Ieri mattina intorno alle 10.10 un aereo della Guardia costiera ha notato un peschereccio lungo circa 20 metri con 200 migranti a bordo, a 20 miglia ad est di Malta, in acque maltesi.
Le autorità italiane si sono quindi messe in contatto con La Valletta e hanno inviato due motovedette, una da Pozzallo e una da Siracusa, e un rimorchiatore d'altura. Le imbarcazioni di soccorso hanno raggiunto il punto di avvistamento a 21 miglia da Capo Passero, in acque italiane. Inoltre, è già stata dirottata Nave Aliseo che ha raggiunto il peschereccio in circa un'ora dopo che in precedenza erano stati contattati alcuni mercantili che si trovano in zona. «Il Papa ha detto di aprire i conventi. Noi diciamo di aprire le caserme, tanti edifici pubblici per accogliere i migranti e di non considerare centri di accoglienza lager da quattromila posti come il Cara di Mineo che serve per garantire milioni di euro ai privati», ha commentato polemicamente il sindaco di Lampedusa, Giusy Nicolini.
Il vero problema ora non è come mandarla avanti, ma come chiuderla. Mare Nostrum non più una missione, ma un'autentica maledizione. Una iattura da 300mila euro quotidiani, nove milioni di euro mensili, che nonostante la scarsità di fondi nessuno al ministero degli Interni e a quello della Difesa sa come chiudere. Far rientrare le nostre navi equivale oggi a condannare a morte certa centinaia delle decine di migliaia di immigrati in attesa di prendere il mare attirandoci lo sdegno e la riprovazione di quella stessa Europa che ci lascia soli ad affrontare l'emergenza sbarchi. All'origine di questa situazione paradossale vi sono gli errori commessi dal governo di Enrico Letta e l'inerzia di un governo Renzi incapace, per ora, di rimediare agli svarioni dei predecessori.
Partiamo dai peccati originali. Lo scorso ottobre né Letta, né i suoi ministri vollero affiancare alle operazioni di soccorso in mare una decisa azione di prevenzione e deterrenza rivolta a colpire le basi dei trafficanti di uomini sul territorio libico. «All'inizio della missione le organizzazioni criminali non misero barche in mare per settimane temendo eventuali operazioni dei vostri militari sulle nostre coste. Non appena capirono che non puntavate a bloccare loro, ma a salvare i naufraghi, sono tornati a lavorare meglio e più di prima. Da quel momento sono arrivati clandestini da tutto il mondo e gli affari si sono moltiplicati», spiegava al Giornale un poliziotto libico intervistato lo scorso febbraio a Zuara, il porto tra Tripoli e la costiera tunisina base di molte organizzazioni di trafficanti di uomini.
A render il tutto più drammatico ha contribuito il totale collasso del sistema di sicurezza e di controllo dei confini meridionali della Libia. Le frontiere con Sudan, Niger e Ciad sono di fatto confini aperti e senza legge battute dalle organizzazioni armate in lotta per il contrabbando di armi, droga ed esseri umani. A sud di Saba, come già rivelato dal Giornale, il traffico di uomini proveniente dall'Africa subsahariana è nelle mani di una milizia qaidista guidata da Ahmed Asnawi, che si finanzia garantendo un sicuro transito verso i porti d'imbarco per l'Italia situati lungo le coste della Sirte. L'Operazione Mare Nostrum, maldestramente inserita in questo contesto caotico, si è trasformata in un pernicioso volano capace sia di moltiplicare le organizzazioni coinvolte nella tratta di umani, sia di attrarre profughi da zone tradizionalmente estranee alla rotta libica.
«Dalla Libia un tempo passavano solo eritrei, somali e africani ora arriva persino gente dalle zone più remote della Cina. E questo - spiegavano al Giornale i funzionari del nostro ministero dell'Interno a Tripoli - ha cambiato anche la tipologia delle organizzazioni che sfruttano questi traffici. Prima lavoravano in maniera abbastanza professionale e garantivano un transito abbastanza sicuro verso le nostre coste. Oggi Mare Nostrum offre l'illusione di un salvataggio certo e spinge chiunque abbia una bagnarola a metterla in mare».
Proprio questo rende impossibile oggi la sospensione della costosa missione. Di fronte ad un improvviso blocco delle operazioni di soccorso i trafficanti di uomini più spregiudicati continuerebbero a far partire imbarcazioni destinate, in assenza di soccorsi, ad un sicuro naufragio. L'unica soluzione per metter fine alla iattura di Mare Nostrum evitando nuove tragedie sarebbe la formazione e l'addestramento di una guardia costiera libica in grado di scoraggiare le partenze e, al tempo stesso, di garantire il soccorso alle imbarcazione di clandestini in difficolta. Ma per metterla in piedi ci vorranno mesi e nonostante gli sbarchi si susseguano e i fondi diminuiscano nessuno tra Palazzo Chigi, Viminale e Ministero della Difesa sembra voler decidere le prossime mosse.