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  1. #26
    abaper
    ospite

    Predefinito Riferimento: Santoro non più dipendente Rai

    Citazione Originariamente Scritto da Rei Ayanami Visualizza Messaggio
    ...
    vespa ne guadagna molti di più. Allo stipendio (quello nuovo è di 1.780.000 euro garantiti. più 480 mila euro a speciale ) occorre sommare i diritti per porta a porta e le spese di produzione (porta a porta viene prodotta dalla dittarella di vespa che ha praticamente zero spese).

    detto questo, fa bene. se masi nottetempo gli rinnova il contratto, lo zio bruno fa benissimo ad accettarlo.

  2. #27
    Chiwaz
    ospite

    Predefinito Riferimento: Santoro non più dipendente Rai

    Citazione Originariamente Scritto da -BORG- Visualizza Messaggio
    Tutto sta roba, per dire che finora la parte giornalistica ha risposto a modo suo, ovvero sdegnandosi e punzecchiando stile vecchia zitella, ancora non ho trovato i commenti politici spero di vederli presto.
    Cosa che trovo anche più interessante, è che l'ipocrisia che esce da questi articoli per certi versi è peggiore di quella di destra,almeno da quella parte sono "senza vergogna" ,ma a sinistra fanno anche la morale cosa alquanto fuori luogo.
    Piccola nota simpatica,cercando Santoro su Repubblica, il motore di ricerca dà errore...e comunque non è fra le notizie principali pur essendo in prima pagina.
    Guarda, io non so se dipenda da questo, ma Travaglio ed il Fatto Quotidiano da mesi sputano su Repubblica e sul "Corriere della Serva", rei di non essere abbastanza duri e puri nella Guerra Santa contro Berlusconi.

    Non vedo perché questi debbano difendere il carrozzone Santoriano.

    Al di là di questo, a Santoro sono concesse cose che tutti gli altri si sognano in virtù della sentenza di reintegro, quindi lo credo che risulti antipatico ai colleghi.

  3. #28
    frignone della domenica L'avatar di Rei Ayanami
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    Predefinito Riferimento: Santoro non più dipendente Rai

    Citazione Originariamente Scritto da abaper Visualizza Messaggio
    vespa ne guadagna molti di più. Allo stipendio (quello nuovo è di 1.780.000 euro garantiti. più 480 mila euro a speciale ) occorre sommare i diritti per porta a porta e le spese di produzione (porta a porta viene prodotta dalla dittarella di vespa che ha praticamente zero spese).

    detto questo, fa bene. se masi nottetempo gli rinnova il contratto, lo zio bruno fa benissimo ad accettarlo.
    Certo, Vespa fa benissimo a guadagnare più che può. Però non può dare lezioni di morale e non può parlare di compensi.

    Citazione Originariamente Scritto da Chiwaz Visualizza Messaggio
    Guarda, io non so se dipenda da questo, ma Travaglio ed il Fatto Quotidiano da mesi sputano su Repubblica e sul "Corriere della Serva", rei di non essere abbastanza duri e puri nella Guerra Santa contro Berlusconi.

    Non vedo perché questi debbano difendere il carrozzone Santoriano.

    Al di là di questo, a Santoro sono concesse cose che tutti gli altri si sognano in virtù della sentenza di reintegro, quindi lo credo che risulti antipatico ai colleghi.
    Il corriere della serva secondo me ormai è un giornale di smidollati. Non hanno una linea editoriale decente, vivacchiano dando colpi al cerchio e alle botti. Repubblica... bò lotta contro berlusconi l'ha fatta abbastanza, sempre che pubblicare notizie su berlusconi si configuri come una lotta contro di lui: se gli altri giornali le pubblicassero pure le notizie su di lui farebbero anche loro questa "guerra" a berlusconi... Per quanto riguarda Santoro e la sua trasmissione la sentenza della magistratura lo limita, non gli da una maggiore libertà. Sicuramente risulterà antipatico ai colleghi perchè non appecoronato e non servile, questo si che genera antipatie...

  4. #29
    -BORG-
    ospite

    Predefinito Riferimento: Santoro non più dipendente Rai

    Il giornalismo italiano è qualcosa in atipico, può essere pro o contro Berlusconi, oppure naviga intorno alla notizia in modo tale da non creare fastidi a nessuno (vedi Vespa), se andiamo a guardare il giornalismo che "dovrebbe" essere di sinistra (o di quello che ne rimane) è qualcosa di caotico, ovvero rispecchiano il problema che è della sinistra,la mancanza di coerenza in funzione di uno scopo.
    Tutto questo porta alle fazioni, fazioni santoriane, di Repubblica, di Grillo, di Travaglio, persino di Di Pietro, e cosi via... tutti contro Berlusconi ma senza un vero obiettivo.
    Santoro è martire e come tale può fare come meglio crede, d'altronde da una parte sono stati gli altri a farlo martire, e dall'altra quello che fà non è fuori schema rispetto a un giornalismo occidentale, è fuori schema per il giornalismo italiano.

  5. #30
    Vitor
    ospite

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    la metto qua.

    Maria Luisa Busi rinuncia alla conduzione del Tg1. Lo scrive lei stessa in una lettera che - a quanto si apprende - ha affisso stamattina nella bacheca della redazione. Tre cartelle e mezzo per spiegare che non si riconosce più nella testata, e per dire che come un giornalista ha come unico strumento per decidere di difendere le sue prerogative professionali, ovvero togliere la propria firma, un conduttore può solo togliere la sua faccia. Così ha deciso di fare lei e abbandona la conduzione del Tg1 delle 20. La decisione arriva dopo una serie di scontri con il direttore della testata Augusto Minzolini.

  6. #31
    Suprema Borga Imperiale L'avatar di Marlborough's
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    Seriamente Vitor...ma quanto (e soprattutto perchè) dovrebbe fregarcene della Busi e delle sue lagne?

    Se una persona appena appena normale sapesse quanto ha guadagnato nei decenni in Rai per "fare" quel che non ha fatto...e non solo lei, chiaro.

  7. #32
    Vitor
    ospite

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    non è divertente assistere al crollo della Rai?

  8. #33
    Chiwaz
    ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da Vitor Visualizza Messaggio
    non è divertente assistere al crollo della Rai?
    La RAI è tenuta in piedi solo da Santoro e dalla Busi?

  9. #34
    Vitor
    ospite

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    no, infatti il crollo mica è iniziato oggi.

  10. #35
    Il Nonno
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    no, c'è anche il Moscone

  11. #36
    -BORG-
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    Diciamo il crollo di un pensiero fuori dagli schemi,la rai non crolla la paghiamo noi, poi se diventa , come già è, un clone delle reti mediaset è un altro discorso, fermo restando che io vorrei una rai culturale e pallosa piuttosto che volgare e urlata, insomma una rai per "vecchi" con programmi culturali fatti alle 21 e non in piena notte...

  12. #37

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    Citazione Originariamente Scritto da Vitor Visualizza Messaggio
    Maria Luisa Busi rinuncia alla conduzione del Tg1.
    Bene, è un personaggio fastidioso ed indisponente, che legge le notizie con un atteggiamento da protagonista totalmente fuori luogo. Sembra che il TG sia un suo show personale e le notizie secondarie, era dai tempi della Gruber (hanno anche convissuto, avrà imparato da lei) che non si vedeva una anchor woman così egocentrica e presuntuosa.

    Citazione Originariamente Scritto da Vitor Visualizza Messaggio
    non è divertente assistere al crollo della Rai?
    Magari crollasse, lo stato italiano si libererebbe di uno dei più onerosi ricettacoli di inetti raccomandati di cui dispone.

  13. #38
    frignone della domenica L'avatar di Rei Ayanami
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    Non è questione se ce ne frega o meno della Busi ma che sempre più giornalisti prendono coraggio a dire che non vogliono lavorare in un sistema che li umilia professionalmente.

  14. #39
    frignone della domenica L'avatar di Rei Ayanami
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    Non sapevo che esistessero dei troll professionisti. Vediamo se riusciamo a chiudere qualche altro topic allora.

  15. #40
    Vitor
    ospite

    Predefinito Riferimento: Santoro non più dipendente Rai

    spoilero causa lunghezza

    Spoiler:
    Quante mani lunghe sul Tg1

    Viene presentato oggi a Roma il libro di Giulio Borrelli che racconta "da dentro" la storia del primo telegiornale da Vespa a Minzolini. Retroscena, manovre di palazzo, pressioni dei politici: ecco l'anticipazione di alcuni brani in esclusiva per "L'espresso" online



    Venerdì 21 aprile, alla Sala Capranichetta di Roma (P.zza Montecitorio, 125), viene presentato il libro "Le mani sul Tg1 - Da Vespa a Minzolini, l'ammiraglia Rai in guerra" di Giulio Borrelli, ex direttore del telegiornale e attualmente corrispondente dagli Stati Uniti. Il volume sarà in libreria dal 28 maggio (Coniglio editore, 14,50 euro). Alla presentazione intervengono Carlo Freccero, Giampiero Mughini e Filippo Rossi. Modera Giuliano Compagno.

    Il libro di Borrelli ripercorre gli ultimi vent'anni del più importante telegiornale italiano ed è una vera "inside story" di quanto avviene nelle sue stanze e nei suoi corridoi.

    L'espresso pubblica qui in esclusiva un'anticipazione del volume.


    LEGGI:


    "Togli tu, che ci metto questo qua
    "
    La Rai è da sempre legata alla politica, è un fatto. Dalla sua nascita, navigando per l'epoca Bernabei, fino alla presidenza Garimberti, tutti i direttori e i vicedirettori, nessuno escluso, hanno ottenuto l'investitura tenendo conto delle maggioranze di governo e dei posti da riservare all'opposizione. Un tassello discutibile, quello delle nomine Rai, ma a suo modo autorizzato in quella zona a traffico limitato chiamata viale Mazzini. In Italia, del resto, si lottizzano anche i primari d'ospedale. Adriano Celentano direbbe: «C'è sempre un motivo». Un tempo esisteva il dominio di un solo partito, la DC, che aveva le redini del Paese. Poi, con il mutare degli equilibri politici, si è passati alla lottizzazione. Il vecchio presidente socialista Enrico Manca la riteneva, comunque, una sterzata al futuro rispetto al parossismo del precedente latifondo. (...)

    Non è pensabile di poter scrivere una storia onesta, veritiera della Rai, senza tener conto dei partiti, dei mastodonti industriali e delle lobby giornalistiche. Quando si accenna ad assunzioni, collaborazioni ed avanzamenti di carriera, le ingerenze politiche non mancano mai all'appello. È vero che – con governi di destra, di centro, di sinistra – i partiti contano moltissimo, ma se ci fermassimo a loro non capiremmo tutto il meccanismo. (...)


    Negli ultimi 15 anni sono stati nominati dieci direttori al Tg1. Solo tre possono essere considerati professionisti interni all'azienda. Uno ha fatto la spola tra la Rai e Mediaset. Gli altri, ben sei, sono giornalisti approdati dall'esterno a dirigere la testata italiana più importante, con scarsa esperienza televisiva e nessuna pratica nel servizio pubblico. Qualcosa vorrà pur significare. Non vi pare? A intraprendere la via della scelta esterna e a servirsene, per primo, è stato Berlusconi, come abbiamo detto. La strada è stata battuta anche durante i governi di centrosinistra ed è motivo di non poche recriminazioni. È il capitolo grigio di un quindicennio confuso e contraddittorio.

    Ecco perché, accanto alla mia piccola vicenda personale, cerco di ricordare alcuni passaggi essenziali della storia contemporanea degli ultimi tre lustri, così come li ho vissuti, con qualche raffronto con la realtà americana conosciuta più di recente. Il centrodestra ha un capo indiscusso ed accettato e, con lui, gli alleati stabiliscono gli assetti politico-istituzionali e le catene derivate. Applicano un proprio criterio e garantiscono stabilità. Nello schieramento opposto, gli insuccessi, le antipatie e le faide interne hanno abbattuto, uno dopo l'altro, i leader e, come riflesso di questa guerra, si ritrovano un campo di macerie negli assetti sottostanti. La Rai è uno dei terreni più paludosi e devastati. Intercambi da copione anarchico per un regista fantasma: «Togliti tu, che ci metto quest'altro più gradito». Una membrana di replicanti aziendali. Non a caso gli avvicendamenti hanno spesso messo in ombra i valori reali, i meriti professionali di profili interni e, di conseguenza, gli apprendisti stregoni si ritrovano il vuoto attorno.

    «Susanna Petruni, fedele scudiera del Cavaliere»
    (...) Il sindacato dei giornalisti dà filo da torcere e, per diversi mesi, Mimun non riesce a imporre modifiche radicali, anche se nel frattempo l'azienda (con Cattaneo e Comanducci) incide sui corrispondenti all'estero, rimuovendo Badaloni da Bruxelles e Remondino da Belgrado.
    Anche con me ci provano, come racconterò in seguito, ma fanno un buco nell'oceano. Uno dei fatti più discussi avviene nel luglio 2003 in occasione dell'apertura del semestre italiano di presidenza dell'Unione europea. L'inviata Susanna Petruni (il nuovo corrispondente Masotti, berlusconiano di provata fede, non basta) confeziona un servizio in cui non si sente il Cavaliere che dà del 'kapò' a un eurodeputato tedesco che lo critica. Una scelta clamorosamente diversa da quella dei Tg di quasi tutto il mondo. Il direttore la difende, così come giustifica che, durante il discorso di Berlusconi all'assemblea generale dell'ONU, in un'aula pressoché vuota, la Petruni abbia usato, nel montaggio, le immagini dell'affollata platea che seguiva il precedente intervento di Bush. Per non lasciar solo il povero presidente del consiglio italiano, l'aula è stata riempita con un falso. All'inizio del 2004 il Tg1 cambia scenografia. La precedente risaliva al tempo della mia direzione. È l'occasione per un'autocelebrazione e per annunciare un cambio di passo.





    «Adesso – dice Clemente – è il momento giusto per pensare all'arrosto ». La ciccia va a Susanna Petruni, fedele scudiera del Cavaliere, che viene messa a condurre l'edizione delle 13.30, e ai responsabili di una serie di piccole rubriche create con lo scopo di soddisfare appetiti redazionali e allargare il consenso più che la qualità dell'informazione. I trasferimenti dal Tg2, che Mimun aveva diretto negli anni Novanta, si moltiplicano, mentre per i precari del Tg1 non c'è posto. Carmela Giglio, scrupolosa giornalista, è costretta a emigrare al giornale radio per essere assunta. Arrivano altri, estranei alla tradizione della testata. Una fredda domenica mattina di gennaio, nella bacheca redazionale appare una lettera di dimissioni di Daniela Tagliafico, vicedirettore, che da tempo va denunciando il meccanismo del 'panino' nell'informazione politica.

    L'opposizione, in pratica, viene schiacciata come un pezzo di mortadella tra due fette di pane dello stesso sapore. Una trentina di redattori sottoscrivono subito una lettera di solidarietà che, nei giorni successivi, raccoglierà altre firme. «Il Tg1 – viene detto durante quella levata di scudi – deve essere patrimonio comune di tutti gli italiani che pagano il canone». Qualche settimana dopo Lilli Gruber si candida al Parlamento europeo. Già al brindisi di Natale del 2005 Mimun annuncia che per lui sarà l'ultimo al Tg1. Avvia, nel frattempo, la rubrica Dopo il tg, che conduce personalmente. È ancora direttore, nell'estate del 2006, con Prodi al governo che, dalla Toscana, coordina assieme a Chirac l'intervento militare in Libano. Impegno non da poco, per l'Italia. Il presidente del consiglio viene seguito, in quell'occasione, solo da una troupe, in appalto, di Telemaremma. (...)

    L'AUGUSTO PRESCELTO
    (...) Col nuovo governo, cambia il consiglio di amministrazione e, fiutata l'aria, Gianni se ne va. Passa a dirigere «Il Sole 24 Ore», il quotidiano della Confindustria. A reggere una faticosa transizione, in attesa dell'unto da Berlusconi, viene lasciato Andrea Giubilo, giornalista di grande esperienza, che ama la quiete ed è poco adatto per le mischie.

    Il Cavaliere dà, in un primo momento, la benedizione a Maurizio Belpietro, punta d'acciaio degli organi della famigliaberlusconiana. Il nuovo presidente della Rai, Paolo Garimberti, mette il vèto. «Troppo schierato e fazioso, non posso tollerarlo ». Non può ripetere lo stesso comportamento con Augusto Minzolini, suo amico di vecchia data, che viene da «La Stampa» e ha una rubrica su «Panorama».

    Il prescelto dà subito una svolta. Accorcia i tempi del messale politico, centra i temi che interessano la nuova maggioranza. Mette in cantiere 14 rubriche per attirarsi le simpatie della redazione. Quella che cuoce più carne e brucia le tappe è ancora la Petruni che, nell'ultimo giro di arrosto, diventa vicedirettore e conduttrice delle 20 dopo aver mancato la direzione di Raidue. La favorisce un precedente inaugurato da Riotta, che aveva promosso Sassoli nella doppia funzione, tenuta fino ad allora distinta nel Tg1. Ancora a Gianni si richiama Augusto, quando viene criticato, in commissione parlamentare di vigilanza, per i suoi editoriali. «È un mio diritto farli. Prima di me, Riotta ne ha fatti 15». È vero. Anche altri hanno fatto editoriali. C'è da dire, però, che Riotta, e non solo lui, hanno scelto una vasta gamma di argomenti per esprimere le proprie opinioni. Augusto, con tempismo, compare sempre per difendere il governo di centrodestra e sostenere le tesi berlusconiane.

    Un esempio, tra tanti. Quando Guido Bertolaso, il capo della protezione civile, finisce nei guai, Minzolini si schiera con lui, a spada sguainata. Il giorno in cui le figlie dell'accusato, Chiara ed Olivia, scrivono una lettera in difesa del padre, il manoscritto viene inviato a «Panorama» e al Tg1, considerati ormai organi della stessa famiglia, e divulgato con grande clamore. Alle parole delle figlie fa eco, subito dopo, il commento diMinzolini, detto Minzo, che va giù di sciabola contro le intercettazioni e la 'gogna mediatica' che avrebbe già sancito la condanna per Bertolaso. Può darsi che quella inchiesta della magistratura di Firenze sugli appalti della protezione civile, come altre, finisca in una bolla di sapone, ma il marcio che rivela è sconcertante. Ci vorrebbe un po' più di distacco da parte dell'ammiraglia del servizio pubblico radiotelevisivo.

    Minzo, invece, non ha dubbi. «Puntualmente – chiosa alla vigilia di una consultazione regionale – le inchieste giudiziarie sostituiscono la campagna elettorale». La giustizia, i magistrati, insomma, sono schierati con una parte politica e contro Berlusconi. È la tesi, appunto, che il Cavaliere asserisce tutte le volte che pubblici ministeri e giudici si occupano di lui o dei suoi uomini. Nessun direttore di Tv pubblica ha mai fatto, prima di lui, ripetuti editoriali di sostegno al governo. Alcune telefonate, intercettate dalla Procura di Trani durante un'indagine sui tassi di usura, confermano il legame ombelicale. Berlusconi danza con i superlativi, lo chiama 'direttorissimo' e si lamenta con lui del modo di fare dei giudici in un'inchiesta di mafia. Il Minzo confeziona subito un editoriale contro le 'balle e minchiate' del pentito siciliano Spatuzza, spavaldo e discusso accusatore del 'Cavalierissimo'.

    C'è di più. Qualche giorno dopo l'editoriale pro-Bertolaso, si scopre – da altre intercettazioni telefoniche disposte dalla magistratura – che Minzolini è amico di alcuni dei funzionari pubblici e degli imprenditori finiti nell'inchiesta sulla protezione civile e li frequenta. I risvolti, non necessariamente penali, della indagine giudiziaria e la filippica contro la 'gogna mediatica' rivelano chiaramente gli intrecci, le manovre e i pensieri di una lobby politico-imprenditorial-giornalistica, cheha uno dei suoi avamposti nel Tg1, con scambi di favori vari. Le cronache di quei giorni, ricavate ancora dalle intercettazioni, riferiscono di un'intervista fatta dal maggior telegiornale italiano a Lorenzo Balducci, figlio di uno degli indagati, che recita in una fiction Rai, e caldeggiata sia da Giancarlo Leone, vicedirettore generale dell'azienda di viale Mazzini, sia dall'ammiraglio del Tg1.

    Tutti e due se ne compiacciono, al telefono, col padre dell'intervistato, cioè con l'alto funzionario al centro della trama degli appalti della protezione civile. Anche a Minzolini è toccato misurarsi con un concorrente Rai, prima della sua nomina, e ha avuto facilmente la meglio nello schema vigente. L'interno è Mauro Mazza che, dopo la bocciatura di Belpietro, viene ben presto escluso. È bravo, sì, ma è culo e camicia con Fini, fin dalla giovinezza. Hanno lavorato e giocato assieme, meglio un altro esterno di piena fiducia berlusconiana.

    Mazza passa dal Tg2 a dirigere Raiuno, niente male! Lì, dopo gli intrecci consolidati tra pubblico e privato, non preoccupa colui che teme i comportamenti di Fini nel centrodestra. Nelle stanze di comando del Tg1, resta il vicedirettore Ferragni, attribuito a una non meglio definita opposizione. Non è certo un cuor di leone (non ha firmato la solidarietà con la Tagliafico, il giorno della lettera di denuncia del 'panino') né è capace di raccogliere attorno a sé coloro che non accettano di attaccare l'asino dove vuole il padrone. Minzo, che non è uno sprovveduto, lo preferisce ad altri e lo conferma in un posto chiave. Il maggiore telegiornale italiano cambia pelle. Una nuova generazione, senza memoria storica, prende il sopravvento. In redazione non ci sono più i Nuccio Fava, i Bruno Vespa, i Ro-berto Morrione, i Romano Tamberlich, i Paolo Frajese, le Lilli Gruber.

    Nell'elenco, che potrebbe continuare, dovrei includere, senza apparire presuntuoso, anche il mio nome. Persone diverse, con i loro difetti e i loro caratteracci, che erano cresciute alla scuola del servizio pubblico e avevano, comunque, una visione comune della Rai e della sua funzione. I soldati graduati eseguono ora qualsiasi disposizione, senza fiatare. Il modello che svetta è una brava collega, affetta da bulimìa professionale. Con Mimun difende Mimun perché è diventata l'inviata di punta nelle zone di guerra; con Riotta sta con lui, che le permette di spendere e spandere in giro per il mondo; con Minzolini fa carriera, viene promossa e dilaga.

    Le eccezioni, naturalmente, non mancano. Quello che non si avverte è una temperie redazionale in grado di affermare, pur con limiti e contraddizioni, i valori professionali della correttezza e dell'autonomia. La gente non la nota, non la sente. E così quando Maria Luisa Busi va all'Aquila, per girare un servizio sulle macerie del capoluogo abruzzese, si sente gridare da un gruppo di terremotati: «scodinzolini, scodinzolini». I redattori degli anni Ottanta e Novanta del Tg1, anche se la linea dei direttori non piaceva, hanno sempre girato per strada a testa alta perché all'esterno si sapeva che, nel rispetto dei ruoli e delle funzioni, in parecchi nelle stanze di via Teulada e di Saxa Rubra contestavano apertamente linee editoriali partigiane e scorrette.

    E, non a caso, le lobby giornalistiche, vicine a quei direttori, li accusavano su giornali e settimanali di essere 'bolscevichi' e 'sovversivi', ma nessuno – e tanto meno il pubblico – li ha mai bollati come cagnolini scodinzolanti. Un'accusa bruciante per chi dovrebbe fare il mestiere di cane da guardia del potere.La Busi si difende prendendo le distanze dai servizi della testata sul dopoterremoto e viene – a sua volta – contestata da una sparuta assemblea di colleghi. Prima del voto più d'uno abbandona la sala della riunione. Il giorno seguente, sul «Corriere della Sera», Paolo Conti conclude il suo resoconto con un commento attribuito a un esponente di destra: «La maggioranza dei redattori è con Minzolini».

    Una raccolta di firme prodirettore incassa una novantina di adesioni. Sottoscrivono: Francesco Giorgino, Filippo Gaudenzi, Susanna Petruni, Attilio Romita, Fabrizio Ferragni, Monica Maggioni, Franco Di Mare, e parecchi nomi poco conosciuti. Se il grosso della redazione stesse davvero con questo o quell'ammiraglio, sarebbe un fatto normale. Io credo, invece, che negli anni sia maturato un atteggiamento di rassegnazione, di abbandono, da parte di alcuni; e di sfrenato opportunismo, da parte di altri. È la conseguenza, a mio giudizio, della scelta di direttori esterni, responsabili di aver travolto le poche regole e una prassi utili a garantire, in passato, un rispetto – seppur minimo – di criteri professionali in un servizio pubblico. Ora non ci sono più argini per evitare il cumulo di incarichi nonché l'arrembaggio nelle carriere e nelle apparizioni in video. Se il redattore medio potesse rivolgersi direttamente ai potenti che influiscono sul destino della Rai, gli direbbe: caro leader, quando hai potuto, hai piazzato un tuo fiduciario lontano dalla sensibilità e dalle regole di Saxa Rubra, pensando che noi fossimo carne da macello, adesso rivolgiti a chi vuoi per arginare linee editoriali che non ti piacciono e non favoriscono una coscienza critica tra la gente. Un professionista non dovrebbe ragionare così, ma questo è il risultato degli assetti imposti e non condivisi da tanti, nonostante accondiscendenzemomentanee e opportunistiche.

    Cambiano anche la composizione del pubblico che guarda e il livello degli ascolti. Molti spettatori trasmigrano su altri canali. L'audience del Tg1 delle ore 20 scende al 26 per cento. Su Facebook, su Twitter, nella piazza del social network, si sviluppa una campagna di opinione contro la maggiore testata del servizio pubblico. Il movimento anti-Minzo si rafforza dopo un'edizione delle 13.30 in cui si presenta come 'assoluzione' una sentenza della Cassazione che sancisce la 'prescrizione' per il reato commesso da David Mills. L'avvocato inglese la fa franca solo perché è scaduto – secondo i giudici supremi – il tempo per poterlo punire. Nel processo di primo grado e in appello era stato condannato per essere stato corrotto da Berlusconi.

    «Prescrivere non è assolvere», si grida nella piazza virtuale. Arianna Ciccone, organizzatrice del festival del giornalismo di Perugia, consegna negli uffici di viale Mazzini una richiesta di rettifica della notizia inesatta. L'hanno sottoscritta 200 mila persone su Facebook. È il primo, significativo segnale di una rivolta dei telespettatori contro il comportamento del più seguito telegiornale italiano.
    Molto applaudito un articolo di Michele Serra: «Per un giornalista manomettere la verità è un crimine, tal quale per un fornaio sputare nel pane che vende. Qui non si tratta di opinioni, di interpretazioni, di passione politica. È proprio una frode, una lurida frode…». Legioni di giovani e di intelligenze appassionate chiedono il rispetto dei princìpi basilari di una corretta informazione. Nessun rimpianto, naturalmente, del tempo che fu. E tuttavia le differenze tra ieri e oggi appaiono evidenti a chiunque guardi con occhi aperti. (...)

    Non c'era, dunque, un bel mondo che fu, ma nemmeno una selvaggia appropriazione. Succede, invece, nell'èra della post-lottizzazione, che si passi dai partiti ai salotti, alle lobby politico-imprenditorial-giornalistiche. Una deriva progressiva e accelerata. Si impone il giornalismo che premia il rigido appartenere e il compiacere il gruppo di riferimento. Altro che volti nuovi e nuovi linguaggi televisivi. Gli altri professionisti, refrattari a questa cultura, finiscono in una riserva non protetta. Sono emarginati e sbeffeggiati. Il servizio pubblico o semipubblico non è stato migliorato e neppure privatizzato secondo le regole del mercato.

    È diventato strumento di fazione, in nome e per conto di… Addio ai sogni di far meglio del passato. Il presente scivola verso la militarizzazione e l'acchiappa-acchiappa personale. Io conosco quei sentieri e quelle piste di Saxa Rubra. Cisiamo trasferiti lì da via Teulada, negli anni Novanta, per abitare la più grande cittadella italiana dell'informazione. Ho salito, uno ad uno, i gradini che mi hanno portato in giro per il mondo e alla guida dell'ammiraglia, prima di Minzolini, prima di Riotta e prima di Mimun. Negli anni delle loro direzioni sono lontano dall'Italia. Lavoro a New York, come capo dell'ufficio di corrispondenza americano della Rai. Ognuno ha i suoi percorsi, fa le proprie scelte, rivendica i propri meriti. Tutti abbiamo commesso errori. Non tutti abbiamo seguito linee editoriali personalistiche e faziose. Il sistema attuale è andato oltre i vizi e i difetti della vecchia lottizzazione. Ha saltato il fosso con l'arrivo e i giochi dei corsari di palazzo. Il Tg1 che, nonostante tutte le contestazioni di una volta, aveva mantenuto un rispettabile ruolo quasi ecumenico, di ammortizzatore di spinte opposte, si omologa ora agli altri, diventa coriaceo portavoce del governo e di una parte politico-imprenditorial-editoriale.

    È il progetto degli anni Novanta, che Carlo Rossella non riuscì a realizzare. Il fatto che l'ammiraglia perda così di credibilità, di prestigio e di ascolti, non interessa i suoi ideatori e non li preoccupa più di tanto perché manca chi possa davvero contrastarli e metterli alle corde. Eppure basterebbe sviluppare qualche semplice ragionamento. In Rai il servizio pubblico è morto. La formula di Enrico Manca ('il pluralismo è la somma di tante parzialità') poteva apparire adeguata nell'epoca dei vecchi partiti. Oggi siamo in un nuovo secolo, abbiamo un bipolarismo consolidato seppur imperfetto, con il leader di uno schieramento che è proprietario di quasi metà del sistema televisivo privato e l'altra metà la controlla stando in Parlamento e al governo.

    Se il Tg1 è destinato ad essere uno dei tanti telegiornali, alle strette dipendenze di una parte, meglio prendere atto della fine del servizio pubblico, riformare l'attuale canone, rimpiazzare il duopolio Rai-Mediaset con un nuovo e più moderno sistema, fondato davvero sulla concorrenza. Sarebbe più onesto, sicuramente favorirebbe una reale competizione tra diverse linee politico-editoriali, e andrebbe a tutto vantaggio del cittadinotelespettatore. Basterebbe discutere un semplice articolo di legge che tolga i tetti pubblicitari alla Rai, ovvero all'azienda che ne prenderà il posto, dandole la possibilità di attingere liberamente sul mercato delle risorse pubblicitarie. È la condizione per privatizzare alcune parti e riservare il canone alle strutture veramente di pubblico servizio. Sarebbe uno scossone per la vecchia azienda di viale Mazzini e la fine dell'impero televisivo costruito da Berlusconi. La piazza virtuale e quella reale sarebbero unificate da un unico grido: 'Il re è nudo'. (...)


    eh ma la Busi...

  16. #41
    Suprema Borga Imperiale L'avatar di Marlborough's
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    Citazione Originariamente Scritto da Vitor Visualizza Messaggio
    non è divertente assistere al crollo della Rai?
    Ma non più di tanto...l'importante è che crolli in silenzio.

    Ci mancava pure il libercolo di Borrelli...ancora ci stava dritto sul pancreas l'omonimo resistente arraffapoltrone.
    Perdonami Vitor, tu lo sai che ti stimo e tanto, ma non ho letto la "leggera" sotto spoiler.
    Dimmi solo che lui sta bene, mangia ed evacua regolare...e che non manca di nulla.
    Nel tristo caso un paio di scodelle di Jambalaya per lui e per il parentado posso ancora tirarle fuori.

  17. #42
    alberace
    ospite

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    conflitto d'interessi.

  18. #43
    Chiwaz
    ospite

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    Comunque la lettera della Busi è davvero incisiva.

    Su molti punti è assolutamente condivisibile.

  19. #44
    frignone della domenica L'avatar di Rei Ayanami
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    A me fa molto piacere che sembra che il cambiamento arrivi dall'interno: piuttosto che stare su una poltrona pare che qualcuno abbia deciso che la professionalità e la morale non sono in vendita.

  20. #45
    Hoffmann
    ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da Chiwaz Visualizza Messaggio
    Non ne dubito, ma in genere la gente si fa un'idea, la confronta con la realtà, e se i fatti confermano l'idea iniziale vuol dire che è giusta, altrimenti la si aggiusta o la si cambia. (se non si è cretini, altrimenti si difende l'idea anche a dispetto dell'evidenza).

    Gli ultimi risultati elettorali, ad ogni livello, hanno dimostrato che Santoro può essere un fastidio, ma non un pericolo a livello elettorale.
    No, mi sono spiegato male. Altro che pericolo, tu dicevi che faceva guadagnare voti alla destra
    Comunque non è importante, la mia era solo una battuta.
    Confermo solo la mia soddisfazione per la sua uscita di scena; nulla contro di lui, anzi, spero possa continuare a fare il suo mestiere in altri lidi. Credo però che se la tv viene ridimensionata sia meglio per tutti; è meglio anche per la tv stessa, perché si libererebbe di molte mani rapaci. E non mi riferisco certo solo a quelle di Berlusconi.

  21. #46
    Vitor
    ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da Marlborough's Visualizza Messaggio
    Ma non più di tanto...l'importante è che crolli in silenzio.

    Ci mancava pure il libercolo di Borrelli...ancora ci stava dritto sul pancreas l'omonimo resistente arraffapoltrone.
    Perdonami Vitor, tu lo sai che ti stimo e tanto, ma non ho letto la "leggera" sotto spoiler.
    Dimmi solo che lui sta bene, mangia ed evacua regolare...e che non manca di nulla.
    Nel tristo caso un paio di scodelle di Jambalaya per lui e per il parentado posso ancora tirarle fuori.
    eh però non ti va bene nessuno caro mio

  22. #47
    Suprema Borga Imperiale L'avatar di Marlborough's
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    Citazione Originariamente Scritto da Vitor Visualizza Messaggio
    eh però non ti va bene nessuno caro mio
    Heh...
    Converrai anche tu che è ben greve vedere le "nuove leve" andare in brodo di giuggiole per delle mummie stantie.
    Cioè, una volta si impazziva per Steve McQueen, il Che, per Mao, per Hendrix piuttosto che per Pound...adesso mi ("mi" si fa per dire...) si ringalluzziscono non dico per i seppur bolsi Eco o Bevilacqua, ma addirittura per il tandem Borrelli&Borrelli.

  23. #48
    frignone della domenica L'avatar di Rei Ayanami
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    Un po' di rispetto per umberto eco: d'altronde la sua testa è uno dei pochi oggetti visibili dallo spazio (cit.)

  24. #49
    Lo Zio
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    Visto che della Busi se ne parlava qua:
    (dal corriere.it)

    Minzolini e la ribelle Busi «Non mi piace chi dà giudizi usando la mimica facciale»
    «La Chimenti è brava e ha un’immagine nuova»
    L’intervista - Il direttore del Tg1: non parlo con lei da febbraio, dopo le sue parole sulla ricostruzione dell’Aquila
    Minzolini e la ribelle Busi «Non mi piace chi dà giudizi usando la mimica facciale»
    «La Chimenti è brava e ha un’immagine nuova»


    ROMA - Augusto Minzolini, direttore del TG 1, sa cosa ha detto il presidente della Rai, Garimberti?
    «Cosa?».

    Che al Tg 1 "siamo oltre la disinformazione, siamo alla reticenza".
    «Paolo Garimberti... Siamo tutti giornalisti e per fortuna esistono le collezioni dei giornali. Ebbene, ho avuto molti più problemi io con il cosiddetto "potere" di quanti non ne abbia mai avuti lui».

    Lei è sotto attacco per il "caso Busi". La conduttrice del Tg 1 delle ore 20 lascia quella postazione ambitissima in polemica con la sua direzione. E’ la prima volta che accade.
    «La Busi era lì da 18 anni. Io credo che la conduzione sia un ruolo che consuma. Tiziana Ferrario, che io ho spostato, conduceva da 29 anni. Generazioni di giornalisti non hanno avuto spazio per mettere un cappello: su quella sedia c’erano sempre le stesse».

    Negli Stati Uniti i grandi "anchor man" (e woman) durano a vita.
    «Ma molti di loro fanno un lavoro diverso: scrivono in prima persona le notizie, organizzano, poi conducono. Maria Luisa Busi negli ultimi 10 anni ha firmato sedici servizi».

    Ora, lei fa largo ai giovani: alle 20, dalla prossima settimana, vedremo Laura Chimenti. Perchè è stata scelta?
    «E’ brava, ha un’immagine nuova. Busi afferma che nel suo Tg non ci sono le liste di attesa in ospedale, le persone che perdono il lavoro, le scuole senza carta igienica. Mentre ci sono i ministri Brunetta e Gelmini che "digitalizzano" la scuola. Le conduttrici di cui abbiamo parlato accompagnano le notizie con la mimica facciale, danno giudizi indiretti: questa è positiva, questa è negativa... La Chimenti invece non commenta, offre le notizie, con velocità, ritmo».

    E’ una sua fedelissima? Come lei cominciò all’agenzia Asca...
    «Macché. L’ho trovata, come ho trovato tutti. Ho confermato tutti i caporedattori, a parte Massimo De Strobel, che stava lì da vent’anni. Ma il Tg di vent’anni fa si faceva come quello di oggi?».

    Maria Luisa Busi ha scritto che lei ha "dirottato" il Tg 1.
    «Prendiamo i dati di venerdì, Tg delle 20: siamo 5,7 punti di share sopra il Tg 5. Nelle due prime settimane di maggio del 2009, direzione Giubilo -molto in sintonia con la Busi-il vantaggio era di due punti, nelle prime due del maggio 2010 i punti erano 3,7».

    Gli ascolti non sono tutto. Busi dice che il Tg 1 va verso una "definitiva perdita di credibilità".
    «Visione banale! Il "pianeta Italia" si divide fra Rai e Mediaset. Per crescere, io devo conquistare parte del pubblico Mediaset e di qui vengono certe scelte sui contenuti».

    Busi afferma che nel suo Tg non ci sono le liste di attesa in ospedale, le persone che perdono il lavoro, le scuole senza carta igienica. Mentre ci sono i ministri Brunetta e Gelmini che "digitalizzano" la scuola.
    «Ma no, ma no! Noi riportiamo tutto. Però, mi sembra giusto sottolineare che nonostante la crisi economica il sistema Italia tiene, che il tasso di disoccupazione è inferiore a quello di altri paesi».

    Busi scrive che ci sono troppi servizi tipo "Caccia al coccodrillo nel lago" e "Mutande antiscippo".
    «Io quei servizi li metto negli ultimi dieci minuti, quando la gente comincia ad essere stanca. Il Tg 5 ci superava sempre sul finale, da mesi non accade più».

    Lei aveva deciso di spostare Maria Luisa Busi alla conduzione delle 13,30?
    «Dopo i suoi giudizi sulla ricostruzione all’Aquila, dopo la sua intervista a Repubblica contro di me, avevo pensato di darle una posizione meno esposta».

    E’ vero che per la Busi sarebbe pronto una posto di conduzione al Tg 3?
    «Non so, non parlo con lei da fine febbraio, da quei giudizi sull’Aquila. Non mi piace chi sputa nel piatto dove mangia: sarebbe normale se andasse via».

    Risponderà alla lettera che le ha mandato?
    «Non ci penso proprio. Ma se vuole restare al Tg 1, un posto per lei ci sarà sempre».



    Interessante il punto: "io devo conquistare parte del pubblico Mediaset e di qui vengono certe scelte sui contenuti".
    Come dire che se il popolo vuole la merda, diamogli la merda

  25. #50
    alberace
    ospite

    Predefinito Riferimento: Santoro non più dipendente Rai

    vuole rubare pubblico a mediaset copiandone il giornalismo da cerebrolesi.
    senza vergogna

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