Un bambino alle elementari in Calabria costa 394 euro, nel Lazio 260 euro, in Lombardia 226, in Veneto, 240. La Campania spende per l'ordine pubblico 266 euro ad abitante, l'Emilia Romagna 171, la Sardegna 284, la Toscana 214. Costi molto diversi anche sul fronte dei servizi sanitari: Puglia, Marche, Piemonte, spendono, dai 30 ai 51 euro ad abitante, mentre, in Sicilia e nel Lazio, le spese pro capite salgono rispettivamente a 439 e 384 euro. E' una mappa molto variegata quella tracciata dalla Ragioneria generale dello stato che ha anticipato i dati sulla distribuzione territoriale della spesa statale nel 2008.
Sotto la lente dei tecnici della Ragioneria sono finiti circa 524 miliardi (di cui 249 "regionalizzati", cioè, distribuiti, regione per regione), calcolati su tutti i pagamenti effettuati dall'Erario, anche attraverso risorse comunitarie, per spese correnti e in conto capitale.
Complessivamente, scorrendo le 310 pagine dello studio, emerge al primo posto per finanziamenti statali ricevuti il Lazio, con oltre 34 miliardi, seguito da Lombardia, quasi 31 miliardi, Sicilia, 27,3 miliardi e Campania, 22,7. Fanalino di coda la Valle d'Aosta, con poco più di un milione e mezzo di euro. Ma se si guarda la spesa non i valore assoluto ma per abitante e in funzione al prodotto interno lordo, si scopre il "ribaltone" e si vede che a esser più fortunati sono i residenti nelle regioni autonome, rispetto a quelli delle regioni a statuto ordinario.
Facendo un esempio, Valle D'Aosta e Trentino-Alto Adige spendono, pro capite, rispettivamente, 12.171 e 10.862 euro, circa 3-4 volte in più, che in Veneto o Lombardia, dove la spesa pubblica si ferma a 3.089 e a 3.192 euro. Stesso risultato, se si considera la spesa sul Pil: tutte e 5 le regioni a statuto speciale, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta, primeggiano la speciale classifica, attestando la propria spesa tra il 20% e il 35% di Pil, contro il 9,4% della Lombardia, il 12% del Piemonte, il 15,2% della Liguria. Senza scordare, peraltro, che buona parte di queste risorse se ne vanno in spese correnti (in particolar modo, per pagare stipendi), lasciando, quindi, agli investimenti effettivi, davvero poche briciole.
Il federalismo fiscale «soluzione fisiologica»
«È la dimostrazione - spiega al Sole24Ore.com, Fabrizio Pezzani, ordinario di programmazione e controllo alla Bocconi - che i soldi pubblici sono ancora spesi secondo logiche di welfare mascherato per tenere bassi i conflitti sociali, e non invece come stimolo per crescita e produttività».
Secondo Pezzani il federalismo fiscale rappresenta «la soluzione fisiologica per il bene del Paese» a patto, però, che «si punti su responsabilizzazione diretta degli amministratori e controlli reali sulla destinazione finale delle risorse».
A completare il quadro non esaltante c'è la constatazione che alla quantità di risorse spese non corrisponde necessariamente la qualità dei risultati, come sottolinea la Ragioneria.
Emblematico è il caso dell'Istruzione, dove tutte e 5 le principali regioni meridionali, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna, spendono di più rispetto alle medie nazionali senza ottenere significativi miglioramenti su dispersione e competenze scolastiche. Anzi. Alle elementari, l'Invalsi ci ricorda un gap negli apprendimenti rispetto ai bambini del Centro-Nord, di diversi punti percentuali, soprattutto in italiano. E sempre al Sud, sottolineano gli ultimi studi Isfol e Censis, la dispersione scolastica raggiunge picchi fino a oltre il 20% e apprendistato e offerta formativa professionale sono, letteralmente, al lumicino