Insomma, da qualche parte dentro di noi, alcuni addirittura nel DNA, e il punto è proprio questo, è questa la riflessione che volevo fare (come provai a fare tempo fa, senza riuscire a spiegarmi).
Sostanzialmente la domanda è: in che rapporto siete col videogioco? Su, nessuna timidezza, timore o vergogna.
Lo chiedo perchè recentemente stavo parlando di VG con un amico il quale mi chiedeva come mai non avevo ancora provato questa o quella novità. Beh ovviamente c'è il fattore tempo (che a sua volta è determinato dal fattore priorità), ma spesso mi trovavo a rispondergli "perchè devo ancora finire xxx" (dove xxx non è un gioco porno - magari - ma un qualsiasi titolo installato e mai giocato/finito). E sempre lo stesso amico continua a farmi notare quanto peculiare sia questa mia abitudine di prendermi le collector quando uno può avere il digital delivery senza l'ingombro della scatola (va beh lui ha parlato di piratare ma il punto è un altro).
Insomma un giorno sbotta e mi fa "Tratti i VG con più rispetto e devozione che con le donne!". A parte la risata che mi son fatto, non posso che constatare che dietro quella folle esagerazione c'è un'intuizione giusta (anche se quel "PIU' rispetto e PIU' devozione" lo trasformerei in "con lo STESSO rispetto...").
Perchè alla fine è vero: fintantochè sto giocando con qualcosa, sono fedele, non lo tradisco, e prima di iniziarne un altro aspetto sempre che la storia sia chiusa e quando succede, rimaniamo comunque in ottimi rapporti (beh quest'ultima cosa vale solo per i VG nella mia esperienza).
Insomma il punto è questo: da quando le mie ditina sono state in grado di impugnare uno spartano joystick negli anni 80, bene o male il rapporto col videoludo è stato, con le dovute pause di riflessione, continuo e fedele, un'amata che mi ha sempre aspettato anche quando la trattavo male perchè sapeva che prima o poi sarei ritornato da lei.
E così infatti è sempre stato. Ed è tuttora, sostanzialmente.
Per quanto mi riguarda il videogioco fa parte di quelle sfaccettature più intime della propria individualità, e infatti per me è prezioso ritagliarmi anche piccoli spazi, ma con continuità, dedicati soltanto all'impersonare questo o quell'altro avatar in mondi fittizi, che siano RPG, FPS o quant'altro. In psicologia spicciola si direbbe che sono momenti in cui uno "fugge" da una realtà dura, difficile, che ti spintona, ti butta per terra ti passa sopra e non ti chiede scusa, e te non puoi nemmeno rincorrerla e spaccarle la faccia, perchè comunque lei sarebbe più veloce e te la spaccherebbe prima, quindi meglio venirci a patti.
O meglio, forse uno psicologo non la metterebbe proprio in questi termini, ma la cosa sarebbe di una banalità talmente imbarazzante da essere vera.
Questo non significa che le vite dei videogiocatori facciano schifo al punto da far loro trovare mondi alternativi, ma sicuramente, chi più chi meno, secondo me per stare bene ancorati alla realtà abbiamo tutti bisogno di una fervida immaginazione, che va nutria.
Ovviamente, come un bravo alcolista anonimo o tossico o quant'altro, non è una cosa di cui parlo. Non perchè me ne vergogni, anche se di certo diciamo che fra avvocati non me ne uscirei mai dicendo "oh in lost planet c'è dei mostroni che la metà basta, boia!", ma più per motivi di contesto che di imbarazzo nel usufruire di un medium così bistrattato e genericamente mal visto dagli altri media (che invece ogni giorno ci dimostrano di essere abbondantemente superiori, vero? TG1, Studio Aperto, Grande Fratello...).
E' però anche vero che, permettetemi il francesismo, i vg sono un po' come la manustuprazione: lo fai, non concepisci non farlo, ma di certo non è che ne parli in giro E' questo il mio rapporto coi VG: sono momenti di intimità nei quali non entra nessuno. Ma nessuno nessuno eh.
Nemmeno la dolce (dolce? Ma dove?) metà. Cioè, dipende... mi dicono che tendo a influenzare(non usano proprio questo termine) chi ho (intimamente) accanto e alla fine le compagne che ho avuto, tutte abbastanza videoludicamente troglodite, qualche fermata nel mio mondo ce l'hanno pure fatta. Alcune ci son rimaste, e sono tuttora (o "tuttallora", chissà adesso ) videogiocatrici.
Altre, come l'ultilma, pragmatiche e con l'idea che a 30 anni si debba solo lavorare per pensare alla costruzione di un futuro insieme, hanno presto palesato un appunto malcelato disprezzo verso quest'attività ritenuta infantile e nel migliore dei casi una perdita di tempo.
Al punto che, pur essendo (anzi, forse proprio "in quanto") parte della mia intimità più profonda, ho smesso di parlarne (come se invece ammuffire di fronte a questo o quel serial o X-factor fosse invece culturalmente stimolante).
Oppure vedo mio fratello, ex giocatore. Ex perchè convive ormai da un po', ma non si gode nulla a casa sua in quanto ho come l'impressione che ogni istante che passa a giocare gli sia fatto pesare come un macigno e scontare a posteriori. E me ne accorgo perchè quando è in libera uscita e mi viene a trovare si divora avidamente i giochi della xbox e ps3 che ha lasciato da me e che io non ho mai usato.
Insomma io credo che l'individuo sia fatto di tante cose, e non voglio pensare che si limiti tutto alla professione ed al prestigio sociale ancor prima che economico che essa porta.
Siamo fatti di tantissime cose, alcune delle quali sono irrinunciabili come il sushi dell'esselunga il sabato sera, la cipolla con i fagioli e l'aceto balsamico o il mio cane che mi prende a testate (giuro) la mattina.
O, appunto, come i VG.
Che poi se ci penso il mio rapporto con la mia controparte digitale se vogliamo è anche controverso e spesso influenzato dalle emozioni e dagli avvenimenti esterni.
Alcuni "traumi" mi hanno visto smettere completamente di giocare per lunghi periodi, e mi ricordo lo sguardo sorpreso col quale a volte mi trovavo a guardare il monitor spento da giorni.
Non credo che esistano regole, del tipo che se giochi vuol dire che sei comunque sereno e non stai avendo problemi, casini, complicazioni. Ovvio che la levità d'animo aiuta, ma non è quello: semplicemente, fa o non fa parte di te. Come la capacità di muovere le orecchie o di alzare un solo sopracciglio alla volta.
Quello a cui volevo arrivare è che a volte penso, che so, ad un gioco, vecchio o nuovo che sia e vi ricollego quello che stavo vivendo in quel periodo.
Ad esempio, ricordo "Little Big Adventure" come una delle più belle esperienze videoludiche, perchè lo giocai durante una bellissima e soleggiata estate senza pensieri. O meglio, i pensieri c'erano, ma al massimo riguardavano i compiti da fare per settembre (mi pare andassi al ginnasio a quel tempo). Ricordo con tenerezza invece il decisamente più recente Dead Space, la cui atmosfera (bellissima peraltro) era puntualmente spezzata dai messaggi della ragazza che amavo e che, lo dico con tenerezza, manifestava apertamente la sua necessità di attenzioni con messaggi piuttosto frequenti, per usare un eufemismo. E giù, ogni volta a mettere in pausa e rispondere.
Così come ricordo l'ancora più recente, recentissima direi amarezza e squallore che provavo giocando a AC (l'uno) e Far Cry 2. Entrambi giochi estremamente ripetitivi ma al tempo per me avevano un pregio enorme: mi portavano in delle realtà suggestive ai massimi livelli, complice una resa grafica eccellente per quanto riguarda entrambi i titoli. E io di quello, in quel momento, avevo bisogno: lunghi, lunghissimi fine settimana di vita in Anti Aliasing e HDR, una vita fatta di quicksave e quickload - che bello - proprio per staccarmi per quanto possibile dallo squallore della fine del rapporto che stavo vivendo (sempre con quella di cui sopra), tutto per impedirmi di raggiungere il telefono o qualsiasi altro mezzo di comunicazione/locomozione e correre da lei.
O ancora ricordo il periodo in cui giocavo a San Andreas, col folle obiettivo (poi raggiunto) di completarlo al 100%. Lo cito perchè a distanza di qualche anno trovo ancora estremamente buffo un pensiero che feci: una notte feci qualcosa tipo le quattro per finire tutte le "missioni infermiere", che erano un casino, e la mattina dopo partivo per Hong Kong dove sarei rimasto per un po'.
Mi ricordo che a chi lo raccontai sembrai sicuramente pazzo, ma il pensiero che feci fu questo: domani prendo due aerei e volerò qualcosa come quindici ore. Non voglio morire senza aver finito le "missioni infermiere" Temo che il mio contorto subconscio, fosse caduto l'aereo, mi avrebbe fatto formulare quello come ultime pensiero/rimpianto, e... insomma, meglio tenersi qualcosa di più nobile per l'occasione no?
Insomma, la vita è fatta di millemila sfaccettature, abbiamo bisogno dei nostri spazi interiori, e per me il VG è uno di quei momenti. Ed è per quello che lo vivo da "edonista": tazzone di the verde (quando faccio il bravo e non lo sostituisco con bicchiere di brunello di montalcino), luci soffuse, telefono a portata di mano (non lo posso spegnere, ma almeno non mi devo alzare se squilla), porta socchiusa così il cane se vuole può entrare senza dover bussare (e farmi - appunto - alzare), postura eretta (non per virtù, ma perchè se cominciano a prendermi i dolorini poi non mi godo tutto appieno) e, a seconda del gioco, televisorone 40" lcd+controller oppure il caro vecchio mouse+tastiera + solito monitor 24.
E adesso che succede? Adesso questo rapporto, quest'intima complicità sta scemando. Sono i 30 anni? No, dai non credo sia una questione d'età. O meglio, non solo: tutte le cose che porta l'età, ovvero il dover indossare maschere sempre più complicate e particolareggiate, il dover sostenere un ruole più o meno (teoricamente) importante nella società, il doversi concretamente adoperare per costruirsi il futuro... insomma, lo smettere di cazzeggiare (mentalmente dico, fisicamente "purtroppo" quello è avvenuto anni fa), ecco tutto questo mi sta portando ad una lenta e graduale disaffezione verso l'intrattenimento videoludico. Disaffezione contro la quale lotto e forse faccio peggio (ripeto: vedo mio fratello che gioca con la stessa avidità che avrebbe un disperso nel deserto con una bottiglia d'acqua, aggrappandosi a quel MINIMO di spensieratezza che gli resta, tra lavoro, fidanzata, spese, casa e figlio).
E' giunto il mio tempo?
Così presto?
E' anche vero, a onor di cronaca, che sto anche vivendo i postumi di un pessimo break up, di quelli che ti lasciano abbastanza KO e che puntualmente ti fanno riflettere, citando Douglas Adams, su "La vita, l'universo e tutto quanto" e magari, trovata un po' di stabilità e serenità emotive ritornerà anche il caro vecchio videoludo.
Perchè per ora siamo come due sposati da tanti anni: a volte facciamo l'amore, c'è un tenue interesse, ma la notte dormiamo in letti separati.
Insomma, tanti spunti, tante riflessioni, tanto onanismo cerebrale (e fortunatamente infecondo).
Se volete dire la vostra...
ps: non mi metto neppure a rileggere e correggere eventuali errori, abbiate pietà