Lasciando all'ampio reportage che mi accingo a scrivere il compito di parlarvi dei giochi e degli studios che ho avuto modo di conoscere durante il press tour organizzato in maniera splendida dalla Buka Entertainment (il primo in assoluto, per loro), due impressioni a caldo ve le voglio ugualmente raccontare. La prima (la seconda la rimando a domani... eh eh... inauguriamo gli editoriali seriali ^__^) è l'impatto con un mondo, quello degli sviluppatori russi, dove non esiste l'opulenza e la "ricchezza" degli "occidentali", sia in termini di risorse umane che di materiali (computer, arredi, uffici).
Scordatevi le gigantesche sale riunioni, gli studi di registrazione audio ultraprofessionali, gli open space pieni di programmatori persi nei loro monitor. Game designer, artisti e coder lavorano in appartamenti riadattati, situati in edifici piuttosto fatiscenti di quartieri sperduti di Mosca e San Pietroburgo.
Non vi nascondo che il tutto assumeva un gustoso, dimenticato e al tempo stesso assai piacevole sapore artigianale, di cose "buone fatte in casa"; faceva tornare alla memoria i tempi di Geoff Crammond che programmava il suo primo Grand Prix nel garage di casa, a Carmack e Romero nella stanza del dormitorio del college intenti a scrivere Wolfenstein3D. Vi fermo subito: nessuno dei giochi che ho visto lasciava sperare in capolavori di quella portata, ma del resto non è che dalle nostre parti la situazione sia poi tanto diversa. O no?