Isola-Los Angeles: andata e ritorno. Con tanti nuovi indizi e un paio di preziose risposte…
Era ora che qualcuno glielo dicesse: benedetti
Losties, ma volete lasciare in pace il povero
Ben? Non è educato minacciare di morte, a turno, chi vi sta portando a spasso! E poi, voglio dire: uno si dà da fare 24 ore su 24 per complottare, architettare, organizzare, confondere… e voi avete il coraggio di parlare di lui come se non fosse lì, in grado di sentirvi? Me lo sminuite, così! Ed ecco il risultato:
Lost ci ha regalato un’altra
puntatona. Con Ben che si ribella alle continue lamentele dei suoi “pacchetti” da riportare sull’isola.
Con
Locke che si aggira nel Paese delle Meraviglie, in contatto diretto con
Christian Shephard (ma guarda un po’ chi si rivede:
Jacob…) pronto a lamentarsi che l’isola doveva spostarla
lui, e non Ben. Povero Ben, ce l’hanno proprio tutti con lui… E che dire di
Charlotte? (e di
Daniel, ritratto della sfortuna: confessa i suoi sentimenti all’amata, lei pare ricambiare e poi… bum! Morta stecchita!). Charlotte, che si rivela importante più in punto di morte che prima di morire. Charlotte che già da tempo (rivedere i
Lost in progress della stagione 4 per credere) sapevamo essere cresciuta sull’isola.
Anche se mi aspettavo che le informazioni in suo possesso fossero di più. Soprattutto dopo l’affermazione “solo il klingon” alla domanda di Daniel sulla conoscenza di altre lingue oltre al coreano. Non si maltrattano così, i trekkers! (E i riferimenti a
Star Trek – serie, film, film di J.J. Abrams… - si sprecano). Ma i meccanismi del racconto classico, a cui gli autori rendono infiniti omaggi (come gli autori di
Star Trek, guarda caso) hanno la meglio: come nel più classico dei racconti di mistero, proprio sul più bello, la “fonte” delle potenziali rivelazioni spira. Molto triste. (Riguardatevi “Lost in 8 minuti” e capirete).
Così, fra una rossa defunta, un
uomo di fede pronto all’estremo sacrificio (niente è
mai facile, vero John?) e un sussurratore-complottatore spazientito, assistiamo alla storia di una ragazza francese e di un
Mostro di Fumo Nero. Ah, il Fumo Nero! I pericoli della giungla! Chi ci pensava più, con tutto questo viavai sulla linea spazio-temporale? Fortuna che ci sono loro, i diabolici autori, a ricordarci – con un riuscito episodio incentrato più sulla macrostoria di
Lost che sui personaggi, per una volta – che siamo ancora sull’Isola-che-non-c’è. Dove si rischia la vita e dove qualcosa (il Fumo Nero?) fa impazzire la gente.
La Rousseau, nonostante 16 anni di solitudine ed un comprensibilmente elevato livello di paranoia, diceva la verità: dopo il naufragio sull’isola i suoi colleghi – compreso il padre di Alex – erano impazziti, e lei era stata costretta ad ucciderli. Nel corso di uno di quei tragici momenti alla “uccidi o sarai ucciso” che ti perseguitano per il resto della tua vita. Nel suo caso, per i successivi 16 anni. E prima di morire, il suo amorevole partner accenna al Mostro di Fumo Nero come ad un sistema di difesa del tempio. Una sorta di Cerbero fatto di fumo e messo a guardia di qualcosa di molto, molto prezioso per l’isola.
E a proposito di cose preziose: abbiamo avuto una conferma. Danielle incontra Jin appena arrivata sull’isola, ma dopo il disastro del volo Oceanic 815 non sembra ricordarsi di lui. Così come Desmond non si ricorda di Daniel (se non dopo un sogno che identifica come
ricordo, e non sogno vero e proprio), e come Charlotte si ricorda di Daniel – che evidentemente aveva viaggiato nel tempo per avvertirla di non tornare sull’isola – solo in punto di morte. Sappiamo che i viaggi nel tempo non possono alterare il corso del futuro, giusto? Ora sappiamo anche che sono ininfluenti non solo sugli eventi, ma anche sulle persone. Non siamo in un nuovo capitolo della saga di
Ritorno al futuro. Non ci si aprono migliaia di diverse possibilità, scatenate da infinite variabili. Nossignore: il destino è destino e quel che deve accadere… accadrà.
E non è ancora tutto: mentre il bue dice cornuto all’asino (Ben fa notare a Kate, con un tono in qualche modo sprezzante, che Aaron non è
davvero suo figlio… E Alex, allora?) si creano delle inedite interazioni. La dolce Sun, pronta a far saltare la testa a Ben, apprende – e ci crede, visto che è pronta a tornare sull’isola – che suo marito è ancora vivo. Desmond e Ben si parlano per la prima volta (come Sun e Ben). E una volta giunti al cospetto di
Eloise Hawking, i nostri stanno per “cominciare”. Cosa? E soprattutto: dopo tutti questi avvertimenti “ci devono essere tutti-tutti-tutti”, com’è che la Hawking si accontenta così facilmente dei pochi naufraghi riuniti da Ben?
CURIOSITÀ
Durante la “fase acuta” del disturbo causato dai continui salti temporali Charlotte dice “Alza il volume, adoro
Geronimo Jackson”. Si riferisce ad un gruppo degli anni ‘70, già citato in episodi precedenti, considerato come una creazione degli autori di
Lost, sebbene durante un podcast ufficiale di tre anni fa Damon Lindelof e Carlton Cuse avessero dichiarato che si trattava di un gruppo realmente esistente, ma sconosciuto ai più.
Uno dei compagni d’avventura della Rousseau si chiama
Lacombe, come il personaggio di François Truffaut nel celebre film di Spielberg
“Incontri ravvicinati del terzo tipo”.
Danielle dice a Jin di essere partita da Tahiti insieme agli altri il 15 novembre 1988. Il conto, in base a tutte le informazioni che avevamo sul messaggio registrato dalla Rousseau, non torna esattamente con i calcoli di Sayid; visto, però, che si trattava di un calcolo approssimativo, basato su scarse informazioni, non può considerarsi un vero e proprio errore di sceneggiatura.