vedrò di uppare un po' alla volta tutti i grandi classici.
intanto, se ne avete di vecchio o nuovi, aggiungeteli
Calabacina feat la Pula
Spoiler:okkei non c'entra quasi na sega e probabilmente l'ho giá raccontata però:
eravamo in un locale io e 3 amici
il primo a mezzanotte circa becca fica e si apparta
il secondo alle due circa becca fica e si apparta
il terzo alle 5 se ne va sconsolato perché tutti avevano raggiunto il nirvana meno lui (io grazie alle droghe sono immune alla fica), esce dal locale scazzato e un paio di latinos gli chiede gentilmente una sigaretta, lui li manda a cagare e questi lo fanno a pezzi rubbandogli, telefono, portafoglio e (ovviamente) il pacchetto di sigarette.
Sempre più depresso si allontana e incrocia una macchina di carramba che gli chiede da dove diavolo fosse uscito, una volta raccontato il fattaccio agli sbirracci si accende la luce negli uochi e gli propongono di andare a cercare i ladri…
Insomma rientrano nel vicoletto e incrociano un'altro gruppo di sudamericani:
il mio amico: ehm non sono loro
lo sbirro: bastonata a un tipo random
il mio amico: ma non sono loro!
un'altro sbirro: scusi?
il mio amico: ho detto che sono SICURO che non siano loro: controllate almeno nelle tasche se hanno qualcosa di mio!
lo sbirro: ah! è investigatore lei?
il mio amico: ehhh… errr, no!
lo sbirraccio: ecco e allora stia buono e non intralci l'operazione!
Kid Ego: La Trilogia
Spoiler:L’Omone dei Cavalli
C’è stato un tempo in cui anche io, da bimbetto, fui un assiduo frequentatore di sale giochi. Al giorno d’oggi stanno ahimé scomparendo, per non dire che sono già scomparse, ma non è di questo che ci occupiamo oggi.
All’epoca io e il mio compagno di merende passavamo i pomeriggi in un tugurio che era diventato il nostro paese dei balocchi, noto con il nome di “Sala Giochi da Paolo”. Era imboscata dietro una bettola che serviva pranzi e cene di pizza e birra a volontà, menu fisso a 10.000 lire. I clienti erano tutti troppo pieni e troppo ubriachi per venire a spendere qualche gettone nei cabinati, quindi per la maggior parte del tempo non c’era mai nessuno; a parte noi e il gestore, ovviamente. Era un tipo smilzo con gli occhialetti e i capelli a spazzola, con l’aria da maniaco sessuale. Se ne stava dietro la cassa e guardava la televisione. Pareva contento così. Mi sa tanto che soffriva terribilmente la calura estiva, infatti l’aria condizionata lì dentro era sempre sparata al massimo. Fu così che mi beccai la mia prima otite.
I cabinati là dentro erano fantastici, l’orgasmo di ogni ragazzetto che avesse qualche banconota in tasca e la passione per i videogiochi. Portali arcani verso nuove e straordinarie dimensioni. I giochi che hanno segnato quell’epoca c’erano tutti, incomparabili per qualità a quelli di cui potevamo disporre a casa. Golden Axe, Final Fight, Street Fighter 2, Pang, Out Run… Quando la villeggiatura era finita te li continuavi a sognare fino all’estate successiva.
Noi giocavamo un po’ a tutto… O per lo meno ci provavamo. Non eravamo molto padroni del mezzo. Eravamo soldi di cacio, le nostre teste a malapena arrivavano alle pulsantiere e quindi ci dovevamo arrampicare sugli sgabelli. Una volta inserito il gettone ci prendeva l’ansia da prestazione, picchiavamo sui pulsanti e smanettavamo con la levetta con commovente entusiasmo; ma i risultati non erano granché. A noi però bastava: dopo un minuto di estasi in cui ti abbeveravi a quei suoni e a quegli sprite enormi eri di nuovo in pace col mondo. In genere la CPU ci brutalizzava nel giro di qualche decina di secondi. Una volta a Street Fighter 2 vinsi un round, per poi essere barbaramente sconfitto dal feroce Zangief per 2-1: parlammo di questa mia impresa fino alla settimana successiva, manco avessimo visto una donna nuda per la prima volta.
Anche quando i nostri pochi gettoni finivano, noi restavamo lì: a far finta di giocare, mentre sullo schermo scorrevano le demo, o a importunare qualche raro avventore di passaggio.
Ricordo un gioco che non ci andava proprio a genio. Anzi, lo disprezzavamo proprio. Dopo averci perso qualche gettone, lo eleggemmo a pecora nera della sala giochi. Era uno di quei simulatori di corse di cavalli. Forse eravamo troppo giovani per apprezzare il sottile brivido della scommessa e dell’azzardo. Inserivi la moneta, consultavi qualche schermata di statistiche inutili e sceglievi il tuo cavallo. Poi la gara partiva, e da lì in poi eri solo spettatore: in genere il tuo prediletto partiva fortissimo e si faceva ¾ di gara in testa. Già pregustavi la vittoria quando negli ultimi 100 metri finiva sfiancato e superato da tutti. Ed era già game over. Che tristezza!
E qui entra in scena il protagonista della nostra storia: quel giorno arrivammo alla sala giochi al consueto orario, subito dopo pranzo. Vedemmo questo uomo enorme, appollaiato su uno sgabello, posizionato davanti al “gioco dei cavalli”. “Ma chi è questo? Che starà facendo?”. Ci avvicinammo incuriositi. Era un incrocio tra Bud Spencer e Mario Brega. Profumava di arancio. Strano, perché era sporco da fare schifo. Un paio di jeans sudici e macchiati, una polo nera piena di forfora… E questo barbone nero e unto, e questi capelli trasandati e svolazzanti… Che personaggio fiabesco! Provavo attrazione e repulsione insieme. Che fosse uscito da uno dei cabinati, che fosse un personaggio di quei giochi meravigliosi che improvvisamente aveva deciso di vivere una vita propria? No, questo era tangibile… Tangibilissimo. Fin troppo. E poi non assomigliava per niente a Zangief. Era troppo grasso. Zangief è grosso ma i muscoli ce li ha. E poi si era messo a giocare, in genere la gente quando va in ferie non vuol sentir parlare di lavoro. Perché per i personaggi dei videogiochi dovrebbe essere diverso?
Veniva tutti i giorni. Sempre vestito alla stessa maniera, e sempre profumatissimo. Cambiava la sua bella banconota da 50.000 lire e si faceva dare un sacchetto di gettoni. Dopodiché li infilava tutti (tutti!) nel gioco dei cavalli e si piazzava lì per delle ore. E cazzo, vinceva! Vinceva sempre! Passava qualche minuto a consultare la schermata delle statistiche, come se quei numeretti e quei grafici significassero veramente qualcosa. Sceglieva uno o due cavalli e poi si guardava la gara con l’aria tronfia di chi sa già quello che accadrà. E infatti lo sapeva. Magari il suo cavallo partiva lento, poi recuperava e vinceva per distacco. Oppure partiva fortissimo, si spompava ma arrivava comunque davanti a tutti. Tutto questo aveva qualcosa di soprannaturale. Alla fine del pomeriggio l’omaccione schiacciava il tasto di “pay-out” e i gettoni cominciavano ad uscire dallo scivolo sottostante, moltiplicati magicamente per dieci o per cento rispetto a quelli che aveva inserito. Per uscire tutti ci impiegavano minuti interi. Lui li agguantava a badilate, con le sua manone enormi, e se li infilava nei tasconi dei jeans bisunti. Ci impiegava anche un quarto d’ora, a riassorbire tutto quel capitale. Dopodiché si alzava, salutava il gestore e poi usciva tintinnando di monetaglia per tutto il viale. E dove andava? Chi può saperlo. Arrivammo a pensare che si trattasse del proprietario di qualche sala giochi concorrente, che voleva portarsi via tutti i gettoni per costringere questa a chiudere bottega. Improbabile. Era soltanto un poveraccio come noi, un comune mortale costretto dalla famiglia a farsi le vacanze al mare pur odiando visceralmente il sole e la sabbia.
Divenne il nostro mito. Passavamo ore e ore a guardare le sue vittorie, con muta ammirazione. Ci fece rivalutare il “gioco dei cavalli”, improvvisamente non pensavamo più che fosse così noioso. Quando non c’era facevamo anche noi qualche tentativo: sognavamo di diventare bravi come lui, di vincere un oceano di gettoni e di giocare di rendita per il resto dell’estate. Ma purtroppo non eravamo che pallidi imitatori, del tutto sprovvisti della sua maestria. Dopo due settimane, quando non lo vedemmo più, ci rimanemmo malissimo. Probabilmente le ferie erano finite ed era ripartito sulla via di casa, con la famiglia al seguito. Chissà che fine avevano fatto tutti i gettoni che aveva vinto… Li aveva portati con sé? Per farne cosa? O magari li aveva messi al sicuro, dentro un baule di legno e ferro battuto, e sotterrati sotto la sabbia dorata di qualche stabilimento balneare della costa… Sicuramente sono ancora là, in attesa che qualche fortunato ragazzino ci si imbatta mentre costruisce il suo castello di sogni e sabbia.
Spoiler:E' vero, avevo promesso di parlarvi degli slavi...
Ma l'episodio di oggi è troppo succoso per rimandarlo a data da destinarsi, potrei dimenticare preziosi dettagli.
Siamo incolonnati sulla statale, andiamo ai 60 all'ora perché davanti a me c'è un tir di mille mila tonnellate che sta trasportando un pezzo di diga del Vajont. Superare è improponibile, il megatir occupa da solo una carreggiata e mezzo.
Ma ecco il fenomeno: un negretto in sella ad un potente Yamaha Aerox 50cc raffreddato a liquido mi sbuca sulla destra (ho rischiato di buttarlo nel fosso) e comincia ad oscillarmi pericolosamente davanti al cofano. Cerca un varco per passare! Probabilmente è in ritardo (ma dato che non ho mai sentito di un negro che lavorasse, probabilmente ci deve essere una delle ultime svendite all'ingrosso di cocomeri della stagione). All'inizio non si capisce se vuole passare il trasporto eccezionale a destra (morte sicura!) o a sinistra (gli do un 5% di possibilità di farcela e di vivere per raccontarlo). Passa qualche decina di secondi indeciso sul da farsi, muovendosi pericolosamente a destra e a sinistra. Io scuoto la testa bonario, e mi accendo una sigaretta.
Ma pare che lo voglia fare davvero. Sono lì che lo guardo allibito, con la stessa faccia di Obi-Wan che si rivolge ad Anakin: "Don't try it, it's too dangerous!!".
Ma alla fine lo scatto repentino: il bonobo scarta a sinistra col suo potente mezzo e gira del tutto la manetta del gas, ottenendo un boost deciso di velocità che manco in Mario Kart: da 60 all'ora a 80. Passano alcuni interminabili secondi... "Non ce la farà mai, ci vorrà un'eternità..." Sto quasi piangendo, ormai tutta la colonna tifa per lui. Partono cori di incitamento, qualcuno strombazza, c'è chi espone la bandiera dell'Etiopia per solidarietà.
Ma all'orizzonte compare la sagoma diabolica di un Fiorino bianco che percorre la corsia opposta, lanciato a tutta velocità verso il nostro eroe. Per una frazione di secondo Egli vacilla, scruta un attimo il cielo in direzione della costellazione dell'Orsa Maggiore, e da sotto la visiera del casco scorge Algor, la Stella della Morte. Il suo triste destino sembra ormai compiersi. Peccato, ci avevamo creduto.
Ma l'istinto della vita a volte prende strade inaspettate: l'amico inchioda () di colpo, sopraggiungo io che lo evito per un soffio e mi preparo ad osservarne il triste destino nello specchietto retrovisore: è fermo in mezzo alla carreggiata di uno degli stradoni peggiori di tutta la provincia, non può farcela.
Ma le vetture dietro di me rallentano, il Fiorino assassino rallenta anche lui e si limita a dare due/tre colpi di clacson. Gli consentono di recuperare il controllo del mezzo e di sistemarsi mogio mogio sul lato destro della corsia, ai 45 all'ora.
Alla prossima avventura, Mohammed. I cocomeri sono stati venduti tutti, ma oggi hai avuto il dono della vita.
Spoiler:In verità non si parla di stili di guida, stavolta... E ci sono momenti di grande drammaticità. Ma quello che ho scritto, l'ho scritto col cuore.
Si dà il caso che qualche anno fa i miei avessero affittato un appartamento ad una coppia di ragazzi: un italiano e una gnoccaccia croata. Il grullo ebbe la meravigliosa idea di tirarsi in casa la madre di lei (un troione da tangenziale che non vi dico, il problema è che c'aveva 50 anni e si vestiva come Platinette).
Morale: dopo due settimane la coppia scoppiò. Lui se ne andò e la troietta e il troione rimasero a vivere nell'appartamento, con lui che continuava a pagare l'affitto (). Si perché dovete sapere, bimbi belli, che tra la gente slava il sesso forte è la femmina. Le donne dell'Est sono molto pragmatiche, sanno quello che vogliono e sanno perfettamente come metterlo in culo ai propri uomini. Ora, non voglio nemmeno sapere come queste due avessero convinto lui a pagare l'affitto pur non abitando più lì. Probabilmente lo ricattavano in qualche modo.
Ad ogni modo per un po' di mesi i soldi dell'affitto affluivano copiosi, dunque non ce ne occupammo più di tanto. C'era solo una stranezza: spesso la mammina telefonava a casa nostra chiedendo molto gentilmente che io, mio fratello o mio padre andassimo lì perché si era bruciata una lampadina. Ci si rizzarono le antenne...
Qualche mese dopo, quando lo sfratto era ormai in corso, venimmo a sapere che la tizia aveva precedenti non del tutto limpidi... Tra cui una falsa accusa di violenza carnale... Capit!? Fate 2+2... Se penso al rischio che abbiamo corso mi si drizzano ancora i peli del culo. Ecco, andiamo avanti che si fa tardi.
Ad un certo punto del piccolo sodomita non si seppe più nulla (probabilmente fuggì per la vergogna quando si seppe in giro che continuava a pagare l'affitto alla sua ex e alla mamma di lei), le due splendide non poterono più contare sui soldi del suddetto. Siccome avevano la stessa voglia di lavorare di Violet Sky, pensarono bene di non pagare più l'affitto. I soldoni comunque ce li avevano, perché si notava un giro strano di ubriaconi che - specie nelle ore serali - suonava insistentemente al loro campanello. E non penso che fossero lì per chiedere indicazioni.
Ad ogni modo dopo poco tempo partì lo sfratto, e tra le lungaggini della burocrazia ci volle più di un anno per farle sloggiare.
L'appartamento aveva subito danni non indifferenti, e le belle si erano portate via parecchia roba; tutte le posate, le stoviglie, una bilancia pesapersone, un mobiletto del bagno e un termosifone (sì, dico sul serio). In compenso nell'armadio della camera da letto rinvenni personalmente una pletora di riviste porno, un paio vibratori, una gogna di metallo e alcuni attrezzi sadomaso di cui non riuscii mai a capire l'utilizzo (e sì che di "documentari" ne ho visti parecchi).
Mio padre sentenziò: "mai più stranieri, guarda... Solo italiani"
Un paio di settimane dopo, al mio rientro da scuola, e me lo trovo serafico sul cancello che annuncia: "abbiamo trovato i nuovi inquilini! Sono cinque operai polacchi! Anzi a dire la verità tre sono polacchi, ma gli altri due sono dell'Ucraina."
"Bravo papà, sei un genio: alla prima sera in cui si ubriacano ce li ritroviamo in cortile che si sgozzano tra loro con le bottiglie rotte. Ci guadagnamo un mese di affitto gratis, più la caparra".
Ma il bello doveva ancora arrivare.
Cesarino in stazione
Spoiler:Stazione di Lecce.
Di ritorno dall'Uni. Ero seduto nello scompartimento semivuoto. Il treno doveva partire a momenti. Alla mia sinistra, dall'altro lato del corridoio, sedevano solo due sedicenni con la faccia da cazzoni persi, orecchini penduli, e un espressione lombrosianamente da mongoli.
All'improvviso, dal loro finestrino vedono (vediamo) avvicinarsi al treno un negrone alto 2 metri e un raist, grosso come un trattore agricolo e con due badili al posto delle mani.
Il tipo fa per salire in vettura, mette il primo piede sul predellino, poi all'improvviso sembra ripensarci.
Così Kunta Kinte ridiscende, appoggia a terra un borsone grande come un tendone da circo, tira fuori un cellulare, e comincia a parlarci.
Quando con uno scatto improvviso le porte del treno si chiudono...
Il nigga fa tanto d'occhi, mette via il cellulare, e si avventa contro le maniglie delle porte scuotendole con una furia che manco un lanciarazzi a canne multiple.
Ma una volta tanto sembra che l'ingegNNeria italiana abbia marcato il punto; le porte non si aprono. Il poverino non può che allontanarsi di qualche passo sconsolato, mentre il treno già comincia a muoversi.
Ecco che a questo punto i due balenghi nella carrozza, che stanno proprio perpendicolari al nigga, si alzano e con il ghigno della iena iniziano a fare ampli ed espliciti gesti, mostrando al nero quattro dita medie alzate, o portandosi ritmicamente le mani a coppa sulle pelvi. Il nigga continua a guardare tapino, probabilmente più affranto dalla perdita dei soldi del biglietto che dal fare dei mongoli. Tutto sembra finito ma...
...non avevano fatto i conti con Trenitalia.
Perchè neanche 15 metri dopo, il treno si ferma. Un anziano e magnanimo controllore si avvicina al nigga, gli fa segno che ha visto tutto e che ha fermato il treno per farlo salire (in Germania questo col cazzo che succedeva!).
Le porte si aprono, e il nigga sale sul treno. I bimbi si fanno tanto d'occhi, ma si incoraggiano pensando che comunque il colorato sarà salito minimo tre carrozze dietro.
E' proprio così. Senonchè, dall'oblo del portello centrale, notano, sudando freddo, la già grande figura del nero farsi sempre più grande, a mano a mano che il tipo passa una cabina dopo l'altra dirigendosi verso la nostra.
Quando infine il nigga entra nel nostro scompartimento, i due coglionazzi si guardano con la stessa espressione ebete di Hansel e Gretel quando capirono che il babbo non li aveva portati nel bosco per comprargli la WII.
Io molto coraggiosamente comincio a pensare all'eventualità di una ritirata tattica (leggasi "darsela a gambe") perchè -ragiono- se è vero che i bianchi non distenuono i neri l'uno dall'altro, la cosa potrebbe essere reciproca, e il tipo potrebbe decidere di menare nel mucchio e prendersela un po' con tutto il ceppo caucasico.
Il nigga avanza tranquillo, poi arriva davanti ai due subumani e sembra guardarli fisso. Ma prima che i due abbiano il tempo materiale di pisciarsi nelle mutandine di Winnie the Pooh, e prima che io possa iniziare una ritirata alla ARMIR maniera, il tipo tira fuori il suo biglietto.
Capisco allora che il Mike Tyson del Basso Salento sta solo controllando i numeri scritti sui sedili, per trovare il posto assegnatogli.
E qual'è il posto che Trenitalia ha pensato bene di assegnare al tipo?? Ma certo, proprio quello di fronte ai due cazzoni.
Il nero sistema sistema così i bagagli, fa accomodare i suoi 150 kili di muscoli, e per i successivi 35 minuti non farà altro che scoccare occhiate omicide ai due italici virgulti, che avran la buona idea di completare il viaggio a bocca chiusa e capo chino.
CesarinCo
Spoiler:Stamattina avevo lezione di Diritto Commerciale nell'Aula A1.
L'aula A1, per chi non lo sapesse, è giusto affianco alla A2, ed è strutturata, arredata ed ammobiliata nello stesso identico modo.
Entro, scelgo un posto più o meno a metà corsia, e deposito uno zainetto con qualche blocco d'appunti, cellulare e portafoglio.
Poi, essendo ancora presto, esco a cazzeggiare amabilmente con i rari esemplari di fa1ga che si aggirano per i corridoi.
Dopo un po' arriva il prof, e noi tutti si entra in classe. Mi dirigo bel bello al mio posto ma, sorpresa!, non trovo lo zainetto. Controllo bene, sopra e sotto, ma niente. Guardo con precisione avanti e dietro, ma nada. Rompo i cogli0ni a vicini e vicine, ma ancora nulla.
Allora, armato del coraggio dei giusti, mi dirigo alla cattedra, faccio presente al profe il mio problema, e quello, gentile, prende il microfono e chiede alla scolaresca intera di cercarsi sotto i piedi la mia cartella.
200 persone frugano come cani da tartufo il pavimento dell'aula.
Niente.
Il profe mi chiede se sono sicuro di quello che cerco.
Io assentisco, con la solennità del dentista alla fiera delle caramelle.
200 persone che rifrugano come cercatori di pepite del Klondike.
Assolutamente niente.
Allora il prof, già abbastanza scazzato, mi consiglia di andare a chiedere in portineria, che non si sa mai.
Esco dalla classe, bestemmiando mentalmente contro questo paese di ladri, briganti e utilizzatori finali.
In portineria naturalmente mi dicono che loro non hanno visto nulla. Chiedo allora di poter fare una telefonata a un mio amico, che mi han fregato pure il portafoglio coi biglietti dell'autobus. Comincio a comporre il numero e...
Brividi.
Sudore freddo.
Un pensiero mi ha folgorato il neurone.
Lingua felpata.
Colorito cianotico.
Non può essere.
Getto un'occhiata in direzione dell'aula.
Invece è proprio così.
Abbasso la cornetta. Mi guardo intorno, aspettando di trovarmi tipo 300 persone ghignanti col dito puntato verso di me.
Ma non c'è nessuno.
Mi muovo. Passo davanti all'aula in cui il profe sta facendo lezione. E' la A1
Entro nell'aula in cui ho lasciato lo zainetto. E' la A2.
Un professore che non conosco sta facendo lezione. Lo zaino è lì, intonso, proprio dove l'avevo lasciato.
Lo prendo, attirando giusto qualche sguardo curioso, e guadagno l'uscita a piccoli passi felpati.
Esco dall'aula, e inizio a correre come Mennea alle Olimpiadi di Mosca.
Anonimo di Tsm. Come dare dispiacere alle nonneSpoiler:A me è capitato un casino con mia nonna
Ero in camera a vedere uno di quei canali locali dove trasmettevano porno a mezzanotte. Porno come poteva essere trasmesso da canali regionali: una donna che si masturba in mutande nella pubblicità dell'144. Parliamo del "lontano" 1994
Decido di andare a dormire, vado in bagno a lavarmi i denti ma lascio la TV accesa. Quando torno in camera trovo mia nonna sulla soglia che mi guarda sbigottita. Penso di capire il motivo e le dico sorridendo: "dai nonna, tanto non fa vedere niente". E lei sempre sbigottita: "questo ti vedi? O povera me" e scuotento la testa se ne va in camera sua. Io entro nella mia e scopro che in TV aveva cambiato trasmissione e ora la pubblicità dell'144 era per gay
Rondella e l'auditel di Rai2
Spoiler:"Sicchè, sto in giro col camion a fa' e consegne. Mi fermo a na piazzola de sosta pe pija un po' de bira e de fregna. Ce carico sta signorina rumena con cui gia' ero stato 3-4 volte. Specialita' della casa: rai2.
Mentre sto lì che la riempo di mazza, le chiedo "quanti oggi dall'ingresso secondario ?"
al che la zozza si incupisce, smette i mugolii e diventa tipo immobile.
dentro di me penso di essere stato indelicato. Si vabbe' è na troia e glielo sto buttando in culo, ma certe cose e' meglio non chiederle.
Fo per dirle scusa ma quella di scatto gira la testa e sorridendo me dice:
"CON TE 8 ! ^_^ "
Stava contando