http://www.corriere.it/politica/08_m...4f486ba6.shtml
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eh lo so, però tranne un caso 2000 anni fa c'era anche lei al momento del concepimento. che poi sia solo lei a decidere per l'aborto non è giusto. parlo ovviamente dei casi controversi
Mah, essendo in 2 i coinvolti, non è possibile raggiungere una maggioranza assoluta, e quindi è naturale che uno dei due debba prevalere sull'altro...
si può anche dare alla luce e poi assegnare al padre, se alla madre fa così schifo...
non si può trapiantare il feto :raffag:
comunque l'uomo non ci mette l'utero ma gli spermatozoi si, e sono altrettanto essenziali, anche se non è questo il punto
il punto è che quando il bambino si concepisce si è in due, quindi la responsabilità è di entrambi. quindi non è giusto che la volontà di disintegrarlo possa essere unilaterale
il maschio ci metterà anche gli spermatozoi, ma il feto è destinato a crescere nel corpo della donna.
ora, al di là di tutte le pippe mental-legali che ci possono venire in mente, il fatto sostanziale è che se una donna decide di non tenersi il feto, può pensare cento modi per eliminarlo (e trovare mille persone disposte ad aiutarla per soldi, se l'aborto è illegale).
il DNA lo si mette al 50%. Pero' la donna ci mette anche la gravidanza, e l'uomo no. Easy. Diciamo che la donna non puo' sopprimere il feto piu' di quanto non possa l'uomo, ma puo' espellerlo dal suo corpo :asd: poi se il feto muore perche' l'uomo non riesce a farlo vivere son problemi suoi :lul:
che possa non mi pare di averlo messo in dubbio. può anche tagliarsi un piede o tagliare il pene all'uomo. io parlavo del fatto che sia giusto o meno farlo
ed e' giusto che una persona decida dell'uso del suo corpo che fa un'altra?
perche' e' di questo che si sta parlando. Se i feti fossero autonomi il problema dell'aborto non sussisterebbe. Tutta la questione aborto ruota attorno al punto: puo' la donna decidere cosa fare col SUO corpo o devono deciderlo gli altri per lei?
Il fatto di aver messo il 50% del dna del feto mi sembra un motivo ben misero per avvallare pretese. Al massimo puoi dire che il feto e' al 50% tuo, ma resta il problema che si trova su una... proprieta' privata, e su questo non ci piove. Lo vuoi? E' tuo, vienitelo a prendere. Non puoi o non vuoi? Owned by Madrenatura(TM).
Io ci starei.
Poi però che non venga qualche femminista a rompere il caz.zo dicendo : "ecco, nelle decisioni difficili ve ne lavate le mani".
chiaro che se una e' indecisa, e lo sara' se non e' un mostro, vuole il parere e la guida del compagno. ovvio. a quel punto se dici "e' il tuo utero cazz1 tuoi" sei un menefreghista come lo saresti se rispondessi cosi' a qualunque persona cara su una faccenda di cui ella da sola deve in ultima analisi decidere ma che e' della massima importanza.
vabbe'. a cattivo intenditor non bastano neanche molte parole.
Necropost :o
Pezzo melodrammatico ma potrebbe esserne uno spunto per parlarne, quindi ripesco anche dei dati di qualche mese fa.
Tra i ginecologi si è passati da un tasso di obiezione del 58,7 per cento del 2005 al 70 per cento circa del 2010, tra gli anestesisti dal 45,7 per cento al 50,8 per cento, e tra il personale non medico dal 38,6 per cento del 2005 al 44,7 per cento del 2010. Al sud si raggiungono picchi tra i ginecologi superiori all’80 per cento: è il caso di Basilicata (85,2 per cento), Campania (83,9 per cento), Molise (85,7 per cento), e Sicilia (80,6 per cento)-
Citazione:
194, così sta morendo una legge
In Italia torna l'aborto clandestino
Oltre l'80% dei ginecologi è obiettore di coscienza e le donne respinte dalle istituzioni tornano al segreto: ventimila le interruzioni di gravidanza illegali calcolate dal ministero della Sanità, ma secondo alcune stime sono almeno il doppio. Ambulatori fuorilegge e farmaci di contrabbando. "Una sconfitta di tutti, perché la norma funzionava, ma è diventata una corsa a ostacoli"
ROMA - Il cartello è scritto a penna, a volte su un pezzo di cartone. "Qui non si effettuano più Ivg". Ossia interruzioni volontarie di gravidanza. Aborti cioè. Porte sbarrate, reparti chiusi, day after di qualcosa che c'era, funzionava, e adesso è in disuso, smantellato, abbandonato. "Tutti i medici sono obiettori di coscienza, vada altrove". Altrove è l'Italia che torna alla clandestinità: da Nord a Sud in intere regioni l'aborto legale è stato cancellato, oltre l'80% dei ginecologi, e oltre il 50% di anestesisti e infermieri non applica più la legge 194. Accade a Roma, a Napoli, a Bari, a Milano, a Palermo. Le donne respinte dalle istituzioni tornano al silenzio e al segreto, come quarant'anni fa. Alcune muoiono, altre diventano sterili, ma nessuno ne parla. Ventimila gli aborti illegali calcolati dal ministero della Sanità con stime mai più aggiornate dal 2008, quarantamila, forse cinquantamila quelli reali. Settantacinquemila gli aborti spontanei nel 2011 dichiarati dall'Istat, ma un terzo di questi frutto probabilmente di interventi "casalinghi" finiti male. Cliniche fuorilegge, contrabbando di farmaci: sul corpo delle donne è tornato a fiorire l'antico e ricco business che la legge 194 aveva quasi estirpato.
Ma chi gestisce oggi questo "commercio" ramificato? Quali sono le rotte dell'aborto clandestino, che sta facendo ripiombare il nostro paese nel clima cupo degli anni antecedenti al 22 maggio 1978, quando finalmente in Italia l'interruzione volontaria di gravidanza diventò legale? E gli aborti iniziarono a diminuire, arrivando oggi ad essere il 53,3% in meno rispetto agli anni Ottanta.
CLINICHE E CONTRABBANDO. Ambulatori fuorilegge: l'ultimo gestito dalla mafia cinese è stato smantellato a Padova dalla Guardia di Finanza alcune settimane fa, e incassava quattromila euro al giorno. Tra i clienti anche donne italiane. E poi sequestri, spaccio di farmaci abortivi, confezioni di Ru486 di contrabbando, 188 procedimenti penali aperti nell'ultimo anno per violazione della legge 194, spesso contro insospettabili professionisti che agivano nei loro studi medici. Donne che ricominciano a morire di setticemia, e donne che migrano da una regione all'altra cercando (spesso invano) quei reparti che ancora garantiscono l'interruzione volontaria di gravidanza. Ragazzine e immigrate che vagano nei corridoi del metrò cercando i blister di un farmaco per l'ulcera a base di "misoprostolo" che preso in dosi massicce provoca l'interruzione di gravidanza, spacciato dalle gang sudamericane che lo fanno arrivare nel porto di Genova dagli Stati Uniti. Dieci pillole, 100 euro al mercato nero, meno della metà se si compra su Internet. E le giovanissime abortiscono da sole, nel bagno di casa, perché della legge o del giudice tutelare non sanno nulla, perché in ospedale la lista d'attesa è troppo lunga e i consultori sono sempre di meno. (Dal 2007 al 2010 ne sono stati tagliati quasi 300).
Alem ad esempio, 17 anni, nata Italia da genitori egiziani, brava e brillante a scuola, ricoverata in coma a Verona per un aborto provocato con un uncino. "Non volevo che i miei genitori si accorgessero che ero incinta - ha raccontato - e in ospedale non mi hanno voluto perché ero minorenne...". O Irene, cresciuta tra le Vele di Scampia, già baby mamma a 14 anni, che a 16 anni abortisce nel bagno di casa, ma sbaglia dosi di misoprostolo, e finisce in un grande nosocomio di Napoli tra la vita e la morte. "Sono troppo povera per avere un altro figlio" confessa ai medici. O, ancora, ed è sempre Sud, la povera storia della compravendita di un neonato architettata da un ginecologo di Caserta, Andrea Cozzolino, finito in manette l'8 maggio scorso. Aveva convinto una giovane donna minorenne che si era rivolta a lui per un aborto clandestino, a partorire, e poi vendere il suo bambino per 25mila euro...
La percentuale di successo di questi solitari aborti, quasi sempre farmacologici e di cui si trovano dettagliate istruzioni in Rete, è alta: oltre il 90%, ma chi sbaglia rischia la vita. Commenta amaro il ginecologo Carlo Flamigni: "Contro la 194 c'è una congiura del silenzio. Accedere ai servizi è sempre più difficile, una corsa a ostacoli, e le donne meno esperte, le più fragili, le più giovani, le straniere, finiscono nella trappola dell'illegalità. Credo che oggi nel mercato clandestino si trovi qualunque farmaco, addirittura la Ru486. È una sconfitta per tutti, perché la legge funzionava, e funzionava bene".
MORIRE D'ABORTO. Pilar ha 50 anni, il cuore grande e le braccia forti. In Perù faceva l'ostetrica, qui assiste da oltre vent'anni le donne migranti. "Ma vent'anni fa - racconta - nel vostro paese si poteva abortire con sicurezza, e quando le donne venivano dimesse si insegnava loro la contraccezione". "L'ultima che ho accompagnato in ospedale mi ha detto di chiamarsi Soledad, di lei so poco altro, se non che fa la badante e ha già due figli in Ecuador. Per due volte aveva provato a cercare un reparto di Ivg, dopo aver scoperto che in Italia l'aborto è legale. Per due volte l'hanno rimandata indietro dicendole che non era il giorno giusto, che non c'erano i medici. Così ha fatto da sola - rivela Pilar - con le pasticche che ha comprato da un'amica, e quando mi ha chiamato aveva la febbre altissima e un'emorragia in corso. L'hanno salvata, non è stata denunciata, ma per mesi era così debole che non ha potuto lavorare, ha perso il posto di badante, e ora è disoccupata". E non è soltanto questione di donne immigrate. "L'aborto clandestino ormai riguarda tutti i ceti della società", aggiunge Silvana Agatone, ginecologa e presidente della Laiga, la lega italiana per l'applicazione della 194, che da anni denuncia l'incredibile dilagare dell'obiezione di coscienza nel nostro paese.
"Ci sono gli aborti d'oro, quelli dei ceti elevati, che si svolgono in sicurezza negli studi medici, oppure all'estero. E poi ci sono gli aborti delle donne povere, delle clandestine, che comprano le pasticche nei corridoi del metrò, e se qualcosa va male si presentano al Pronto Soccorso affermando di aver avuto un aborto spontaneo". Qualcuna si salva, qualcuna no. Come quella donna nigeriana che arrivò "con una gravissima infezione nel nostro ospedale ed è morta di setticemia" ricorda Silvana Agatone, che lavora al "San Giovanni" di Roma. È andata meglio a Mariangela, pugliese, che non sapendo più dove andare dopo la chiusura dell'ultimo reparto di Ivg nella sua provincia (Matera) racconta sul forum "aborto-blogspot" di essersi rivolta grazie al tam tam ad una (stimata) ginecologa di un paese vicino. "Duemilacinquecento euro, intervento chirurgico sterile e sicuro. Come facevano mia madre e mia nonna, ma senza rischi. Tutto molto triste però, credevo che ormai avessimo diritto all'aborto legale".
LA FUGA ALL'ESTERO. Ma come si è arrivati a questo smantellamento progressivo di una legge dello Stato? È legale che interi nosocomi non abbiano più medici che applicano la 194, a trentacinque anni esatti dalla sua approvazione? "No, non è legale, e infatti come Laiga abbiamo fatto ricorso al Consiglio d'Europa, e il nostro ricorso è stato accolto. La verità è che nessuno vuole più fare aborti perché si viene discriminati nella carriera e obbligati a fare solo e soltanto quelli". Alcuni dati: nel Lazio il 91% dei ginecologi è obiettore di coscienza, a Bari gli ultimi due medici che facevano gli aborti hanno deciso di abbandonare il reparto, a Napoli il servizio viene assicurato soltanto da un ospedale in tutta la città, in Sicilia il tasso di astensione dalla 194 è dell'80,6%. "Questo vuol dire che le liste d'attesa sono spaventose, e il rischio è superare il numero di settimane di gravidanza in cui è consentita l'interruzione. Ma la vera tragedia riguarda l'aborto terapeutico - conclude Silvana Agatone - perché si tratta di un intervento a tutti gli effetti, per cui sono necessari medici interni all'ospedale, ginecologo, anestesista, infermieri, e non si può supplire con professionisti a contratto. Visti però i numeri dell'obiezione di coscienza è evidente che in tempi molto brevi nelle strutture pubbliche italiane questo tipo di aborti non si faranno più".
E allora le donne emigrano. Svizzera, Inghilterra, Francia. Quattrocento euro per una Ivg entro il terzo mese, circa 3000 per un aborto terapeutico (oltre la 22esima settimana) in clinica. Ma non tutte possono andare all'estero, e per quelle che restano la prospettiva è un calvario fatto di umiliazioni, e veri e propri maltrattamenti in ospedale. Scrive Serena F. che ha dovuto abortire alla 23sima settimana per gravissime malformazioni del feto: "Mi hanno abbandonato da sola, su un lettino, per 15 ore di travaglio senza darmi né antidolorifici né altro, in tutto l'ospedale c'era soltanto una giovane ginecologa non obiettrice, ma era sovraccarica di lavoro, così mi ha affidato, si fa per dire, alle cure di due infermiere, ho chiesto ripetutamente un po' d'acqua, me l'hanno portata dopo ore e ore. Quando alla fine il mio disgraziatissimo bambino è nato, ed è morto subito dopo, una delle infermiere a bassa voce mi ha chiesto se non mi vergognavo di quello che avevo fatto... La ginecologa l'ha sentita e si è infuriata, quella ha risposto, è finita ad urli. Un dolore pazzesco. Ecco così si abortisce legalmente in Italia".
LE CIFRE DI UN DRAMMA. Come si fanno a calcolare i numeri di un fenomeno clandestino? Con quali parametri? Da anni ormai nella relazione al parlamento sulla legge 194, si cita una stima di 15/20mila aborti illegali, un numero calcolato soltanto sul tasso di abortività delle donne italiane (6,9 per 1000) e sottostimato per stessa ammissione del ministero. Molti altri elementi però portano almeno al raddoppio di quella cifra, facendo salire la quota delle interruzioni di gravidanza clandestine a 40/50mila l'anno. Intanto paramentrando le stime dell'illegalità al tasso di abortività delle immigrate, che è di 26,4 interruzioni ogni mille donne, tre volte quello delle italiane. Analizzando poi i dati Istat ad esempio si vede con chiarezza quanto gli aborti spontanei sono aumentati, passando dai 55mila casi degli anni Ottanta, ai quasi ottantamila di oggi. E secondo molti studiosi questa impennata altro non è che il ritorno dell'aborto clandestino "mascherato", esattamente come avveniva prima della legge, quando le donne dopo aver tentato di "fare da sole" arrivavano in ospedale con emorragie e dolori, e i medici per salvarle completavano gli aborti, registrati come "spontanei".
SULLA PELLE DELLE MINORENNI. Lo spiega con chiarezza Franco Bonarini, docente di Demografia all'università di Padova nel saggio "Sessualità e riproduzione nell'Italia contemporanea". "L'incremento del rapporto tra aborti spontanei e gravidanze potrebbe essere conseguenza di un aumento del ricorso all'aborto volontario provocato illegalmente. Anche il più alto rischio per alcune categorie di donne, immigrate, non coniugate potrebbe essere indizio di questo fenomeno". Ancora più preciso il calcolo di Bruno Mozzanega, dell'università di Padova, che si ricollega al crescente "spaccio" di farmaci per interrompere la gravidanza. "Gli aborti clandestini sono ancora una realtà sottostimata in 20mila casi all'anno, ma ad essi si aggiungono, come segnala l'Istat, 73mila aborti spontanei, aumentati, rispetto al 1982, di 17mila casi all'anno. Un incremento medio del 30% che però nelle minorenni sfiora il 70%. Se questo surplus di aborti spontanei rappresentasse anche solo in parte gli insuccessi (5-10%) dei farmaci abortivi di contrabbando, ne emergerebbe un sommerso illegale di dimensioni inimmaginabili a carico soprattutto delle giovanissime, le stesse che già abusano della pillola del giorno dopo".
IL CALVARIO DI PIERA - "Ho tre figli, e la più piccola, Alice, è nata con la sindrome di down. Lo sapevo, l'ho voluta lo stesso. Poi è successo l'incredibile: a 44 anni sono rimasta incinta per la quarta volta. Mauro, Marco, Alice che assorbe ogni mio respiro. Non era possibile avere un altro bimbo, con il rischio di un nuovo handicap. Sono andata in un consultorio della mia città per iniziare le pratiche dell'aborto. Ho dovuto subire l'umiliante interrogatorio di alcuni volontari del Movimento per la Vita, lì collocati dalla direzione sanitaria, che per due settimane hanno cercato di farmi "riflettere", cercando di convincermi a non farlo, parlandomi apertamente di omicidio, mentre i termini stavano per scadere. Un vero abuso. Fuorilegge. Come se non soffrissi già abbastanza. Ho abortito in ospedale e poi ho denunciato il direttore della Asl...".
Continuo a pensare che l'obiezione avesse senso solo per i ginecologi pre 194.
Non vuoi effettuare aborti? Non fare il ginecologo, semplice e pulito.
Questi sono gli unici che posso permettersi di non svolgere una parte delle loro mansioni, quello che è un diritto stabilito da una maggioranza viene di fatto negato da un estrema minoranza che si ritiene moralmente superiore. Una schifezza.
Obiettano perché è un lavoro in meno da fare, è chiaro. Suppongo che una buona parte pensi "perché devo fare io quello che gli altri si rifiutano di fare, per quel testa di vitello di Ippocrate?" :chebotta:
Se ne avessi gli strumenti, metterei su una clinica per aborti convenzionata: dando per veri i dati dell'articolo, hai voglia del lavoro che ci sarebbe, di questi tempi una manna, mi stupisco che qualche privato non ci abbia già pensato.
il medico non è un prestatore di servizi a richista, per quello c'è l'estetista
Quei matti lì ci sono nei telefilm americani, mai sentito di episodi del genere in Italia, se sono esistiti saranno stati più rari di Kabobo.