Allora, vi rendo partecipi di un dubbio che mi è nato preparando un esame per l'Università.
Il quesito è il seguente: in che misura abbiamo il diritto di intervenire verso le altre culture?
Porto l'esempio tra i tanti che più mi ha toccato: la situazione della donna nel mondo.
Ora, la nostra ottica ci porta a dire che la donna va considerata avere pari diritti rispetto all'uomo. Lo stato delle cose attuale nel mondo occidentale è stato frutto di mille battaglie che vanno dalle suffragette alle femministe degli ultimi anni. E fin qui tutto bene. Il dilemma nasce nel momento in cui il movimento di emancipazione femminile occidentale si espande cercando di influenzare il ruolo della donna in culture diverse dalla nostra.
Ad esempio, sempre per l'ottica occidentale, lo stato della donna nel mondo indiano è riprovevole, in particolare nelle famiglie bramine. Le ragazze infatti una volta sposate entrano nella casa della suocera dove praticamente diventano "l'ultima ruota del carro" alla stregua di una serva. E qui cominciano i primi dissidi, tutto a causa di una diversa visione del mondo.
Per "noi" la donna svolge ormai gli stessi compiti dell'uomo, lì la cosa viene vista come inconcepile dalle donne stesse, in quanto la donna ricopre ruoli totalmente diversi da quelli maschili, ruoli che la portano anche a ricoprire posizioni molto elevate di potere (la neosposa infatti non si trasferisce nella casa del marito, ma nella casa della madre del marito, ovvero è la suocera che comanda). Sempre a riprova della diversa visione del mondo basti pensare che l'età considerata più bella da una donna occidentale (tra i 20 e i 30) è l'età considerata peggiore da una ragazza indù, che appunto si ritrova a svolgere i lavori più umili. Viceversa la cosidetta mezza età è per le donne Indù la vera pacchia, in quanto diventano padrone in case, i ruoli umili passano alle neo-spose e a loro spettano solo compiti di gestione e rappresentanza.
Passiamo ad un esempio più sentito: le mutilazioni genitali femminili. Per noi occidentali sono una pratica barbara e riprovevole. Alzi la mano chi non lo pensa. Personalmente darei la galera a chiunque cercasse di perpetrare una pratica del genere.
Eppure, fatti i dovuti distinguo (ovvero, queste pratiche hanno tutta una serie di gradi di invasività, da una piccola incisione sul clitoride, all'infibulazione) sono le stesse donne delle culture che la praticano a volere questo intervento (dalla tesi di una diretta interessata che ci è stata presentata all'Uni, di 50 intervistate di un gruppo etnico egiziano solo 2 erano scontente di aver subito la parziale rimozione del clitoride). Alla scontata critica ma è sbagliato si va a mutilare il corpo la risposta è stata quella di pensare alle pratiche tutte occidentali di chirurgia estetica.
Ultimo esempio: la pena di morte per reati come l'adulterio. In molti paesi esiste una legislazione di origine religiosa che prevede la morte tramite lapidazione per reati come l'adulterio, pratica che, da noi, nemmeno è prevista come reato.
Immagino che siamo tutti concordi nel ritenere una pratica del genere abominevole e come tale degna di essere estirpata.
Ora ritorno al mio quesito iniziale: fino a che punto è lecito spingersi nell'influenzare una data cultura? A quale livello diventa opportuno intervenire?
Diamo per scontato che sia il totale relativismo (la cultura è la loro e quindi fatti loro) che il totale interventismo (istruire i selvaggi in perfetto stile "fardello dell'uomo bianco" di Kiplinghiana memoria) sono due poli di un continuum ugualmente sbagliati: il primo perchè non avrebbe nulla da obiettare nemmeno nel Mein Kampf, il secondo perchè ci spingerebbe in una sorta di colonialismo redux in cui il "west" ha sempre ragione e il "rest" se la piglia in saccoccia.
Rimane quindi da attestarsi in una posizione intermedia, ma qui iniziano i dubbi, se le condanne capitali per crimini/non-crimini come l'adulterio vanno osteggiate, allora che fare nella situazione delle mutilazioni genitali? combatterle in toto? accettarle totalmente o in parte? E lo stato della donna matrimonio?
Ma quello della donna è solo uno dei vari esempi che possono essere portati, si potrebbe parlare di dictatorship come di democrazia, di interventi umanitari così come di persecuzioni politico religiose.
Non è nemmeno possibile limitarsi a dire "paese che vai usanze che trovi" ovvero sia ognuno si gestisca nel modo che ritiene più opportuno, in quanto tutte le democrazie occidentali si basano sui diritti dell'uomo e del cittadino, tali che ci obbligano ad intervenire quando vengono perpetrati crimini contro l'umanità, a offrire asilo ai perseguitati ecc.
Qual'è la vostra opinione in merito? Dove porreste il limite? Qual'è il punto dopo il quale è doveroso far valere la nostra visione del mondo? Quando invece è opportuno lasciare che le cose seguano il corso deciso da una cultura diversa dalla nostra?