo scorso anno assume una luce e un significato strategico differente: insomma, se Putin dovesse capire che i benefici di un default fossero maggiori delle conseguenze per la Russia, allora penso che non esiterebbe a farlo, visto anche il comportamento dell'Occidente nei suoi confronti sulla questione ucraina.
    E attenzione, perché a pagare il conto più salato non solo di una moratoria verso i creditori ma anche di un congelamento delle relazioni economiche con Mosca non sarebbero certo gli Usa ma l'Ue, la stessa entità di burocrati che ha seguito pedissequamente gli ordini di Washington senza pensare minimamente alle sue conseguenze e ai propri interessi strategici. Spero solo che a Bruxelles, anche solo una persona, stia pensando alla possibilità di questa prospettiva e non si faccia trovare del tutto impreparato. Lo spero davvero.






    però in italia è tornata la fiducia... forse in chi ha investito in azioni di vasella.
    Ultima modifica di Lord Derfel Cadarn; 29-10-15 alle 11:20:54

  25. #13400

    Predefinito Re: nazionalizzare le banche e dazi le uniche cure alla crisi? [Crisi Economica]

    EDIT: ninja'd da LDC qui sopra, ma la sua spiegazione fa acqua da tutte le parti

    La traggedia di Deutsche Bank si fa sempre piu' preoccupante: hanno appena annunciato che taglieranno 35.000 posti di lavoro (su circa 100.000) e non pagheranno dividendi per 2 anni. Buona parte dei tagli (20.000) viene da dismissioni (robba che vogliono vendere).

    Cosi' a occhio direi che questo significa che usciranno del tutto da certi settori/paesi, probabilmente iniziando da quelli piu' in crisi.
    Ultima modifica di Daniel_san; 29-10-15 alle 11:14:52

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