michy79 ha scritto ven, 26 maggio 2006 alle 13:29
Caro Lost Guardian,
più in generale vorrei spazzare la nostra conversazione da un equivoco - stereotipo.
Non è vero che il cattolico non ha libertà di coscienza, o non può esprimere un proprio pensiero in termini di riflessione sui testi (a differenza di quanto avviene, ad esempio, per i protestanti). Da questo punto di vista i documenti conciliari (del Vaticano II) sono molto chiari, e forse proprio questa è stata l'innovazione di pensiero più importante nel pensiero cattolico dell'ultimo secolo.
La lettura del testo è stata tenuta effettivamente per secoli come responsabilità del clero, ma questa impostazione non è più considerata al passo coi tempi, ed anzi, oggigiorno, nessun cattolico può davvero chiamarsi tale se non ha confidenza con le Scritture.
Di certo permane una differenza sostanziale con il pensiero protestante. Il cattolico si pone di fronte alle letture con l'umiltà di chi sa di non potere cogliere la pienezza del messaggio biblico da solo. Ciò non vuol dire che la sua interpretazione non conta nulla, ma che il suo percorso passa necessariamente attraverso la discussione con la comunità.
Per questo nessuna preghiera è più importante della Messa. Per questo nessuna esperienza di Fede è più importante della Carità. Proprio perché il cattolico pretende che la sua Fede sia vissuta in relazione alle altre persone, e non come semplice esperienza personale.
Da questo punto di vista, mi pare di averlo già detto nel forum, per il cattolico la Fede non è MAI un'esperienza privata.
Capisci perché reputo ancora importante, significativo, che una persona si definisca "Cattolico"?
Michele