Se mi seguite costantemente sulla TGM Mail, sapete bene che sono uno di quelli avvezzi a cavalcare la cresta dell'onda solo quando l'onda è già passata. Il mio metabolismo ha i suoi tempi più che fisiologici, mastodontici. E fu così che – dopo aver fatto collezione di console morte e sepolte o comunque dal futuro incerto – mi sono concesso un po' di tempo per fare quattro salti online. Non che non avessi mai provato l'ebbrezza; ricordo qualche partita ad Unreal Tournament in cui, più che atteggiarmi a Terminator attento a non sbagliare una virgola, mi prodigavo nel partorire i peggio insulti anglofoni al malcapitato abbattuto di turno. Dopo qualche altro episodio sporadico mi sono lanciato sui campi online di marca Konami, con risultati peraltro mediocri (colpa del lag, colpa del lag ).
Ora, tutta questa premessa per arrivare a una conclusione veloce veloce: io possiedo la banda larga da un fottìo di tempo ma in questo senso l'ho sfruttata davvero poco. Il primo rapporto annuale sullo stato dell'industria del videogioco in Italia, citato qualche mese fa dal buon Claudio, riportava a riguardo un dato importante, se confrontato appunto alla diffusione di banda larga. Il conforto delle statistiche suggella un sentore che avevo da molto tempo: i due dati sono molti vicini, cioè i giocatori possessori di banda larga diventano per forza di cose giocatori online. A maggior ragione se i ritagli di tempo per giocare si fanno esigui. La sensazione precisa è questa: se ho poco tempo è inutile tentare di giocare a tutto quello che di buono propone il mercato (e fin qui...) e, piuttosto che portare a termine un bel titolo in single, preferisco perdermi in qualche sana sfida online.
Insomma, giocare da soli sul proprio PC o la propria console può ancora essere divertente, ma il vero evento, la vera carica emozionale, è là fuori che ci aspetta. Solo allora ci sentiamo davvero vivi.
È proprio così?