Quest'oggi è apparso un articolo alquanto interessante (http://www.publicbroadcasting.net/kuhf/n ews.newsmain?action=article&ARTICLE_ ID=506830) sul sito della radio KUHF 88.7, nel quale vengono messe in evidenza le contraddizioni di un mercato che si definisce globale ma che è comunque costretto a fare i conti con la cultura, le tradizioni e le "fissazioni" di ogni singolo paese nel quale opera.
Lara Croft è un'eroina tutta azione e combattimenti, che non ha certo paura di qualche ferita o cicatrice. In Germania, tuttavia, non sanguina mai, neppure se divorata da una tigre. I civili di Vice City non perdono sangue, neppure se colpiti con un bazooka, e i loro corpi non possono essere fatti a pezzi (a che serve la katana, allora? ^__^). Nell'ultimo gioco di Indiana Jones sono state cancellate tutte le svastiche, e rimpiazzate con simboli generici.
Il sangue, che negli esseri umani è tradizionalmente rosso, in Australia diventa verde. Personaggi che nei videogiochi europei girano in topless, con l'arrivo negli Stati Uniti guadagnano un simpatico bikini coprente. Per contro, gli avversari umani che i videogiocatori statunitensi affrontano, in Germania diventano dei freddi robot assassini. Scene di sesso presenti nei videogiochi giapponesi, come per magia spariscono quando attraversano il Pacifico e arrivano negli USA.
Per quanto riguarda la Germania, una simile "politica" viene spesso incoraggiata dai publisher medesimi, che vogliono a tutti costi evitare che i loro prodotti più violenti vengano messi all'indice, il temutissimo elenco di videogiochi che non possono essere venduti ai minorenni, pubblicizzati su stampa e tivù, e neppure esposti sugli scaffali. Un vero e proprio suicidio commerciale. Da questo punto di vista, in effetti, le modifiche ai giochi diventano più tollerabili...