Qualche anno fa mi ritrovo a vivere per un periodo piuttosto lungo in un paese del Vicino Oriente. Trovo casa in un quartiere tranquillo, quasi in cima ad una collina a picco sul mare. La mia interazione con la popolazione locale è comprensibilmente scarsa per via di lingua e cultura, ma comunque cordiale. La vita scorre tranquilla e il mio unico cruccio degno di nota sono le grida belluine dello straccivendolo la mattina presto e le preghiere registrate del muezzin la notte. Va beh, bisogna pur adeguarsi ai costumi locali... Più il tempo passa, però, più mi accorgo di vivere in un figaio: gnocche ovunque, dalle vicine di casa alle commesse del supermercato e dei bar. Intoccabili, ovviamente... Inizio a frequentare un caffè-pasticceria vicino a casa e mi invaghisco della cameriera tuttofare, una ragazza con un viso delizioso e un corpicino mica da ridere. Siccome la bella non spiccica mezza parola di inglese, non vedo molte chance, millanto sicurezza e charme imperialista e mi limito a qualche sorriso puntualmente ricambiato. Ringalluzzito, le sorrido più spesso e ancora una volta lei non si tira indietro. Dopo qualche visita mi regala addirittura dei biscottini... A quel punto interpreto il dono come un segnale di incoraggiamento e decido di agire.
A lavoro ne parlo con una collega, che getta benzina sul fuoco e mi convince non solo che le mie speranze sono ben riposte, ma che addirittura la vittoria è assicurata.
E qui arriva il colpo di genio. Siccome non avevo chance di intortare verbalmente la bella, la collega si offre di scrivermi un bigliettino nella lingua locale. Credo fosse un invito piuttosto standard a prendere un caffè con il sottoscritto o qualcosa del genere (per quel che ne sapevo però potevano essere pesanti illazioni sulle preferenze sessuali della nonna velata per i dromedari). Alla fine del messaggio, al colmo dell'ispirazione, aggiungiamo pure un "sì / no" in stile scuola materna, perché doveva sembrare una cosa divertente e brillante (
). Manco a dirlo, non lo era.
Se fossi stato più scaltro, a quel punto avrei già dovuto intuire il corso della faccenda, ma gli ormoni ahimè premevano.
Fatto sta che mi ritrovo con cazzoduro permanente e in tasca un biglietto scritto in una lingua incomprensibile. Comincio una lunga serie di appostamenti e, finalmente, una domenica pomeriggio il locale è semideserto. Mi siedo ad un tavolino per il solito the e aspetto che gli ultimi avventori si alzino...
A quel punto chiamo all'appello tutta la mia incoscienza e mi avvio alla cassa per pagare. Le porgo il bigliettino. Lei accetta il pezzo di carta con aria interrogativa, probabilmente si aspetta una mappa, una richiesta di indicazioni stradali o una roba del genere. Mentre legge, cerco di non perdermi nessun movimento dei suoi muscoli facciali. Più va avanti con la lettura e più arrossisce, fino a diventare paonazza. Al contrario io sbianco come un cencio e prego iddio che non reagisca in modo inconsulto, tipo mettendosi ad urlare. Già mi vedo seviziato nella stessa cella del mullah Omar... Non osa alzare gli occhi dal foglio e io non ho il coraggio di muovermi. Imbarazzatissima, prende la penna e traccia una croce gigante tipo firma da bisnonno analfabeta sul "no". Il danno e la beffa, proprio.
Punto alla ritirata strategica con un ultimo sorriso smagliante da colonialista ferito. Mi chiudo in casa per tutto il pomeriggio e nelle settimane seguenti, dato che il locale era nei pressi di casa, studio nuove traiettorie per dribblare ogni possibile incontro con la tizia. Poco tempo dopo il locale chiude e non la rivedrò mai più.
La vita ricomincia a scorrere più o meno tranquillamente e di lì a poco mi metto finalmente, ma per breve tempo, con una gnocca locale che mi causerà ben più di un'orticaria. Ma questa. come si suol dire, è un'altra storia...