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"Se Matteo Renzi invece che uscire nel cortile di Palazzo Chigi con il gelato in mano fosse uscito con l'Unità avrebbe fatto molto meglio”. Domenico si definisce un “compagno controcorrente”, è uno che non le manda a dire e pare che movimenti sempre le assemblee del Pd di Recanati con i suoi interventi. La sua "provocazione" la fa anche qui, alla festa dell'Unità che si svolge nel bellissimo chiostro di Sant'Agostino, sotto la torre del Passero solitario, nel corso di una serata dedicata al futuro del giornale fondato da Antonio Gramsci. Due ore di confronto vivace, che più che al glorioso passato del quotidiano dedica molto spazio a una nuova Unità, a che cosa deve essere, cosa deve dire, a chi deve rivolgersi e come ridiventare un grande giornale di popolo. Nella città di Giacomo Leopardi, dove ogni angolo riserva un frammento di poesia, un ritratto, e persino i ristoranti hanno adattato il menu ai versi del grande poeta, l'Unità è considerata un patrimonio politico-culturale da difendere e soprattutto da rilanciare. Un punto di vista fondamentale e irrinunciabile. Come quella finestra di casa Leopardi attraverso la quale Giacomo vide il suo mondo - la campagna e il lavoro, gli amori e i naufragi della vita – e quel mondo diventò grande poesia.
Oggi purtroppo l'Unità è una finestra chiusa. E il primo obiettivo, spiega il segretario del Pd Pippo Simoni, è riaprirla: riportare il giornale nelle case, ridare voce a un'idea che rischia di sparire. Per questo sono tutti convinti che il Pd non debba perdere tempo, perché più giorni passano e più sarà difficile. "Una soluzione subito", dicono molti." Fate presto", incitano stringendoti la mano quando il dibattito finisce. Ma il confronto non si esaurisce in questo grido d'allarme rivolto al Pd per il giornale chiuso. Questi lettori - affezionati e pieni di passione - vogliono un giornale nuovo, che sappia coinvolgere, stimolare, trainare e produrre idee per la sinistra.
“Ho cominciato a leggere l'Unità a quattordici anni - dice Roberto Tesei, segretario regionale dei Giovani Democratici – perché chi voleva cambiare il mondo leggeva l'Unità”. Oggi di anni ne ha venticinque e pensa che il giornale debba svolgere un ruolo preciso: essere un grande giornale di popolo. “L'Unità deve essere il quotidiano di chi vive nell'ombra, di chi non ha diritti”, spiega a un pubblico dove i giovani non mancano. Sono gli stessii che poi ritroviamo a cena - curiosi, determinati, coraggiosi - e scopriamo che sono consiglieri e assessori e governano la complessità di una cittadina che non vive solo della grandezza di Leopardi. Sono figli di un ricambio generazionale che somiglia poco alla rottamazione e che tiene insieme chi c'era prima e chi c'è oggi in un lavoro che ha anche i suoi momenti di leggerezza e di simpatia.
Pochi insomma, anche tra i più anziani, cedono alla nostalgia. Certo, ci sono quei vecchi compagni che, come accade in ogni festa dell'Unità, ti avvicinano e ricordano quando si faceva la diffusione in campagna e casa per casa e c'era un partito forte. Ma anche loro, in fondo, sono convinti che bisogna andare avanti, ritrovare un filo nuovo nel modo di raccontare le cose. “Senza l'Unità non c'è la sinistra”, dice una combattiva signora di ottant'anni che questo Pd lo vede come un “mischietto”, cioè un partito, chiarisce, nel quale si "mescola tutto e alla fine non sai più che cos'è". E un altro ti ricorda che a Recanati, grande feudo Dc, trent'anni fa settanta-ottanta copie andavano via in un batter d'occhio durante le diffusioni domenicali e lui era uno dei più bravi a vendere il giornale. Ma poi aggiunge che riaprire l'Unità ha oggi un grande vantaggio: “Far camminare le nostre idee con più chiarezza di prima”.
Le idee sono il sale della politica, senza idee nuove la sinistra non esiste. Il senatore Mario Morgoni è uno di quelli che pensa sia sbagliato fare sull'Unità un'operazione nostalgia. “Voglio che torni presto un giornale intelligente, curioso, che sia in grado di anticipare e faccia ragionare. All'Italia serve la buona politica, che si costruisce anche attraverso un giornale aperto a questa comunità”, spiega promettendo a tutti l'impegno suo e del gruppo Pd del Senato affinché il partito faccia presto. Ma anche chi non ha mai fatto le scale con il mazzo di copie dell'Unità sotto il braccio pensa che la scomparsa del giornale sia una perdita enorme. E' il caso di Angelo Sciapichetti, consigliere regionale e un passato da dirigente della Dc e dell'associazionismo cattolico. “Non sono cresciuto come molti di voi a pane e Unità – dice – ma credo che questo giornale serva ancora. Deve tornare e reinventarsi, svolgere un ruolo formativo per le nuove generazioni, puntare sulla qualità e lo spazio editoriale c'è e non è piccolo”.
Qualità e approfondimento piacciono tanto anche a Rita Soccio, assessore alle politiche culturali del Comune che pensa che la cultura sia anche un valore economico per l'Italia. Lo stesso, spiega, vale per l'Unità. “Sì, certo l'on line va bene, ma non si può ridurre tutto al web che spesso è veloce quanto superficiale. Voi dovete andare sotto la superficie, riflettere, spiegare, approfondire”, dice citando spesso Leopardi. Ragionamenti che chiamano in causa anche noi giornalisti, mettono in discussione vecchi modelli e lanciano nel nostro campo la sfida di una nuova informazione. Giacomo prende il microfono e la butta lì così: non credete di aver fatto anche voi degli errori? Lui è uno che l'Unità la portava in tasca quando andava all'Università, ai tempi di Walter Veltroni direttore, e ricorda come quel giornale rappresentasse una novità e fosse tornato a essere un nome da mostrare con orgoglio.
Spunti per riflettere, alla fine di un dibattito infreddolito da temperature autunnali, ne restano molti. Se si possono trarre alcune conclusioni sono queste: l'Unità manca, andare in edicola e sentire il vuoto pesa, il Pd deve rompere ogni indugio e riaprire subito il giornale. E i giornalisti però dovranno inventarsi un nuovo quotidiano che dia a questa comunità, della quale la festa di Recanati è un piccolo ma significativo spaccato, uno strumento di conoscenza del mondo diverso dagli altri. Ma diverso come? Un punto di vista chiaro, netto, di sinistra, senza confusioni o paludamenti perché oggi c'è da dire pane al pane e vino al vino. Un giornale che sia anche web ma che nella sua versione di carta vada oltra il web e faccia capire, riflettere. Che serva a ricostruire un senso politico nell'epoca della politica mordi e fuggi. Che stia davanti e non dietro rispetto al Pd e alla sinistra e che soprattutto sia aperto, curioso, coraggioso.
Appunto, un giornale del popolo. Di questo popolo che si fa tante domande e spesso non trova le risposte, che qualche volta è disorientato e ha bisogno di una bussola che non gli faccia perdere la strada e lo costringa anche a fare qualche deviazione di marcia se serve. E' possibile? Certo che è possibile, basta volerlo. “Dai, cerchiamo di essere ottimisti - dice Pippo Simoni alla fine di questa bella serata - Tornate presto in edicola e poi ci rivediamo qui con l'Unità in mano...”.