"Ormai non li salverà più nulla. Non strisciare davanti a lui, Ranuncolo, non supplicarlo. E' una cosa inutile e degna di pietà", lo interruppe Geralt.
"Per essere una creatura dalla vita così breve hai un sorprendente disprezzo della morte, umano", disse Filavandrel con un sorriso forzato.
"Si nasce e si muore una volta sola. E la tua longevità? Mi fai pena, Filavandrel".
L'elfo alzò le sopracciglia. "Spiegami perchè".
"Siete patetici e ridicoli, coi vostri sacchetti di semi rubati sui cavalli da soma, col vostro pugno di grano, con queste poche cose grazie alle quali vorreste sopravvivere. E con la vostra missione, che dovrebbe distogliere i vostri pensieri dal prossimo sterminio. Perchè sai bene che oramai è giunta la fine. Nulla spunterà nè crescerà sugli altipiani, nulla ormai potrà salvarvi. Ma siete longevi, vivrete a lungo, molto a lungo, in un isolamento scelto con arroganza, sempre meno numerosi, sempre più deboli, sempre più amareggiati. E tu sai che cosa accadrà allora, Filavandriel. Sai che allora i giovani disperati con occhi di vecchi centenari e le ragazza sfiorite, sterili e malate come Toruviel, accompagneranno coloro che saranno ancora in grado di impugnare spade e frecce. Discenderete nelle valli fiorite andando incontro alla morte, desiderando di morire in maniera dignitosa, in guerra, e non sui giacigli su cui vi ridurranno l'anemia, la tisi e lo scorbuto. Allora, longevo Aèn Seidhe, ti ricorderai di me. Ti ricorderai che mi facevi pena. E mi darai ragione."