FERMATE L'AMERICA! elenca 99 buoni motivi per diffidare dell'America di un presidente cialtrone, nel fumetto interpretato da Mr. Perkins, che nell'agosto 2001, informato sui piani di attacco da parte di terroristi islamici, si dedicò intensamente ad attività di prevenzione come giocare a golf e schiacciare pisolini.
E' lo stesso presidente che quando avverte un calo di popolarità spruzza nell'aria uno spray che induce indignazione contro i matrimoni gay per distrarre l'opinione pubblica dall'inconsistenza della sua politica nei confronti dell'economia e dell'occupazione e che, ogni volta che ne ha occasione, si mette in ridicolo con gaffes che sembrano scritte per il cabaret, come quando afferma di credere che persone di colore diverso dal nostro (inteso gli americani) siano perfettamente in grado di governarsi, facendo riferimento all'Africa e all'Asia e dando così a intendere che gli americani siano solo bianchi.
E' anche lo stesso presidente che risponde al lecito rifiuto del governo di Chirac di appoggio incondizionato alle truppe in Iraq proponendo una campagna anti-francese che, tra le altre cose, ribattezza le french fries (patatine fritte) freedom fries, e ancora il medesimo che si fa garante della non tossicità dell'aria intorno a Ground Zero subito dopo il crollo delle Twin Towers, fatto che consente di riaprire Wall Street e di riprendere la vita economica del paese, ma anche di aggiungere, alle 2.752 vittime dei crolli, decine di migliaia di intossicati, in parte già morti, che la sanità nazionale non sostiene e ai quali nessuno erigerà mai un monumento alla memoria.
Ma Bush e la sua fasulla lotta al terrorismo con contorno di puritanesimo religioso non è l'unica cosa che non va in America: Jen Sorensen denuncia anche le mode che rincoglioniscono l'America come quella di guidare auto sproporzionate ad alto consumo di carburante o come quella di ricorrere al chirurgo estetico per raggiungere i canoni di bellezza e volgarità imposti da cinema e tv.
Un bel libro, caustico e documentato, in parte un po' incomprensibile se non si segue attentamente la politica americana. Ma è anche un libro che parla di noi, che della cultura e dei fenomeni americani, da troppo tempo, importiamo il peggio.