UltraWhite ha scritto dom, 18 dicembre 2005 alle 00:10
Camminava a testa bassa, guardando poco più avanti delle sue scarpe. Era brutta l'atmosfera, c'era quell'oscurità che ti mette tristezza, ma era interessante ascoltare le gocce tamburellare nelle orecchie.
Alzo la testa all'incrocio per guardarsi intorno e passare... era bello anche osservare l'impatto delle gocce sull'asfalto... Era uscito per fare un giro, senza destinazione. Lo faceva spesso. Attraverso di nuovo... si sedette sulla panchina bagnata. Si guardo di nuovo intorno, infilo le mani profondamente nelle maniche. Pensò che era un buon momento per pensare, però c'era quel freddo cattivo, che ti faceva credere di essere nudo sotto la pioggia e non vedevi l'ora di entrare da qualche parte. Si rialzo, con le mani in tasca, camminò ancora per poco, spinse svogliatamente la porta di un locale con il peso del corpo ed entrò. C'era ancora quel buio maligno, nonostante le luci. C'erano poche persone, che parlavano piano, qualche risata ogni tanto, davanti ai boccali di birra, alcuni vuoti, alcuni pieni e intoccati. Arrivò in fondo, si sedette al tavolo vuoto, lo fisso qualche attimo, giro la testa , si risollevò per prendere il giornale dal tavolo vicino, torno ad abbandonarsi sulla panca di legno e guardo la foto in prima pagina. Cominciava a pensare che quella nebbia di oscurità e quella tristezza si materializzassero in quelle giornate e volassero come fantasmi nelle case e per le strade. La gente ne era inconsciamente consapevole, e li scacciava con i più vari passatempi, ma questi alla fine erano sempre gli stessi, lo erano anche tutti quei fantasmi che cercava di allontanare. Gli si avvicinò una donna, gli chiese a voce alta se voleva qualcosa, lui sperava nel profondo di non sentire questa domanda proprio ora mentre stava pensando. Stava per rispondere bruscamente che non voleva niente ma si trattenne e disse:
"Una Coca"
"Piccola, Media...?"
"Mmm...piccola"
Allora si accorse di avere sete...si concentrò su quella brutta sensazione. La sete ti lasciava morire in un paio di giorni...aveva avuto ragione a fargli quella domanda...se voleva qualcosa...
Quando la Coca arrivo, si ficco avidamente la cannuccia in bocca e aspirò. Si alzo, prese il giornale sottobraccio, camminò all'uscita, si ricordo di pagare, allungo la mano alla porta, quando fu fuori si diresse verso casa. Questa volta il buio era autentico, quello lasciato dal Sole che se n'era andato. La Coca gli aveva lasciato nel corpo una sensazione scomoda, di freddo artificiale e quel retrogusto che fa sempre tornare la sete. Camminando apri il giornale e lesse i titoli strillanti che tanto detestava.
Ora saliva le scale del suo condominio. Suono alla porta per farsi aprire. Saluto chi gli aveva aperto e man mano che passò nel corridoio salutò tutti gli altri. Entro alla fine nella sua camera, si tolse solo la giacca, e si butto sul letto vestito, con le mani dietro la testa a fissare il soffitto candido. Ascoltava senza pensieri il brusio, alcune parole più marcate, rumore di piatti, televisione...si costrinse a rialzarsi e a togliersi il resto dei vestiti, era stanco.
Sogno che la Coca-Cola che aveva bevuto gli andava di traverso e lo soffocava...
La mattina dopo c'era luce invece. Guardando il soffitto senti gli uccellini, con il loro canto sottolineavano il silenzio apparente. Tolse allora la coperta, si rivesti come prima, andò in cucina prese qualcosa dal piatto sul tavolo e torno a uscire lanciando un saluto subito perso. In strada era molto luminoso, il cielo era azzurro, quasi libero da nuvole e quelle erano bianche, angeliche. Penso che se l'oscurita riusciva quasi a materializzarsi, certi giorni, alla luce mancava veramente poco dal riuscirci. Mentre camminava sempre con lo stesso passo incontrastabile, non guardava più in basso, ma fisso davanti a se. A terra vedeva ancora i segni del diluvio passato, ma non erano cosi interessanti come la pioggia viva battente. Vedeva tutto in una perfetta prospettiva: puntini colorati che si avvicinavano, diventavano persone e si allontanavano poi per sempre. Si senti chiamare per nome, si fermo e si volto di scatto, vide un suo amico che correva verso di lui agitando il braccio alzato. Quando finalmente furono vicini, si diedero a vicenda pacche sulle spalle:
"Ciao, come va?"
"Bene, bene, tu?"
"Non c'è male, si va avanti. Come stanno i tuoi"
"Come sempre"
"Beh io vado, ci vediamo..."
"Ciao"
Andò aventi per il marciapiede fino alla fermata del bus, attese con le mani sempre in tasca. Quando entrò era quasi pieno, stette stretto in piedi tenendosi per la maniglia. Guardo prima le schiene vicine, poi il paesaggio esterno in movimento. Scese, cammino ancora qualche minuto, entrò dal fioraio, comprò dei fiori che sembravano adatti, pagò ancora e uscì in silenzio. Cammino per un'ora buona ed entro alla fine nei cancelli del cimitero. Qui si mosse attraverso file di lapidi uguali, leggendo i nomi e le date velocemente, poi si fermò davanti a quella che aveva inciso sopra il suo nome e la data di nascita. Si inginocchio per un attimo per appoggiare i fiori, si raddrizzo, stette immobile per un identico attimo, diede uno sguardo ampio a quel cielo sempre azzurro e senza nuvole, e tornò a testa bassa per la sua strada.