Sarà la pioggia che concede finalmente una tregua e regala a Roma uno dei primi pomeriggi di primavera, sarà la gente che se ne va ballando con Cristicchi e la sua canzone sfottò su Carla Bruni, ma oggi a piazza del Popolo, per una manciata di ore, è sembrato di essere in un’altra Italia, non quella percossa e strattonata dalle continue incursioni del premier. Piazza gremita (200mila per gli organizzatori, solo 25mila per la Questura che evidentemente ha misurato un’altra piazza), bandiere sventolanti di tutti i partiti del centrosinistra e molto colore viola, slogan che virano spesso nell’ironia, come quel cartello con il quadro “I bari” di Caravaggio e i volti dei leader Pdl o lo stand dei giovani comunisti che vende il panino "alla Milioni". «Sì alle regole, no ai trucchi», si legge nei cartelloni sul palco. E al centro: «Per la democrazia, la legalità, il lavoro, i diritti».
Prima prova del “nuovo centrosinistra”, la manifestazione di oggi è riuscita anche ad esorcizzare il rischio di un “effetto Unione”, con la carrellata di segretari di partito, dal socialista Nencini fino a Bersani, passando per Bonino, Bonelli, Vendola, Ferrero, Di Pietro. Forse anche perché i politici sono stati sapientemente intervallati da intermezzi musicali e testimonianze della società civile, una lavoratrice dell’Omsa, un’insegnante siciliana e il giornalista Riccardo Iacona che chiede di «riaprire subito le trasmissioni televisive che sono state bloccate».
Un
Di Pietro in versione super moderata ha fugato subito i dubbi della vigilia su possibili attacchi al Quirinale. Sciarpa viola al collo, e un siparietto con un fan che lo invita a non censurarsi e lui che si mette le dita a "x" sulla bocca, ma dal palco nessuna smagliatura. «Lo dico subito, oggi e da oggi l’unico nostro obiettivo sarà liberare il paese del despota Berlusconi», mette subito in chiaro Di Pietro, chiamando la piazza a una raffica di fischi contro Minzolini e regalando al premier una mezza dozzina di epiteti come “corruttore”, “neofascista”, “Nerone”, “piduista”. Qualche cartuccia anche per gli alleati, «noi a piazza Navona c’eravamo a dire che la democrazia era in pericolo e ci trattavano come eversivi, oggi siamo tutti qui perché i fatti ci hanno dato ragione». Punzecchiature agli alleati anche quando parla del centrosinistra «che con Berlusconi ha scherzato, soprattutto in tema di informazione, e i responsabili di quelle omissioni oggi dovrebbero venire qui a chiedere scusa». Ma il Tonino di Piazza del Popolo punta soprattutto sull’«alternativa», sul «fare squadra», sulla «responsabilità». Spunta un solo cartello critico col Quirinale, "Vendesi repubblica,rivolgersi a Napolitano", ma il leader Idv prende subito le distanze. Ma su Casini si abbette il sarcasmo: «Non sono in piazza? Mi pare che qui non se ne sia accorto nessuno...». Diversa l'opinione di D'Alema, che all'Unità dice: «Non credo che l'assenza dell'Udc segnali una battuta d'arresto nel nostro rapporto con l'Udc, ogni forza politica ha il suo stile e le sue tradizioni. Il rapporto con l'Udc ha fatto dei passi avanti, a mio avviso non sufficienti, anche per alcune loro scelte contradditorie alle regionali. Spero che sul decreto "salvaliste" l'Udc faccia il suo dovere in Parlamento insieme alle altre forze di opposizione».
Battute a parte, il "caso" Di Pietro è rientrato. E
Bersani gongola: «Mai avuti dubbi su di lui». Soddisfazioni che al leader Pd arrivano anche dalla
Bonino, che lui ha fortemente voluto candidata nel Lazio, anche sfidando più d’una resistenza nel partito. «Oggi i compagni Radicali non ci sono ma io io sì perché sono grata di essere la candidata di tutti voi», esordisce Emma, in feeling con una piazza che chiama a fare qualcosa di più che darle una mano. «Dovete sentirvi tutti candidati presidenti, e io con voi». «Temo nei prossimi giorni ancora molte trappole, dobbiamo attrezzarci per prevederle ed evitarle», avverte la Bonino. «Le regionali non saranno solo un voto amministrativo, da qui può partire una riscossa democratica e civile del Paese». Bonino guarda anche agli elettori di centrodestra: «Penso che siano molti quelli che sentono l'esigenza di decoro istituzionale, di decenza, perché di cittadini perbene ce ne sono tanti». E chiude citando la giornalista russa Anna Politkovskaja, «per conquistare la fiducia della gente non bastano sentimenti tiepidi e io non ne ho, spero neanche voi!».
Pure il leader del Prc
Ferrero, che in alcune regioni si è chiamato fuori dalla coalizione, ha toni particolarmente unitari: «Nonostante le differenze, alle prossime elezioni dobbiamo stare tutti insieme per battere Berlusconi». Applausone, mentre il Verde
Bonelli (ormai in via di guarigione dopo il lunghissmo digiuno di 34 giorni e il malore) lancia un mazzo di fiori alla piazza «bellissima che segna l’inizio di una rivoluzione gentile». «I fiori sono il nostro riconoscimento agli italiani che ogni giorno rispettano le regole e si battono per la legalità», spiega. E conclude: «Berlusconi ha definito questa piazza una “ammucchiata”, ma non è il lettone di Putin, è una piazza che dà una grande prova di democrazia».
Tutti in squadra, dunque, e
Bersani ha gioco facile nel dire che oggi «è la festa dell’alternativa». Un discorso tutto al futuro, il suo, «difesa della democrazia e questione sociale si danno la mano», e poi lavoro, scuola, sanità. Onestà, serietà e regole, «poche parole chiare». Anche Bersani ironizza sul Cavaliere, «fa il capopolo, persino il caporedattore del Tg1, tranne che il suo mestiere. Perché non prende la carriola e non porta via le macerie dell’Aquila che stanno lì da un anno?». E poi un consiglio, anche se per la verità il copyright è dell’assente
Casini (che definisce la manifestazione «un errore gravissimo»): «La prossima volta le liste se le facciano fare dalla protezione civile», ironizza il leader Pd. Che si dice sicuro, «vinceremo, lista o non lista», perché «Berlusconi non può più parlare al futuro del Paese. E’ troppo forte per essere finito, ma noi impediremo che nel suo tramonto nervoso travolga la politica e le istituzioni». «Guardate che le cose cambiano», conclude, «affrontiamo con fiducia l’appuntamento elettorale e andiamo a vincere».
Un ottimismo condiviso da un sorridente
Massimo D’Alema, che dietro il palco si concede anche una chiacchierata con
Nichi Vendola, («La pace? L’abbiamo fatta un mese e mezzo fa...») e sulle regionali dice: «Andremo meglio di come si pensava due mesi fa e forse meglio di quello che si pensa oggi...stiamo salendo, questo è il trend». Vendola fa un intervento dei suoi, decisamente appassionato e molto apprezzato dalla piazza, per dire che il premier è «una bestia ferita che può ancora far danni con i suoi colpi di coda», ma soprattutto per dire che l’epoca della «balcanizzazione» del centrosinistra è finita. «Il racconto di Berlusconi è finito tra le macerie dell’Aquila, qui comincia il cantiere dell’alternativa, il centrosinistra ritrova il suo popolo che si era smarrito, dobbiamo rendere percepibile e netto il senso del cammino di un centrosinistra che riapre la porta della speranza. Hanno portato l’Italia in un angolo, tocca a noi risollevarla». Ovazione per lui, che alla fine ruba la scena a Di Pietro: si pensava che la piazza “movimentista” premiasse Tonino, e invece l’applausometro lo vince il governatore pugliese. Che si candida a un ruolo di primo piano nella coalizione che verrà.
L'Unità.