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Discussione: L'infinito.

  1. #1
    Il Nonno L'avatar di Ph@ntom
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    Predefinito L'infinito.

    Propongo un interessante scorcio di un discorso visionabile integralmente qui .



    STUDENTESSA: Benvenuti al liceo "Giordano Bruno" di Torino. Siamo qui con Piergiorgio Odifreddi, che ringraziamo per aver accettato il nostro invito, per parlare dell'infinito. Prima di iniziare la discussione, guardiamo insieme una scheda filmata per meglio introdurre il tema.

    Già i filosofi greci posero l'infinito, che essi chiamavano "apeiron", come principio della realtà. Ma l'infinito matematico appariva qualcosa di più temibile, inclassificabile, di in-definito. I Pitagorici scacciarono dalla loro setta Ippaso di Metaponto, colpevole di aver rivelato l'esistenza dei numeri irrazionali.
    Nell'800, il matematico Georg Cantor consacrò i propri studi al tentativo di rendere definito e operativo in matematica un concetto come quello di infinito. Mosso anche da interessi filosofici e addirittura teologici, Cantor formulò una nuova categoria di numeri, i numeri "transfiniti". Un insieme infinito, secondo la definizione di Cantor, è un insieme che possiede almeno un sottoinsieme con cui è in corrispondenza biunivoca. Insomma, per gli insiemi infiniti il tutto non è sempre maggiore delle parti. Le conseguenze di questa scoperta furono enormi. Oggi l'infinito è un oggetto familiare per gli scienziati, uno strumento che pone alcuni problemi e permette di risolverne molti altri. Ma al profano, e forse anche allo scienziato, il salto dal finito all'infinito continua a dare come una vertigine. Per l'uso che ne fanno le scienze, l'infinito è un rapporto e non un'idea, uno strumento e non una essenza. Possiamo allora dire che è possibile conoscere attraverso l'infinito, ma non conoscere l'infinito? E i nostri sforzi in questa direzione saranno sempre inutili, frustrati e destinati allo scacco, come sosteneva Kant?


    ODIFREDDI: Non so se avete sentito parlare di Nicola Cusano, che non a caso era un cardinale . Perché c'è un collegamento tra l'infinito e Dio. È stato per lo meno così proposto. Ebbene Cusano verso il 1450 nelle sue opere - La dotta ignoranza e Le congetture - fu il primo a introdurre il concetto d'infinito. Oggi in matematica l'infinito è qualche cosa di abbastanza naturale, lo si usa quotidianamente, però il concetto d'infinito matematico è più recente. Verso la fine dell'Ottocento, con questo signore, di cui abbiamo sentito per lo meno il nome nel filmato: Cantor, che è colui che ha iniziato la teoria matematica dell'infinito. Quindi queste sono un po' le tre tappe; i Greci che lo rimuovevano, Cusano che in realtà l'ha introdotto in maniera filosofica teologica, e poi Cantor, che invece lo ha introdotto in maniera matematica.

    STUDENTESSA: Si parla di infinito matematico e di infinito filosofico. Esistono dunque diversi tipi di infinito o è lo stesso preso in considerazione sotto diversi punti di vista?

    ODIFREDDI: Ma guarda questo è vero per molti concetti che sono filosofici, ma che poi vengono usati nella scienza. Pensa alla "causalità", al rapporto tra causa ed effetto. L'infinito è uno di questi. Ma il modo in cui i filosofi considerano l'infinito forse non è quello che usano i matematici e gli scienziati. Gli scienziati lo usano effettivamente come infinito dei numeri. Dico "dei" al plurale perché, la cosa può sembrare strana, ci sono tanti infiniti. I matematici hanno scoperto che di infiniti ce ne sono infiniti, che è una specie di circolarità. E il primo che si è accorto che forse più di un infinito poteva esistere è stato Giordano Bruno. Siamo qui in una scuola, che è intitolata per l'appunto a Giordano Bruno. Se Voi, probabilmente avete letto le opere di Giordano Bruno, ebbene ne La cena delle ceneri, fa uno strano ragionamento. Dice: supponiamo di avere una palla, come la terra. La terra viene illuminata dal sole, ma soltanto una parte della terra viene illuminata dal sole. Man mano che ci si allontana, il sole è più lontano dalla terra, una parte sempre maggiore della sfera viene illuminata. Ora, domanda: quant'è la parte della sfera che al massimo può venire illuminata? Se il sole fosse all'infinito, allora illuminerebbe esattamente metà della sfera. Ora Giordano Bruno si chiede: ma poverina l'altra metà della sfera che cosa fa? Rimane in ombra? Allora l'idea di Giordano Bruno è: quando arriviamo all'infinito, facciamo un passo in più, incominciamo ad andare oltre questo primo infinito e il sole comincerà a illuminare la parte di dietro della sfera. Quando s'arriva all'infinito per la seconda volta tutta la sfera è illuminata. Non c'è bisogno di dire che questa è, ovviamente, è un'idea semplicemente metaforica, non ha nessun senso. Però è la prima volta nella storia in cui qualcuno pensa che ci sia effettivamente la possibilità di avere due o più infiniti. I matematici oggi sono arrivati ad averne addirittura infiniti. E chi scoprì che ci sono infiniti infiniti fu proprio quel Cantor ( Georg Cantor 1845 - 191 di cui abbiamo già citato il nome prima.

    STUDENTESSA: In che modo un'entità superiore, quale Dio, dovrebbe essere infinita? Esiste un rapporto tra religione e scienza?

    ODIFREDDI
    : Qui ci sono due domande. Naturalmente il rapporto tra religione e scienza certamente esiste, non fosse il fatto che, tanto per citare appunto Giordano Bruno, nel momento in cui le sue teorie cominciano a postulare infiniti mondi che esistono nell'infinito spazio per un infinito tempo, Giordano Bruno finisce al rogo. Quindi effettivamente rapporti ci sono, ma non sono sempre stati rapporti ottimali. Però il problema dell'infinito in teologia è un problema interessante, perché fino a quando l'infinito non c'era, o meglio, fino a quando l'infinito veniva rimosso - abbiamo detto prima che i Greci in qualche modo lo rimuovevano - si pensava che Dio non esistesse perché non c'era l'infinito. Tutte le dimostrazioni dell'esistenza di Dio di San Tommaso nella Summa theologiae: le cinque vie che portano a Dio, sono tutte basate sul rifiuto dell'infinito. Nel momento in cui Cusano, un cardinale come dicevo prima, riconduce il concetto di infinito, ecco che si fa un voltafaccia. Prima Dio c'era perché l'infinito non c'era, nel momento in cui arriva l'infinito Dio c'è perché c'è l'infinito. Quindi quello mi sembra un po' un modo di risistemare sempre le cose a proprio vantaggio. Però appunto dal 1450 fino alla fine dell'Ottocento, l'infinito fu identificato per l'appunto come qualche cosa che sta oltre il finito, qualche cosa che sta oltre il nostro mondo e dunque con il trascendente, con Dio. C'è una storiella interessante, che Vi posso raccontare: quando Cantor scoprì che c'erano più infiniti, Cantor, nonostante il suo nome, che è ovviamente di origine ebraica, era cristiano, battezzato, quindi se ne preoccupò. Ovviamente era la fine dell'Ottocento, non c'era più pericolo di andare al rogo, però volle sapere che cosa la Chiesa pensava di questo fatto, la Chiesa cattolica. Andò in Vaticano, portò i suoi lavori e disse al Santo Uffizio, che era governato allora da un cardinale tedesco: "Ma Eminenza io ho qui lavori di matematica che mi dicono che ci sono più infiniti, in realtà tanti infiniti". Il cardinale disse: "Ma, insomma io la matematica non la conosco quindi do ai miei segretari i suoi lavori perché se li studino". I segretari erano dei domenicani - Voi sapete che il Santo Uffizio si è basato spesso sui domenicani per fare i suoi affari -, e i domenicani si presero due anni, perché ovviamente hanno dovuto cominciare a studiare la matematica la teoria degli insiemi eccetera. Dopo due anni dissero al cardinale: "Guardi, secondo noi, non c'è problema, non c'è pericolo per la fede". Allora Cantor venne convocato in Vaticano e il cardinale del Santo Uffizio gli disse: "Guardi lei può parlare di questi infiniti, purché non li chiami infiniti, perché effettivamente questo darebbe una brutta idea teologica, cioè farebbe una connessione con la divinità". Allora , Cantor scelse un nome, che oggi non sarebbe tanto corretto politicamente perché ha delle implicazioni un po' diverse, li chiamò "transfiniti" e, per il colmo dell'ironia, oggi i matematici chiamano questi transfiniti "cardinali". Quindi, insomma il cerchio. L'idea del cardinale del Santo Uffizio era che oltre tutti questi transfiniti là, alla fine, c'è il vero infinito assoluto. Chiesero a Cantor cosa ne pensava : "Ma per noi matematici quello non c'è. Non esiste un infinito assoluto per i matematici, perché è contraddittorio" e il Santo Uffizio disse: "Va bene quello lì è nostro". Quindi in qualche modo ci sono delle relazioni. La chiesa si è sempre preoccupata , sempre dal momento in cui l'infinito è stato in qualche modo identificato con la divinità. Oggi però i matematici non credono che l'infinito matematico sia in qualche modo un'immagine dell'infinito metafisico. Pensano semplicemente che siano oggetti matematici e quindi li tengono abbastanza distinti.

  2. #2
    lello_panzieri
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    Predefinito Re: L'infinito.

    Dal basso dei 3 filosofi che ho ripassato finora, scorgo una inesattezza: non tutti i filosofi greci presocratici consideravano l'apeiron l'arché, ma se non ero solamente Anassimene.

    Oltre a questo dettaglio (forse pure errato, ma se non era Anassimene era Anassimandro ) vorrei sapere se hai già un'idea della direzione verso la quale sviluppare il discorso o se ci lasci discrezione di instradarlo (aaargh... a forza di avere a che fare coi router..) noialtri


  3. #3
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    Predefinito Re: L'infinito.

    Lascio carta bianca purchè si parli di qualcosa.

    (ora che mi ci fai pensare...i greci non eran quelli che ravvisavano la perfezione nella finitezza?)

  4. #4
    Suprema Borga Imperiale L'avatar di StM
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    Predefinito Re: L'infinito.

    Ph@ntom ha scritto lun, 15 novembre 2004 alle 19:55
    (ora che mi ci fai pensare...i greci non eran quelli che ravvisavano la perfezione nella finitezza?)
    Così sosteneva il mio prof di filosofia
    Grossomodo. Ma la ravvisavano, ora che mi ci fai pensare? (eeee, la memoria vacilla)

  5. #5
    Banned L'avatar di BodyKnight
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    Predefinito Re: L'infinito.

    Madmack direbbe:

    /quit l'infinito s'è esaurito.

  6. #6
    the_lamb
    ospite

    Predefinito Re: L'infinito.

    StM ha scritto lun, 15 novembre 2004 alle 22:44
    [email
    Ph@ntom[/email] ha scritto lun, 15 novembre 2004 alle 19:55](ora che mi ci fai pensare...i greci non eran quelli che ravvisavano la perfezione nella finitezza?)
    Così sosteneva il mio prof di filosofia
    Grossomodo. Ma la ravvisavano, ora che mi ci fai pensare? (eeee, la memoria vacilla)
    Certo; per esempio nella geometria.
    Il cerchio, la sfera... non l'infinito. Che roba sarebbe, l'infinito?

  7. #7
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    Predefinito Re: L'infinito.

    the_lamb ha scritto lun, 15 novembre 2004 alle 22:57
    StM ha scritto lun, 15 novembre 2004 alle 22:44
    [email
    Ph@ntom[/email] ha scritto lun, 15 novembre 2004 alle 19:55](ora che mi ci fai pensare...i greci non eran quelli che ravvisavano la perfezione nella finitezza?)
    Così sosteneva il mio prof di filosofia
    Grossomodo. Ma la ravvisavano, ora che mi ci fai pensare? (eeee, la memoria vacilla)
    Certo; per esempio nella geometria.
    Il cerchio, la sfera... non l'infinito. Che roba sarebbe, l'infinito?
    Così mi metti nell'angolo al primo round

    Pare una cosa delle più semplici, ma con tutta la buona volontà del professore non ho mai colto in che termini si "celebrasse" la perfezione... ad esempio come i Pitagorici apprezzassero particolarmente alcuni numeri (sul mio libro facevano vedere come il 10 fosse un numero pari migliore degli altri numeri pari perchè in qualche modo autocompiuto - e giustificavano la cosa costruendo un triangolo di 10 palline tipo carambola... ehm, grazie, ma non ho capito il senso lo stesso).

  8. #8
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    Predefinito Re: L'infinito.

    Ph@ntom ha scritto ven, 05 novembre 2004 alle 01:29
    Per l'uso che ne fanno le scienze, l'infinito è un rapporto e non un'idea, uno strumento e non una essenza. Possiamo allora dire che è possibile conoscere attraverso l'infinito, ma non conoscere l'infinito?
    La questione pare così semplice ad un filosofo. Per risolvere la diatriba dello scientismo s'è arrivati ad un accordo tra speculatori della scienza e quelli dell Sofia: "la scienza non può arrivare a conoscere di una cosa, il cos'è la cosa in se". Insomma nisba ontologia... Affermazione insignificante, soprattutto perchè non è mai esistito (e mai esisterà) un premio nobel in fisica (ad esempio) che non pensasse che alla fine, sotto sotto, dopo tutto, la matematica è; e più precisamente tutto è matematica.

    E allora come pongo io la questione? Semplice - si fa per dire: allo stato attuale non conosco nessuno che di una qualunque cosa ne abbia compreso a fondo il vero, autentico significato. Né filosofo, né scienziato, né chicchessia.
    E' vero, la scienza utilizza l'infinito come uno strumento, ma è anche vero che l'uomo apprende attraverso l'utilizzo: più si usa, in più modi diversi, più la profondità della penetrazione nel tessuto della conoscenza si incrementa. E' qualche cosa che ha a che fare con la confidenza. Dubito che chiedendo ad un matematico la sua opinione sul concetto di infinito lui non fornirà un'interpretazione un po' più elaborata e comprensibile di: "è uno strumento".

  9. #9
    the_lamb
    ospite

    Predefinito Re: L'infinito.

    StM ha scritto lun, 15 novembre 2004 alle 23:35
    Così mi metti nell'angolo al primo round

    Pare una cosa delle più semplici, ma con tutta la buona volontà del professore non ho mai colto in che termini si "celebrasse" la perfezione... ad esempio come i Pitagorici apprezzassero particolarmente alcuni numeri (sul mio libro facevano vedere come il 10 fosse un numero pari migliore degli altri numeri pari perchè in qualche modo autocompiuto - e giustificavano la cosa costruendo un triangolo di 10 palline tipo carambola... ehm, grazie, ma non ho capito il senso lo stesso).
    Azz, è difficile da spiegare...

    Il fatto è che essi, ragionatori così astratti, amavano le forme, in genere le "cose" regolari. Erano affascinati dal poterle concepire - la sfera, la simmetria perfetta, le proporzioni perfette... ma allo stesso tempo erano frustrati dal non riscontrarle mai come le avevano pensate. nella realtà c'ear sempre qualcosa di irregolare. Non era giusto.
    è così che è nata la teoria delle idee... tutta questa roba sregolata doveva avere il suo archetipo. Ecco, la perfezione era nell'archetipo.

    Mi spiego?

  10. #10
    Il Nonno L'avatar di Ph@ntom
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    Predefinito Re: L'infinito.

    StM ha scritto lun, 15 novembre 2004 alle 23:35
    the_lamb ha scritto lun, 15 novembre 2004 alle 22:57
    StM ha scritto lun, 15 novembre 2004 alle 22:44
    [email
    Ph@ntom[/email] ha scritto lun, 15 novembre 2004 alle 19:55](ora che mi ci fai pensare...i greci non eran quelli che ravvisavano la perfezione nella finitezza?)
    Così sosteneva il mio prof di filosofia
    Grossomodo. Ma la ravvisavano, ora che mi ci fai pensare? (eeee, la memoria vacilla)
    Certo; per esempio nella geometria.
    Il cerchio, la sfera... non l'infinito. Che roba sarebbe, l'infinito?
    Così mi metti nell'angolo al primo round

    Pare una cosa delle più semplici, ma con tutta la buona volontà del professore non ho mai colto in che termini si "celebrasse" la perfezione... ad esempio come i Pitagorici apprezzassero particolarmente alcuni numeri (sul mio libro facevano vedere come il 10 fosse un numero pari migliore degli altri numeri pari perchè in qualche modo autocompiuto - e giustificavano la cosa costruendo un triangolo di 10 palline tipo carambola... ehm, grazie, ma non ho capito il senso lo stesso).
    I pitagorici se non sbaglio, credevano che i numeri dispari fossero più perfetti dei numeri dispari. Ad esempio

    N=2 N=3 N=4 N=5

    * * * * * *
    * *
    * * * * * *

    C'è insomma quel pallino che 'chiude' idealmente e rende finito il numero.

    P.S il disegnino viene sfasato, provate a quotarlo e guardatelo da lì.

  11. #11
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    Predefinito Re: L'infinito.

    the_lamb ha scritto mar, 16 novembre 2004 alle 00:03
    StM ha scritto lun, 15 novembre 2004 alle 23:35
    Così mi metti nell'angolo al primo round

    Pare una cosa delle più semplici, ma con tutta la buona volontà del professore non ho mai colto in che termini si "celebrasse" la perfezione... ad esempio come i Pitagorici apprezzassero particolarmente alcuni numeri (sul mio libro facevano vedere come il 10 fosse un numero pari migliore degli altri numeri pari perchè in qualche modo autocompiuto - e giustificavano la cosa costruendo un triangolo di 10 palline tipo carambola... ehm, grazie, ma non ho capito il senso lo stesso).
    Azz, è difficile da spiegare...

    Il fatto è che essi, ragionatori così astratti, amavano le forme, in genere le "cose" regolari. Erano affascinati dal poterle concepire - la sfera, la simmetria perfetta, le proporzioni perfette... ma allo stesso tempo erano frustrati dal non riscontrarle mai come le avevano pensate. nella realtà c'ear sempre qualcosa di irregolare. Non era giusto.
    è così che è nata la teoria delle idee... tutta questa roba sregolata doveva avere il suo archetipo. Ecco, la perfezione era nell'archetipo.

    Mi spiego?
    Sì, si spiega

    Intanto aiutiamo Ph@ntom
    Ph@ntom ha scritto mar, 16 novembre 2004 alle 00:09
    Codice:
    N=2     N=3      N=4      N=5
    
    *       *        * *      * *
              *                  *
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  12. #12
    the_lamb
    ospite

    Predefinito Re: L'infinito.

    StM ha scritto mar, 16 novembre 2004 alle 01:14
    Sì, si spiega
    Che mi dai del lei, adesso?

  13. #13
    Suprema Borga Imperiale L'avatar di StM
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    Predefinito Re: L'infinito.

    the_lamb ha scritto mar, 16 novembre 2004 alle 01:20
    StM ha scritto mar, 16 novembre 2004 alle 01:14
    Sì, si spiega
    Che mi dai del lei, adesso?
    A volte, con chi capita

  14. #14
    Il Nonno L'avatar di Ph@ntom
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    Predefinito Re: L'infinito.

    BodyKnight ha scritto lun, 15 novembre 2004 alle 23:55
    [email
    Ph@ntom[/email] ha scritto ven, 05 novembre 2004 alle 01:29]Per l'uso che ne fanno le scienze, l'infinito è un rapporto e non un'idea, uno strumento e non una essenza. Possiamo allora dire che è possibile conoscere attraverso l'infinito, ma non conoscere l'infinito?
    La questione pare così semplice ad un filosofo. Per risolvere la diatriba dello scientismo s'è arrivati ad un accordo tra speculatori della scienza e quelli dell Sofia: "la scienza non può arrivare a conoscere di una cosa, il cos'è la cosa in se". Insomma nisba ontologia... Affermazione insignificante, soprattutto perchè non è mai esistito (e mai esisterà) un premio nobel in fisica (ad esempio) che non pensasse che alla fine, sotto sotto, dopo tutto, la matematica è; e più precisamente tutto è matematica.

    E allora come pongo io la questione? Semplice - si fa per dire: allo stato attuale non conosco nessuno che di una qualunque cosa ne abbia compreso a fondo il vero, autentico significato. Né filosofo, né scienziato, né chicchessia.
    E' vero, la scienza utilizza l'infinito come uno strumento, ma è anche vero che l'uomo apprende attraverso l'utilizzo: più si usa, in più modi diversi, più la profondità della penetrazione nel tessuto della conoscenza si incrementa. E' qualche cosa che ha a che fare con la confidenza. Dubito che chiedendo ad un matematico la sua opinione sul concetto di infinito lui non fornirà un'interpretazione un po' più elaborata e comprensibile di: "è uno strumento".
    Eppure: l'infinito è uno strumento. Te lo dico io. E' ciò che non è finito. Ma con questa affermazione ragiona, il matematico, sui risvolti operativi dell'infinito. E' per questo che non si prende in esame l'ontologia dell'infinito.

  15. #15
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: L'infinito.

    Ph@ntom ha scritto mar, 16 novembre 2004 alle 12:27
    BodyKnight ha scritto lun, 15 novembre 2004 alle 23:55
    [email
    Ph@ntom[/email] ha scritto ven, 05 novembre 2004 alle 01:29]Per l'uso che ne fanno le scienze, l'infinito è un rapporto e non un'idea, uno strumento e non una essenza. Possiamo allora dire che è possibile conoscere attraverso l'infinito, ma non conoscere l'infinito?
    La questione pare così semplice ad un filosofo. Per risolvere la diatriba dello scientismo s'è arrivati ad un accordo tra speculatori della scienza e quelli dell Sofia: "la scienza non può arrivare a conoscere di una cosa, il cos'è la cosa in se". Insomma nisba ontologia... Affermazione insignificante, soprattutto perchè non è mai esistito (e mai esisterà) un premio nobel in fisica (ad esempio) che non pensasse che alla fine, sotto sotto, dopo tutto, la matematica è; e più precisamente tutto è matematica.

    E allora come pongo io la questione? Semplice - si fa per dire: allo stato attuale non conosco nessuno che di una qualunque cosa ne abbia compreso a fondo il vero, autentico significato. Né filosofo, né scienziato, né chicchessia.
    E' vero, la scienza utilizza l'infinito come uno strumento, ma è anche vero che l'uomo apprende attraverso l'utilizzo: più si usa, in più modi diversi, più la profondità della penetrazione nel tessuto della conoscenza si incrementa. E' qualche cosa che ha a che fare con la confidenza. Dubito che chiedendo ad un matematico la sua opinione sul concetto di infinito lui non fornirà un'interpretazione un po' più elaborata e comprensibile di: "è uno strumento".
    Eppure: l'infinito è uno strumento. Te lo dico io. E' ciò che non è finito. Ma con questa affermazione ragiona, il matematico, sui risvolti operativi dell'infinito. E' per questo che non si prende in esame l'ontologia dell'infinito.
    Perché dovrebbe essere qualcosa di diverso?

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