24/02/2012 - INTERVISTA
Buffon: "Caro Ibra, quest'anno
Pirlo è più decisivo di te" http://www3.lastampa.it/fileadmin/me...ffon01g_17.jpgGigi Buffon, 34 anni, è alla undicesima stagione con la Juve
Buffon e il big-match di San Siro: «Ho ritrovato sensazioni da Juve Temevo che non avremmo più vinto insieme, forse sbagliavo» MASSIMILIANO NEROZZI
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Gigi Buffon, Milan-Juve senza Ibrahimovic: sorpreso?
«No, perché penso ci siano delle regole per determinate situazioni di gioco. Ma non dico neppure: “Oh, che bello”. E neanche ci avevo perso il sonno».
Meglio o peggio?
«Ve lo dico a fine partita. Nelle ultime, senza Ibra, mi sembra che abbiano vinto. In questi casi, dice sempre bene Guardiola: “Non è che giochiamo in dieci, ce ne sarà un altro: se non come lui, è comunque un giocatore di prima fascia”».
Qualche suo collega sostiene sarebbe meglio senza Boateng: lei?
«Per ruolo, atletismo, per il fatto che si inserisce bene, è un po’ la scheggia impazzita di quella squadra. Può spostare gli equilibri: se non ci fosse, non mi dispiacerebbe».
Pirlo l’avete invece scippato voi. «Dio c’è», disse alla sua prima da juventino: e dopo 5 mesi?
«Facciamo dopo 17 anni, perché da tanto lo conosco. Di lui penso lo stesso di certi giocatori, tra i quali con un po’ di presunzione metto anche me stesso: non sono gli altri a decidere quando smetteranno di giocare, ma saranno sempre loro. Perché anche in età avanzata, con quelle qualità, basta avere un po’ di stimoli, una normale condizione fisica, che puoi fare la differenza. Magari non per 38 partite, se sei un centrocampista, ma per 15-16, sì. E sono tante».
Più decisivo lui o Ibra?
«Quest’anno, Pirlo. Ibra ha certamente mantenuto la sua incisività, aiutando il Milan a restare sui livelli dell’anno passato. Pirlo ha equilibrato il dislivello che c’era tra noi e loro».
Vi hanno fatto un bel regalo.
«No, penso sia stato Andrea ad aver voluto cambiare. A desiderare di venire qui, alla Juve, e a cogliere questa nuova sfida. Per una questione di stimoli: il Milan ha potuto solo prenderne atto».
Cosa vi ha dato in più?
«Serenità e maggiore autostima a chi gli gioca intorno: a volte si sentono più forti di quello che realmente sono, dico davvero».
Vidal è stato l’altro innesto nel motore: che ne pensa?
«Già ad agosto dissi che era uno dei pochi che avrebbe trovato posto nella Juve fortissima di qualche anno fa. È dappertutto, dà sempre pressione all’avversario, è bravo tecnicamente: ha le qualità per potersi ritagliare un ruolo importante in qualsiasi squadra di altissimo livello».
Due stagioni fa, di questi tempi, Juve a meno 14 dalla cima, l’anno scorso a meno 11: come si sta a meno uno?
«Bella soddisfazione, reale, che si vede da come cercano di affrontarti gli avversari. Fai di nuovo un po’ di paura. Anche se è vero che quest’anno è stato un po’ particolare: l’Inter ha stentato, il Napoli ha avuto l’handicap della Champions, situazioni che hanno fatto sì chela corsa scudetto si riducesse tra noi e il Milan. Ma è una grandissimasorpresa, perché all’inizio, nessuno osava pensarlo. Un bene per il campionato, sennò il Milan avrebbe vinto a mani basse».
«Firmerei per il secondo posto», ha confessato 20 giorni fa: conferma?
«Quanti punti abbiamo sulla terza?»
Sette.
«Mancassero tre giornate, no. Ma a 15 dalla fine, l’autografo lo metto ancora».
Cos’è cambiato rispetto alle ultime due stagioni?
«Avevamo buone squadre, ma non una forza mentale ben delineata, basata sul sudore, il lavoro e il sacrificio».
Milan-Juve sarà decisiva?
«No, troppo presto. Se dovessimo vincere non mi sentirei di dirmi tranquillo per lo scudetto. Come pure il Milan, se perdessimo. Potrebbe contare più per la testa, forse».
Arbitri: che aria tira in campo?
«Sul prato non hai mai la certezza su nulla e me ne accorgo anch’io: su situazioni accadute a cinque o sei metri da me, mi capita di non avere la lucidità per dire se era o no fallo. Non è un lavoro facile: dico anche che arbitri e guardalinee italiani sono i migliori, e che se lavorassero più di squadra, ridurrebbero il margine d’errore».
Un pregio di Conte?
«Ha dimostrato di essere più intelligente che integralista: e non è che facendo ciò che ha fatto ha sconfessato il suo credo».
Come andò il cambio di modulo?
«Conte ne parlò in una riunione, dicendo che voleva cercare di dare il maggiore equilibrio alla squadra e metterla nelle condizioni di fare il massimo. Se ti metti in campo con un 4-2-4, ti accorgerai che Pirlo farà fatica a giocare come fa ora. E per una squadra è meglio che Pirlo giochi bene».
«Conte è un mix tra Ancelotti e Lippi», è la miscela di Pirlo: la sua?
«Bel cocktail. Per ciò che trasmette a voce, i concetti, la carica, è molto simile a Lippi. Per il lavoro e l’attenzione al particolare, somiglia molto ad Ancelotti: quello che ho avuto a Parma, e che aveva tempo per provare e riprovare».
Ha pure assemblato la miglior difesa della serie A.
«Merito dei singoli e, come dico sempre, dell’aiuto di tutta la squadra, di attacco e centrocampo».
Portiere compreso. Riguarda le sue parate?
«No, perché ogni volta mi sembrano meno belle e meno difficili di quanto fossero dal vivo. In tv sembrano una cavolata, e mi dà molto fastidio: mi tengo il ricordo del campo».
Quante volte ha pensato: non vinco più niente?
(sorriso). «Tante. Ma la risposta che mi davo era sempre che non era giusto. Non sarebbe un giusto destino».
È in debito con lei?
«No, no, sono io in debito con lui. Però, sportivamente parlando, è giusto che vinca ancora un po’».
Mai pentito della scelta di restare alla Juve?
(altro sorriso). «Vuol dire se penso di aver fatto una cazzata? Beh, se dal 2006 in poi non vincerò più nulla, penso che per la mia carriera la scelta non sarà stata proprio il massimo».
«La sconfitta non rende ingiusta una causa», scrisse il poeta John Milton, e lei spiegò che la sua fu anche una scelta di maglia e di cuore, diciamo.
«Infatti non sono pentito, e dentro coltivo la speranza di poter vincere con la Juve».
E dopo due settimi posti agghiaccianti, dove l’ha ritrovata la speranza?
«Non ne ho la più pallida idea. So però che dopo un po’ di tempo, in ritiro, avevo annusato delle sensazioni da Juve. Importanti da assaporare, perché era tanto che non le sentivo. Allora ho pensato che poteva essere un anno importante: per tornare a essere temuti».