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"L’ho fatto sapere, lo ripeto ora e lo farò anche in futuro quando vorrete: io all’Inter sono felice perché il meglio è qui. Ora, davanti a me, ho tutto sul tavolo: la fiducia, l’amicizia, ogni componente che mi vuole bene, dalla società alla parte tecnica ai compagni, tutti. Adesso sta a me dimostrare che Fredy c’è. Ora tocca a me". Il messaggio è forte e chiaro, e la firma è quella di Fredy Guarin, che anche alla Gazzetta dello Sport ribadisce la sua voglia di Inter. Un po' come a gennaio, si spera con esiti diversi.
Accostato a tante squadre dal gennaio scorso fino al 1° settembre: quando pareva più fuori che dentro, quanto ribolliva?
"Provavo rabbia. Immensa rabbia. Perché dal primo minuto in cui sono arrivato ho cercato di dare sfogo alle mie ambizioni e alla voglia di sentirmi all’altezza di un top club. E nei momenti in cui ti senti fuori da quel sogno e da quel progetto che hai in testa, beh, provi disillusione e rabbia. Anche con te stesso".
Ma quanto è stato veramente più fuori che dentro?
"All’Inter ho sempre avuto un’aspettativa: spaccare il mondo. Non mi è mai passata".
Rewind: cosa le è rimasto dello scambio mancato con Vucinic?
"La voglia dei tifosi di avermi ancora con loro".
E poi?
"Mi è rimasto il fastidio di sentire in giro che volevo, allora come nell’ultimo mercato estivo, andare alla Juventus. Io non ho voluto andare alla Juventus e non vorrò andarci. Sono felice qui, di quello che ho. E basta".
Mazzarri, nel colloquio che avete avuto, l’ha fatta sentire ancora Guarin, un giocatore su cui poter contare.
"Mi ha detto tante cose importanti. Quella che mi è rimasta più impressa? Che si ricomincia da zero. Il passato è passato. Quella che abbiamo avuto è stata una chiacchierata molto positiva, lui è un tecnico che ha una gran voglia di fare e vincere, oltre che grandissima forza: ecco, quella forza adesso va messa in campo. Da tutti, da me".
Definirla Guarin 2.0 è banale?
"E’ una nuova Inter. E’ sufficiente questo. Un’Inter nella quale Guarin è ancora dentro al proprio sogno".
Va detta una cosa: a parte i periodi vicini ai momenti caldi di mercato, Mazzarri l’ha praticamente fatta sempre giocare.
"Sì, ma perché lo meritavo, non perché è mio amico o abbia una corsia preferenziale. Ho giocato perché mi facevo un mazzo così in campo: Mazzarri non regala nulla, ti fa giocare se ti alleni forte, sennò nada de nada".
E’ rimasto all’Inter anche perché ritenuto superiore ad altri eventuali arrivi. E con un nuovo ruolo in vista: seconda punta o trequartista. A pensarci bene, nuovo nuovo il ruolo non è...
"Lo facevo già con Villas Boas al Porto. A volte con Stramaccioni. L’idea di poter giocare in quella posizione mi piace per 4 motivi: è una zona di campo in cui mi sento bene, sono più vicino all’attaccante, vedo di più la porta e avendo meno compiti difensivi posso approfittare della mia potenza".
A proposito di porta, due nei: la continuità durante la partita e la mira. Di gol ne ha fatti, ma certi tiri...
"Sulla continuità è vero, ma so che in questo momento, dentro a questa tipologia di squadra, la potrò trovare. I gol? E’ un fatto del momento".
In che senso?
"Pensi: al Porto ogni tiro che facevo era praticamente gol. E le dico un’altra cosa: 3-4 volte alla settimana rimango del tempo in più sul campo proprio per provare i tiri, per allenarmi ai gol, per provare e non sbagliare".
Il suo gol da sogno sarebbe?
"Non importa. Basta che sia una... bomba" .
Altra curiosità, così chiudiamo il cerchio del passato: ma cosa le passò in testa per fare quel retropassaggio a Livorno?
"Ho sbagliato. Punto".
Per l’Inter quale tatuaggio si farebbe?
Mostra il polso sinistro: "La vede? La Coppa, l’Europa League vinta col Porto, con tanto di data. Mi piacerebbe farmene uno così sul polso destro. Un trofeo con l’Inter: sono abituato a credere nelle cose".
Cosa la fa ben sperare di questa squadra?
"Il progetto, il gruppo che mi creda è fantastico e una squadra che ha fame, qualità e l’ambizione di vincere".
Tutto bene, ma se poi tornano certe voci a gennaio...
"Le spiego come sono. Ero piccolo, in Colombia, e giocavo in una squadretta di proprietà di una banca. La banca fallì, la squadra sparì, si sciolse. Dissolta. Così mi chiesero di andare a giocare in un’altra squadretta, ed era come se sparita l’Inter mi avessero proposto di mettere la maglia del Milan. Dissi di no. Così, di nascosto e senza farlo sapere a mio padre, non mi presentai agli allenamenti per 2 settimane. Insomma: se mi metto una cosa in testa, è quella. Nella mia testa c’è l’Inter".
In quelle settimane in cui la Luna era difficile da rivedere, cosa le ha fatto forza?
"Coloro che mi vogliono bene e alcune valutazioni. In questi ultimi 2 mesi ho avuto molto tempo per pensare. E adesso ho capito dove sono. Ancor più di prima".