+ Rispondi alla Discussione
Pag 2 di 35 PrimaPrima 123412 ... UltimaUltima
Risultati da 26 a 50 di 871
  1. #26
    La Borga L'avatar di Brix
    Data Registrazione
    30-10-05
    Messaggi
    11,251

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Cerci ha invertito i piedi e lo schema. Non solo lui, ovviamente. Ma lui, oggi, è un simbolo: l’esterno offensivo, sì l’ala, gioca a destra se è mancino e a sinistra se è destrorso. Così ha due soluzioni: puntare il fondo o accentrarsi e calciare. Scoperta banale, ma molto funzionale. Ventura non è né Mourinho, né Conte, né Garcia, né Ancelotti, ma l’ha capito prima di altri
    la scoperta dell'acqua calda

  2. #27
    Shogun Assoluto L'avatar di tomlovin
    Data Registrazione
    14-11-01
    Messaggi
    29,212

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Beh, in effetti quella cosa su Ventura...

    Cioè, Conte nel bari (in B) la faceva già da un pezzo, 'sta cosa di "invertire" le ali in base ai piedi.
    E non è stato certamente il primo.

  3. #28
    Shogun Assoluto L'avatar di Numero_6
    Data Registrazione
    02-12-05
    Messaggi
    26,876

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Ma anche Bruno Conti

  4. #29
    Suprema Borga Imperiale L'avatar di Deus
    Data Registrazione
    12-11-01
    Località
    Asshai delle ombre
    Messaggi
    24,018

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    anfatti. Liedholm lo faceva quando allenava , e anche molto prima di lui

  5. #30
    Vitor
    ospite

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Avrà voluto romanzare la cosa

  6. #31
    Shogun Assoluto L'avatar di Ethan81
    Data Registrazione
    29-01-03
    Località
    Treviglio(BG)
    Messaggi
    42,951

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Grande idea Vitor.

    Ancora Manusia su Torres.
    http://www.vice.com/it/read/stili-di...ernando-torres

  7. #32
    La Borga L'avatar di Brix
    Data Registrazione
    30-10-05
    Messaggi
    11,251

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Olè,ho notato uno strafalcione prima di tomlovin,Numero_6 e Deus

    Ho vinto qualcosa?

  8. #33
    Suprema Borga Imperiale L'avatar di Deus
    Data Registrazione
    12-11-01
    Località
    Asshai delle ombre
    Messaggi
    24,018

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    ma dove, brix ?

    Bello l'ultimo pezzo, ma a shalke ho vomitato come un pozzo di petrolio

  9. #34
    La Borga L'avatar di Brix
    Data Registrazione
    30-10-05
    Messaggi
    11,251

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Citazione Originariamente Scritto da Deus Visualizza Messaggio
    ma dove, brix ?
    mi riferivo all'errore quotato da me 4-5 post fa...lo sapevo che non era una trovata di Ventura proprio perché ricordavo che lo avesse già fatto Conte e qualche altro allenatore in passato...

  10. #35
    Vitor
    ospite

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Federico Buffa racconta Michel Platini


  11. #36
    Shogun Assoluto L'avatar di Angels
    Data Registrazione
    17-09-01
    Località
    ROMA
    Messaggi
    71,149

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    E' radical chic, però cazzo se è bravo (rifunziona youtube in ufficio per fortuna)

  12. #37
    Vitor
    ospite

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    La Roma di Rudi, di Daniele Manusia
    http://www.ultimouomo.com/la-roma-di-rudi/

  13. #38
    Shogun Assoluto L'avatar di Angels
    Data Registrazione
    17-09-01
    Località
    ROMA
    Messaggi
    71,149

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Aldo Grasso si dimostra grande estimatore di Buffa
    http://www.corriere.it/spettacoli/13...0e8bb565.shtml

  14. #39
    Vitor
    ospite

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Gianni Mura e Marco Giampaolo sugli ultras
    http://www.repubblica.it/sport/2013/...iato-70951451/


    GIULIANOVA - Giampaolo, lei che è indicato come vittima degli ultrà a Brescia, una sorta di Mister No per la coerenza, cosa pensa dei fatti di Salerno?
    "Poi spiego perché non mi sento vittima degli ultrà del Brescia. Di Salerno, ho pensato a quanta fatica e dolore devono essere costati quei comportamenti all'allenatore Fontana, che conosco, e ai suoi giocatori. Certo, è un danno enorme per l'immagine del nostro calcio, ma anche una ferita per chi, minacciato, ha dovuto umiliarsi, cedere a una prepotenza".

    Come se ne può uscire?
    "Fin qui, mi sembra che tutti critichino tutti nessuno proponga nulla. Se è, come in effetti è, un problema culturale, non se ne esce senza un forte impegno da parte dello Stato. Noi del calcio dovremmo educare allo spettacolo, far diventare la partita lo svago del fine settimana dopo tutti i problemi che ci sono sul lavoro e in famiglia. Invece a sua volta il calcio diventa un problema. Penso che Prandelli abbia detto cose giuste, parlando di pressione, oppressione e ossessione. E poi lui, con la Nazionale, l'esempio l'ha dato portandola a Rizziconi e sul campo della Nuova Quarto. Magari i club si fossero impegnati come la Nazionale di Cesare".

    Invece?
    "Invece spesso smentiscono ogni legame con gli ultrà e gli passano i biglietti sottobanco. Stigmatizzano con un fiero comunicato il comportamento degli ultrà e gli pagano la trasferta. Se gli ultrà alzano in continuazione
    l'asticella delle prove di forza è anche perché sotto i piedi gli hanno steso tappeti rossi. Tutti cercano di gestire il problema, ma gestire non vuol dire risolvere. Bisogna prendere atto che molte misure sono fallite. E nemmeno aiuta discutere di come hanno fatto gli inglesi ai tempi della Thatcher: aumentare di molto il costo dei biglietti, dotare gli stadi di celle dove chi delinque passa almeno una notte e la mattina dopo è giudicato per direttissima. Se il Daspo da noi si rivela inefficace, si potrebbe ipotizzare una destinazione a lavori socialmente utili".

    Torniamo a Brescia.
    "Premessa: vado a Brescia perché non posso dire di no al ds Iaconi. Siamo tutt'e due di Giulianova, ci conosciamo da 25 anni almeno. Quando ho smesso di giocare a 30 anni per via di una caviglia è stato lui a reinserirmi nel calcio, a Pescara. Ho fatto di tutto: osservatore, team manager, collaboratore tecnico di gente come Galeone, Delio Rossi, Burgnich. A Brescia trovo una situazione tesa: gli ultrà ce l'hanno col presidente Corioni che non ha confermato Calori, che pure aveva fatto un ottimo lavoro arrivando ai playoff. Se stanno con Calori non possono spasimare per me, ma soprattutto non accettano Fabio Gallo, che avevo scelto come vice. Non s'è capito bene se perché ha giocato nell'Atalanta, che gli ultrà bresciani odiano, o perché ha esultato dopo un gol. Fabio va a un incontro con gli ultras, chiesto dalla Digos, e gli ribadiscono che a Brescia non deve lavorare. E lui, per non crearmi problemi, rinuncia all'incarico".

    E lei rimane.
    "Sì, ed è un gravissimo errore che non ho difficoltà ad ammettere, ma in quei giorni pensavo al debito di riconoscenza che avevo nei confronti di Iaconi e a una rosa che mi sembrava adeguata a quello che m'aveva chiesto Corioni: il primo anno salvezza tranquilla e valorizzare molti giovani, il secondo anno crescere e puntare alla promozione".

    Tutto abbastanza normale, fin qui.
    "Sì. Solo che quando andavano in visita nei club i più alti dirigenti parlavano di promozione subito. Così hanno cominciato a fischiarmi dopo il secondo pareggio, a Bari. E a contestarmi più forte dopo la sconfitta interna col Crotone. Quel giorno l'addetto stampa della società si presenta con due uomini della Digos. Mi dicono che bisogna andare dai tifosi per un chiarimento. Chiarimento di che? chiedo. Bisogna andare per motivi di ordine pubblico, mi dicono, perché altrimenti di qui non fanno uscire nessuno".

    E lei?
    "Io faccio un altro errore: li seguo. Passiamo davanti alla tribunetta dove ci sono le famiglie dei calciatori, entriamo in un locale sovrastato dalla scritta "Polizia di Stato". Ci sono lì otto o dieci ragazzi. Uno lo riconosco, dev'essere il capo, era venuto a mettermi una sciarpa al collo il giorno della presentazione ufficiale, e a dirmi che non volevano Gallo. Gli dico che con lui non parlo perché era già prevenuto. Un altro mi critica sul modulo di gioco. Se non sei soddisfatto, gli rispondo, vai da Corioni e digli di esonerarmi. Mi guardano storto ma non c'è nessuna minaccia, questo l'ho detto anche alla Digos quando mi ha chiesto informazioni, a distanza di tempo. Questa però è la classica goccia che fa traboccare il vaso. La vivo come un'umiliazione assurda e dico basta. Avviso Iaconi e Fabio, il figlio del presidente. Allerto i miei collaboratori perché provvedano all'allenamento del giorno dopo. Mando un messaggio a Zambelli, il capitano. E non mi muovo da casa, a Brescia. Non parlo per non disturbare l'ambiente. Hanno cercato di farmi passare per uno squilibrato, hanno messo di mezzo Chi l'ha visto?, hanno cercato di farmi cambiare idea ma non l'ho cambiata. E' una questione di dignità".

    Di dignità aveva parlato anche nel 2007, silurato e poi richiamato da Cellino.
    "Avevo un triennale e ho rinunciato a un po' di soldi, come a Brescia del resto, ma la dignità non ha prezzo. Vede, sono nato a Bellinzona perché mio padre era muratore, mia madre operaia tessile. Poi sono tornati a casa, ci hanno fatto studiare e ci hanno insegnato che l'onestà e la serietà sono tutto. Un giorno mio fratello ha trovato un portafogli ben fornito accanto a un'auto, l'ha portato a casa e mio padre gli ha detto: bene, adesso lo portiamo ai carabinieri. Sono cresciuto seguendo certi princìpi. Allegri è un amico, ma io dopo l'intervista con a fianco Inzaghi mi sarei dimesso. Il calcio è cambiato in fretta, prima era un simbolo Maldini, poi Cassano e adesso Balotelli".

    Come passa le giornate?
    "Un paio d'ore di camminata la mattina, molti libri, un buon sigaro. E vado in giro a vedere calcio. Prima di Brescia, ero stato in Scandinavia, ora ho in programma un viaggio a Londra per seguire gli allenamenti di Wenger e di Zola".

  15. #40
    Shogun Assoluto L'avatar di Ethan81
    Data Registrazione
    29-01-03
    Località
    Treviglio(BG)
    Messaggi
    42,951

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Segnalo un account twitter assai radical-chic

    https://twitter.com/DioTifaBoca

    s
    coperto ieri, imprescindibile.

  16. #41
    Vitor
    ospite

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Collegato al sito diotifaboca.wordpress.com dove ci sono un sacco di belle storielle, per quanto a volte scrivano con frasi troooooppo brevi

  17. #42
    Shogun Assoluto L'avatar di Ethan81
    Data Registrazione
    29-01-03
    Località
    Treviglio(BG)
    Messaggi
    42,951

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    ho appena finito di leggere l'ultimo articolo. Penso, che, il, 90%, delle, virgole, sia, superfluo

  18. #43
    Vitor
    ospite

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Inter, Mazzarri: "Ho dovuto fare tutto da solo ma il calcio è la mia ossessione"

    "Sono onesto, quando ho firmato non sapevo che Thohir fosse interessato a prendere l'Inter. L'ho scoperto più tardi. Per questo mestiere ho tenuto mia moglie e mio figlio lontani. Sono un uomo realizzato nessuno ha avuto una carriera come la mia, partendo da sottozero sono arrivato in serie A . Non riesco a distrarmi, il cervello è sempre sulla squadra, anche se vedo un film mi perdo le battute degli attori".
    di ANDREA SORRENTINO

    MILANO - Il demone che gli rugge dentro chiede continuamente dazio, non si acquieta mai. Lui prova a disorientarlo, aspirando avido quelle sue sigarette lunghe e sottili. O a ingannarlo, provando a vedere un film ogni tanto. Macché. Il suo destino è fingere qua e là una normalità impossibile, inafferrabile, e specchiarsi invece in Walter Mazzarri, allenatore di calcio, uomo che si è fatto e si disfa da sé, prigioniero del demone. "Sono sempre in partita, io. Non stacco mai. Mai. Il cervello va ogni volta lì, sulla squadra. So che è difficile starmi vicino. Mi consigliano di distrarmi ma niente, non ci riesco. Vedo un film in tv e all'improvviso la mente corre via, mi perdo le battute degli attori, non capisco più nulla. Devo vedere solo cose registrate, così spingo sul pulsante dello stop quando voglio".

    Ma è una vita infernale, o no?

    "Ma no, è il mio modo di essere, mi viene naturale ed è parte di me. So fare l'allenatore solo così, altrimenti sto fermo che è meglio. Il momento più terribile sono quei venti minuti di riscaldamento prima della partita: i giocatori sul campo e io lì a pensare cosa potrà succedere, a macerarmi. Poi si gioca. Poi l'arbitro fischia la fine e io già penso, nell'ordine: cosa dire nelle interviste, che sono sempre troppo lunghe; salire sul pullman per chiedere a Frustalupi informazioni sul prossimo avversario e farlo morire coi dettagli e le richieste;
    guardare il dvd della nostra partita per studiare gli errori e mostrarli ai giocatori. L'unica cosa che conta è la prossima gara, che è sempre una finale di Champions. E' così da quando ho iniziato, e ormai ho passato le 530 panchine da professionista. Non ho pace neppure d'estate: finisce il campionato e mi guardo indietro, a ciò che ho fatto e a come l'ho fatto, poi se ho raggiunto l'obiettivo faccio una cosa che non posso raccontare, ma insomma sconto una pena, un voto, è una camminata molto faticosa in salita in un posto che non dico. Ma è stata una bischerata scegliermi 'sto voto: ormai invecchio ed è sempre più dura. L'ultima volta, un altro po' e ci muoio, su quella salita".

    La salita è la metafora della sua vita, si direbbe.

    "In tutta sincerità, e senza voler passare per il presuntuoso che non sono: mi sento unico. Sono partito non da zero, ma da sottozero. Senza aiuti o raccomandazioni sono arrivato in serie A. Mi sono sudato tutto. La mia carriera non l'ha fatta nessuno, conosco tutti i ruoli tecnici: sono stato osservatore, allenatore dei portieri, allenatore in seconda, primo allenatore in Primavera, poi in C2, in C1, in B, in A, sempre andando avanti, mai un esonero. Ne sono orgoglioso, mi sento realizzato. Ho avuto soddisfazioni che mi tengo dentro e che sono migliori di altri riconoscimenti più visibili, e divido i meriti con i collaboratori che mi seguono ovunque. Vorrei che in Italia ci fosse più meritocrazia, più rispetto per chi lavora bene: tutto andrebbe meglio".

    Lei parte da lontanissimo, e con radici all'Elba.

    "I Mazzarri vengono da Portoferraio. Abbiamo il mare dentro. La mia famiglia parte da zero, come si dice? Una scarpa e una ciabatta. Dal nulla, mio padre apre una piccola industria nel ramo alimentare. Ho il ricordo di lui che lavora e mia madre che bada alle fatture, già da piccolo vivo nel mondo dei conti da far quadrare, i numeri sul foglio, gli investimenti calcolati. Mio padre mi vorrebbe in azienda ma mi piace il calcio, e comunque già a 15 anni per orgoglio non voglio la paghetta, ce la devo fare da solo. Il mestiere di calciatore non fa per me, lo capisco subito: adoro giocare ma non sono a mio agio nello spogliatoio, nelle sue logiche. Sono un lupo solitario, fuori dal coro. Frequento l'università, Economia e Commercio, mi mancheranno per sempre otto esami perché a un certo punto parto militare e addio, ma i primi esami li sostengo in sociologia e psicologia perché l'argomento mi affascina. Col primo contratto acquisto una casa mentre i miei compagni comprano i macchinoni, faccio investimenti mirati in Borsa. A 28 anni capisco che devo pensare al futuro. Devo tutto a Renzo Ulivieri, che da allenatore mi fa capire che ormai sono al capolinea poi anni dopo si ricorda di me, mi chiama a fare l'osservatore "in prova" per il Bologna dopo avermi chiesto consiglio su come comprare una casa all'Elba, perché sapeva che me ne intendevo. Scrivo relazioni così chiare che Ulivieri le mostra orgoglioso ai giornalisti. Il primo anno viaggio a spese mie, più tardi sono capo degli osservatori, vado pure in Sudamerica a fare l'ultimo esame al giocatore da comprare. Poi allenatore a vari livelli, le giovanili, infine la prima panchina da professionista.

    Acireale, C2, anno 2001.

    "Il presidente è Pulvirenti, che ha cacciato 15 allenatori nei tre anni precedenti. Esordisco a Pozzuoli, 1-1. Tempo dopo perdo un derby e tutti pensano che verrò esonerato. Mi trovo i tifosi sotto casa: ci parlo fino alle 2 di notte, spiego e argomento, finisce che mi applaudono. L'indomani Pulvirenti mi convoca: "Lei mi ha convinto, ho capito di avere un allenatore vero". Da lì Pistoia in C1, il Livorno in B che dovrebbe fare un campionato tranquillo invece lo porto in A dopo 55 anni, con Chiellini e altri; tre anni alla Reggina, con salvezze da record, il lancio di gente come Mozart, Nakamura e Rolando Bianchi che vengono venduti con enormi plusvalenze, vado via che la Reggina ha il miglior bilancio della A; e la Samp che con me torna in Europa e in finale di Coppa Italia dopo una vita, Bellucci al record di gol, Franceschini e Sammarco bravissimi, Cassano rigenerato, Maggio che è il simbolo perché parte come riserva di Zenoni e poi segna 9 gol, arriva in nazionale... Infine il Napoli in Champions, ora l'Inter. Un passo dopo l'altro, sudandomi tutto".

    E lasciando tutti i club in condizioni economiche eccellenti, a differenza di altri allenatori che magari vincono ma lasciano macerie. E' un suo vanto anche questo?

    "Certamente. A volte c'è approssimazione nel giudicare un tecnico, che secondo me è stato bravo non solo se ha vinto un trofeo, ma soprattutto quando i risultati sportivi e aziendali coincidono. Io ci sono riuscito spesso, anzi sempre. A Thohir illustrerò il mio lavoro come ho fatto con tutti i presidenti, e ce ne sono tanti che mi amano ancora, poi valuti lui".

    Però confessi: quando lei ha firmato con l'Inter non le era stato detto che c'era Thohir dietro la porta, vero?

    "No. Devo essere onesto: non sapevo che lui fosse interessato a prendere il club. L'ho scoperto più tardi".

    Lei coi giocatori lavora di psicologia poi viene la tattica e il resto, vero?

    "Bisogna convincerli che i loro interessi coincidono con quelli della squadra. Io faccio colloqui personalizzati di 30 minuti a luglio, con tutti, e solo dopo parlo alla squadra riunita. Alcuni dicono che sono un "martello", ma è perché voglio essere chiaro da subito, stabilisco regole, creo un rapporto chiaro con tutti. Decido io quando entrare nello spogliatoio e quando uscirne, perché ne conosco gli umori. Posso sbagliare una formazione o una sostituzione, ma non sbaglio sulle regole e sono sempre al di sopra delle parti. Così nelle mie squadre non ci sono clan, il gruppo è unito, anche all'Inter: vedo giocatori che si vogliono bene, che lottano in ogni partita e danno l'anima, al di là della qualità del gioco. La classifica ora non la guardo, ma intanto mi fa piacere che si sia creato il clima giusto".

    Perché lei preferisce la difesa a tre?

    "Primo: per avere più variazioni in fase di costruzione del gioco, perché ci sono più linee di passaggio. Secondo: in difesa si può rischiare l'anticipo perché c'è un difensore in più dietro. Terzo: si possono fare adattamenti sull'avversario in fase passiva per poi rovesciare il campo dopo aver riconquistato palla, e lì i giocatori devono conoscere a memoria schemi e movimenti preordinati. Si parla poco di tattica, purtroppo, dopo le partite: solo risultato e polemiche. Che rapporto ho con gli altri allenatori? Semplice e chiaro: rispetto chi mi rispetta".
    Uomo di mare, ha quasi sempre allenato al mare: ora come fa a vivere a Milano?
    "Se al mattino guardo il mare mi predispongo meglio al lavoro, ovvio. Però Milano ha delle cose belle che una città di mare non ha, ad esempio ho scoperto in centro case stupende, comode, e ci sto bene. Poi sa com'è, noi viviamo di risultati. Se vinci la gente ti sorride e stai bene, pure con la nebbia; se perdi, anche il cielo più azzurro ti sembra pieno di nuvole".

    Lei è in giro dal 2001 e la famiglia non l'ha mai seguita. Perché?

    "Quando iniziai ad Acireale, con il serio rischio di un esonero in tempi brevi, mio figlio Gabriele aveva 5 anni e non ce la sentimmo di fargli iniziare la scuola lontano da casa. Così, lentamente, ho tenuto mia moglie e mio figlio lontani dalla mia vita. A volte chiedo a mia moglie se sa che mestiere faccio... Ci siamo visti poco in questi 12 anni. Uno dei miei crucci è di non esserci stato negli anni più belli di Gabriele. Quando tornavo ero come un mammo, per carità, lui dormiva sempre con me, in vacanza non ci staccavamo mai. Ma ricordo certi distacchi brutti, quando allenavo a Reggio uscivo alle 5 di mattina e lui piangeva, perché non sarei tornato che due settimane dopo. Ho trascurato lui e la mamma, sono stato via tanto. Ora ha 18 anni, vado ad abbracciarlo e non mi vuole più, mi manda via. Per forza, ormai è un uomo. Ma spero che capisca, un giorno, perché il papà ha scelto questa vita".

  19. #44
    Banned
    Data Registrazione
    23-09-13
    Messaggi
    822

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    non so se è radical chic, ma segnalo quest'intervista di Audisio a Pallotta, sulla Repubblica:

    LA REPUBBLICA (E. AUDISIO) - James Pallotta, 55 anni, è stato il primo straniero a sbarcare nel calcio italiano. Sposato, due figli, origini calabro-pugliesi, tra i trader più famosi d’America per i fondi di investimento (hedge fund), una villa che lui si ostina a chiamare casa con 22 stanze, campo da basket, cinema, garage più grande dei giardini pubblici di Boston, è il primo presidente in testa alla classifica italiana che comanda da oltreoceano. Nella stanza delle riunioni con grande vetrata sul porto l’unica immagine alle pareti è una bellissima fotografia di un uomo che cammina nel centro di Napoli.Pallotta, dopo di lei dall’Indonesia è arrivato Thohir. Il made in Italy è alla fine?
    «Quando tre anni fa abbiamo pensato di investire in un club, l’unica opportunità era la Roma. Nel senso che la città aveva un nome e un’immagine conosciuti in tutto il mondo. Quello che si dice un global brand, molto attraente. Le altre società o erano nelle mani di una famiglia come Juve, Inter, Napoli, Fiorentina, o mancavano di internazionalità. Se adesso arriva Thohir non bisogna mica gridare all’esproprio ».
    Andrea Agnelli dice che il campionato italiano non ha più forza economica.
    «Il fatto che arrivino capitali dall’estero, come in Inghilterra, non è un difetto, una debolezza del sistema, ma un’opportunità da sfruttare. Attrarre investimenti non è mai sbagliato. Poi sì, il calcio italiano non paga più come una volta e ha perso competitività rispetto ad altri paesi. Si è seduto, si è accontentato, si è guardato troppo allo specchio, più local che global. E un po’ alla volta è morto. L’Italia è stata in cima per molto tempo, ma invece di rinnovarsi, studiare, investire, si è rilassata. Manca la voglia di fare sistema, vincono le particolarità, in fondo noi come paese siamo stati uniti molto prima di voi. Guardate cosa ha fatto la Gran Bretagna per combattere e vincere la battaglia contro la violenza e la Germania che in cinque anni ha saputo rivoluzionare stadi, sistema, calcio. Hanno lavorato, cambiato, creduto nel rinnovamento».
    Ha il dubbio di aver investito nel paese sbagliato?
    «Guardo e constato. Quando vengo a Roma nei giorni della partita vedo lunghe file ai botteghini e mi scandalizzo: la gente ci vuole comprare e noi la ostacoliamo? Bisogna essere sadici, invece di rendere l’acquisto del biglietto più semplice, più veloce, c’è il calvario. Perché l’accesso deve essere così complicato?».
    Lei va in giro per Roma?
    «Certo. Soprattutto tardi di notte. Cammino nei quartieri, mi piace passeggiare a Trastevere, Testaccio e a San Lorenzo, vicino all’università. Sto anche pensando di comprare casa. E faccio incontri: un ragazzo mi ha urlato contro, gli ho detto: calmati, spiegami, non c’è bisogno di aggredirmi, dimmi il tuo punto di vista, ma senza gridare, gli ho dato anche la mia mail, mi ha scritto in toni ragionevoli. Mi scrivono tanti italiani dalla West Coast, emigrati nella Silicon Valley, sono dovuti andare lontano per veder riconosciute le loro qualità. E mi dico che è un peccato che in Italia, un paese pieno di inventiva e di talenti, non riescano a trovare spazio ».
    Il calcio fa guadagnare? Quest’estate il vostro saldo era di 32,4 milioni.
    «Abbiamo preso Strootman, capitano della nazionale olandese a 23 anni, Gervinho, che è stato allenato da Garcia a Lilles, 28 gol in due stagioni, Ljajic è un talento. Credo che sport e business possano andare insieme. Non è irrazionale provarci. Una società può essere gestita con serietà, disciplina e conoscenza del mercato».
    Anche senza vendere ogni anno i migliori giocatori?
    «Sì. Se si riferisce alle cessioni di Lamela, Marquinhos, Osvaldo, abbiamo fatto un ragionamento. Ora sembra che la Roma sia stata solo fortunata, ma abbiamo lavorato dietro. Volevamo solidità a centrocampo, una spina dorsale forte. Mi dispiace umanamente per Osvaldo che forse per via del carattere passa per uno strambo. È un ragazzo sensibile, dolce, spesso incompreso. Come soffrivo per De Rossi, mi chiedevo come fa uno che gioca in nazionale a faticare a trovare posto in squadra? E Pjanic andava tenuto. Quando la squadra è venuta in America ho visto un gruppo affiatato, pronto ad aiutarsi, contento di stare insieme. L’anno scorso invece la squadra era troppo giovane, senza leadership, ognuno andava per conto suo».
    E lei?
    «Io ho spaccato televisori dalla rabbia. Quando sono in America seguo la partita da fanatico, mettendomi la maglia della Roma e trovandomi con un po’ di amici fidati. Ho un difetto: mi arrabbio. Ho giocato a basket e non mi piace perdere: si possono avere i conti a posto, ma se non vinci, non costruisci una leggenda».
    Eppure i Washington Redskins e i Dallas Cowboys non vincono da una vita.
    «Ma hanno radici, bacini di utenza, forte merchandising, diritti tv, audience, rivalità storiche. Se la domanda è: preferisce guadagnare e non vincere il campionato, rispondo no. Però uno scudetto non deve per forza significare follia e bilanci malandati. E in più il calcio italiano all’estero si svende, non è possibile continuare così, troppo sottopagato, cinque volte meno di quello inglese. Alla Lega serve una nuova imprenditorialità, bisogna evolversi, è stato perso troppo tempo».
    Si parla di Galliani presidente.
    «Ho detto gente nuova, un management diverso, più trasparente. Gli altri campionati, tranne quello inglese, hanno due-tre squadre di vertice, l’Italia almeno il doppio. Andrea Agnelli con cui mi sento ha buone idee. Tante cose devono cambiare: andare alla stadio è una battaglia, perché le famiglie non devono avere diritto a uno spettacolo intenso, ma tranquillo. Ho letto il libro di Alex Ferguson, la parte più bella sono le bevute con gli avversari, a fine partita. È ingiusto che le società paghino il comportamento irresponsabile di un gruppo di tifosi. Chi urla bestialità, chi si comporta male, deve stare fuori per sempre dallo stadio. Perché lo fanno rientrare? ».
    Buffon dice che la maleducazione nasce in famiglia.
    «Nella mia famiglia cresciuta nel North End, la Little Italy di Boston, nessuno incitava me o le mie sorelle a insultare gli altri. Se lo fai ne devi rispondere davanti alla legge. Non è che il razzismo in America non esiste, i cattivi impulsi ci sono ovunque, ma le società si danno argini e rimedi».
    Il Manchester United negli ultimi 5 anni ha fatto amichevoli in 13 paesi e ha un data base di 32 milioni di simpatizzanti nel mondo.
    «Ci stiamo muovendo anche noi per rafforzare i social media, l’abbiamo già fatto, lo faremo meglio. I contatti sono buoni, 2 milioni di followers, la nostra piattaforma funziona. Faremo molte iniziative benefiche. Abbiamo rimandato una tournée perché Totti è infortunato e all’estero vogliono vedere lui«.
    Sta ancora cercando soci?
    «Abbiamo seri investitori pronti ad entrare, per Natale la Roma avrà lo sponsor sulla maglia e per quando io avrò 60 anni ci sarà lo stadio nuovo. Allo stato non chiediamo nulla: abbiamo la terra e i partner. Roma ne ha bisogno».
    Porterebbe i play-off in serie A?
    «No. Va bene così, il campionato è lungo e logora i giocatori».
    È per l’uso della tecnologia in campo?
    «No. L’attesa spezzerebbe troppo il gioco e aumenterebbe la tensione. Sono però perché la si usi per valutare l’operato di in arbitro. Se ha sbagliato decisioni importanti bisogna prendere atto che forse non è all’altezza».
    Garcia sembrava un azzardo.
    «Lo avevamo in testa sin dall’inizio, solo che non era il primo della lista. Da sempre ho voluto un allenatore straniero che si potesse confrontare più con il mondo che con l’Italia. Volevo qualcuno fresco, culturalmente non troppo coinvolto in un vecchio sistema. Rudi mi ha convinto e si è spiegato in venti minuti di chiacchierata. Mi ha detto cosa voleva e in quale parte del campo. Anche i miei collaboratori in società sono stati fantastici ».
    A parte il calcio?
    «Ho molte passioni. Arte e musica. Sono cresciuto con le bande rock inglesi, Beatles, Stones, Clash. E non mi sono più fermato. Ho 8 iPod su cui ho caricato 8 mila brani».
    E una cantina da sogno.
    «Sono un collezionista di vini. Non per soldi, ma per il piacere di aprire qualche bottiglia straordinaria tra amici. Mi piace condividere. Ci ho portato Garcia che da francese sapeva dove colpire e scegliere bene. Però ora sono diventato più un tipo da bourbon».
    L’Italia può cambiare?
    «Ero a Firenze il giorno dell’attentato in via dei Georgofili nel ‘93, avevo appena visitato gli Uffizi ed ero partito per Parigi. Dove ho visto in tv quella grande manifestazione pubblica contro la mafia, segno che la città non si faceva schiacciare. Si cambia così, tutti insieme».

  20. #45
    Suprema Borga Imperiale L'avatar di Deus
    Data Registrazione
    12-11-01
    Località
    Asshai delle ombre
    Messaggi
    24,018

  21. #46
    Vitor
    ospite

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic


  22. #47
    Shogun Assoluto L'avatar di Numero_6
    Data Registrazione
    02-12-05
    Messaggi
    26,876

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Citazione Originariamente Scritto da Vitor Visualizza Messaggio
    "(i difensori della Liga, come media dal punto di vista atletico e anche come “cultura” tecnico-tattica, non sono i più predisposti d’Europa al corpo a corpo)"


  23. #48
    Vitor
    ospite

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Leggo di una meravigliosa intervista su Repubblica a Klopp.
    Appena la trovo la linko (spero sia effettivamente meravigliosa )

  24. #49
    Vitor
    ospite

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Intanto ho trovato questo.

    Dalla Hohe Strasse allo stadio sono dieci minuti, si attraversa un sottopassaggio e sei di là, oltre la Rheinlanddamm, un rettilineo su cui le macchine sfrecciano indifferenti alla magia del Westfalen Stadion. Signal Iduna Park si dovrebbe dire, lo sponsor svedese che dà il nome all’impianto del Borussia. Il viaggio nel modello Borussia, il famoso modello Borussia, comincia da qui. Da una società che stava fallendo e che ora tutti vorrebbero imitare.Imitare poi perché? Sono stato a Dortmund per intervistare Juergen Klopp: il servizio è sulle pagine di Repubblica oggi. “Responsabilità degli uni verso gli altri”, questo è per lui il senso della formula. Tifo, società, staff, squadra. Una cosa sola. Ma anche detto così potrebbe sembrare soltanto uno slogan. Bisogna entrare dentro il Borussia per capire il modello Borussia.
    Oltre la Rehinlanddamm, quando a piedi si comincia ad accarezzare il perimetro dello stadio, ci sono una palestra di boxe, un campo di calcio per il riscaldamento e una pista d’atletica. Sul prato s’affaccia una terrazza alberata, lunghi tavoli di legno, un paio di gazebo dove vendono birre e panini. Ma il panino allo stadio puoi anche portartelo da casa, non ti dice niente nessuno. Il negozio ufficiale del Borussia è poco oltre, piccolo, su due piani, “entro un anno ci trasferiamo dall’altra parte della strada, in un locale di duemila metri quadri”. Come altre squadre d’Europa, anche il Borussia ha il suo museo, il Borusseum, molto contenuto rispetto a quello del Barcellona, molto diverso soprattutto. Ci trovi la Coppa intercontinentale del 1997 in una bacheca, certo, ma anche un paio di biliardini dove i ragazzini vanno a intrattenersi giocando partite interminabili, gialli contro neri.
    I colori, ecco. Forse si deve cominciare da qui. L’identità. Il giallo e il nero. “Prendete lo Schalke 04. Si qualifica per la Champions e in Europa decide di giocare con la maglia verde. Io non ne capisco il motivo se con il verde la tua storia non c’entra niente”. Non si dà pace Hans-Joachim Watzke, amministratore delegato del Borussia. E’ una risposta indiretta anche alla maglia mimetica del Napoli, al marketing spinto. “C’è una cosa che i nostri tifosi non vogliono essere. Clienti. Loro vogliono essere noi”. E vogliono esserlo con quei colori lì. “Perciò dico che se un giorno arrivasse un petroliere arabo o un magnate russo a fare un’offerta enorme per comprare il Borussia, non avrei neppure venti secondi di imbarazzo. Gli risponderei: no, grazie. Perché sarebbero i tifosi a non volerlo. Con una proprietà di quel tipo diventerebbero dei clienti, la magia romantica del Borussia non esisterebbe più. Gli spettatori allo stadio scenderebbero a ventimila. Non sono contro gli investimenti di arabi e russi. Facciano quel che vogliono con i loro soldi, ma non con il Borussia”.
    Watzke spiega che decidere al Borussia è tutto più semplice che altrove. Lo fanno in tre. Lui, il ds e Klopp. “Perdiamo poco tempo, stabiliamo tutto con grande anticipo rispetto al resto d’Europa. Ad aprile abbiamo già chiuso il nostro mercato. Ci sono due vantaggi: costa meno e d’estate ce ne andiamo in vacanza”. Bel tipo, Watzke. Racconta che il Borussia ha un grosso svantaggio rispetto al Bayern. La concorrenza degli altri club della Renania: lo Schalke, il Borussia Moenchengladbach, il Bayer Leverkusen. E in serie B ci sono il Bochum, il Fortuna Dusseldorf, il Colonia. Gli investimenti delle aziende in Westfalia perciò si spalmano. “In Baviera no. Tutte convergono sul Bayern. Amici che vanno all’Oktoberfest – io no, io non andrò mai – mi dicono che persino lì si vendono prodotti del Bayern”. Così nasce il gap. Per questo il Borussia Dortmund ha quasi scelto di diventare una squadra cool nel resto d’Europa. “Tre anni fa il nostro settore marketing fatturava all’estero l’1%, siamo saliti al 15%”, spiega il responsabile dell’area, Carsten Cramer. Il Borussia è quel posto in cui si discute per giorni se aumentare di 10 centesimi il prezzo di mezzo litro di birra. Lo avevano chiesto i loro ristoratori, volevano portarlo da 3,70 a 3,80. “Ci dicevano: tanto non fa differenza. Ma se non fa differenza: perché dovremmo aumentarlo? Per scontentare la gente?”. Il Borussia è quella società che quando vola in Inghilterra per giocare la Champions contro l’Arsenal va a fare visita allo Sheffield FC, il club più antico del mondo. Così, a De Laurentiis che qualche settimana fa confidava all’Equipe la tentazione di una Champions parallela per aumentare gli introiti, Cramer risponde che “il Borussia non fa calcio per fare business, il Borussia fa calcio per fare calcio”. Chiamateli gli ultimi romantici, al Borussia non si offendono.

  25. #50
    Vitor
    ospite

    Predefinito Re: Il topic della Rassegna Stampa radical-chic

    Il tunnel che porta al campo è stretto e basso. Jürgen Klopp china la testa. Ci passa a stento.
    "Qui sotto si sta tutti pigiati, ventidue calciatori, i bambini tenuti per mano, due allenatori, cinque arbitri ". Fa un trillo, Klopp è anche un formidabile imitatore di fischietti.
    "L'arbitro dice "andiamo" e noi camminiamo schiacciati uno all'altro". Indica la luce là in fondo. "Quando il tunnel finisce e sbuchiamo sul prato, bam, pare di essere di nuovo partorito da mia madre". Ride forte, ride spesso. "È come rinascere. In campo si simula la lotta per la sopravvivenza".

    Sopravvivenza, Klopp. Domani, contro il Napoli, il Borussia è obbligato a vincere.
    "Siamo abituati. Non ho mai giocato per pareggiare. Ah, sì, una volta. L'anno scorso, in semifinale, a Madrid".

    Si aspettava il Napoliin testa al gironedopo 4 partite?
    "Perché no? È una squadra vicina al nostro livello. Ci hanno battuto all'andata, ma non fu una serata normale. La partita fu influenzata da due episodi: l'espulsione di Weidenfeller e la mia".

    Rimpianti?
    "Se fossi stato l'arbitro, avrei usato buon senso.
    Subotic stava rientrando dopo le cure mediche, avrei fatto riprendere il gioco con calma. Invece abbiamo preso gol".

    Rafa Benitez ha detto che il calcio è bugia. Per lei cos'è?
    "Energia. Sono felice quando le statistiche a fine partita dicono che abbiamo corso 10 kmpiù degli avversari. C'è chi obietta: si deve correre nella direzionegiusta. Okay, nella direzione giusta, ma meglio 10 km più degli altri. È la prima regola che ti danno da bambino: corri".

    Il suo è un calcio primitivo?
    "Vai, dai tutto. Se non si dà tutto, non mi diverto. Mi annoia vincere in un altro modo. Quando non corriamo più degli altri, io sbadiglio. Diventa come il tennis".

    Non le piace il tennis?
    "Non è questo. La differenza sifa con il lavoro fisico, non con le idee tattiche. Non mi sento uno che schiocca le dita e oplà, il genio ha deciso la partita. Meglio correre. Così una squadra ha il rispetto della gente".

    Mezza Europa invidia il modello Borussia. Che effetto fa?
    "Non è una cosa che incide sulle mie giornate. Mi rende orgoglioso, ma io non lavoro per essere orgoglioso di me. Mia madre deve esserlo. Lo ammetto: non mi piaceche tutti parlino di modello Borussia".

    Perché?
    "Adesso tutti vorrebbero essere noi, ma tre anni fa quando perdevamo dov'erano? Non li sentivo dire: oooh, ma guarda che bel calcio il Borussia".

    Come ci siete arrivati?
    "C'è un mondo di passione dietro di noi. In questo stadio non potremmo giocare un calcio diverso. Non siamo uguali agli altri".

    E lei come descriverebbe il modello Borussia?
    "Siamo gli unici che possono andare da un ragazzo di talento a promettergli che da noi crescerà in un ambiente stabile, con lo stesso allenatore. Questo è il messaggio. Responsabilità degli uni verso gli altri. Se perdi 10 partite di fila altrove pensano sia normale cambiare. Qui no. Eppure, se il Borussia cercasse un nuovo allenatore, arriverebbero a piedi dalla Cina. Questa responsabilità vale anche per me. Il Borussia sa che se mi chiama il Real Madrid, io resto qui".

    Perciò ha prolungato il contratto fino al 2018?
    "Ho firmato perché a Dortmund nessuno mi chiede della barba, di come vesto, di come parlo in tv. Parliamo solo di calcio".

    È vero che l'avevano contattata il City e il Chelsea?
    "Hanno chiamato tanti. Adessopossono risparmiare sulle telefonate. Non lavoro per guidare la squadra migliore al mondo, lavoro per poterla battere".

    Non le piacerebbe un budget più alto?
    "Se lo avessi, andrei a prendermi Ibrahimovic. Mi piacciono i giocatori matti. Ma sul mercato conta avere idee chiare, non solo i soldi. Non costruirei mai un dream team".

    Cos'è che non va in un dream team?
    "È perfetto per lo show. Ma venticinque super-super-super star creano problemi. Devi avere sempre un buon motivo per spiegargli l'esclusione. Così, appena c'è uno che starnutisce, l'allenatore corre e gli fa: che peccato, domenica non giochi. Non è da Borussia. Ecco perché sono la persona giusta nel momento giusto. Qui".

    È un romantico?
    "Non io. Il Borussia è romantico. Quando sono arrivato, ho capito cosa sia la fiducia. Forse nasceva dal lavoro fatto al Mainz, forse gli stavo simpatico come commentatore della tv Zdf".

    A proposito di tv. Che effetto le fa rivedersi quando si agita?
    "In certi momenti da qualche parte si schiaccia un bottone dentro di me ed esce quella faccia. Altri allenatori sono dei baronetti, portano la giacca, fanno l'inchino. Io metto la tuta e schiaccio il cinque. Loro fanno suonare i violini, il mio calcio è heavy metal".

    Heavy metal?
    "C'è chi dirige la squadra come un'orchestra. Fanno possesso palla, i passaggi giusti, ma è come una canzone silenziosa. A me piace vedere il pallone di qua, di là, le parate dei portieri, pali, traverse, noi che voliamo dall'altra parte. Devo farmi sentire dai miei, voglio una squadra che faccia "bang". Se da bambino avessi visto giocare il Barcellona degli ultimi 4 anni, con la sua serenità, le sue vittorie per 5-0, per 6-0, credo che avrei giocato a tennis".

    Non le piace il calcio di Guardiola?
    "È perfetto. Ma non è il mio sport, non è la mia filosofia. Non mi piace il calcio della serenità, mi piace il calcio delle battaglie. La pioggia, il fango, mi piace uscire dal campo con la faccia sporca, con le gambe così pesanti da credere che non riuscirai a giocare per settimane. Io esulto anche per una palla recuperata. Questo è il Borussia".

    È per questo che oggi siete una squadra cult?
    "Molti vengono dall'estero per vederci. O forse vengono a Dortmund per la birra. Di certo non vengono nel nostro stadio per guardare una recita, non facciamo Romeo e Giulietta, siamo calcio puro, calcio vero".

    Invece cos'è oggi il calcio italiano?
    "Non ho tempo per guardare tante partite, sono sorpreso dalla Roma, da come la fa giocare Garcia. Bellissima. Quando poi c'è Totti... È incredibile Totti. Anche se non sono bei giorni per l'Italia, eravate i migliori in difesa".

    Si ispira ancora alla difesa di Sacchi?
    "È stato uno dei miei modelli. Ho studiato sui video della sua squadra, sui movimenti di Maldini e Albertini".

    Oggi a chi darebbe il pallone d'oro degli allenatori?
    "Jupp Heynckes. Spero vinca lui".

    Cosa farà fra vent'anni?
    "Ho dedicato al calcio il periodo migliore della mia vita. È la sola cosa che credo di saper fare. Se mi chiedessero di costruire un tavolo, potrei impiegarci 30-40anni. È come se avessi due mani sinistre".

+ Rispondi alla Discussione
Pag 2 di 35 PrimaPrima 123412 ... UltimaUltima

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  • Il codice BB è Attivato
  • Le faccine sono Attivato
  • Il codice [IMG] è Attivato
  • Il codice HTML è Disattivato