Vorrei ritornare sull'argomento dopo la seconda visione di Avatar, successiva all'anteprima milanese, questa volta nel posto giusto, vale a dire in Sala Energia insieme a mia moglie, alla quale era giusto facessi questo regalo indimenticabile. Leggo, naturalmente non solo su questo forum, delle cose per così dire singolari. Da un lato ci sarebbe una folla di gonzi, al momento qualche decina di milioni compreso il sottoscritto con consorte, che avrebbe abboccato ad una mera operazione di marketing andando a riempire le tasche di Cameron e della Fox, dall'altro i sacri depositari del sapere cinematografico che si sforzano invano di riportarci sulla retta via, mettendoci in guardia dall'ennesima baracconata hollywoodiana, al limite riconoscendo al filmettino in questione una certa rilevanza tecnica (e ci mancherebbe!).
Non che sia una sorpresa constatare quanto il cinema possa suscitare opinioni divergenti. Ho la memoria lunga e ricordo bene la reazione di certi soloni all'uscita di Blade Runner o del Gladiatore (tanto per citare i primi che mi vengono in mente). Qui però il problema è anche un altro, ed è l'ormai dilagante provincialismo culturale di questo paese. Per quanto mi riguarda Avatar non è un grandissimo film ma un capolavoro assoluto, che unisce come forse un paio d'altri film nella storia del cinema, tutte le risorse in quel momento a disposizione del regista e della casa di produzione (per la verità Cameron alcune cose le ha dovute inventare per l'occasione). Ed uno dei capisaldi della pellicola (mi viene ancora da usare questo termine) sta proprio nella sua formidabile sceneggiatura. Storie già raccontate, personaggi stereotipati, una trama ed un epilogo scontati. Ma di che cosa stiamo parlando? Dello stesso film che ho visto io ambientato in un pianeta diverso, con una fauna od una flora inventati di sana pianta?, Popolato da creautre blu alte più di tre metri?, Dove è possibile vivere in un corpo altrui?
Quanto ai personaggi stereotipati, devo dire che io passo la mia giornata accanto a personaggi stereotipati, l'edicolante sotto casa, la suocera, il mio caporedattore ecc... Sapete che vi dico? Il tran tran di tutti i giorni è un fottuto stereotipo, però qualcuno pretende dal cinema ben altro racconto degli esseri umani. Certo, se Cameron avesse accompagnato con la cinepresa il cattivone (sapete di chi parlo) alla toilette, magari avremmo letto il personaggio con ben altri livelli d'introspezione. Ma per favore!
Provincialismo culturale perché leggendo critiche e reazioni al film in altre nazioni, non dico che manchino gli atteggiamenti di cui sopra, ma sono in numero enormemente più esiguo. Provincialismo culturale perché non ci si accorge dell'infinità di messaggi contenuti in Avatar, non ultimo, per quanto paradossale perché totalmente indiretto, il più crudo rimando cinematografico al più colossale genocidio compiuto dall'uomo, anzi da noi cosiddetti occidentali, negli ultimi cinquecento anni, quello degli indiani d'America. Non penseremo certo che pellicole come Soldato Blu e Balla coi lupi abbiano messo veramente il dito nella piaga? Lì, al massimo i massacri vengono compiuti da militari più o meno esaltati. In quelle terre vivevano da 50 a 100 milioni di nostri fratelli, adesso ce ne sono sì e no 2/3 milioni, il resto, uomini, donne e bambini, se lo sono portati via pallottole e bombe per una precisa volontà politica ed economica che, tremenda ironia della storia scritta inevitabilmente dai vincitori, tuttora prende il nome di epopea del West. Insomma, né più né meno di quel che succederebbe a qualche sventurato alieno che per disgrazia venisse in contatto con noi avendo qualcosa di prezioso sotto la superficie del suo pianeta, naturalmente secondo il più scontato, stereotipato e reale dei meccanismi umani. L'America, l'Occidente, non ha ancora fatto i conti con il principale fantasma del suo passato, il film di Cameron è una frustata terribile anche se arriva da un altro pianeta.
Chiudo, citando quel che mi ha emotivamente più scosso:
ed ancora:
Grazie mister Cameron, chissà che un giorno non abbia il privilegio di stringerle la mano.
Saluti da chance