Citazione:
"Senza quelli come me il calcio sarebbe noioso"
«Corro per i fenomeni»
MASSIMILIANO NEROZZI
TORINO
Difende la categoria dei lavoratori, Mohamed Lamine Sissoko che prima parla di Ambrosini e Gattuso («uno fondamentale per loro»), poi di Kakà e Ronaldinho: perché ci sono quelli che «fanno spettacolo e spesso la differenza», e quelli che «fanno chilometri» per permettere lo show. Tutta gente che «nelle squadre non deve mai mancare». Pure se ha l’influenza, come Momo ieri, chiuso ad allenarsi in palestra per giocare Juve-Milan domani sera all’Olimpico.
Momo Sissoko, bisogna trovare l’anti-Inter: ne resterà una sola?
«No, comunque vada, è troppo presto. Anche se poi vincere sarà importante, perché ritrovarsi a 9 punti dall’Inter non sarebbe una situazione comoda».
La Juve ha sorpreso molti suoi compagni: si accoda alla lista?
«Sì, in Champions abbiamo fatto molto bene dentro un girone difficile, dimostrando che siamo una squadra compatta».
Il nemico rossonero da tenere d’occhio?
«Non ci sarà Gattuso, che è un grande, allora penso a Seedorf e Ambrosini».
Di passaggio, ci sarebbero anche Kakà e Ronaldinho.
«Parlavo di chi gioca nella mia zona. E, ovvio, ci sono quei due: classe mondiale. Dei fenomeni: poi, però, in tutte le squadre ci vogliono anche giocatori che fanno chilometri, come Gattuso e me».
Che cosa le piace di Kakà?
«Che è un giocatore intelligente, che sa dove mettere il pallone, che gioca e pensa veloce».
Ha prenotato la sua maglia per l’asta benefica?
«Ce l’ho già, me la diede l’anno scorso: vediamo quale prendo. Poi le metterò in vendita su Internet, per i bambini di Bamako, in Mali (dove ha una fondazione, ndr)».
Milan costruito per fare show a ogni uscita, a voi basta portare a casa l’incasso: è così?
«Loro hanno grandi individualità che possono fare la differenza in ogni istante, noi siamo più squadra, più solidi. Poi anche qui ci sono persone che sanno giocare a calcio, come Del Piero e Amauri: però l’etichetta, forse, è un po’ vera».
Il Milan gioca meglio della Juve?
«No, non penso».
«Per rubare palla, uno dei migliori al mondo, ma deve migliorare quando ce l’ha tra in piedi», scrivevano in Inghilterra: ha rimediato?
«Lo so, dicevano così. Ogni giorno lavoravo, e lavoro, per migliorarmi».
Benitez l’ha voluta a Valencia e a Liverpool, poi l’ha ripudiata: motivo?
«Una spiegazione sola non c’è: diciamo che così va il calcio».
Diciamo che i minuti in campo si erano rarefatti.
«Vero, e a vent’anni penso che uno debba giocare, non stare in panchina: era meglio cambiare squadra».
Alla Juve ha scoperto il nuovo mondo: 19 presenze, 18 da titolare: piuttosto che lei, Ranieri leva il portiere.
«E sono molto felice, perché se sento la fiducia in me gioco più tranquillo, sereno, e dò il massimo. L’ho sempre fatto, anche a Liverpool dove, secondo me, meritavo di giocare. Però Benitez resta una persona speciale».
Le cambiò mestiere, da seconda punta a mediano: bel salto.
«E tutto nel secondo tempo di un’amichevole, con il San Gallo. Lui non ha più uomini, si fa male Albelda: allora chiede all’arbitro se può farmi rientrare, a centrocampo, dove mai avevo giocato».
Andò bene, si deduce.
«Non mi spostarono più. Pensare che fino a un minuto prima facevo la punta e neppure malissimo, anche se solo nelle giovanili: una cinquantina di gol in due anni nell’Auxerre».
Si narra che già lì corresse 11-12 chilometri a partita. (sorriso)
«Quando sei giovane, tutti vogliono fare gol, e io andavo sempre dietro al pallone».
In Inghilterra l’accusavano di inseguire pure le caviglie.
«Ancora la storia dei cartellini? Vero, ma sono migliorato, e qui ho imparato a controllarmi ancora di più».
Benitez la difese, puntando il dito verso gli arbitri: facile prendersela con un diciottenne.
«Non che io non facessi falli, ma un po’ aveva ragione. A me non perdonavano nulla, poi c’era gente come Lampard che mandava a quel paese l’arbitro e non si beccava neppure un richiamo. Va così, un po’ ovunque».
E come va domani?
«Due a zero per la Juve. E magari faccio gol».
Vai Mimmo!!!