Domenica per me si potrebbe anche fare, per che ora?
Domenica per me si potrebbe anche fare, per che ora?
Notte tra il 5 e il 6 aprile 1444.
Castello Deverick.
“Non ci porteranno a niente, quelle canaglie. Non sanno nulla. Non erano altro che cibo, squallido cibo per quei porci. Attendiamo qualche ora e il sole si prenderà cura di loro”.
“Se posso permettermi, messer Hardestadt, trovo che la sua posizione sia troppo categorica. Sono giovani e pieni d’energia, e potrebbero essere utili pedine in questi tempi complessi. Se posso permettermi, consiglierei di legarli a noi così da poter fare totale affidamento su di loro. Io stessa potrei legarne a me...”.
“Mi credi così stupido, Clarissa? Conosco benissimo voi Usurpatori, e sai che non è grazie a me che siedi tra noi stasera. Quindi sarei lieto, ‘se posso permettermi’, che abbandonassi ogni ridicola pretesa e lasciasti decidere chi ha più voce in capitolo”.
“Però in parte ha ragione, Hardestadt. M’intendo, non sono che cuccioli che, adeguatamente istruiti, potrebbero portarci interessanti informazioni. Forse al momento non sanno nulla, ma non potrebbero scoprire qualcosa di utile?”.
“Chiacchiere. Liberiamoli nella notte. E cacciamoli. Inseguiamoli, bracchiamoli, cibiamoci di loro. Sono nati per essere cibo, no? Che lo tornino. E’ quello il loro compito”.
“Lungimirante come sempre, mio irruento amico”.
“Oh, chiedo infinita venia s’io non ho la vostra finezza d’animo. Vedo le cose come stanno, e agisco di conseguenza. A volte farebbe bene anche a altri, comportarsi così”.
“Però...”
“Se posso...”
“Non capite...”
“SILENZIO!”.
...
“Che c’è, vecchia?”.
“Vorrei incontrare quei ragazzi, Hardestadt. Poi potrete decidere. Ma credo che la mia funzione qui sia quella di consigliarti... o sbaglio? E non posso farlo senza prima vederli. Le arti del mio popolo possono illuminare anfratti in cui neppure i tuoi potenti occhi possono scorgere nulla. Falli chiamare. Poi deciderete”.
“Ma è assurdo...”
“Hardestadt, capisco tutto, però...”
“Silenzio. Fate portare qui i prigionieri. In fretta”.
Notte tra il 5 e il 6 aprile 1444.
Castello Deverick.
Molti metri più sotto.
Dolore. Fuoco. Sangue. Morte. Grida. Visioni vorticose, urlanti. E ancora dolore, sempre più fioco. Ma un fuoco bruciante. Spilli nella gola. Come una lama che trapassa, una lama ardente, al calor bianco.
Mentre lentamente, uno alla volta, riprendete conoscenza, una porta si apre.
“Ben svegliati, pargoletti. Siete desiderati al gran rinfresco in sala grande. Mi spiace molto, ma non avrete il tempo di farvi belli”.
Le guardie iniziano a slegarvi dalle catene.
Pochi candelabri illuminano la stanza delle torture.
P.S.: qualche anima pia toglierebbe dal topic i messaggi a partire dal mio di mercoledì 19 ottobre alle 2.21 in avanti, escludendo il mio del 20 ottobre alle 23.14? Grazie infinite...
Alzata come se fossi in un branco di bestie, di stupidi bovini da portare al macello... La mia mano, in che condizioni è la mia mano! Quel cane di Hardestadt, giuro, lo giuro su questa mia vita che pagherà per quello che mi ha fatto. Una De. Q... Come ha osato? Non ho parole, le trovo ma mi si seccano nella mia gola bruciante Quanto sangue ho perso? Ne vedo ovunque, su di me... qui attorno... Questo stupido taglio di quel Wenceslasz era solo l'inizio di questo inutile calvario? Ora brucia molto meno, è proprio vero che il dolore forte cancella quello leggero come la raspa che sbiadisce gli scritti sulle pergamene.
Mi guardo attorno, chi trovo? C'è ancora il giovane dal carattere focoso? E il grande moro? Dov'è lui?
Ora ci portano ad un altro banchetto, speriamo sia l'ultimo. Mi alzo con la faccia più dignitosa che i miei lineamenti martoriati possano concepire. Fascio la mia mano (quanto dolore per questo!) un un lembo di stoffa strappato dalla gonna dell'abito mentre mi lascio scortare dove vogliono.
Voci. Tenebra che lentamente si dissolve. Non del tutto. Ci slegano. Cerco di stare in piedi ma non ho forze. Cado. Uno dei carcerieri mi rialza e mi sorregge, in malo modo. Mi squadra e mi insulta. Rispondo al suo sguardo. Nei miei occhi non trova altro che vuoto.
Ancora ferro, ferro e buio, pare siano una costante della mia vita.
-ChE ViTa Di MeRDa...-
Mormoro ancora imbambolato dal risveglio
Le ginocchia mi fanno male, ma riesco comunque a stare in piedi, strano, ero convinto me le avessero spezzate...
Notte tra il 5 e il 6 aprile 1444.
Altrove.
Com'è possibile che ci abbiano scoperto, Claudio? La riunione non doveva essere segreta?
E lo era. Ma un segreto è tale fin quando lo conosce una sola persona.
Cosa stai insinuando, che ci sia una spia tra di noi?
Come può anche solo...
Calma, calma, amici, non è il momento di infervorarsi. Nulla è perduto, nulla è neppure rallentato. Quello stolto di Hardestadt e i suoi non sanno niente dei nostri movimenti. Presto ogni filo si unirà in una trama perfetta. Per ora attendiamo. Ma presto, prestissimo, sarà il nostro grande momento. Alla Cospirazione, a noi!
Notte tra il 5 e il 6 aprile 1444.
Altrove.
Litanie e canti. Su di essi, la voce di un uomo, dolce come miele.
Ad te Domine clamabo Deus meus ne sileas a me nequando taceas a me et adsimilabor descendentibus in lacum.
Exaudi vocem deprecationis meae dum oro ad te dum extollo manus meas ad templum sanctum tuum
Ne simul tradas me cum peccatoribus et cum operantibus iniquitatem ne perdideris me qui loquuntur pacem cum proximo suo mala autem sunt in cordibus eorum
Da illis secundum opera ipsorum et secundum nequitiam adinventionum ipsorum secundum opera manuum eorum tribue illis redde retributionem eorum ipsis
Quoniam non intellexerunt opera Domini et in opera manuum eius destrues illos et non aedificabis eos
Benedictus Dominus quoniam exaudivit vocem deprecationis meae
Dominus adiutor meus et protector meus in ipso speravit cor meum et adiutus sum et refloruit caro mea et ex voluntate mea confitebor ei
Dominus fortitudo plebis suae et protector salvationum christi sui est
Salvam fac plebem tuam et benedic hereditati tuae et rege eos et extolle eos usque in aeternum
La stanza a cui vi vengono aperte le porte è coperta da ampie librerie su ogni lato, ricolme di fogli, codici, pergamene. Un grande tavolo, proprio al centro, in nerissimo legno d'ebano. Su di esso due candelabri, uniche luci in tutta la stanza.
Delle figure vi aspettano dentro la stanza. Hardestadt, e altri. Alcuni li avete intravisti nella stanza delle torture. Altri li vedete per la prima volta. Al buio, in un angolo, intuite la presenza di un'ultima figura, rannicchiata per terra.
"Fateli sedere lì". E' la voce di Hardestadt, rivolta alle guardie.
Venite sbattuti su tre scranni di legno. "Antica. Chiedo il tuo parere. Cosa dobbiamo fare di questa feccia che ha offerto un sì povero divertimento, stanotte?".
La figura rannicchiata si alza, e lentamente si avvicina a voi. E' una vecchia, ma i suoi movimenti, seppur lenti, sono morbidi e flessuosi, sorprendenti in una donna così avvizzita.
Ian, l'hai già vista, ne sei certo. E' la vecchia che faceva l'elemosina nella locanda la sera in cui sei giunto in paese. Non le avevi fatto caso, ma il suo volto ti è rimasto in un angolo della memoria. E' lei.
(tiro su Percezione+Alertness, diff.8; Ian 2 successi: 9, 8, 6, 4, 3.
Eloize 0 successi - ettipareva... - 8, 4, 1. Wael 0 successi: 0, 6, 5, 3, 3, 1.)
"Piccoli miei... piccoli miei...". La sua voce è serena, sottile, forse divertita dalla situazione, ma non c'è traccia di ostilità, quell'ostilità che invece Hardestadt sembra trasudare da ogni poro.
"Piccoli miei, ditemi... avete conoscenza, pur piccola, di una cospirazione contro i Cappadociani? Ditelo alla vecchia Durga Syn, diteglielo ora, piccole colombe...".
Resta in silenzio, i suoi occhi profondi come la notte, e vi guarda con un sorriso sereno, attendendo la vostra risposta.
Dietro tutto è silenzio.
Perchè così tanta attenzione per una vecchia zingara, Ian?
-Veneranda anziana, le assicuro che non sono a conoscenza di nessuna cospirazione, io e miei compagni siamo entrati nostro malgrado in questa situazione, e ne abbiamo ricavato ogni male, per prima cosa questa orrenda maledizione che ci ha assalito-
un sospiro
-Signora la prego c'è forse un rimedio a questo male che ci ha contagiato?Cosa siamo diventati?-
"Non so nemmeno cosa sia un cappadociano, vecchia, dopo averci massacrato così vi sarete accorti anche voi nella vostra inumanità che evidentemente non sappiamo nulla..." Se mi guarderà negli occhi capirà che non mento e se non mi crede, ormai non mi importa.
Guardai negli occhi la vecchia... occhi neri e profondi, ma non così neri e profondi come quelli che cercavo... sorrisi lievemente, senza parlare...
"Certo... certo che non sapete nulla, piccoli miei". La sua voce è un fruscio di pergamena, i suoi occhi il baluginare di due candele quasi spente.
"Allora facciamola finita, vecchia!".
"Aspetta, Hardestadt... aspetta...".
Fruga in una piega della sua veste stracciata, e ne estrae, inattesa, un uovo. Vi fissa, da vicino, dal basso, piegata dalla vecchiaia. Alza un braccio, vi passa lentamente l'uovo sul capo, in lenti, piccoli cerchi. Sussurra parole in una lingua che non comprendete. Abbassa il braccio e chiude gli occhi. Si volta di lato, e pone le braccia, con le mani chiuse attorno all'uovo, davanti a sè, in maniera che tutti la possano vedere.
L'uovo si rompe, e ne fluisce, lento, un liquido rosso. Lo riconoscete all'istante: sangue.
Denso, vitale, purissimo sangue.
Avete un tremito, tutti e tre, un istante frenetico in cui qualcosa vi grida nella mente. Ma è solo un attimo.
Silenzio nella sala.
"Sono vecchia, ormai, ma ancora porto con me le tradizioni del mio popolo. Questo segno parla chiaro: grandi cose attendono questi tre piccoli cuccioli. Sarebbe un grosso errore eliminarli, Hardestadt". Si volta lentamente verso Hardestadt, fissandolo negli occhi. Notate che Hardestadt sembra perdere la sicurezza che lo ha accompagnato sinora. "Un grosso errore".
Silenzio nella sala.
"E sia, vecchia. Usciamo e andiamo a discutere sul da farsi". Lentamente escono, tutti. La vecchia per ultima, dopo aver lasciato scorrere tutti, fissando lo sguardo che quelli le avrebbero gettato. Sguardi inquieti, squardi incerti. Nessuno sguardo rabbioso, nessuno sguardo irrispettoso, però.
Esce anche lei, guardandovi rapidamente, e sussurrandovi "Buona fortuna, piccoli miei".
Silenzio nella sala.
Dopo pochi istanti entra Roderigo.
"Un grave errore, per te Herdestadt, è quello di non avermi ucciso ora." Eloize si rialza in piedi finalmente, e osserva con piglio sicuro la nuova figura che si è appena introdotta nella sala.
Roderigo prende uno scranno, si siede davanti a voi, a testa bassa, sospira profondamente, la testa tra le mani.
Poi vi fissa, lentamente, in silenzio. Passano lunghi secondi.
"Sono lieto" - la sua voce è incerta - "sono lieto che vi abbiano lasciato vivere. Immagino sarete pieni di domande. Immagino sarete pieni di dubbi. Chiedetemi ciò che volete... nelle mie possibilità, proverò a rispondervi".
Notte tra il 5 e il 6 aprile 1444.
Altrove.
Litanie e canti. Su di essi, la voce di un uomo, dolce come miele.
Audite haec omnes gentes auribus percipite omnes qui habitatis orbem
Quique terriginae et filii hominum in unum dives et pauper
Os meum loquetur sapientiam et meditatio cordis mei prudentiam
Inclinabo in parabolam aurem meam aperiam in psalterio propositionem meam
Cur timebo in die malo iniquitas calcanei mei circumdabit me
Qui confidunt in virtute sua et in multitudine divitiarum suarum gloriantur
Frater non redimit redimet homo non dabit Deo placationem suam
Et pretium redemptionis animae suae et laboravit in aeternum
Et vivet adhuc in finem
Non videbit interitum cum viderit sapientes morientes simul insipiens et stultus peribunt et relinquent alienis divitias suas
et sepulchra eorum domus illorum in aeternum tabernacula eorum in progeniem et progeniem vocaverunt nomina sua in terris suis
Et homo cum in honore esset non intellexit conparatus est iumentis insipientibus et similis factus est illis
Haec via illorum scandalum ipsis et postea in ore suo conplacebunt
Sicut oves in inferno positi sunt mors depascet eos et dominabuntur eorum iusti in matutino et auxilium eorum veterescet in inferno a gloria eorum
Verumtamen Deus redimet animam meam de manu inferi cum acceperit me
Ne timueris cum dives factus fuerit homo et cum multiplicata fuerit gloria domus eius
Quoniam cum interierit non sumet omnia neque descendet cum eo pone gloria eius
Quia anima eius in vita ipsius benedicetur confitebitur tibi cum benefeceris ei
Introibit usque in progenies patrum suorum usque in aeternum non videbit lumen
Homo in honore cum esset non intellexit conparatus est iumentis insipientibus et similis factus est illis
"Che diavolo è un cappadocio, messere? E soprattutto, che cosa centriamo noi con tutta questa faccenda?" Le guance color caramello di Eloize sono inespressive mentre parla, anche il tono della voce è neutro come se ormai fosse troppo tardi.
Roderigo ti guarda, Eloize, ma i suoi occhi, così tristi, sembrano distanti infinite miglia. La sua voce è incrinata, venata di vetri infranti.
"Voi... voi oramai avete moltissimo a che fare con tutto ciò. Non so che leggende circolino nelle vostre terre, damigella. Non so quali storie si narrino ai bambini, la notte, per mettere loro paura e farli stare buoni. Spiriti, forse, morti che tornano dalle tombe".
Tace un istante, come a cercare parole che gli sfuggono.
"Il mio padrone... buon Dio... queste leggende, sono realtà... e il mio padrone è uno di loro. Tutti coloro che avete incontrato in questi giorni, sono di loro. Morti che sono sfuggiti alla morte. Vampiri. Esseri che regnano nella notte, dotati di immensi poteri, in perenne lotta, in fuga dal sole... in... Dio, ma cosa sto dicendo, come posso...".
Abbassa lo sguardo, la sua voce si fa più bassa.
"Ci sono razze, tra di loro. E i Cappadociani sono una di queste. Non saprei descriverli...".
Ti fissa negli occhi, Eloize.
"Giovanni e gli altri, alla cena... prima di fuggire... vi hanno dato la loro maledizione... ora...".
Tentenna.
"Ora anche voi... siete... delle creature... della notte... vampiri".
China il capo, in silezio, come a meditare su ciò che ha appena detto, in attesa delle vostre parole.
-Mio dio...-
le parole mi si spengono in gola
-Ora ogni cosa si spiega...-
-Ma ditemi c'è una cura a questo morbo che ci ha assalito, v'è un modo di tornare...di tornare umani?-
Senza neanche accorgermene sono sopra l'uomo e lo tengo per la collottola, le ultime parole sono un ruggito disperato
"Signore... signore...".
La sua voce è calma, il timore vi scorre lontano, come attutito dalla consapevolezza, dall'accettazione. Dall'abitudine, forse.
"Signore... lasciatemi... vi prego... io non... non lo so... non credo sia possibile tornare indietro... la maledizione è... eterna... eterna. Non potete morire, se non in combattimento. Non potete morire di vecchiaia, non potete morire di malattia. Non potete...".
Sussurra, più a se stesso che a voi, gli occhi chiusi.
"Non potete, perché siete già morti".
"Cosa diavolo stai vaneggiando? Noi.. maledetti? Come quel vecchio accattone nella cella, che ha preso fuoco al contatto con la luce... Anche noi siamo ridotti così? Quando ci è successo? È stato Herdestadt vero? Quando eravamo addormentati, quel maiale!" digrigna i denti "Ma non possiamo essere morti, provano dolore le mie membra, rabbia e sete..."
Ecco dunque cosa eravamo divenuti... MoSTRi! ... sì, mostri, dannati... ma sapevo che la mia condanna prima era un'altra... proveniva dall'abisso nero in cui ero precipitato e dal quale non potevo più risalire. Mi presi la testa fra le mani e iniziai a mormorare sottovoce parole sconnesse, tra le quali l'unica comprensibile era Teophania...
un tonfo sordo nel silenzio attonito
è il culo di Roderigo che sbatte sul pavimento di marmo
Vampiri...
Dio mio cosa sono diventato
chi sono io ora!
Era la l'ho vista fra i convitati!
Padre era lì!
Era proprio lì che mi schermiva!
Quella donna vestita di un sudario oscuro rideva di me!
rideva del mio destino...
di quello che stavo diventando...
E lo sapeva!
Padre
le Parche tessono i fili delle nostre vite
e noi non possiamo farci nulla
siamo polvere sparsa ad un vento intelligente
che sadicamente ci sbatte
e ribatte
e ci confonde la mente
DeLiRIo
sto parlando ad un morto...
Ah
Ma anche io sono morto...
mi siedo in terra,la schien appoggiata alla parete, la testa fra le mani
piango
ah no, niente lacrime
Merda!
"Il mio signore non ha niente a che fare con ciò che siete. E' stato Giovanni, sono stati i suoi invitati... l'uomo nella cella ha preso fuoco alla luce del sole, dite..?".
Sospira.
"E' vero... non potrete più vedere la luce del sole... è letale, per voi. Come i simboli sacri, che possono respingervi... ma nient'altro. Anche un paletto di legno che vi trafigga il cuore non può che immobilizzarvi, e nulla più... non so come accada... so che provate dolore, so che molte cose sembrano essere come prima... ma tutto è diverso...".
Fa una pausa, breve.
"Presto immagino si risveglieranno i vostri poteri. Ognuno ne ha di diversi a seconda della razza del vostro... Sire, lo chiamano... colui che vi ha fatto diventare quello che siete".
P.S.: Nevvo, ho notato spulciando le vostre schede che non ti sei mai "vampirizzato"..! Vai qui e vedi di aggiungere i punti mancanti...
E, tecnicamente, ancora non so la Strada di Eloize...
Time Warp, questo dovevo postarlo dopo quello di puppet ma ho cannato thread:
"Le lacrime di sangue, come poche ore fa è capitato a me nella cella... Sono un sintomo di questa maledizione? Ho letto di altri casi del genere, su alcuni incunaboli.. Accadeva anche al tempo di Nostro Signore..." Eloize si sforza di apparire più sicura possibile anche se nelle ultime ore la sua integrità psicofisica è stata provata oltre ogni limite.
"Sì... non potete più piangere le lacrime degli uomini, ma le rare volte che piangerete, sarà sangue... sì, come negli antichi testi... come Cristo, se volete... oh, i cainiti hanno tante leggende...".
Silenzio.
"E il fuoco. Non potrete più avvicinarvi al fuoco. Per quello ci sono così poche candele, qui dentro. La loro luce non è dannosa, lo è solo quella del sole. Ma il fuoco potrebbe terrorizzarvi, potrebbe farvi perdere il controllo, togliervi da voi stessi".
"Caro amico, ormai di me stessa è rimasto poco attaccato a questo corpo e questa mente stenta a ricordarsi le verità più fondamentali. Maledizione oppure no, il viaggio che ho intrapreso quel giorno da Pisa si è rivelato un non ritorno dall'inferno...
E ora? Cosa dobbiamo fare?
Dici che non possiamo invecchiare e dobbiamo nasconderci nelle tenebre, che abbiamo poteri mistici...
Ma dove andremo, ora? Non so se tornerò mai più alla mia casa, in un certo senso ora capisco mio fratello Filippo..."
-Uomo
Quando mi hanno...mi hanno...infettato
ho sentito che dentro di me...
che dentro di me ci fosse un altro
si...proprio così un'altra persona
che volessse uscire
aprirmi le mambra in due
spaccarmi il cuore
mi sembrava di impazzire
e ho avuto paura
paura di quello che sarebbe successo
Uomo
era forse un delirio?
questo morbo porta forse alla pazzia?-
osservo le mie gambe
sono intatte
eppure
eppure erano rotte?!
[colas occhio alla sign ]