Titolo chilometrico per un altro prodotto di Yahtzee, creato fra i suoi giochi di horror e tensione; per i pochi che non lo sapessero ancora, sotto questo nick c’è l’uomo dietro 1213 e la trilogia di 5 Days A Stranger / 7 Days A Skeptic / Trilby’s Notes. Mentre correte a giocarli (non è un consiglio, ma un ordine), devo precisare che le origini di GFW (chiamiamolo così) risalgono agli albori della “carriera” di Yahtzee: l’universo in cui si svolge è lo stesso della trilogia di Rob Blanc, i suoi primi giochi, e prende spunti anche da Yahtzee Takes On The World, un webcomic realizzato fra il 2000 e il 2002 (simpatico, devo dire). Il protagonista è il terrestre Daniel Gardner, un uomo insignificante che proprio per questo motivo viene prelevato a forza per diventare un impiegato della Redshirt Security Agency, una compagnia intergalattica specializzata nella creazione di membri d’equipaggio facilmente sacrificabili, e assegnato alla navetta di tre bizzarri alieni. Tuttavia, superata la missione in cui si supponeva che Dan sarebbe saltato in aria, il comandante della nave, l’aliena Bromide, scompare, portando il protagonista a prenderne temporaneamente il posto e a partire con i suoi strani nuovi compagni, il parrucchino vivente Eric e un umanoide invisibile a parte le sopracciglia chiamato Hole, all’esplorazione della galassia.

Se pensavate di trovarvi di fronte a una semplice avventura, GFW lo è solo in parte: certo ci sono i dialoghi, e quando si scende sui pianeti ci sono esplorazioni ed enigmi di tipo classico, ma la struttura portante è quella di un Elite o uno Star Control, per quanto semplificato. Seguendo la classica legge della domanda e dell’offerta, e del comprare a poco qualcosa che su altri pianeti viene valutato di più, si può commerciare per tirare su un gruzzolo da spendere in miglioramenti dell’astronave; attenzione che alcune merci sono da mercato nero, in uno dei tre settori (chiamati Zona Libera, Zona Senza Vita e Zona Protetta e collegati fra loro da dei Gate attraversabili pagando un pedaggio) in cui è divisa la galassia trasportarle porta rischi con la polizia, come se non bastassero già i pirati. Quando la nave viene potenziata adeguatamente, è anche possibile darsi al combattimento, con il quale recuperare merci dalle navi abbattute senza spendere un soldo. E’ anche possibile intraprendere missioni, tramite le quali guadagnare soldi o oggetti utili al proseguimento della storia; si può chiedere a Hole di consultare la “bacheca”, ogni settore ha la sua. Per quanto riguarda le discese sui pianeti, farete uso di “giacche rosse”, prodotti tramite clonazione e acquistati dalla stessa compagnia di cui si parlava all’inizio, da mandare in ricognizione – con il dettaglio, in omaggio e presa in giro a questi poveri personaggi sacrificabili, che comunque vada sulla superficie del pianeta, prima di poter far riprendere il viaggio spaziale a Dan e compagni, devono morire. Sulla superficie di alcuni pianeti possono anche trovare delle casse di merci perse da altre navi, e recuperarle con un raggio traente.

I problemi più grossi di GFW vengono fuori nelle prime ore di gioco, quando tirare su un buon gruzzolo per migliorare la nave è assolutamente necessario (soprattutto la capienza dei serbatoi di carburante, davvero ridicola inizialmente), costringendo a decine di commerci per tirare su una somma adeguata; di mezzo si mette la limitatezza delle parti non avventurose. Lo spostamento fra i pianeti è del tutto automatizzato (si stabilisce la destinazione, e via). Gli articoli commerciabili sono solo quattro, e due di essi sono, tranne in un paio di pianeti, di scarsissimo valore, forzando a concentrarsi più su quelli illegali, con tutti i problemi che ne conseguono nella Zona Protetta. Il combattimento con navi nemiche è a turni, molto statico graficamente, e basato sul cliccare su alcuni pulsanti: un minimo di varietà arriva quando si acquisisce lo scanner (che è comunque funzionale a una sidequest) e il raggio traente, che può bloccare il nemico per qualche turno. Quando si decide di andare a caccia di navi da combattere e saccheggiare, ci si trova semplicemente in una schermata statica, ad attendere che qualcuno arrivi. Il recupero di merci sui pianeti pericolosi è quasi inutile: raramente un “giacca rossa”, finchè sopravvive, riesce a recuperare grandi quantità di materiale. Le varie funzioni di bordo, già ridotte all’osso, si attivano tramite dialogo con Eric e Hole e il sistema, per quanto semplice, si rivela a volte macchinoso e poco flessibile, costringendo a ripetere diversi click per utilizzare ancora una volta una stessa funzione. Penso all’acquisto dei “giacca rossa”: ne volevo 15 ma per prenderli ho dovuto ripetere la stessa sequenza di click per tre volte, non si poteva usare lo stesso sistema adottato per la compravendita, con pulsanti per aggiungere o sottrarre la quantità di merci desiderata. Per farla breve, ho avuto l’impressione di una longevità allungata artificialmente, tramite delle parti che mostrano l’impegno di voler andare oltre i limiti dell’Adventure Game Studio, ma sono le meno esaltanti e diluiscono l’esperienza di gioco.
La grafica delude un po’: so bene che Yahtzee non è mai stato un grande grafico, fa comunque il suo dovere e tratteggia in modo efficace tutte le ambientazioni, ma risulta inferiore sia alle due avventure precedenti che a Trilby’s Notes e 1213, e in alcune schermate sembra quasi “tirata via”.

Se si resiste all’impatto iniziale, però, magari dedicando i primi giorni a tirar su denaro un po’ per volta, il gioco inizia a rivelare tutte le sue qualità. Le sidequest sono ben studiate e integrate fra i pianeti in cui si svolge la storia e, per quanto opzionali, premiano l’impegno del giocatore non solo con soldi, ma anche oggetti utilissimi che facilitano non poco le missioni, soprattutto quando la trama ingrana e si ha meno voglia di perdere tempo con combattimenti random. Sia l’avventura principale che queste missioni secondarie portano inoltre ad affrontare diversi sottogiochi, non tutti brillanti come realizzazione ma che spezzano il ritmo e aumentano la varietà. E poi, la sceneggiatura: lo humour c’è sempre, ma quella che sembrava una semplice storia fanta-demenziale assume proseguendo connotati sempre più seri e profondi, fino a tenere inchiodati al monitor. Una riconferma delle qualità di Yahtzee come narratore. Il dialogo finale permette poi di vedersi due finali differenti, quindi salvate durante l’ultima parte avventurosa per goderveli a dovere.

Concludendo, purtroppo a GFW non mi sento di assegnare l’appellativo di capolavoro: Yahtzee è sempre stato capace di realizzare giochi migliori della somma delle loro parti (vedi 1213, splendido a dispetto di tutti i suoi limiti), ma qui ci sarebbe voluta una maggiore “compattezza”, per evitare il rischio che la noia sopraggiunga prima che il gioco mostri le sue parti migliori – a me è successo, ho abbandonato il gioco per mesi prima di riscoprirlo. In ogni caso, non sottovalutatelo.


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