18 settembre 2012 Charlie Hebdo pubblica vignette osè su Maometto. Governo francese vieta proteste islamiche Mentre il mondo musulmano - dall'Egitto alla Libia all'Afghanistan - è in rivolta per il film L'Innocenza dei musulmani prodotto negli Stati Uniti e causa delle proteste che hanno causato la morte dell'ambasciatore Stevens a Bengasi, il settimanale satirico francese
Charlie Hebdo annuncia che oggi pubblica nuove vignette sul Profeta.
I disegni, che secondo il sito de Le Figaro mostrano Maometto in posizioni osé, non sono in prima pagina ma nella quarta di copertina. In piena ondata di violenze contro gli Usa per il film anti-Islam considerato oltraggioso, la pubblicazione di queste vignette preoccupa la polizia francese, che ha deciso di proteggere la sede del giornale a Parigi, già incendiata con una bomba molotov lo scorso novembre per uno speciale intitolato Sharia Hebdo. Intervenendo alla tv I-tele, il direttore di Charlie Hebdo, Charb, ha detto di non essere preoccupato per le conseguenze di questa iniziativa. Il direttore del giornale, già vignettista che si firma con il nome Charb, ha detto che i disegni «sconvolgeranno solo quelli che vorranno essere sconvolti».
Mentre in prima pagina c'è un disegno del direttore Charb in cui si vedono un rabbino che spinge un Imam in sedia a rotelle, con la scritta Intoccabili 2 - Non bisogna prenderci in giro. In piena ondata di violenze contro gli Usa per il film americano che ha fatto infuriare il mondo islamico, la pubblicazione di queste caricature rischia di incendiare ulteriormente una situazione già delicatissima e preoccupa il governo di Parigi. A partire, dal
premier Jean-Marc Ayrault, che pur schierandosi a difesa della "libertà d'espressione", disapprova "qualsiasi eccesso", appellandosi allo "spirito di responsabilità di ciascuno". Mentre dal Cairo, il
ministro degli Esteri, Laurent Fabius - rispondendo a chi chiedeva un commento sull'opportunità di pubblicare le vignette su Maometto - ha detto di essere "contrario ad ogni provocazione in questo periodo così sensibile". Nella vicenda, è intervenuto anche il rettore della Grande Moschea di Parigi, Dalil Boubakeur, che ha lanciato un "appello alla calma". Intervenendo alla tv I-tele, Charb ha detto di non essere preoccupato per le conseguenze che potrebbero portare le nuove vignette. Ma la polizia francese ha deciso di rafforzare la protezione della sede del giornale a Parigi, già incendiata in passato. Lo scorso 2 novembre, la redazione di Charlie Hebdo fu data alle fiamme dopo che il giornale annunciò l'uscita di un numero speciale dedicato alle elezioni in Tunisia e alla vittoria degli islamisti, con una caricatura di Maometto in prima pagina, che prometteva "100 colpi di frusta se non morirete dal ridere!".
Vietata la manifestazione di protesta contro il film ritenuto blasfemo sulla vita di Maometto, prevista per sabato a Parigi: lo ha annunciato il premier francese Jean-Marc Ayrault.
Il giornale, che per l'occasione era stato ribattezzato Sharia Hebdo, scelse di nominare il Profeta Maometto "direttore", allo scopo di "festeggiare la vittoria" del partito islamico Ennhadha in Tunisia e l'avvento della sharia "come principale fonte legislativa in Libia". All'interno, anche la sezione Sharia Madame, con diverse vignette ironiche per denunciare l'uso del burqa. Charlie Hebdo ricevette minacce anche nel 2006, quando riprese le caricature di Maometto pubblicate dalla stampa danese nel 2005, in particolare dal quotidiano
Jyllands-Posten, scatenando violente proteste nei Paesi arabi.
Governo vieta protesta.
«È stata presentata una richiesta per una manifestazione di protesta, ma sarà respinta», ha dichiarato il primo ministro Jean-Marc Ayrault alla radio Rtl. «Non c'è ragione - ha aggiunto - di lasciar entrare nel nostro Paese conflitti che nulla hanno a che vedere con la Francia
La Francia è «un Paese in cui la libertà di espressione è garantita, compresa quella di caricatura«, ma «se qualcuno si dovesse sentir offeso» dalle vignette su Maometto pubblicate dal settimanale satirico Charlie Hebdo «può ricorrere ai tribunali». Ha concluso il premier francese ai microfoni di radio Rtl.