Secondo un articolo pubblicato ieri sul Washington Post, la Central Intelligence Agency, altrimenti detta CIA, avrebbe in progetto di stanziare qualche milione di dollari per lo sviluppo di un videogioco, il cui obiettivo principale sarebbe aiutare gli analisti dell'Agenzia a ragionare come i terroristi, così da riuscire meglio a combatterli. Una sorta di Sim-Osama (od Osama Sim Laden, se preferite), nel quale il "giocatore" si trova a dover affrontare missioni di addestramento di una cellula terroristica, o trasferimenti di denaro per finanziare attività illecite, cose del genere. La parola chiave, in questo caso, è immedesimazione: gli analisti devono imparare a pensare e agire come il personaggio che gli viene assegnato, a guardare il mondo dalla prospettiva dei terroristi.
C'è già stato chi, in America, ha fortemente criticato il progetto, affermando che se la CIA è costretta a ricorrere a questi strumenti, allora probabilmente la lotta al terrorismo come è stata condotta fino ad oggi non ha portato a grandi risultati.
Senza entrare nel merito di questo discorso, credo che il problema di fondo sia un altro: che la parola "videogame", da sola, non basta a rendere una simulazione credibile. Il comportamento di un personaggio, di un intero mondo, all'interno di un videogioco, è programmato: se non direttamente nelle azioni, lo è sicuramente nelle regole che le determinano. La CIA vuole realizzare una simulazione sul terrorismo, la cui accuratezza presuppone il dover conoscere alla perfezione le regole che ne stanno alla base, e la cui conoscenza È ESATTAMENTE l'obiettivo che la simulazione si pone. Un caso da manuale di cane che si morde la coda, direi...