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BOLOGNA - Nel frastuono assordante provocato da cori che stracciano le corde vocali, da trombe che assordano, da battiti di mani ritmate al suono cupo del tamburo. Fischi, gente che salta per non far parte della controparte, applausi scroscianti. C'è un momento speciale nel derby di Bologna. C'è la memoria che aiuta, si spera, a costruire un futuro diverso. C'è una classe, una scuola, un aereo che dice stop a vite senza colpe. E' il 6 dicembre del 1990 quando il Salvemini di Casalecchio di Reno entra nella storia insanguinata del nostro paese. Una parentesi tremenda.
Cosa c'entra questa ferita con una partita di pallacanestro, con il derby? Già, cosa c'entra. Bisognerebbe chiederlo a quelli che stanno a torso nudo, quando fuori c'è un freddo cane, per dirigere cori e coreografie. Bisognerebbe chiederlo a quelli che, a ragione o no, si beccano diffide in nome di una fede e di colori da difendere. Eppure quelli là, quelli della Fossa, quelli che, per molti, hanno sempre torto ti sbattono in faccia una sensibilità da far arrossire. Loro aiutano a non dimenticare quel 6 dicembre del 1990. Senza chiedere permesso c'è chi ha infilato una lama nel cuore di una città che ha già pagato troppo.
Ed allora eccoli quella della Fossa dei Leoni. Gente capace, nel giorno più carnevalesco dell'anno quello del derby, nella domenica più colorata che ci sia, di tirare fuori lettere in vernice su un lenzuolo bianco. No, loro non dimenticano quel 6 dicembre del 1990. Loro invitano Bologna a non farlo. C'è un applauso. Qualcosa di dolce, qualcosa che supera la rivalità, radicata e fortissima. C'è un Palazzo che applaude. I tifosi della Fortitudo, i tifosi della Virtus. Tutti insieme, per un lenzuolo con della vernice blu. La più bella coreografia mai realizzata nella storia dello sport cittadino.
C'è tanto dietro quel pezzo di stoffa. C'è tutto. 6 dicembre 1990: Bologna non dimentica. Grazie.