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Discussione: La giustizia in Italia

  1. #476

    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da PinHead81 Visualizza Messaggio
    Uh, sicuro?
    Direi proprio di si, se avessi avuto la data non avrei sputato sangue per settimane per cercare (invano) di farmela dare. A me quando ritiro una raccomandata fanno firmare un registro, eventualmente la cartolina, ma non mi rilasciano nient'altro se non ovviamente la mia raccomandata.

    Citazione Originariamente Scritto da Firestorm Visualizza Messaggio
    Ma per la raccomandata mi fanno firmare un registro non lo tengono quello ?
    Si, ma prova un po' ad andare a fartelo cercare un anno dopo, quel registro. Non riuscivano neanche a capire cosa volevo, bisogna considerare anche il QI medio di un addetto allo sportello degli inesitati.



    Citazione Originariamente Scritto da Firestorm Visualizza Messaggio
    Anche se loro definiscono notificata la contravvenzione quando la danno all'ufficio postale...se vai in causa voglio vedere come fanno a dimostrare che nel momento in cui la consegnano tu sai della sua esistenza.
    Se vai in causa sono loro a dover dimostrare quando l'hanno notificata. Questi però manco lo sapevano, a pensar bene, oppure lo sapevano e ci hanno provato lo stesso, a pensar male, visto che tra notifica e pagamento era passato pochissimo.

    Il punto è che il vecchietto, ma anche il normale cittadino informato, difficilmente si rivolge ad un legale, che assai probabilmente gli costerebbe più della contravvenzione. Così loro fanno farming di doppie esazioni, anche perché male che vada chiedono scusa e non ci rimettono assolutamente niente. Cambierebbe se questi tentativi di estorsione fossero puniti con una sanzione e/o con un rimborso spese per il cittadino vessato, una volta scoperto il bluff.
    Ultima modifica di Callaghan; 09-07-14 alle 20:48:06

  2. #477
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    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da Callaghan Visualizza Messaggio
    Questo è un problema che dovrebbe assolutamente essere regolato dalla legge. Il tempo e il denaro che si deve spendere per replicare a contestazioni infondate dovrebbe essere calcolato e rimborsato al cittadino, una volta che questi dimostra l'estraneità alle contestazioni a lui rivolte.

    A me è capitato di dover rispondere al sollecito del pagamento di una contravvenzione già pagata (tra l'altro fu pagata il settimo giorno dei sessanta disponibili a partire dalla notifica, non il 59simo, per cui ipotizzo che vi sia anche il dolo, non solo la colpa di non rendersi conto di ciò che è stato pagato oppure no). La faccio breve perché fu un noiosissimo calvario: mi si chiedeva il raddoppio della contravvenzione, 250€ che diventavano 500, perché secondo la controparte non avevo pagato in tempo. Salvo che cercarono di ribaltare su di me l'onere di dimostrare che il pagamento era avvenuto nei tempi. Io disponevo ovviamente della ricevuta di pagamento datata, ma come chiunque di noi non avevo nessun documento che attestasse il giorno della notifica, perché quando vai a ritirare una raccomandata te la danno, ma non ti scrivono da nessuna parte il giorno in cui te l'hanno data. Quindi se poi un anno dopo devi ricostruirlo è praticamente impossibile, tant'è vero che quando mi recai, prendendo giorni di ferie e mangiandomi il fegato, presso gli uffici postali per avere questo genere di certificazione faticarono persino a capire cosa volevo e comunque non furono in grado di produrmi nulla.

    Morale, pur con piena ragione stavo per soccombere, e mi salvai solo nel modo più tipicamente italiano. Un amico che lavorava all'avvocatura del comune intercesse in mio favore, spiegando loro che in un'eventuale causa il comune stesso sarebbe stato ammazzato al 100% perché è impossibile ribaltare sul cittadino l'onere di dimostrare che sono decorsi i 60 giorni tra la notifica e il pagamento, sei tu comune che se hai evidenze che ciò è accaduto devi produrle e quindi contestare, non provarci a caso. Finì con una lettera di scuse che ancora conservo, ma solo grazie ad un intervento terzo, chissà quanti vecchietti con la quinta elementare si sono inculati con questo sistema. E comunque a me costò settimane di rabbia, giorni di ferie, decine di telefonate che ovviamente restano tutte a mio carico.
    Non so dove abiti, ma non mi torna niente di quello che hai scritto.
    La prova del pagamento e' del cittadino che deve conservare le ricevute. ( mi pare per cinque anni, dopo non serve ).
    E per dimostrare che hai pagato basta la ricevuta di pagamento tip della posta, nient'altro.

    O hai la ricevuta di pagamento, o non ce l'hai, non serve nient'altro.

  3. #478

    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da Recidivo Visual Visualizza Messaggio
    Non so dove abiti, ma non mi torna niente di quello che hai scritto.
    La prova del pagamento e' del cittadino che deve conservare le ricevute. ( mi pare per cinque anni, dopo non serve ).
    E per dimostrare che hai pagato basta la ricevuta di pagamento tip della posta, nient'altro.

    O hai la ricevuta di pagamento, o non ce l'hai, non serve nient'altro.
    Hai letto male il post che hai quotato.

    La prova del pagamento ce l'avevo eccome, ma questi non contestavano il pagamento, bensì il fatto che fosse avvenuto secondo loro in ritardo (il che comporta il raddoppio della sanzione). Per fare questo tipo di contestazione però dovevano avere loro evidenza che i sessanta giorni a disposizione del cittadino per pagare fossero decorsi, invece cercarono di ribaltare su di me tale onere.

  4. #479
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    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da Callaghan Visualizza Messaggio
    Hai letto male il post che hai quotato.

    La prova del pagamento ce l'avevo eccome, ma questi non contestavano il pagamento, bensì il fatto che fosse avvenuto secondo loro in ritardo (il che comporta il raddoppio della sanzione). Per fare questo tipo di contestazione però dovevano avere loro evidenza che i sessanta giorni a disposizione del cittadino per pagare fossero decorsi, invece cercarono di ribaltare su di me tale onere.
    A Callaghan, io ti voglio bene, ma per il pagamento gli n giorni a disposizione partono dalla data di notifica, e per questa fa fede il timbro postale sulla lettera di notifica appunto, se te la vai a prendere in posta perche' non ti hanno trovato, al massimo sono cinque giorni in piu.
    Ricevuta di pagamento, dove c'e' la data del pagamento e lettera di notifica con data timbro postale.
    Opla'.

    Te lo dico perche' su questo sono un esperto.
    ( multe su multe su multe )

  5. #480

    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da Recidivo Visual Visualizza Messaggio
    A Callaghan, io ti voglio bene, ma per il pagamento gli n giorni a disposizione partono dalla data di notifica, e per questa fa fede il timbro postale sulla lettera di notifica appunto, se te la vai a prendere in posta perche' non ti hanno trovato, al massimo sono cinque giorni in piu.
    Ricevuta di pagamento, dove c'e' la data del pagamento e lettera di notifica con data timbro postale.
    Opla'.

    Te lo dico perche' su questo sono un esperto.
    ( multe su multe su multe )
    Evidentemente non mi riesco a spiegare.

    Il punto è che loro non sapevano affatto quando era avvenuta la notifica, altrimenti non avrebbero nemmeno dovuto cominciare a rompere la minchia, visto che ero pienamente in regola. Ci hanno provato, ad un anno di distanza dai fatti. Spettava a loro dimostrare che avevo impiegato più di sessanta giorni per pagare (cosa peraltro non vera; ne erano passati solo sette), invece lo pretendevano da me e in caso contrario stavano mandando la pratica ad Equitalia.

    Mi rendo conto che è un sopruso, è proprio il motivo per cui l'ho scritto qui, ma le cose sarebbero andate a finire così, senza l'intervento del mio amico avvocato. E loro se la sono cavata con una lettera di scuse, mentre secondo me queste tentate estorsioni dovrebbero essere punito con sanzioni pecuniarie a carico della PA, in un paese civile.

  6. #481
    PinHead81
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    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Ma chi le incasserebbe delle sanzioni pecuniarie a carico della PA? O parli di rimborso verso i cittadini (cosa a cui non credo nemmeno se vedo )?

  7. #482

    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Rimborsi per il tempo perduto, che ovviamente non corrisponderanno mai. Invece se sgarri di un giorno nel pagamento, ti becchi il raddoppio della sanzione.

  8. #483
    PinHead81
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    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Ah beh su quelli siamo un po' tutti allineati, basti pensare il giorno di ferie/ore di permesso da dover chiedere per presentare la ricevuta di un pagamento eseguito ma che loro richiedono tanto per provarci

  9. #484
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    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    A Cosimo D'Aggiano, tarantino, pluripregiudicato, i giudici di sorveglianza hanno dato la licenza di tornare libero: una pacca sulla spalla e via, «mi raccomando, reinserisciti, ti affidiamo ai servizi, ricordati che devi incontrare ogni tanto l'assistente sociale che valuterà i tuoi progressi». E lui, ovviamente, ha usato la libertà concessagli per reinserirsi nell'unico modo che gli era congeniale: si è armato, ed è tornato a colpire. Un altro essere umano giovedì scorso si è trovato a incrociare la strada dell'affidato: e ora si trova in una cella frigorifera dell'obitorio di Taranto.
    La vittima si chiamava Aldo Pignatale, aveva 43 anni e faceva l'ingegnere. Unica colpa, stando a quanto i carabinieri hanno capito fino a ieri sera, non avere in tasca abbastanza soldi da soddisfare le pretese di D'Aggiano, quando è saltato a bordo della sua auto e lo ha costretto a dirigersi nelle campagne fuori Taranto. Il resto è una sequenza di angoscia: D'Aggiano colpisce l'ingegnere con un cutter, un taglierino, l'uomo in qualche modo riesce a scendere dall'auto, scappa, arrancando lungo la strada di campagna, finché D'Aggiano lo raggiunge e lo finisce senza pietà. Poi, per portare le indagini verso un delitto da omosessuali, sfila i calzoni al morto e se ne va. Orrore, ma orrore quotidiano, che fa parte della realtà e in qualche modo dell'inevitabile. La differenza è che in questo caso l'orrore era evitabile. Bastava che D'Aggiano fosse ancora in carcere, e giovedì sera il povero Pignatale sarebbe tornato a casa sereno, e oggi sarebbe ancora vivo.
    Andrebbe analizzato nei dettagli, magari dagli ispettori del ministro della Giustizia, il percorso che ha portato Cosimo D'Aggiano a tornare in circolazione grazie all'affidamento ai servizi sociali. A colpire è il tempo straordinariamente breve trascorso in carcere. Lo arrestano nel febbraio 2009, cinque anni fa, sempre dalle parti di Taranto. Cosa ha fatto? Ha cercato di ammazzare una donna. Ma nel 2009 la parola femminicidio non si usava ancora, e poi la donna era una qualunque delle centinaia di nigeriane che la risacca dell'immigrazione scaraventa sulle strade del sesso a pagamento. D'Aggiano prima la stupra, poi le ruba la borsa, poi la accoltella. Coltellate e coltellate. Poi se ne va. La donna sopravvive, sfregiata nel corpo e nell'anima per il resto dei suoi anni. Il colpevole viene arrestato in fretta. E qui, evidentemente, accade qualcosa di imponderabile. Ieri, quando lo arrestano nuovamente, i carabinieri dicono che D'Aggiano era stato affidato ai servizi sociali perché gli restava da scontare meno di un anno di pena. Significa che per il massacro della prostituta, se l'è cavata con una condanna a sei anni. Complimenti all'avvocato, verrebbe da dire. E che quando il detenuto si è trovato a ridosso del giudice di sorveglianza ha deciso che si poteva scommettere sul suo reinserimento nella vita sociale.
    Dicono i giudici, davanti a questi casi: accade di sbagliare previsioni, però nella grande maggioranza dei casi il reinserimento funziona. Vero. Ma stavolta c'era un dettaglio in più: l'aggressione alla donna nigeriana non era il primo errore di D'Aggiano. Nel 2005, a Manduria, aveva assaltato un minimarket e aveva colpito il titolare. Non con un cutter, quella volta: con una roncola. Un'arma che si usa per uccidere.
    Il commerciante non era morto. E già quella volta, i giudici avevano ritenuto che non fosse il caso di infierire. Tre anni dopo D'Aggiano era libero, pronto per iniziare la caccia alla nigeriana. Giovedì sera, l'affidato ai servizi sociali che nessuno controlla torna a colpire. E stavolta ci scappa il morto.
    mah, politici inetti, magistrati peggio, criminali a piede libero, non capisco tanto astio verso cotantolorsignoria brava genteh!


    Spoiler:

  10. #485
    Moloch
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    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    eh ma bisogna leggere le motivazioni, la procedura è probabilmente inappuntabile, prendetevela con chi fa le leggi (cit.)

  11. #486
    Frappo
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    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da Moloch Visualizza Messaggio
    eh ma bisogna leggere le motivazioni, la procedura è probabilmente inappuntabile, prendetevela con chi fa le leggi (cit.)


    sotto sotto c'è solo il solito, vile attacco all'indipendenza dei magistrati

  12. #487
    Il Nonno L'avatar di Fi3rizi0
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    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da Callaghan Visualizza Messaggio
    Evidentemente non mi riesco a spiegare.

    Il punto è che loro non sapevano affatto quando era avvenuta la notifica, altrimenti non avrebbero nemmeno dovuto cominciare a rompere la minchia, visto che ero pienamente in regola. Ci hanno provato, ad un anno di distanza dai fatti. Spettava a loro dimostrare che avevo impiegato più di sessanta giorni per pagare (cosa peraltro non vera; ne erano passati solo sette), invece lo pretendevano da me e in caso contrario stavano mandando la pratica ad Equitalia.

    Mi rendo conto che è un sopruso, è proprio il motivo per cui l'ho scritto qui, ma le cose sarebbero andate a finire così, senza l'intervento del mio amico avvocato. E loro se la sono cavata con una lettera di scuse, mentre secondo me queste tentate estorsioni dovrebbero essere punito con sanzioni pecuniarie a carico della PA, in un paese civile.
    onestamente sono confuso anche io; mi spiego con un esempio:
    > raccomandata inviata il 10/10 (data di esempio)
    > arriva a casa il 13/10 (per le raccomandate è garantita la consegna in 3 giorni)
    > destinatario assente, rilasciano cedolino

    ora secondo questa l'articolo 8 di questa
    http://www.normattiva.it/uri-res/N2L...1982-11-20;890

    [...] La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data
    del deposito.
    anche se tu andassi a ritirarla l'ultimo giorno utile (23/10) (onestamente credevo che i giorni fossero 30 e non 10), avresti tempo fino al 23/12 per pagare.

    Se non sbaglio le poste mettono la data in cui è stata spedita sulla busta, quindi a meno che non abbiano impiegato mesi a consegnartela, dovresti avere la data sulla busta ad aiutarti. Nel caso avessi buttato via la busta il comune dovrebbe comunque tenere prova di averti notificato l'atto, quindi avresti comunque quella coma data (nell'esempio 10/10)

  13. #488

    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da Fi3rizi0 Visualizza Messaggio
    Se non sbaglio le poste mettono la data in cui è stata spedita sulla busta, quindi a meno che non abbiano impiegato mesi a consegnartela, dovresti avere la data sulla busta ad aiutarti. Nel caso avessi buttato via la busta il comune dovrebbe comunque tenere prova di averti notificato l'atto, quindi avresti comunque quella coma data (nell'esempio 10/10)
    Il punto è proprio questo. Spetta a chi intende contestare il ritardato pagamento l'onere di dimostrare che sono decorsi i 60gg tra notifica e pagamento, questi invece hanno cercato di ribaltarlo su di me, approfittando del fatto che, finché non si informa nel dettaglio, il cittadino non può conoscere tutte le sottigliezze procedimentali. Dopo un anno dai fatti, io avevo la ricevuta del pagamento datata, ma non mi ero certo annotato anche la data di notifica. Oggi forse lo farei per mia comodità, pur non essendo tenuto, ma la busta non significa niente perché c'è sopra solo la data di spedizione, quindi non puoi stabilire niente di esatto al 100%, e le Poste collaborano come in "Asterix e Obelix lasciapassare A38".

    Il Comune dovrebbe certamente tenere la prova della notifica dell'atto (al ritiro ti fanno firmare la cartolina verde con la data), è indispensabile per loro per contestare il ritardato pagamento, ma questi cani non l'avevano e ci hanno provato lo stesso. Poi quando, ma solo grazie alle mie conoscenze, li ho sgamati, mi hanno inviato la lettera di scuse.

  14. #489
    Il Puppies
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    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    http://www.ilfoglio.it/articoli/v/11...gistratura.htm

    Spoiler:
    La gogna vista dalla procura
    Spoiler:

    A Prato c’è un procuratore da urlo (e di sinistra) che ha scelto di andare in pensione in anticipo per protestare contro gli scandali della giustizia. Intercettazioni, giornalisti, bignè. Chicche su Ruby. Storia di Piero Tony
    di Claudio Cerasa | 18 Luglio 2014 ore 06:30


    Prato. Le intercettazioni. Il processo mediatico. La gogna. La vergogna. La giustizia politicizzata. Le correnti. La custodia cautelare. Il bignè. Il Csm. Il governo. Il rapporto con i giornalisti. Le persecuzioni. I trattamenti speciali. I poteri dei magistrati. Il copia incolla dei giudici. E ovviamente il caso Ruby (con una vicenda). Ma prima di arrivare qui, prima di arrivare alla ciccia, al succo del discorso, bisogna partire dall’inizio. Dal perché. Dal motivo vero. Dalla ragione della scelta. Un magistrato di sinistra con trent’anni di esperienza che va in pensione con due anni di anticipo rispetto alla tabella di marcia per lanciare un messaggio, per dare un segno, per protestare contro una giustizia che troppe volte dimostra di essere ingiusta, che troppo spesso dimostra di essere eccessivamente politicizzata e che troppo spesso sembra essere incapace di autoriformarsi e di imboccare una giusta direzione. Siamo andati a Prato e abbiamo trovato una storia da urlo. Una storia che riguarda il procuratore capo di questa città e che mette insieme tutto. Il garantismo. Il processo. Le intercettazioni. I giornali. Il circo mediatico. Si comincia da qui, e Piero Tony, il protagonista di questa storia, lo dice tutto d’un fiato. Il perché. Il motivo vero.

    Dice Piero Tony: “La verità è che non era più possibile, che non resistevo, che non potevo continuare, che era una situazione surreale, che vedevo troppe cose che non avrei voluto vedere e che tra stare ancora due anni qui, in mezzo a tutto questo, e andare invece via, facendo un po’ di chiasso, riprendendomi la mia vita e lanciando un messaggio, la seconda era l’unica cosa da fare. Nessun dubbio, l’unica. Perché in Italia, lo sanno anche i bambini, il processo non è più un semplice processo ma è una gogna, a volte una vergogna, e chi ha coscienza del suo lavoro sa come funziona, sa i giochi che si fanno con gli imputati e sa come si usano le intercettazioni, le carte, gli spifferi, le indagini, gli arresti. Beh, io dico no. E lo dico da sinistra. Lo dico da militante di una corrente di sinistra. Lo dico dopo aver girato mezza Italia. E lo dico dopo trent’anni di carriera. La giustizia, purtroppo, in Italia non sempre funziona come dovrebbe funzionare. Sarebbe bello, sarebbe un sogno, dire che è solo un problema di riforme, di scelte del governo, di leggi fatte e di leggi non fatte. C’è anche quello, sì, ma il problema è nostro, prima di tutto, e fino a quando non cambieremo noi non sarà possibile cambiare nulla”.

    Lui si chiama Piero Tony, è nato a Zara il 3 giugno 1941, entra in magistratura nel 1969, a 28 anni diventa giudice istruttore a Milano, a trent’anni si iscrive a Magistratura democratica, per undici anni lavora a Venezia come giudice minorile, nel 1984 si è trasferito a Firenze e nel 1991 arriva alla procura generale del capoluogo toscano. Dove diventa famoso, dove, creando scandalo, comincia a teorizzare che il magistrato deve interessarsi più alla giustizia che all’accusa, e dove, durante il processo d’Appello per i delitti del mostro di Firenze, parlando dai banchi dell’accusa, finisce sulle prime pagine di tutti i giornali per via della sua requisitoria di cinque ore con cui smonta punto per punto la sentenza di primo grado emessa dalla Corte di Assise su Pietro Pacciani. Così: “Mi pesa chiedere ciò che mi appresto a chiedere di fronte a un imputato che concentra in sé, con o senza colpa, perché sicuramente non avrà scelto lui la culla in cui nascere, buona parte del peggio della natura umana. Perché violento e pericoloso, perché bugiardo, sordido, prevaricatore, spregevole, lubrico. Il verbale di dibattimento è costituito da ottanta fascicoli, però di polpa non ce n’è poi tanta”. Era il 1996, anni dopo Pacciani venne assolto, passano i mesi, gli anni, Piero Tony nel 2006 arriva a Prato e otto anni dopo, con due anni di anticipo rispetto al previsto, decide di farsi da parte. Di dare un segnale. E smetterla di avere a che fare con una giustizia ingiusta.


    La notizia del pensionamento anticipato di Piero Tony la offre in anteprima un giornale locale, il Tirreno, due settimane fa, e tra un detto e un non detto si capisce che il procuratore di Prato è un tipo che non aspetta altro di parlare, di spiegare, di raccontare, di ragionare. E’ così? Contattiamo Tony via email. Gli chiediamo un incontro. Il procuratore ci pensa qualche giorno e alla fine decide di riceverci. A Prato, in Toscana, venti minuti di treno da Firenze. Un vecchio palazzone a un chilometro e mezzo dalla stazione. Molti pini marittimi. Molti faldoni accatastati. Molti funzionari con pantaloncino corto, calzino bianco tirato su fino al ginocchio, camicie a quadri con le maniche arrotolate. Lunghi silenzi. Rumori di porte schiaffeggiate dal vento. Piero Tony è qui, al terzo piano della procura, al suo penultimo giorno di lavoro, e ha voglia di parlare. Di giustizia. Di intercettazioni. Di governo. Di riforme. Di processo. Di correnti. Di politica. E di un dettaglio importante che riguarda un’inchiesta pesante: Ruby. Il procuratore ci fa accomodare nel suo studio, tra una bustona ripiena di libri, una scatola con molti ricordi, un paio di faldoni con inchieste da definire, e accetta di rispondere alle nostre provocazioni. Lo guardi, lo studi, lo ascolti e capisci che nelle parole di Piero Tony c’è la voce di tutti quei magistrati che in tutti questi anni hanno osservato con frustrazione la trasformazione dei processi che regolano la giustizia italiana. I diritti della difesa calpestati, l’esplosione della gogna mediatica, la violazione sistematica della privacy, i mostruosi poteri concessi all’accusa, la progressiva politicizzazione delle procure. Piero Tony fissa negli occhi l’interlocutore, si dondola sulla sedia e inizia a parlare. Si comincia da qui.

    Prendiamo appunti.

    “Vede, non so come dire, io faccio questo mestiere da molti anni, ho lavorato nelle procure più importanti d’Italia, con i poliziotti più importanti d’Italia, con i magistrati più importanti d’Italia e già negli anni Settanta mi ero accorto che c’era qualcosa che non funzionava. Qualcosa di distorto, per certi versi inevitabile, che riguarda il tema della custodia cautelare. La verità è questa: è dagli anni Settanta che i magistrati vivono con il cautelare, lo usano in modo discrezionale, con molti eccessi, e lo usano come se fosse un modo per determinare la certezza della pena. Il ragionamento è logico: non so come andrà a finire questo processo ma per far sì che il mio indagato possa avere una punizione intanto lo metto dentro. Non è sempre così, ovvio, ma la storia ci insegna che questo metodo è andato a peggiorare nel corso del tempo con l’affermazione di quello che potrei definire senza problemi il processo mediatico. E oggi, quando si parla di processo passato in giudicato, si intende sostanzialmente questo: una misura cautelare amplificata dal processo portato avanti dalla stampa. Il giudicato, anche grazie al fatto che ci sono spesso magistrati che portano avanti processi che sanno già in partenza che cadranno in prescrizione, coincide ormai con la pena generata dalla gogna mediatica. Ed essendo diventato il processo mediatico una costola del processo tradizionale è ovvio che esistano molti magistrati che giocano spesso con gli amici giornalisti per amplificare gli effetti generati dal processo”.
    Il magistrato riprende fiato, tira fuori da un cassetto il suo codice di Procedura penale, sfoglia rapidamente alcune pagine, arriva all’articolo numero 358 e improvvisamente, quasi colto da un lampo, ce lo legge – vedremo perché. Articolo numero 358, Titolo V, Attività di indagine del pubblico ministero. “Il pubblico ministero compie ogni attività necessaria ai fini indicati nell’articolo 358 e svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini”. Dice Tony: “Lei ha presente Karl Popper?”. Più o meno. Bene. Popper diceva che qualsiasi teoria, per essere scientifica, deve essere falsificabile. Il che significa che dalle sue premesse di base devono poter essere deducibili le condizioni di un esperimento che la possa dimostrare integralmente falsa alla prova dei fatti. Il magistrato, secondo me, dovrebbe comportarsi allo stesso modo.

    Dovrebbe raccogliere non solo il materiale utile a dimostrare una tesi, la sua tesi, ma anche quello utile a dimostrare il contrario. Non lo dice Piero Tony lo dice il codice di procedura penale. E invece no. Troppo spesso si va avanti a forza di gomitate, di forzature, e spesso succede che un magistrato si innamori così tanto del suo teorema da non voler accorgersi di tutti gli elementi che quel teorema lo contraddicono. E da questo punto di vista le intercettazioni, il modo in cui sono state utilizzate in questi anni, il modo in cui sono diventate un ingrediente importante del processo mediatico, hanno svolto un ruolo chiave nel rafforzare i teoremi dei magistrati, facendogli perdere qualche volta contatto con la realtà”. Piero Tony fa qualche esempio. “L’eccessiva disinvoltura con cui vengono inserite le intercettazioni nei fascicoli è spesso l’indice di una difficoltà con cui gli inquirenti gestiscono un’indagine. Esistono naturalmente casi in cui le intercettazioni costituiscono un elemento imprescindibile di un’indagine ma esistono anche casi in cui le intercettazioni vengono utilizzate in eccesso per ragioni mi verrebbe da dire di pigrizia. Come un surrogato di altre tecniche, di altre modalità investigative. Penso agli appostamenti, per dire, ma si potrebbero fare decine di altri esempi. Ciò che in questi anni mi ha stupito in maniera negativa, e che per fortuna nella mia procura non si è mai verificato, è il modo francamente assurdo con cui agiscono alcuni giudici e alcuni magistrati. E’ il metodo copia-incolla. Tu ricevi dodicimila pagine di intercettazioni, le inserisci nella richiesta di custodia cautelare, poi te le ritrovi nell’ordinanza del gip e anche se alcune intercettazioni non hanno alcun rilievo penale hai la certezza che grazie al metodo copia-incolla rimarrà tutto lì. A ingrossare il fascicolo e a regalare qualche ottimo bignè ai giornalisti”. Slurp. “Sento dire spesso ai vari governi che si sono alternati in questi anni che servirebbe un’udienza filtro per scegliere insieme con le parti le intercettazioni che andrebbero utilizzate e quelle che invece non andrebbero selezionate, e mi viene da sorridere: perché l’udienza filtro, che in realtà si chiama udienza stralcio, esiste già oggi, è prevista dal codice di Procedura penale, servirebbe a tutelare le persone terze non indagate e a salvaguardare la privacy degli indagati. Il problema è che nessuno rispetta questa regola e tutti fanno più o meno come diavolo gli pare. Eppure – dice Piero Tony mostrando al cronista un foglio di carta – basterebbe così poco e basterebbe solo volerlo”.

    Il foglio di carta in formato A4 poggiato in mezzo ad alcune scartoffie accatastate lungo i bordi del tavolo dello studio del procuratore capo è il regolamento interno, o meglio, “il progetto organizzativo”, presentato ai colleghi da Piero Tony pochi giorni dopo il suo arrivo a Prato. Tony ci mostra un punto. E’ il numero tredici, comma cinque: “Il risultato delle intercettazioni telefoniche e ambientali deve essere utilizzato in ogni atto processuale compresa la richiesta di misure cautelari, al fine di tutelare la privacy sia delle persone estranee che degli stessi indagati, con la mera indicazione delle fonti intercettate nonché del sintetico contenuto di quel risultato, quest’ultimo nelle sole parti conferenti alle indagini ed evitando quanto possibile ogni inserimento testuale delle relative trascrizioni”. Basterebbe poco, dice Piero Tony, eppure molte procure vivono in un regime di dubbia legalità. Dovrebbero inserire nei fascicoli solo i riassunti ma in realtà inseriscono tutto quello che non dovrebbero inserire. Effetto bignè. Chiede il cronista: ma questa grande discrezionalità di cui possono godere gli inquirenti sommata all’estrema politicizzazione della magistratura non rischia di creare un mix pericoloso per il sistema giudiziario? Tony ci offre un altro sorriso e prosegue il suo ragionamento.

    “Bisogna riconoscere che negli anni ai magistrati sono stati assegnati diversi strumenti con i quali hanno avuto la possibilità di operare con grande discrezionalità. Non penso solo alle intercettazioni – perché è ovvio che un magistrato o un giudice che non ama particolarmente un indagato o un imputato sarà più portato a inserire nel fascicolo molti di quei bignè che non hanno alcun rilievo penale ma che piacendo molto ai giornalisti rappresentano oggettivamente un supporto necessario per portare avanti un processo – ma penso anche a strumenti e a tipologie di reati discutibili come per esempio il concorso esterno (tipologia di reato che non esiste nella legge, che è di fatto una creazione giurisprudenziale, che è stata più volte contestata dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione, e che da trent’anni avrebbe bisogno quantomeno di un intervento legislativo). L’Italia è ricca di tipologie di reato che permettono di inquadrare un reato senza che sia necessario portare grandi prove provate. E’ così, c’è poco da fare, e per quanto mi riguarda posso dire che la mancanza di tipicità nella giustizia è davvero parente stretta di mancanza di legalità. Il libero convincimento del giudice – prosegue – è un principio sacrosanto ma per convincere il giudice servono fatti, non chiacchiere o motivazioni apparenti”. Pausa. “Anche la storia dell’obbligatorietà dell’azione penale è una simpatica barzelletta, un giochino da salotto. Ci sono delle scelte prioritarie. La macchina giustizia non riesce ad affrontare milioni di processi. Deve sempre scegliere, in teoria, quali dovrebbe consegnare alla prescrizione e quali invece no. L’obbligatorietà non esiste. Il magistrato, in un modo o in un altro, sceglie sempre di privilegiare una cosa rispetto all’altra. Non c’è un meccanismo automatico che costringe un pm a portare avanti un’indagine se riceve una denuncia o una querela. C’è sempre una discrezionalità. Da un certo punto di vista ci deve essere. Perché bisogna approfondire e bisogna valutare se si tratta di una cazzata o di una cosa seria. L’obbligatorietà dell’azione penale è diventata una favola. E purtroppo, quando un magistrato è politicizzato, può utilizzare questo strumento anche in maniera anomala. Discutibile, diciamo”.

    E la politica? Piero Tony si illumina, poggia le mani sul tavolo come a voler fare stretching con le braccia, si prepara, si carica, e parte in quarta. “E’ una tautologia dire che la magistratura sia politicizzata. Non si tratta di un’opinione ma si tratta di un dato di fatto. Esistono le correnti. Esistono i magistrati che professano in tutti i modi il loro credo politico. Esistono grandi istituzioni, come il Csm, dove si fa carriera soprattutto per meriti politici. E francamente non riesco a criticare fino in fondo chi sostiene che con una magistratura politicizzata ci sia sempre il rischio che le sentenze abbiano una venatura politica. Per questo, e lo dico da associato, da uno che paga da più di trent’anni la sua quota annuale a Md, dico che le correnti, per la magistratura, tendono a essere un male. Un dramma. E in tutto questo noto un elemento di grande contraddizione. Viene quasi da sorridere. Per quale ragione un magistrato non può essere iscritto a un partito e può invece far parte di un prodotto del pantografo, ovvero di una corrente, che di fatto è configurata come un partito? Perché ci prendiamo in giro così?”.

    Osiamo: il ragionamento vale anche per Berlusconi? Piero Tony si fa più serio, si ferma un attimo, cerca le giuste parole da utilizzare, le trova, si fa prudente, ma non rinuncia a dire quello che pensa. “Non entro nel merito dei processi, non ho titolo per farlo, ma posso dire senza paura di essere smentito che se Berlusconi non fosse entrato in politica non avrebbe ricevuto tutte le attenzioni giudiziarie che ha ricevuto. E anche sul processo Ruby, che in linea teorica dovrebbe essere un ordinario processo di concussione e prostituzione minorile, è evidente che l’ex presidente del Consiglio ha avuto un trattamento speciale”. Un trattamento speciale, già. Il caso vuole che a Prato, proprio a Prato, uno dei vice di Piero Tony sia Antonio Sangermano, pubblico ministero che ha fatto a lungo parte del pool di magistrati che hanno seguìto da Milano il caso Ruby. E proprio su Sangermano, a Prato, i cronisti di cronaca giudiziaria raccontano un episodio clamoroso. L’episodio riguarda una richiesta particolare arrivata dal Csm e dalla procura di Milano (da Bruti Liberati) per far sì che il dottor Sangermano, nonostante la sua nuova collocazione a Prato, potesse essere ancora utilizzato dalla procura di Milano per seguire il caso Ruby. In giuridichese: “Applicazione extradistrettuale alla procura della Repubblica presso il tribunale di Milano”. Era il dicembre 2011. Il procuratore capo di Prato conferma che quella storia è vera e che quel giorno rispose così: “Gentile procuratore generale. Mi consenta di rilevare che l’impegno del dottor Sangermano nel ‘delicato processo a Milano’ non appare nemmeno paragonabile all’impegno quotidiano dei magistrati di questo ufficio anche a voler considerare tutto quanto si è appreso dai mass-media e si è commentato nelle sedi le più varie. Al di là del possibile riverbero politico – che non compete alla magistratura – e giudiziario sulla persona dell’ex presidente del Consiglio dei ministri pare trattarsi, invero, di mere violazioni alla Legge Merlin da parte di sole tre persone, violazioni in quanto tali di non eccezionale gravità e peso in relazione sia alle pene edittali sia alle aspettative delle parti lese sia alle esigenze dell’istruttoria dibattimentale così come prevedibile”. Il riverbero politico “non compete alla magistratura”. Proprio così. Piero Tony – nonostante la sua richiesta non sia andata a buon fine – lo dice con naturalezza, lo dice da sinistra, lo dice da magistrato, lo dice da garantista e lo dice con libertà. Con lo sguardo e con la voce di tutti quei magistrati e di tutte quelle persone di buon senso che in tutti questi anni hanno osservato con frustrazione la trasformazione della giustizia italiana.

    © FOGLIO QUOTIDIANO

  15. #490
    Frappo
    ospite

    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    previsioni su Berlusca? io dico comlpevole

  16. #491
    Vitor
    ospite

    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    L'hanno appena assolto
    Ho riesumato il vecchio topic per sputtanamenti vari (che credo coinvolgano il sottoscritto )

  17. #492
    Frappo
    ospite

    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    che fail

    giuro, non l'avrei mai detto

  18. #493
    Vitor
    ospite

    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Deve reggere il patto con Renzi #gombloddo

  19. #494
    Frappo
    ospite

    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da Vitor Visualizza Messaggio
    Deve reggere il patto con Renzi #gombloddo
    mah


  20. #495
    Il Puppies
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    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Ma esiste verametne qualcuno convinto che, di fronte ad un giodice dotato di UNA FRAZIONE INFINITESIMALE di buon senso e conoscenza MINIMA del diritto, le tesi dell'accusa sarebbero state accolte?!

    Non chiedo se qualcuno crede nell'innocenza di Berlusconi, chiedo se qualcuno credeva che giudici dotati di senso comune potessero accogliere le tesi dell'accusa.

  21. #496

    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da baculum Visualizza Messaggio
    Ma esiste verametne qualcuno convinto che, di fronte ad un giodice dotato di UNA FRAZIONE INFINITESIMALE di buon senso e conoscenza MINIMA del diritto, le tesi dell'accusa sarebbero state accolte?!

    Non chiedo se qualcuno crede nell'innocenza di Berlusconi, chiedo se qualcuno credeva che giudici dotati di senso comune potessero accogliere le tesi dell'accusa.
    No, ma esistono anche giudici senza senso comune, intendiamoci

  22. #497
    Chiwaz
    ospite

    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da baculum Visualizza Messaggio
    Ma esiste verametne qualcuno convinto che, di fronte ad un giodice dotato di UNA FRAZIONE INFINITESIMALE di buon senso e conoscenza MINIMA del diritto, le tesi dell'accusa sarebbero state accolte?!

    Non chiedo se qualcuno crede nell'innocenza di Berlusconi, chiedo se qualcuno credeva che giudici dotati di senso comune potessero accogliere le tesi dell'accusa.
    A parte Dinofly? Non penso.

  23. #498
    Shogun Assoluto L'avatar di skywolf
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    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da baculum Visualizza Messaggio
    Ma esiste verametne qualcuno convinto che, di fronte ad un giodice dotato di UNA FRAZIONE INFINITESIMALE di buon senso e conoscenza MINIMA del diritto, le tesi dell'accusa sarebbero state accolte?!

    Non chiedo se qualcuno crede nell'innocenza di Berlusconi, chiedo se qualcuno credeva che giudici dotati di senso comune potessero accogliere le tesi dell'accusa.
    non ho letto le carte (cit) quindi non so chi abbia "ragione".

    ma sono atterrito dal fatto che ci sia stato un totale capovolgimento dal 1o al 2o grado.

    non una rimodulazione della pena, non che di 7 capi d'imputazione confermati in 1o ne sopravvivano 6.

    no.

    dal tutto al niente.


    è agghiacciante.

  24. #499
    Il Puppies
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    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da skywolf Visualizza Messaggio
    non ho letto le carte (cit) quindi non so chi abbia "ragione".

    ma sono atterrito dal fatto che ci sia stato un totale capovolgimento dal 1o al 2o grado.

    non una rimodulazione della pena, non che di 7 capi d'imputazione confermati in 1o ne sopravvivano 6.

    no.

    dal tutto al niente.


    è agghiacciante.
    E' anche peggio se pensi che in primo grado i giudici si preoccuparono di modificare il reato contestato dall'accusa, da concussione per induzione a concussione per costrizione.

    Però, su questo forum, è da più di 13 anni che qualcuno fa notare come, una costante della giustizia italiana, siano le condanne in primo grado e le assoluzioni nei gradi successivi. A riprova della solidità e delle finalità del sistema giudiziario. Quindi io non mi agghiaccerei affatto.

  25. #500
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    Predefinito Re: La giustizia in Italia

    Domanda, c'è qualcuno che ha ancora dubbi sulla leggerissima necessità di riformare il sistema giudiziario (e perché no anche legislativo)?

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