La trattativa non è ancora saltata
Non voglio difendere i dirigenti.
Però davvero spendendo 14 milioni la juve riuscirebbe a superare l'inter ?
Se sì, allora quei soldi sono un investimento.
Se no, allora sono un azzardo.
Personalmente la scelta della dirigenza di non spendere 14 milioni dopo averne spesi già 40 abbondanti (acquisti al netto delle cessioni), dal loro punto di vista, è comprensibili.
Personalmente anche con Rafinha e Grosso, secondo me, la juve avrebbe comunque qualcosa in meno rispetto all'inter, almeno a livello di rosa complessiva, quindi dato che la spesa non garantirebbe un maggiore introito dovuti dai risultati per me ci sta che la juve non investa altri soldi.
Citazione:
Diego guida la Juve, Roma schiacciata
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Diego realizza la prima rete con la Roma
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Roma-Juve, le pagelle bianconere
In testa grazie alla doppietta
del brasiliano. Ferrara: «Sarebbe piaciuta all’Avvocato»
MARCO ANSALDO
ROMA
Il timore di frequentare un altro campionato noiosamente interista si è attenuato dopo aver visto la Juventus vincere all’Olimpico e meritare il successo che va oltre al 3-1 finale: alle trombe di Mourinho, Ferrara ha risposto suonando le campane ed è il rumore più assordante tra quelli che il tecnico dell’Inter dice di percepire dai nemici. «Noi siamo rimasti impressionati da come hanno battuto il Milan nel derby - ha commentato l’allenatore juventino a proposito dei nerazzurri - ma penso che, se hanno visto la nostra partita, pure loro si saranno convinti che siamo tornati la squadra di qualità e capace di non mollare che sarebbe piaciuta all’avvocato Agnelli».
Da Calciopoli in avanti le distanze dall’Inter si erano espresse in metri, da quanto si è visto nelle prime due giornate si è ripristinata la misura dei centimetri, ed è divertente annotarlo a Roma, dove ancora li si tira in ballo per l’antica questione di Turone.
Colpo su colpo, la sfida per lo scudetto sembra aver imboccato la propria strada. Il successo juventino è impregnato delle prodezze di Diego, due gol e una partita in cui l’abbiamo visto persino recuperare palla con un tackle scivolato alla Gattuso. Il brasiliano incarna il ritorno al calcio deciso da una società che spese parecchio per gli Almiron e i Poulsen, forse perché aveva un tecnico la cui massima rappresentazione del football era togliere la palla agli altri. La svolta di Ferrara sta nel cercare invece di usarla al meglio quando la si ha tra i piedi: i difetti non mancano, ad esempio c’è la frustrazione di attaccare sulle fasce ma di rado si vede un cross decente, tuttavia i meccanismi della nuova Juve cominciano a oliarsi. Diego ne è il perno creativo, il regista e il rifinitore. Contro la Roma è stato anche il goleador. Sulla rete dell’1-0, al 25’, l’ha aiutato la povertà tecnica di Cassetti, incespicato goffamente nel controllo del pallone però bisogna essere bravi a correre per 50 metri con la palla al piede, resistere alla spallatina di Riise che è un carrarmato e mantenersi freddo da centrare l’angolo della porta con un tocco morbido d’esterno. Quel correre su gambette corte che sorreggono un atleta basso e difficile da abbattere quando prende velocità, ci ha ricordato un altro Diego, il più grande. E anche nella rete del 2-1, ancora in contropiede sul "velo" di Iaquinta, Diego ha mostrato un equilibrio perfetto e ha segnato mettendo in controtempo il confuso tentativo di Mexes nell’opporsi.
Le contromisure di Spalletti per arginare il sudamericano sono state inefficaci. De Rossi vi si è applicato ma doveva sdoppiarsi nel costruire il gioco della Roma, cui è indispensabile. Il risultato è che De Rossi ha disputato una grande prestazione e ha segnato il gol del momentaneo pareggio nel primo tempo con una sassata che ha sorpreso Buffon, insomma è stato il lato in luce della Roma, come Totti ne è stato quello buio e inconcludente ma Diego si è trovato spesso fuori dal controllo del potenziale marcatore. Gli allenatori di una volta avrebbero piazzato sul brasiliano un terzinaccio dai piedi grevi e dalle braccia a polipo. Ma sono rimedi che gli strateghi moderni aborrono. Spalletti, che su 18 confronti con la Juve ne ha persi 15 e pareggiati tre, tanto che Cobolli Gigli ne vuole fare un amuleto, non ha trovato la quadra. La Juve, assestata con Felipe Melo davanti alla difesa e Diego dietro alle punte, è stata subito più attiva. Julio Sergio (definito dal tecnico romanista il «miglior terzo portiere del mondo» e non è una battuta alla Liedholm) se la cavava bene. Al 22’ levava di porta un colpo di testa di Tiago ma crollava incolpevolmente al 25’. Ci sarebbe stato da insistere. Invece la Juve era sorpresa da una punizione battuta lesta da Pizarro per De Rossi, su una delle palle che Felipe Melo ancora perde per l’ostinazione di dribblare in posizioni rischiosissime.
Il finale del tempo era emozionante: Amauri impegnava Julio Sergio, poi colpiva il palo; Buffon era formidabile nel respingere la botta sicura di Totti al 46’. La Roma non ribaltava la situazione e si consegnava a una ripresa in cui i bianconeri trovavano più volte la strada della porta, con un’intensità di gioco superiore ai giallorossi. Segnava Diego, chiudeva Felipe Melo. In mezzo c’era il palo colpito da Totti sul 2-1: l’unica testimonianza di una flebile presenza fatta di tocchi e tacchetti inutili. Il fenomeno di ieri parlava brasiliano.
Citazione:
Il brasiliano incanta: "Questa è la nostra risposta all'Inter"
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Amauri e Iaquinta festeggiano la rete di Diego
ll neoacquisto al centro
della ribalta bianconera
GUGLIELMO BUCCHERI
ROMA
La perfezione, o qualcosa di simile. Lo pensa Gigi Buffon, lo urla Vincenzo Iaquinta, lo conferma Amauri. La Juve che sbanca l’Olimpico è tutta negli occhi sgranati di un gruppo che rivive i flash di un pomeriggio alla brasiliana e si mette in fila ad applaudire chi il copione l’ha preso per mano. «Così è la perfezione...», sentenzia Buffon prima di raccontare come la Juve «non avesse da tempo un giocatore tanto determinante in fatto di qualità, Del Piero a parte».
Impatto devastante, due tocchi magici, due reti, poi il pieno di idee e tacchetti (mille i palloni toccati) al servizio della causa: tutto questo è stato Diego al primo appuntamento di gala della sua avventura tricolore. «Abbiamo risposto all’Inter nel modo più deciso...Se gioco così è grazie a questo gruppo eccezionale, a Ferrara, ai compagni, ai tifosi: mi hanno aiutato ad ambientarmi come non avrei mai pensato. Ho appena vissuto una partita straordinaria», sussurra il giocatore venuto a Torino con il ghigno di chi conosce la strada per il successo.
Cantano i tifosi bianconeri, saltano di gioia perché la classifica splende e la squadra gira a mille all’ora. Il «rombo» funziona, gli interpreti ne esaltano gli equilibri e Diego vola in copertina. «Ha stupito anche me», così Ferrara. Uno stupore che nasce da lontano: «Appena finita la partita gli ho detto di vivere questo momento con la giusta serenità. Contro la Roma - continua il tecnico bianconero - mi ha impressionato: ha fatto due reti d’autore, ma è stato capace di giocare anche con concretezza e decisione. Il suo sogno è scendere in campo accanto a Del Piero? Lo realizzerà non appena cominceremo ad affrontare tre partite in una settimana: per me non è facile lasciare fuori giocatori di qualità, ma devo ragionare con la testa e non con il cuore».
La Juve brinda al colpo grosso. Spumante e pacche sulle spalle perché il primo vero ostacolo della stagione è stato superato a pieni voti. «Non capisco perché Dunga non lo convochi in Nazionale, mi piacerebbe capire le sue scelte...», prova a sorridere Amauri. «Reti così le ho viste fare a pochi», riprende il filo del discorso Buffon con Iaquinta pronto a scommettere che «ci farà vedere le sue doti fino alla fine del campionato perché sa unire forza fisica a qualità». Lui, Diego, è già lontano, rapito dalla pancia dell’Olimpico, quando arriva il paragone più illustre e, forse, ingombrante. «Dite che gioca con un piede solo? Non mi sembra e - sorride Ferrara - comunque di giocatori che usavano solo un piede, il sinistro, ne ho conosciuto uno e mi pare che abbia fatto cose inimmaginabili...». Diego più Diego, Maradona e il nuovo re dell’Olimpico entrano per un attimo in rotta di collisione: suggestioni, poco altro. L’ultimo regalo per il fantasista brasiliano arriva dagli avversari, da chi aveva il compito di sorvegliarlo da vicino prima di capitolare. «Ditemi voi che dovevo fare... Gli occhi ce li avete tutti per giudicare la partita di Diego», è la firma, triste, di Daniele De Rossi.
VediamoCitazione:
Grosso, arrivo in extremis: "Se si può, chiudiamo"
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Il difensore azzurro Fabio Grosso
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Roma-Juve, le pagelle bianconere
Forbice di 2 milioni con il Lione,
ma Blanc aspetta il fax decisivo
MASSIMILIANO NEROZZI
ROMA
Inseguito da un mese, la Juve può razziare Fabio Grosso all’ultimo minuto, se non l’ha già fatto stanotte, quando, finita la partita dell’Olimpico, un fax da Lione potrebbe aver chiuso la telenovela. A parole non c’era grande ottimismo perché l’affare è un po’ scivolato sull’orgoglio, e quando è così, le cose si complicano sempre. Richiesta e offerta restano quelle di due giorni fa: l’Olympique Lione, che per il terzino della Nazionale sborsò 7,3 milioni di euro (all’Inter) ne chiede 4, la Juve al massimo arriverà a due, senza bonus, oltre al mezzo milione di stipendio cui è pronto a rinunciare Grosso. «A stasera dico che non si fa», tagliava corto nella pancia dello stadio romano l’ad bianconero Jean-Claude Blanc, che però si lascia la porta aperta: «Vediamo domani (oggi per chi legge, ndr), se c’è un modo di chiudere l’affare, lo faremo».
Però, ormai è un po’ più solo un business: «Non so come finirà, perché i miei amici di Lione ne hanno fatto un po’ una questione di orgoglio, ma non fatemi un titolone domani». Il fatto è che Grosso si sarebbe potuto liberare quasi gratis, prima che al di là delle Alpi fiutassero l’interesse della Juve: da quel momento, comprensibilmente, hanno cercato il massimo del guadagno. Per un giocatore che a novembre avrà 32 anni la Juve non vuol spendere più di tanto, anche se a Ciro Ferrara farebbe molto comodo, vista la scarsezza di cross fabbricati dalle fasce. L'indizio che, alla fine, il terzino si potrebbe impacchettare arriva pure dall'ennesimo mancato utilizzo di Molinaro, anche ieri in panca: è lui che potrebbe partire, nel caso planasse l'azzurro a Torino.
L'altro indizio è che tutte le parti vogliono questa conclusione: il Lione non ha arruolato il difensore nella lista Champions, la Juve vuol prenderselo, e lui vuol tornare in Italia: tanto che è pronto a tagliarsi lo stipendio, da 2,5 a poco meno di 2 milioni a stagione. Decurtamento compensato da un anno in più di contratto con il club bianonero. Questione di ore, in ogni caso, perché stasera suona il gong per tutte le trattative di mercato, orgoglio o non orgoglio. Intanto Blanc si gode questa squadra, «molto divertente». E, con Grosso, ancora più efficace. Al ds bianconero Alessio Secco, e al braccio destro Renzo Castagnini, che ieri s'allontanavano parlottando, non resta che aspettare: in fondo, basta un fax con un sì.