sarebbe una strategia folle quella che dici te. Soprattutto con la cina che si sta espandendo.
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sarebbe una strategia folle quella che dici te. Soprattutto con la cina che si sta espandendo.
ho sbagliato settore, altrove non c'è mai crisi + alti margini di profitto. :|
1 giugno 2013
La grande svendita delle armi (usate) italiane
di Gianandrea Gaiani
Le forze armate italiane stanno dismettendo, o si apprestano a farlo, ingenti quantitativi di armi e mezzi che verranno offerti sul mercato dell’usato e sembrano interessare numerosi Paesi in Africa, Asia, e America Latina. In alcuni casi si tratta di equipaggiamenti obsoleti per gli standard Nato, non certo per quelli di Paesi in via di sviluppo, ma in molti altri sono i tagli a organici e reparti attuati in questi anni a mettere sul mercato mezzi recenti o con una consistente vita utile residua.
Nell’audizione alle Commissioni Difesa di Camera e Senato del 22 maggio, il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, ha evidenziato un numero consistente di mezzi di prossima radiazione . L’Esercito ridurrà i carri armati da 337 a circa 200, liberandosi di fatto degli ultimi vecchi 120 Leopard 1A5 e mantenendo in servizio solo i 200 Ariete dei quali 50 verranno posti in riserva e 50 ammodernati per eventuali impieghi bellici. Anche le blindo Centauro, entrate in servizio nei primi anni ’90, verranno dimezzate: su 300 esemplari solo 136 resteranno in servizio per venire ammodernati mentre gli altri saranno radiati, poste in vendita o cannibalizzati per recuperare i pezzi di ricambio. L’Esercito ha già messo sul mercato centinaia di blindati leggeri Puma, acquistati una dozzina di anni or sono ma dimostratisi troppo vulnerabili agli ordigni impiegati dagli insorti in Iraq e Afghanistan. L’Esercito vorrebbe vendere i Puma alla Libia che ne ha già ricevuti alcuni esemplari. Recentemente sono stati ceduti al Pakistan centinaia di vecchi cingolati M-113 in pessime condizioni mentre Gibuti ha ricevuto 3 blindo Puma e 10 obici semoventi M-109L dei 250 radiati negli ultimi anni. Nella lista dei mezzi in dismissione finiranno presto anche un’ottantina di cannoni FH-70 da 155 millimetri e altrettanti elicotteri AB-205 e AB-412.
Nei prossimi anni l’ingresso in servizio dei cacciabombardieri F-35 consentirà di radiare circa 120 Tornado e AMX Acol. Si tratta di velivoli non più giovani ma radicalmente ammodernati e specie gli Amx potrebbero risultare attraenti per il Brasile, che impiega lo stesso velivolo e vorrebbe mantenerlo in servizio almeno altri 20 anni. Meno comprensibile e giustificabile sul piano finanziario il tentativo di vendere sul mercato dell’usato anche 24 nuovi Typhoon, i cacciabombardieri europei ordinati in 96 esemplari che l’Aeronautica vuole ridurre a 72.
La Marina sta per radiare una dozzina di fregate tipo Maestrale e Artigliere, 8 corvette e 12 cacciamine e pattugliatori ma si aggiungeranno alla lista anche due sottomarini, altrettanti cacciatorpediniere una trentina di elicotteri AB-212 e SH-3D e, tra qualche anno, di una quindicina di cacciabombardieri Harrier. Dopo un interesse iniziale delle Filippine, fregate e corvette sembrano oggi interessare alcuni Paesi sudamericani tradizionali clienti della cantieristica militare italiana quali Perù ed Ecuador. Pochi giorni or sono è giunto a Roma il ministro della Difesa peruviano, Pedro Cateriano Bellido, in una visita non pubblicizzata dalla Difesa italiana a quanto sembra incentrata sull’acquisto di navi e velivoli.
L’acquisto di armamenti usati è molto diffuso in Asia, Africa, Europa Orientale e America Latina. Oltre ad essere conveniente per l’acquirente, consentirebbe all’Italia di penetrare in alcuni mercati oggi dominati da altri Paesi, facilitando la venduta anche di mezzi di nuova produzione. Solitamente la cessione di navi, aerei o mezzi di seconda mano è accompagnata da contratti con le aziende italiane per l’aggiornamento di equipaggiamenti e dotazioni. Nei mesi scorsi il Parlamento ha bocciato la proposta di consentire alla Difesa cessioni dirette di armamenti ad altri Paesi ma la norma, presentata all’interno della legge di riforma dello strumento militare, verrà riproposta secondo quanto riferito dal generale Claudio Debertolis, alla testa di Segredifesa.
Grande svendita delle armi (usate) italiane
Le forze armate italiane stanno dismettendo, o si apprestano a farlo, ingenti quantitativi di armi e mezzi che verranno offerti sul mercato dell’usato e sembrano interessare numerosi Paesi in Africa, Asia, e America Latina. In alcuni casi si tratta di equipaggiamenti obsoleti per gli standard NATO non certo per quelli di Paesi in via di sviluppo ma in molti altri sono i tagli a organici e reparti attuati in questi anni a mettere sul mercato mezzi recenti o con una consistente vita utile residua.
di Gianandrea Gaiani
1. Blindo Centauro
2. Blindo Puma
3. Cannone FH-70
4. Elicottero AB 205
5. Amx
6. Eurofighter Typhoon
7. Panavia Tornado
8. Fregate Maestrale
9. Corvette Minerva
10. Sottomarini Sauro
Ho i miei dubbi, soprattutto sul buonista.
non buonista, terzomondista. anche peggio ..:S
esattamente. Finora gli americani ci hanno solo rimesso per via delle politiche forsennate del loro presidente, sia in termini economici (debito pubblico alle stelle) che in politica estera: anche quelli che erano gli alleati piu' solidi nel Golfo ormai fanno come gli pare, vedi sauditi e eau, l'iraq da alleato americano - anche se forzato - sotto Giorgino, ora fa gli interessi Iraniani, e la perdita di potere anche nei confronti della Turchia, che se ne frega allegramente dell'embargo nei confronti dell'Iran - come fa un paese "alleato" attuare una politica palesemente contraria a quella americana?
Non so, in questi ultimi due anni ho avuto modo di rivedere con una certa attenzione le mosse USA sullo scacchiere internazionale, e l'impressione è che, piano piano, si sia deciso(e finalmente, direi) di sostituire alla logica dell'interventismo di stampo "scoutista" che alza tanta polvere, riempie body-bags e porta più grane che vantaggi, la vecchia scuola tanto cara a Le Carrè: le barbe finte, le trattative stronzette sotto-banco, le forze speciali, gli incontri ufficiali pochi e ben calibrati, i raid con i droni, il Cyber Command, interventi umanitari rapidi ed efficientissimi quando serve(vedi in Giappone con lo tsunami, un raid muscolare di tale rapidità ed efficacia da lasciare impalati i cinesi come i bamba che, fortunatamente, sono) le rendition...
Tutto sommato non sono mancate mosse intelligenti(quanto ciniche) negli ultimi anni, e basterebbe analizzare la svolta "cover-specialistica" delle sole forze armate per farsi un'idea.
E' altresi' chiaro che la stretta americana, allentata in medio oriente, si sia fatta più decisa nel Pacifico e nell'oceano indiano, luoghi che hanno già, di fatto, soppiantato le classiche aree calde del pianeta, declassando queste ultime a noiosi gineprai in cui genti puteolenti e cenciose vengono vieppiù abbandonate alle loro patetiche zuffe.
Probabile che, oltre al fatto che l'asse degli equilibri si stia sempre più spostando verso l'estremo oriente, sia proprio la svolta nelle politiche energetiche ad allontanare gli interessi di Washington da medio oriente e dintorni.
Esatto, è quel che sostenevo una pagina addietro.
secondo quale logica una potenza mondiale per avere più interessi da una parte trascura un'altra??
è un ragionamento totalmente insensato. i rapporti diplomatici sono a 360 gradi. E ci sono interessi economici in ogni area del mondo.
Qui non si tratta di "preoccuparsi più della Cina che del medio oriente". qui si tratta di un presidente che fa politiche antiamericane in medio oriente (in particolare, ma non solo), perdita di alleati, e rafforzamento dei regimi nemici.
una cosa non preclude l'altra. mapperò ha il nobel per la pace :asd:
son daccordo con marvel. Non butto via una mela che ho già solo perchè ne è nata un'altra sul mio albero.
Non è questione di soldi è questione di volontà politica. Se vanno avanti così si ritrovano un'altro 11 settembre, è folle pensare che gli estremisti se ne stiano buoni buoni nei loro polverosi paesi
'like a disease'
cit. di sudafricani e kenyoti blancos riguardo alla crescita della presenza cinese in africa. arrivano, costruiscono infrastrutture, fanno regalie ai presidenti da burla che son lì a pettinare i giaguari ed in cambio si approvvigioanno di materie prime e i cittadini cinesi hanno corsia preferenziale per trasferirsi. al punto che c'è una città/zona dove vivono gli indesiderati/galeotti cinesi. e dove scimmie, cani e gatti son spariti. :asd:
ma che si finanzi più un progetto/area geografica in base ai propri interessi, che possono cambiare,anzichè un'altra non ci piove.
qui si critica il "cambio di alleanze". puoi benissimo investire di meno in medio oriente, non per questo ti devi burlare in pubblico e in privato degli alleati, tendere una mano ai terroristi, avere una linea politica che "cambia" ogni 2 settimane per accomodare i governi nemici (vedasi il discorso obbamiano del entriamo/non entriamo in siria, solo se si usano WMD, anzi no solo se si usano WMD ma più di quanto basta)
Molto probabilmente ad americani, francesi, inglesi, arabi e co. non risulterà sufficiente armare la peggior feccia esistente e rivomitarla in Siria... http://www.corriere.it/esteri/13_giu...9f42756a.shtml
Forse a luglio ci sarà una conferenza di pace per la situazione in Siria, ed i lealisti potrebbero andarci in una situazione di forza.
Io mi chiedo solo come è possibile che Hezbollah, che è così buono e difende i biNbi palestinesi in Gisgiordania ed a Gaza dagli ubercattivi israeliani, poi gassi i biNbi siriani a fianco dell'ubercattivone Assad.
:piange:
:fag:
interessantissima analisi di Carlo Panella, dal Foglio di oggi, soprattutto nell'analisi delle forze estere in gioco - e dell'incompetenza dell'attuale amministrazione USA nelle strategie attuate
Citazione:
Il FOGLIO - Carlo Panella : " La festa di Assad "
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Carlo Panella
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La vittoria militare delle Brigate internazionali sciite a Qusayr segna una novità assoluta nella storia del medio oriente. In 65 anni di confronti militari nella regione mai prima d’ora un esercito arabo alleato di Mosca era riuscito a conseguire una netta vittoria in uno scontro militare di valore strategico. Sulle rive del Mediterraneo poi, con conseguenze cruciali per un’Europa impacciata come raramente nella sua storia. Questa svolta avrà profonde conseguenze sul piano militare, ma ha soprattutto una valenza politica: là dove gli alleati di Vladimir Putin – Bashar el Assad e il regime di Teheran – nonostante tutti i pronostici riescono a imporsi sul terreno in uno scontro forse decisivo, gli arabi che guardano con fiducia al campo occidentale sono costretti a ripiegare. Si vedranno nei prossimi giorni le conseguenze della controffensiva che le truppe di Assad sotto il comando di ufficiali iraniani del generale Suleimaini – che avevano ottenuto un mese fa una vittoria tattica a Khirbet Ghazaleh – porteranno verso Homs e Aleppo. Ma è già evidente che la previsione del dicembre scorso dell’intelligence tedesca e dell’ambasciatore americano in Siria, Robert Ford, su una rapida caduta del regime di Assad, “forse prima di Natale”, era destituita di ogni fondamento. Sul terreno in Siria continuano a operare (stime dei servizi francesi) circa 200 mila ribelli, più o meno armati e inquadrati. Ma a oggi essi controllano soltanto una delle 14 capitali provinciali, Raqqa, e la perdita di Qusayr chiude un cruciale canale di approvvigionamento di armi e logistica dal confinante Libano. In un contesto in cui ogni previsione si è dimostrata fallace, non si può certo rispondere positivamente al quesito che i giornali francesi avanzano apertamente (“E se Bashar el Assad vincesse la guerra?”), ed è più prudente attendere gli avvenimenti. Non è escluso che si consolidi uno scenario di “ghepardizzazione” della Siria, con ampie sacche periferiche in mano ai ribelli, una sostanziale tenuta del regime a Damasco e nelle zone costiere (densamente popolate da alawiti e strategiche per le mire russe sui porti di Tartous e Latakia, basi navali di Mosca) e una cronicizzazione della guerra di usura a Homs e ad Aleppo.
Quello che è certo è che la Siria resterà epicentro di una formidabile instabilità regionale, come testimonia la battaglia di ieri tra ribelli e lealisti per il valico sul Golan che collega Siria a Israele. L’elemento più grave della vittoria di Assad a Qusayr trascende però la stessa dinamica della crisi siriana. E’ diretta conseguenza di una strategia vincente di Vladimir Putin cui si è contrapposto un vuoto di strategia da parte di Stati Uniti, Europa e – non per la prima volta – del loro alleato arabo: l’Arabia Saudita. Con lucidità che gli va ora riconosciuta, Bashar el Assad si è mosso dentro una “visione” vincente, così ben sintetizzata in una sua intervista a Repubblica il 24 maggio del 2010: “I russi non hanno mai creduto che in medio oriente la Guerra fredda fosse finita. E neppure noi. Ha soltanto cambiato forma, s’è evoluta. La Russia sta riaffermandosi”. Assad ha agito forte di questa convinzione, che ha avuto forte conferma nel pervicace appoggio ottenuto da Mosca in sede Onu. Senza i veti di Mosca nel Consiglio di sicurezza, senza la fornitura degli S300 a Damasco (poco importa se siano arrivati o no: pesa il messaggio politico, soprattutto sul piano interno), il complesso politico-militare del regime che ha gettato tutta la sua potenza di fuoco su Qusayr sarebbe risultato perdente. Dentro questa logica di Guerra fredda, Putin ha poi dato fondamentale impulso all’Internazionale sciita che in Teheran (altra “protégée” di Mosca) ha il suo perno. I 12 miliardi di dollari che l’Iran ha investito in Siria, riversati da Assad in un welfare che ha contenuto l’espandersi della protesta, provengono dal réseau di alleanze internazionali del regime degli ayatollah che arriva sino al Venezuela. In una Siria in cui il 30 per cento degli occupati riceve uno stipendio statale, il rifluire di questi sussidi e dei finanziamenti all’agricoltura, risorsa di larga parte del territorio, ha giocato un grande ruolo nel recupero del consenso al regime. A fronte di questa lucida strategia russosiriana, l’occidente ha risposto secondo la logica definita – di nuovo – da Assad: “Se vogliamo parlare di strategie, il fatto è che gli Stati Uniti adottano l’approccio empirico del ‘trial and error’”.
Ma gli errori americani e occidentali sono stati troppo cruciali. I democratici americani – in testa l’ex speaker Nancy Pelosi, l’attuale segretario di stato John Kerry e la ex segretaria di stato Hillary Clinton – sino a protesta siriana già deflagrata non solo erano certi delle “potenzialità riformiste” di Assad, ma proprio sul suo ruolo di mediazione fattiva basavano tutta la “nuova strategia” per il medio oriente enucleata al Cairo da Obama il 4 giugno 2009. Preso infine atto della natura oltranzista di Assad e incapaci di intendere le logiche di Guerra fredda in cui Siria e Russia si muovono, Casa Bianca ed Europa si sono poi mossi alla ricerca di una “soluzione politica”. Ma è possibile dare una “soluzione politica” a una rivoluzione? La risposta negativa è ovvia, ma non è affatto scontata l’errata percezione di una crisi che in Siria non si combatte una “guerra religiosa tra sciiti e sunniti” (come valutano troppi analisti), che lo scontro non ha per nulla valenze teologiche (se non da parte dei jihadisti wahabiti, che considerano gli sciiti apostati), e che ha tutte le caratteristiche di una rivolta di poveri contro ricchi. La rivolta iniziò a Daraa a opera di contadini affamati dalla siccità e inurbati caoticamente, senza alcun sostegno del governo. Il suo contagio si è diffuso – decisivo è il caso di Damasco – nei quartieri popolari e periferici. In questa dinamica lo scontro tra sciiti e sunniti ha essenzialmente un connotato economico, è privo di quelle feroci connotazioni settarie e teologiche che caratterizzano invece lo scontro tra le due fazioni dell’islam nella storia passata e recente. In primis nello scontro frontale e tutto religioso – iniziato peraltro da Khomeini nel 1979 – tra l’Iran e l’Arabia Saudita wahabita-salafita, poi in Iraq, in Afghanistan e Pakistan.
Prova ne sia che il sunnita Hamas è sempre stato protetto sino al 2012 dall’alawita Assad e che la loro rottura è avvenuta per via indiretta, a causa del ruolo politico, non religioso, dei Fratelli musulmani. Non solo: il blocco sociale che sostiene oltre ogni aspettativa Assad, coinvolge nel network del suo cugino miliardario Rami Makhlouf, padrone di mezza Siria, molte ricche famiglie sunnite (radicate da sempre nella finanza, nel commercio e nel latifondo), così come cristiane. Il combinato disposto tra la non percezione del carattere rivoluzionario della rivolta siriana, della continuazione della logica di Guerra fredda da parte del padrino russo, della mancanza di legami storici degli Stati Uniti con l’opposizione al “riformista Assad” e dell’attendismo di Barack Obama ha infine prodotto l’ultimo errore occidentale: la delega totale ad Arabia Saudita, Qatar e Turchia della gestione della “opposizione siriana”. Così s’è prodotta la sconfortante frattura tra la leadership interna dei gruppi ribelli e la rappresentanza istituzionale estera. Queste sono le premesse alla conferenza di pace “Ginevra 2”, di cui ancora non si sa la data. Facile prevederne l’esito.
per carità non dice cavolate ma sorvola completamente l'aquedizzazione dei "rivoluzionari", sono loro le truppe meglio armate e piu preparate tra i ribelli e quasi tutti stanno passando nelle loro file.
A israele conviene bombardare assad per poi trovarsi un'afghanistan come paese confinante?
aquedizzazione? Che e'? :look:
vabbe', dai hai capito. La maggior parte degli insorti in sira stra con al quaeda e le sue brigate sono le meglio armate e organizzate. Se vincono gli insorti fanno un nuovo afghanitan, non 'è meglio un dittatura filoiraniana ma laica per israele?
aah al qaeda! Beh israele infatti non fa niente (non potendo scegliere tra 2 diavoli). Si limita a fare sparute operazioni per bloccare i convogli di armi "game-changing" diretti a hezbollah, e cercando di preservare i confini al nord, vietando (a parole) a Assad di utilizzare carri armati in prossimita' del Golan.
Per come la vedo io non vincera' nessuno. Per un bel po', credo anni, continueranno a scannarsi a vicenda, anche se vedo Assad al momento in vantaggio grazie al supporto di Russia con continui rifornimenti di armi e Iran tramite Hezbollah (che stanno facendo una mattanza, addestrati come sono alla guerriglia). Questo perche' se una delle parti di arrendesse si autocondannerebbe a morte, il numero di vittime finora non sarebbe che un'ombra di cio' che potrebbe accadere alla fine del conflitto.
ma che bella gente, sto aneddoto mi mancava proprio eh! comunque a parole c'ha ragione Putin. :sisi:Citazione:
LA CRISI DI DAMASCO
Siria:Putin avvisa l'occidente
«Niente armi ai ribelli siriani»
Il leader russo a Londra per incontrare David Cameron
http://images2.corriereobjects.it/Me...20130616200228Un miliziano siriano
Niente armi ai ribelli siriani da parte degli Stati Uniti e degli altri paesi occidentali. Il presidente russo Vladimir Putin torna a dettare la sua linea con fermezza al termine dell'incontro a Londra con il premier inglese David Cameron in vista del G8 che inizierà lunedì a Lough Erne, in Irlanda del Nord. Il leader russo ha fatto appello ai paesi del G8 affinché «agiscano senza violare le regole internazionali». Il governo di Mosca fornisce all'esercito di Assad missili e armamenti. Siria, bombardamenti a Damasco
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«SCONFIGGERE GLI ESTREMISTI»-Durissime le sue parole: - «Penso che non negherete che non c'è davvero necessità di sostenere gente che non solo uccide i propri nemici, ma squarta i cadaveri e mangia i loro intestini di fronte al pubblico e alle camere», ha detto Putin. «È questa gente che volete sostenere? Sono loro a cui volete dare armi?», ha aggiunto. Il riferimento è a un orribile video pubblicato qualche giorno fa nel quale un miliziano dei ribelli apre il petto di un cadavere per strappagli un polmone e addentarlo. Ma quello di Putin è soprattutto un monito alla nuova politica di Washington: il presidente Obama ha infatti deciso di appoggiare direttamente gli oppositori del regime di Assad e sta valutando una fly zone sul modello iracheno, in un paese sconvolto da una guerra che secondo l'Onu ha già causato 93 mila vittime.
Redazione Online
16 giugno 2013 | 21:51
© RIPRODUZIONE RISERVATA
comunque ormai ok tutto sta declinando nell'escono dalle fottute pareetiiii!!!
Spoiler:
è brutto parlare male dei morti. Ma veramente penso sia difficile non usare termini offensivi per commentare la scelta di quel ragazzo genovese convertitosi all'islam e morto in siria con i ribelli.
Sono un numero significativo questi italiani convertiti?
12 anni di guerra. Decine di migliaia di morti. Miliardi di dollari buttati. Più di 100.000 soldati occidentali stanziati nel paese. I Talebani demonizzati e rappresentati come il male assoluto. Tutto questo per ottenere cosa?
Una bella trattativa con i "demoni", che a quanto pare non sono più tanto cattivi agli occhi degli Usa.
http://www.repubblica.it/esteri/2013...ione-61315876/
Usa e Karzai aprono ai talebani
"Da giovedì trattative in Qatar"
In fondo con il paese controllato in gran parte di nuovo dai talebani, con chi vuoi trattare... Voi che voto dareste a questa "brillante" politica imperiale? :asd:
Ovviamente non parlo dettagliamente della posizione italiana, perchè se no mi becco un ban istantaneo. Dico solo che come al solito siamo gli utili idioti, più realisti del re. In poche parole una classe dirigente incapace di esprimere una politica estera. (assente ormai dai tempi forse di Andreotti, a parte il breve excursus berlusconiano con le sue amicizie personali)
:facepalm: