11/12/2010 - INTERVISTA
Grosso: "Da Lipppi alla Juve, i miei mesi più tristi. Ora niente rivincite"
http://www3.lastampa.it/fileadmin/me.../grosso01g.jpgFabio Grosso, 33 anni, ha passato in tribuna le prime 17 partite
Il difensore separato in casa e ora diventato titolare: «Aspettavo il treno giusto, e io so prenderli»
MASSIMILIANO NEROZZI
TORINO
Fabio Grosso, otto mesi da esiliato silente, prima dal Mondiale poi dalla Juve: cosa avrebbe voluto dire?
«Nulla. Preferisco lavorare, ho sempre fatto così. Non mi sono mai esaltato nelle tante cose positive che mi sono successe, non mi butto giù nelle cose negative».
Come si sente?
«Non mi ha fatto piacere la situazione, uno dei momenti più difficili della carriera. Ma l'ho sempre accettata con serenità, sapendo e sperando che prima o poi potesse capitare un'occasione».
In vita ne ha avute molte?
«Sono andato oltre i sogni: da bambino fantasticavo qualche partita in A, poi ho spostato l'asticella più in alto, fino ad andare al di là dell'utopia. Il Mondiale è stato e sarà qualcosa di incancellabile. Poi, so che le aspettative aumentano, ma è vero che se avessi sempre giocato così, a casa avrei 7 o 8 palloni d'oro».
Quattro anni dopo, Lippi l'ha scaricata all'ultimo.
«Non è una cosa che mi piace raccontare. Non ho condiviso la decisione, ma l'ho accettata. E sono andato avanti».
Che pensa dell'ex ct?
«Al di là dell'episodio, che mi ha dato fastidio, non posso avere che un ricordo ultra positivo: mi ha dato delle opportunità. Che ho sfruttato: tanti ne hanno, ma i treni bisogna saperli prendere».
Poi l'ha messa in castigo la Juve: che è successo?
«Sono state fatte delle scelte, e io ero tra quei giocatori che si voleva cambiassero aria. Sono arrivate delle proposte, ma non le ho volute prendere in considerazione. Dopo un'annata così, non me la sono sentita: sarebbe stato un rammarico, arrivare alla Juve e farci parte solo nell'anno più brutto della storia».
Questione d'orgoglio?
«Non volevo che qui si fosse vista solo la brutta figurina».
Ha bussato anche il Milan?
«Sì, si poteva chiudere, all'ultimo giorno. Mo mi devi far fare un casino? Dunque, avevo questa idea: volevano fare uno scambio di prestiti e in carriera non sono mai andato in prestito. Ho sempre scelto chi puntava su di me. Così ho deciso di restare e giocarmi le mie carte, anche se erano poche».
Ora sarebbe in testa.
(sorride). «Sono contento così. Non ho mai rimpianti».
Nemmeno di essere qui?
«No, assolutamente. E sono stato uno dei pochi che l'ha pagata, a livello personale. L'unico a non andare al Mondiale. Un'annata dove le responsabilità sono da dividere tra tanti, io l'ho pagata oltre».
I trasferimenti coatti?
«Penso sia giusto che un giocatore possa decidere ciò che è meglio per il proprio futuro».
Anche se squadra e contratto restano deluxe?
«Si va sempre a finire sui soldi, ma la cosa più importante è che uno, prima di essere un calciatore, è una persona. Con dei diritti».
D'accordo con lo sciopero?
«Agli scioperi sono contrario, e far saltare una giornata sarebbe stato troppo. Meglio un'intesa senza drastiche rotture».
Chi l'ha aiutata?
«Brazzo (Salihamidzic, ndr), che era nella mia stessa situazione: venivamo al campo e ci davamo conforto a vicenda. È un tipo intelligente, e una brava persona».
S'è depresso?
«Mai, sono uno ottimista. Funziona che vai al campo e ti alleni: spesso l'ho fatto con il sorriso, anche se non è che c'era tanto da ridere».
Con Del Neri com'è andata?
«Magari non era semplicissimo, ma ho rispettato le sue decisioni e quelle della società. E mi sono sempre comportato da professionista».
Entrato, non è più uscito.
«I risultati influiscono tanto. E ora c'è una società e uno spirito nuovo: è più facile».
È la sua rivincita?
«Mai cercato rivincite, è una parola che non mi piace. È una bella soddisfazione per me, e come ha detto il presidente, non sarebbe male vincere qualcosa».
Cosa le manca in carriera?
«Quello che arriverà».
E se l'infermeria si svuota e tutto torna come prima?
«Penso all'oggi. Poi il mister sarà in grado di fare più scelte e il livello s'innalzerà».
Metta la carriera sulla bilancia: è un calciatore felice?
«Per compensare le soddisfazioni che questo sport mi ha dato, ci vorrebbero 30 o 40 anni di delusioni continue. E forse non basterebbero».