La sincerita' di Ranieri
In materia di “sudditanza psicologica”, questa settimana, ho sentito tanta ipocrisia, dettata dal desiderio di non alimentare casi giornalistici. E così è successo che la sincerità sia arrivata dalla bocca del personaggio, di solito, più diplomatico, più pacato, e più “governativo”: Claudio Ranieri. Il “mister” bianconero ha dichiarato: “Quando ero calciatore, e mi trovavo contro Bettega o Rivera, sapevo che dovevo raddoppiare le energie, ma non solo per la grandezza degli avversari, visto che io ero nessuno. Sapevo che, al minimo errore, l’arbitro mi avrebbe punito, diversamente, magari, da altre volte”. Ranieri, in sostanza, ha ammesso che la “sudditanza psicologica” esisteva ieri, come esiste oggi, senza che, per questo, si debba parlare di “corruzione” dei direttori di gara. Sei un bravo arbitro, se dirigi le partite delle maxi-squadre, e facilmente, non danneggiandole, sono loro stesse a indicare un “gradimento”. Non so proprio come altri allenatori, che sono stati giocatori, possano negare la verità. Forse hanno avuto la fortuna di indossare sempre maglie di prestigio, e non si sono mai resi conto di cosa significa stare dall’altra parte della barricata! Lo chiedano a chi ha fatto la doppia esperienza! D’altro canto, finché gli organi direttivi arbitrali sono inseriti nel contesto della Federcalcio, non si potrà neppure sperare di migliorare la situazione. In altre discipline, i “giudici” arrivano dalla Federazione Italiana Cronometristi, che si configura come una struttura del tutto autonoma dal resto. La Fifa impedisce che questo possa avvenire anche nel calcio. Per carità: sono convinto che, pure in una condizione di indipendenza, il fascino dei maggiori club influenzerebbe, comunque, gli arbitri, ma almeno si effettuerebbe un ragionevole tentativo. Per ora, mi tengo stretta la serietà di Ranieri.
(Carlo Nesti)