proprio per questo renderei obbligatorio il testamento biologico
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proprio per questo renderei obbligatorio il testamento biologico
di solito i principi cardine di questo tipo di legislazioni sono:
- un comitato di medici che decide sulle condizioni del paziente e quindi sull'irreversibilità della condizione, nonchè sulle sofferenze che il paziente affronta.
- la scelta deve essere volontaria e ben considerata da parte del paziente (tra l'altro si deve tenere in considerazione il fatto che si parla di pazienti coscienti, nella maggior parte dei casi), anche con uno scritto - il famoso testamento biologico.
- di solito si richiede un secondo parere medico indipendente.
- si deve (ovviamente) porre fine alla vita in modo dignitoso, e quindi da parte di un medico (no al non nutrire più, perciò, ma in un caso del genere ci deve essere un'azione positiva del medico - pensiamo a terry schiavo, di solito non è possibile "lasciar morire" d'inedia il paziente)
- in mancanza di uno scritto è possibile la decisione dei parenti stretti, ma non in tutti i casi. i criteri da seguire sono ovviamente gli stessi qui sopra, salva una maggior possibilità di contrasti.
incidentalmente vorrei far notare, in merito al discorso sulle "leggi giuste" come una legge in materia, che sia equilibrata come quelle già in vigore in altri paesi, eviti la vera ingiustizia di queste situazioni, ovvero la decisione caso per caso con immani battaglie mediatiche e legali, che recano più danni ai soggetti coinvolti di quanto possa recarne il rischio delle "cabine suicidi"
infine, pur rispettando la speranza di ciascuno e senza ovviamente riferirmi a nessun caso personale, è stato dimostrato, proprio nel caso di terry schiavo, che dopo un certo lasso di tempo le possibilità di recupero sono nulle. l'autopsia ha infatti dimostrato la totale distruzione del cervello e di parte del sistema nervoso, dimostrando come l'apparenza (nel caso di terry schiavo l'apparente lucidità delgi occhi) non è altro che, appunto, apparenza.
Infatti. Quoto. Bisogna distinguere le due cose, se si vuole fare una legge per permettere a un parente che non ce la fa più di poter smettere, è da notare che in quel caso abbiamo una persona che decide per la vita di un'altra. Non mi sembra una cosa da prendere alla leggera. Il fine di lucro non è certo negli intenti, ma è una ghiotta occasione (sad but true) per molti ospedali.
sono cinico se dico che preferirei non poter scegliere - nel bene e nel male?
Non capisco che intendi.
Penso Baddo semplicemente non voglia la possibilità di scelta... lasciando la decisione sulla vita o la morte ai 'Piani Alti'
Si, ok, ma questo significa che in caso rifiuterebbe di farsi curare?
Secondo me il contrario.
Hai ragione.
Peccato che sempre di possibilità si parli e che la verifica di queste possibilità le puoi fare con il risveglio o con l'autopsia.
Non esiste TAC, risonanza magnetica funzionale o meno che può stabilire QUANTO un cervello è distrutto: il tempo, nei casi di stato vegetativo persistente, è un nemico ma non annulla con certezza le possibilità di risveglio (lasciando comunque aperto il problema della capacità di recupero di una "certa" autonomia).
L'unica sicurezza è che eventualmente possiamo essere chiamati a prendere decisioni definitive basandosi su una nostra parziale ignoranza.
Riguardo il testamento biologico: come è stilato in altre legislazioni?
Penso al fatto che si possa rifiutare terapie iniziali quali la respirazione artificiale che è necessaria (ma non sufficiente) affinché un trauma possa regredire. Non è forse un controsenso negare a priori la possibilità di applicare una terapia senza che si possa sapere l'estensione di un danno?
Inoltre non vorrei mai che i medici che mi venissero a prestare i primi soccorsi perdessero tempo a ricercare il mio "testamento biologico" per sapere se possono o meno applicare una certa terapia rischiando magari di causare danni dovuti ad un tardivo intervento!
sono d'accordo, non c'è una certezza acquisibile a priori, ma ci sono larghe evidenze che più la situazione va avanti peggio è.
comunquq questa mancanza di certezze - oltre che ad una questione etica - è il motivo per cui le legislazioni lasciano la scelta al singolo o ai parenti pià prossimi.
nessuno pretende che la decisione sia perfetta o sicura, anzi. in caso di mancanza di evidenza sulla volontà del malato i parenti prossimi possono anche non scegliere, e lasciare tutto com'è.
in fondo è una cosa natirale che i parenti prendano decisioni per gli incapaci, vedi i figli minori.
come sia stilato nei fatti non lo so. immagino non sia un documento che debba prevedere punto per punto ogni caso possibile e immaginabile. deve esprimere la volontà in generale del singolo.Citazione:
Riguardo il testamento biologico: come è stilato in altre legislazioni?
Penso al fatto che si possa rifiutare terapie iniziali quali la respirazione artificiale che è necessaria (ma non sufficiente) affinché un trauma possa regredire. Non è forse un controsenso negare a priori la possibilità di applicare una terapia senza che si possa sapere l'estensione di un danno?
Inoltre non vorrei mai che i medici che mi venissero a prestare i primi soccorsi perdessero tempo a ricercare il mio "testamento biologico" per sapere se possono o meno applicare una certa terapia rischiando magari di causare danni dovuti ad un tardivo intervento!
e il rischio che i paramedici perdnao tempo a cercare il testamento biologico non c'è. sono obbligarti prima a stabilizzarti, poi si discute ;)
Dopo tuttop quello che abbiamo detto, questa volta, devo essere d'accordo con Baddo.
In effetti, pensandoci bene, preferirei che per situazioni simili nessuno possa intervenire... si creerebbero troppi motivi di lucro (altri) ecc..
La scelta dovrebbe essere concessa quando avremo una società alla Star Trek (quindi penso mai)
non mi risulta che in olanda ci sia smercio di cadaveri o che per ridurre la spesa sanitaria abbattano la gente nei pronto soccorso...
Mi sono riletto con un po' di calma la Nota Pastorale a cui avevo fatto riferimento... tento una sintesi:
Punto di partenza: Gesù ha "lottato" contro il male, in ogni sua forma! Ha guarito molte malattie, indicando sempre che il suo obiettivo era non solo la "salute", ma la "salvezza" della persona, di cui la salute è un "simbolo"...
La Chiesa: riconosce e apprezza il progresso scientifico! Vede alcuni rischi: l'eccessiva liberalizzazione ha il rischio di emerginare chi non ha i mezzi; l'esasperazione dell'uguaglianza può diventare burocratizzazione della risposta medica; il modello aziendale non può essere il criterio unico; la regionalizzazione della sanità ha dei motivi, ma occorre tutelare i "livelli essenziali di prestazioni"; occorre non perdere di vista il valore della "sussidiarietà".
Sfide culturali:
- Atteggiamento prometeico (è una citazione di Giovanni Paolo II!) l'uomo che si fa "padrone" della vita e della morte (e qui, come avevo già detto, accanimento terapeutico ed eutanasia sono due risultanze dello stesso modo di pensare...), rifiutando di fare i conti con la sua "finitudine".
- Dalla medicina dei bisogni a quella dei desideri: ormai i desideri sono considerati come bisogni... problematico!
- Esperienze dolorose/aspetti faticosi della vita: sono rimossi! così però ci si toglie la possibilità di vivere umanamente anche gli aspetti problematici! Li si subisce e basta
- Logica dei mezzi e dei fini: la malattia è solo un problema di "mezzi per curare"... ci si illude che, se ce ne fossero abbastanza, tutti i problemi sarebbero risolti... si "depotenzia" la capacità di dare un senso a quello che si sta vivendo, che è la questione prima!
- COn queste premesse le situazioni di fragilità non trovano risposta... gli "ultimi della fila" sono sempre di più e sempre più soli...
- Occorre passare dal "curare" al "prendersi cura": considerare la persona nella sua totalità (non solo come "oggetto malato"); perso l'approccio olistico della persona, gli operatori si pensano solo come "mezzi di cura", non persone che incontrano altre persone.
- Prevenzione: se ne parla tanto, ma è ancora poca! Ha il valore di rendere ognuno soggetto attivo del proprio benessere!
- Formazione degli operatori: troppo "solo tecnica", no aspetti antropologico-etici.
Inizia poi la "trattazione" vera e propria, dei temi:
- Prendersi cura, essere "ospedale" (cioè "ospitale"): no solo "cura" della malattia, ma prendersi cura della persona; accompagnare; accettare la relazione con il malato e la sua situazione; permettere alla malattia di diventare un "evento della vita", non una negazione di essa!
- Umanizzare il servizio sanitario: sia come "singoli operatori", soprattutto come responsabili! Grave il peccato di chi spreca risorse per questo!
- Ricerca e cura sanitaria: grande realtà, utile e preziosa, ma chiamata a riconoscere i propri limiti: cito tutto il paragrafo: L’esperienza della sofferenza e di ogni altra forma di disabilità suscita domande sempre nuove, invoca un orizzonte di senso, chiede prossimità e rispettosa attenzione, richiama ai valori fondamentali del vivere. Per aiutare a rispondere ai persistenti interrogativi che sorgono dal cuore della persona inferma e che riguardano il senso del vivere e del morire, il significato del dolore, della malattia e della morte, la vita presente e futura e il loro mutuo rapporto, la comunità cristiana offre la luce della parola di Dio e il conforto della solidarietà cristiana. Per questo non solo si allea con quanti, nella società, sono impegnati nella lotta contro la sofferenza, rigettando ogni forma di dolorismo, ma anche vuole illuminare di speranza cristiana l’oscurità della sofferenza e della morte e sottolineare il valore della solidarietà, della prossimità e del servizio.
Mentalità materialista, efficentista ed edonista: sono una concezione riduttiva della salute!!!
Chiudo riportando un altro paragrafo che mi sembra riassuma il punto di vista: 36. In una cultura complessa e spesso condizionata dagli strumenti di informazione non è facile comprendere e approfondire, in modo responsabile, i problemi che riguardano il senso della vita, la sua cura e la portata di interventi che ne rispettano o ne violano la dignità. Non mancano correnti di pensiero caratterizzate, più o meno consapevolmente, dalla sindrome dell’onnipotenza della scienza o dalla presunta padronanza assoluta della vita. In questo contesto, la Chiesa sente il dovere di «impegnarsi per il rispetto della vita di ciascun essere umano dal concepimento fino al suo naturale tramonto».
37. Tale impegno deve essere costantemente accompagnato dallo sforzo di far comprendere le motivazioni che lo sorreggono: si tratta di argomenti mai ideologici, ma d’intensa umanità, di amore e vicinanza a ogni persona nella sua concreta situazione esistenziale, di difesa dei valori fondamentali iscritti nella natura della persona umana e della relazione sociale.
domanda provocatoria: facciamo finta che causa malattia il miio naturale tramonto giungerebbe agli 80 anni di età. Se decidessi di usare l'eutanasia morirei a 75, e dunque il tramonto non sarebbe più naturale.
Ma allo stesso modo se decidessi di curarmi morirei invece a 85, e anche in questo caso il tramonto non sarebbe più naturale.
Voi mi direte "ma c'è una bella differenza tra le due cose" e avete certamente ragione; ma in quel passo non si parla di vivere più o meno, ma di sovvertire un qualcosa di naturale (immagino che l'idea di fondo è: dio ci ha dato la nostra vita e non non dobbiamo permetterci di modificarla): anche la medicina è una violenza di questa "naturalità" perchè ci fa vivere di più. Dunque?
Più o meno la stessa domanda mi è stata fatta stasera nell'incontro di catechesi con gli adolescenti!
Genesi 1 ci dice: Dio ha creato il mondo e poi ha detto all'uomo: ti è affidato! Datti da fare e vedi "custodire e coltivare" quello che hai ricevuto...
Un conto è la "cura" di qualcosa che, ultimamente, non mi appartiene...
un conto è "farsi padrone" e pensare di avere diritto di vita e di morte...
Secondo questo concetto mi sembra più logico che chi inquini l' ambiente commetta un atto molto più grave di chi si batte per "staccare la spina" di un familiare.
Beh, grave è grave, l'inquinamento...
Nel caso dell'eutanasia però c'è di mezzo una vita concreta... dire che è meno "grave" mi sembra azzardato...
si, perchè arlando del mondo ci riferiamo al globo terricolo, o magari alla natura :asd:
che tipi buffi i nostri amici puffi
il punto centrale di questo aspetto della discussione, però, è prettamente semantico. spostando il confine del concetto di "terapeutico" si consentono o meno comportamenti decisamente simili - nei fatti ma anche eticamente.
la scelta di assolutizzare questo confine mal si concilia con la caratteristica propria di un "confine" come questo, ovvero l'essere deciamente poco definito.
molto dell'atteggiamento di contrarietà verso la chiesa risiede proprio in questa estremizzazione della chiarezza del confine, che si sente come "innaturale"
tra l'altro ci sarebbe anche l'aspetto di poter ritenere l'accettazione dell'inevitabilità - in senso contingente - della morte e la scelta di non aspettarla "passivamente" come una profonda comprensione della "finitudine" della vita.