Chi mi conosce sa che, sotto questa rude scorza di giornalista informatico proditoriamente rivolto alla novità, si nasconde un tenero, gentile animo di nostalgico. Avete presente la vecchia pubblicità della Barilla con la bambina che trovava il gattino inzuppato e se lo portava a casa? Bene, io potrei fare la stessa cosa con un Commodore 116 semmai ne trovassi uno che sbuca dal cassonetto, o con qualsiasi altra diavoleria informatica degli anni '80, sempre a patto che l'aggeggio sia ancora in buone condizioni.
Ebbene, domenica scorsa ho convinto mia moglie a seguirmi a Brusaporto, un piccolo paese a poca distanza dall'uscita di Seriate, sulla Milano-Venezia. Qui si teneva la prima edizione di una simpatica esposizione di vecchi computer, chiamata con molta fantasia Brusaporto Retrocomputing. L'aria che si respirava era più o meno quella dei ritrovi tra radioamatori, o tra appassionati di modellismo, gente che ormai ha abbondantemente superato i trenta (ma anche i cinquanta o i sessanta) e che ha in comune soprattutto una cosa: la consapevolezza di essere stati, seppur comodamente in poltrona, dei pionieri.
Già, nell'epoca di Ronald Reagan e del Drive In, quando gli adulti erano ancora abituati a giocare a carte al bar e a discutere animatamente di calcio (che era quello del sudore e dei gol, non quello delle veline, e quando si parlava di miliardi si intendeva solitamente il montepremi del Totocalcio), e i ragazzini erano impegnati a millantare improbabili avventure a sfondo sessuale all'alba della seconda media, noi sfigati eravamo lì a rincitrullirci su quelle macchine incomprensibili che spaventavano genitori, parenti, amici e colleghi.
Ma che importanza potrà mai avere tutto questo? Beh, sono andato a Brusaporto e ho fatto qualche foto. Ci ho portato la mia macchina AROS, che ha avuto un discreto successo tra i visitatori della fiera, il che mi ha reso particolarmente orgoglione...