Quanto costa alla Germania la crisi dei migranti
Dopo quel volto riverso sulla sabbia, quello del piccolo Aylan la cui morte ha commosso l’Europa, molti altri esuli hanno inseguito il suo stesso sogno. La fiumana di migranti ha quindi trovato il suo spiraglio, nella rotta balcanica e ha raggiunto in massa la più ambita delle destinazioni: la Germania. Quali conseguenze economiche porterà questo imponente arrivo, quali costi e quali opportunità?
Sono le domande che da diverse settimane si pongono il governo tedesco e diversi istituti di ricerca. La realtà, purtroppo, è meno rosea di quanto i facili ritornelli sui vantaggi dell’immigrazione abbiano cercato di convincere l’opinione pubblica. Il caso tedesco è e sarà sicuramente emblematico per comprendere come, al netto delle considerazioni politiche ed umanitarie, l’afflusso di richiedenti asilo incida sull’economia del paese ospitante.
Le ultime stime sull’ingresso dei richiedenti asilo in Germania sono cresciute, dalle 800mila unità previste, a 1,1 milioni per il solo 2015. Un documento dell’agenzia federale del lavoro, tenuto in un primo momento riservato, si aspetta pertanto 400mila nuovi aventi diritto ai sussidi sociali per l’anno prossimo.
Secondo le statistiche dell’Agenzia, in aperto contrasto con la vulgata dei siriani altamente istruiti, l’81% dei migranti non è in possesso di alcun titolo di studio.
Saranno di
21,1 miliardi di euro nel solo 2015 i costi complessivi sulle casse pubbliche, secondo l’istituto Ifo di Monaco, tra vitto, alloggio e educazione per i migranti. Ancora più oneroso è, invece, il calcolo dei costi elaborato dal German Council of Economic Experts (l’organo collegiale dei cinque “saggi” nominati dal governo) che arriva a
22,6 miliardi. Secondo i “saggi” del Consiglio entro il 2020 saranno 500mila i migranti che si uniranno alla forza lavoro, mentre altri 350mila probabilmente saranno disoccupati.
Il punto fondamentale è, però, l’accesso al lavoro per i richiedenti asilo. Per agevolare l’ingresso dei migranti nel mercato del lavoro sia gli studiosi dell’Ifo sia quelli del German Council of Economic Experts si sono espressi contro il salario minimo tedesco, recentemente stabilito a 8,5 euro orari. Una settimana fa, tuttavia, il vicecancelliere, Sigmar Gabriel ha smentito ufficialmente che il salario minimo possa essere oggetto di modifica, anche per evitare la narrativa della guerra tra poveri. Mentre i costi economici sono pienamente gestibili grazie alle solide finanze tedesche, non può dirsi lo stesso per quelli politici con la popolarità della cancelliera Angela Merkel in caduta al 48%, proprio a causa delle politiche d’accoglienza disapprovate dal 47% dei tedeschi.