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  1. #326
    Shogun Assoluto L'avatar di showa
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    Predefinito Re: News militari (air based)

    Citazione Originariamente Scritto da max_86 Visualizza Messaggio
    Il Rafale ha vinto il concorso MRCA in India...
    Considerando com'è il procurement militare in India, c'è da essere contenti di PERDERE una gara d'appalto.

  2. #327
    Il Nonno L'avatar di Gil-galad, Re degli Elfi
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    Predefinito Re: News militari (air based)

    L'M-346 ha vinto il concorso per l'addestratore in Israele. E' la seconda volta, dopo Singapore, che batte il T-50

    http://www.difesanews.it/archives/is...stratore-m-346

  3. #328
    Lo Zio L'avatar di scutum 2
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    Predefinito Re: News militari (air based)

    Vero, vero... E parrebbe che ci siano ottime possibilità anche con gli USA (ma considerati gli ultimi "scherzetti" di questi...).
    Se andasse in porto quella commessa li sarebbe una cosa epocale.

  4. #329
    Lo Zio L'avatar di scutum 2
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    Predefinito Re: News militari (air based)

    ANSA - 7 maggio - Volare con il gioiello dell'Air Force Usa - il caccia da superiorita' aerea F-22 Raptor - e' troppo pericoloso: parola di due piloti di grande esperienza che ora si rifiutano di salire a bordo del sofisticatissimo aereo e che per rilanciare la loro denuncia sono persino usciti allo scoperto, in un'intervista al programma '60 Minutes' della Cbs, rischiando il licenziamento. In uniforme, e senza il permesso dei loro superiori, il maggiore Jeremy Gordon e il capitano Josh Wilson, entrambi con un passato di missioni di guerra in Iraq, hanno raccontato davanti alle telecamere di essersi trovati in stato di ipossia, ovvero di carenza di ossigeno, pilotando il loro caccia e che ''una vasta maggioranza silenziosa'' di piloti dell'F-22 ha avuto esperienze analoghe e teme per la propria vita quando vola con l'aereo piu' moderno della flotta da combattimento Usa. L'ipossia genera uno stato di confusione e spaesamento, paragonabile a quello di ubriachezza. E cosi' si e' sentito il capitano Wilson in particolare circa un anno fa mentre era ai comandi di un F-22, un velivolo con caratteristiche stealth del valore di 400 milioni di dollari prodotto dalla Lockheed Martin. ''Ho dovuto fare un grande sforzo di concentrazione, immenso, solo per fare cose molto, molto semplici'', ha detto alla Cbs. ''Il nostro addestramento dice che se sospetti che sta succedendo qualcosa, senza esitazione devi fare ricorso alla riserva di ossigeno e tornare subito alla base. Ma quando mi sono trovato in questa condizione, non mi ricordavo dove era la riserva di ossigeno, e non riuscivo a trovarla''. I timori dei due piloti sono anche alimentati da incidenti registrati con i caccia F-22. In particolare nel 2010, quando il capitano Jeffery Haney e' morto schiantandosi con il suo caccia, in Alaska. Dopo di allora, una dozzina di casi di piloti con sintomi di ipossia hanno portato a mettere il sistema di fornitura di ossigeno del velivolo al pilota sotto osservazione, tanto che nel maggio del 2011 l'Air Force ha deciso di tenere a terra l'intera flotta, che pero' e' poi tornata a volare cinque mesi dopo. Da allora, ''aspettiamo che succeda qualcosa'', ha detto il capitano Wilson, ''e se succede, nessuno sara' sorpreso. E' solo questione di tempo''. Apparentemente, il suo stato d'animo e' piuttosto diffuso tra i suoi compagni, almeno stando ad una e-mail di un anonimo pilota citata dalla giornalista dalla Cbs, in cui si afferma che i piloti di F-22 Raptor, sono ''il piu' costoso gruppo di scimmie da laboratorio mai creato''.

  5. #330
    Lo Zio L'avatar di scutum 2
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    Predefinito Re: News militari (air based)

    DAl Sole24ore.
    29 maggio - Missioni furtive di attacco dal cielo effettuate da velivoli teleguidati (i cosiddetti droni) armati con missili e bombe a guida satellitare. Una capacità finora riservata a statunitensi e britannici ma che presto potrebbe riguardare anche i 12 velivoli Predator e Reaper dell’Aeronautica Militare italiana schierati nella base del 32° Stormo ad Amendola (Foggia) e assegnati ai 200 militari del al 28° Gruppo. La flotta italiana è stata costituita con due contratti: nel 2001 vennero ordinati 5 Predator più il supporto e una stazione di guida per 47,8 milioni di dollari. Nel 2008 sono stati ordinati 4 Reaper, altrettante stazioni di controllo con 5 anni di assistenza per 330 milioni di dollari e nello stesso anno vennero ordinati altri due Predator (16 milioni di dollari). L’Italia è stata il primo cliente estero ad acquistare i velivoli senza pilota Predator impiegati per la prima volta in Iraq e poi in Afghanistan con compiti di sorveglianza aerea ma con la limitazione di essere privi di armi. Una scelta più politica che tecnica poiché all’epoca l’amministrazione Bush avrebbe certamente accettato di fornire le armi al prezioso alleato italiano. A causa delle riserve espresse da molti ambienti politici (le stesse che hanno impedito fino a pochi mesi or sono di impiegare bombe a bordo dei cacciabombardieri AMX in Afghanistan) improntate forse al politically correct ma non certo all’efficacia operativa, gli UAS (Unmanned Aerial System) italiani non hanno mai potuto colpire i talebani sorpresi dalle telecamere a posizionare sulle strade ordigni esplosivi né, l’anno scorso, hanno potuto compiere raids mirati sulla Libia dove hanno avuto il battesimo operativo i Reaper appena entrati in servizio e in grado di trasportare 1.800 chili di armamento equivalenti a 14 missili Hellfire e dotati di un’autonomia di 30 ore di volo. La richiesta di acquisto degli armamenti e dei sistemi per l’imbarco delle armi sui velivoli è stata avanzata dalla Difesa italiana nella primavera scorsa ed è attualmente dibattuta al Congresso di Washington come riporta oggi il Wall Street Journal. Si tratta di forniture di missili Hellfire e bombe a guida laser/Gps (le J-Dam peraltro già prodotte su licenza statunitense in Italia) che l’amministrazione Obama sembra intenzionata ad autorizzare come ha già fatto con la Gran Bretagna che impiega i suoi Reaper in missioni belliche in Afghanistan. L’assenza di veti posti dal Congresso rende ufficiale il via libera alla consegna delle armi che dovrebbe essere imminente o comunque a breve scadenza considerato che il Wall Street Journal rivela che l‘Italia intenderebbe impiegare i velivoli armati in Afghanistan, teatro dal quale la riduzione del contingente italiano inizierà già dalla fine di quest’anno. Il dibattito in atto a Washington sottolinea che fornire queste armi a Italia e Gran Bretagna renderà poi difficile negarle ad altri alleati mentre c’è chi sostiene come la democratica californiana Dianne Feinstein, a capo della Commissione intelligence del Senato, che la capacità di impiegare velivoli teleguidati armati dovrebbe restare un’esclusiva statunitense da non condividere con nessuno. La Difesa a Roma, il comando militare italiano a Herat e l’ambasciata italiana a Washington non hanno voluto commentare l’acquisizione delle armi per i “droni” tricolore, sottolinea il WSJ, ma la portavoce del Pentagono, Wendy Snyder, ha precisato che la fornitura “consentirà all’Italia di contribuire alle operazioni per proteggere i soldati italiani ne alleati”. La strategia dell’attuale amministrazione prevede del resto di lasciare molte operazioni di prima linea agli alleati (come è accaduto in Libia) colmandone le lacune con forniture di armi e mezzi sofisticati che hanno anche un pesante risvolto industriale. L’acquisto di UAS e velivoli pilotati statunitensi F-35 costringerà gli alleati ad acquistare anche armi e munizioni Made in Usa poiché l’integrazione su questi velivoli di armi europee risulta costoso o impossibile (il missile da crociera MBDA Storm Shadow non entra nella stiva armi dell’F-35) consentendo così all’industria statunitense di assicurarsi per decenni quel mercato che solo fino a pochi anni or sono sembrava destinato a diventare esclusiva dell’industria europea della Difesa e che aiuterà a compensare il calo delle commesse interne del Pentagono. Le richieste di UAS sono del resto in forte crescita (con statunitensi e israeliani in pole position) su scala globale e si prevede che tra civile e militare le acquisizioni raggiungeranno i 4,3 miliardi di dollari di valore nel 2013 e i 5,8 nel 2017.

    Gianandrea Gaiani

  6. #331
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    Predefinito Re: News militari (air based)

    Beh, era ora che si svegliassero riguardo all'armamento dei predator

  7. #332
    Lo Zio L'avatar di scutum 2
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    Predefinito Re: News militari (air based)

    Onestamente le ragioni dell'Aeronautica mi sembrano legittime e sensate, specie nell'attuale ottica di conflitti asimmetrici...


    di Silvio Lora-Lamia

    20 giugno - Dunque alla fine Marina e Aeronautica hanno pronunciato il loro “sì”. Sarà un matrimonio di interesse, perché di amore fra le due forze armate non ce n’è mai stato tanto. Ora dovranno camminare a braccetto. Metteranno su un unico reparto di volo interforze nel quale ciascuna verserà la propria flotta di aerei da attacco STOVL a “bassa osservabilità” F-35B. Così è stato deciso. Almeno all’inizio continueranno a scalciarsi un po’ sotto il tavolo, ma si sa, l’incompatibilità di carattere non si stempera da un giorno all’altro. Ognuno dovrà rinunciare a qualcosa. La Marina per prima; questa almeno l’impressione avuta da “Analisi Difesa” dopo aver sentito ai primi di giugno uno Stato Maggiore stufo di attacchi e polemiche gratuite, infastidito in particolare da quanto scritto da un settimanale a grande diffusione, che aveva così banalizzato e ridicolizzato un conflitto che pure c’è stato: “… Adesso i JSF se li contendono Marina e Aeronautica, come bambini che vogliono giocare alla guerra”. Il lungo braccio di ferro sul Joint Strike Fighter fra gli ammiragli e i generali di Palazzo Aeronautica ha avuto in realtà una sua ragion d’essere. La Marina chiedeva 22 esemplari dello STOVL di Lockheed Martin, per poterne averne 14 sempre disponibili sul ponte di volo della portaerei Cavour. E non capiva perché l’F-35 STOVL lo volesse pure l’Aeronautica, unica forza aerea “terrestre” tra la dozzina di quelle interessate all’F-35 ad aver chiesto oltre a quella a decollo convenzionale anche questa particolare versione. L’Aeronautica (almeno certa Aeronautica) era costituzionalmente refrattaria all’idea che su quei 22 stealth venisse dipinta l’àncora nera in campo bianco dell’Aviazione Navale: dopo quasi un quarto di secolo non ha ancora digerito del tutto che la legge (la N.36 del 29 gennaio 1989) conceda alla Marina una componente aerea da combattimento autonoma. Le scintille fra le due forze armate si sono riaccese con l’arrivo sulla scena dell’unico successore possibile degli Harrier navali, nel quale per parte sua l’Aeronautica ha visto un sostituto ideale dei suoi AMX, da destinare su basi avanzate “austere” al supporto aereo ravvicinato. Un impiego “terrestre” dello STOVL questo, nel quale la Marina crede assai poco, anche sulla scorta di ciò che hanno insegnato gli Harrier alleati in almeno quattro guerre, quando nella stragrande maggioranza dei casi hanno rinunciato alla peculiarità della loro formula riducendosi a operare dalle stesse basi destinate ai caccia a decollo convenzionale.
    Un unico reparto “composito”
    A mettere la parola fine a una querelle che comunque non appare ancora del tutto risolta (“Stiamo ancora vivendo gli strascichi delle polemiche sorte con la legge del 1989” ha ammesso il CSM dell’Aeronautica generale Giuseppe Bernardis in Parlamento il 24 maggio scorso), sono arrivati - quasi provvidenzialmente - il taglio dei JSF italiani da 131 a 90 e la corrispondente riduzione da 64 a 30 della quota complessiva di F-35B. I 42 aerei destinati in origine all’Aeronautica - già ridotti a 22 secondo quanto riportato da Segredifesa nelle audizioni parlamentari di febbraio - e i 22 attesi dalla Marina scendono adesso a 15 per parte, che è meno dell’organico tipico di un gruppo di volo da combattimento; la Marina in particolare ora non potrà imbarcarne sulla capace Cavour più di 8-9. A questo punto perdeva ogni significato e convenienza economico-logistica dislocare le due mini-flotte di F-35B su due basi aeree diverse. Al Ministro della Difesa Di Paola si poneva così il problema di designare la base dove raggrupparle. L’Aeronautica ovviamente spingeva per la sua di Amendola, già destinata allo scopo da tempo, e la Marina faceva altrettanto per la Stazione Aeromobili di Grottaglie, dove da 21 anni operano i suoi Harrier. Alla fine, l’Aeronautica d’accordo, l’ha spuntata Grottaglie, che non vede così compromessa la sua tradizione e pratica tecnico-militare nel campo dei velivoli da combattimento STOVL. Nella base a pochi chilometri da Taranto i lavori necessari ad accogliere il successore dell’AV-8B “Plus” sono partiti già più di due anni fa, ma intanto lo stesso l’Aeronautica ha fatto ad Amendola. Stando a dati aggiornati all’agosto 2011, per le due basi la Difesa ha speso nel solo 2010 un milione e 119.000 euro, 436.000 dei quali per quella dell’AM, che non riceverà più gli F-35. Soldi che tutti noi contribuenti e spettatori attenti del processo di “Spending review” della Difesa, ora sappiamo buttati dalla finestra.
    Dalla dislocazione su un’unica base dei 30 F-35B alla costituzione di un unico reparto “composito” il passo, però, non è stato breve. L’Aeronautica voleva e credeva in questo reparto, la Marina no, forse per timore di esserne fagocitata. Varrà la pena di ripetere quanto già scritto su queste colonne quando riportammo le parole che un generale Bernardis prossimo alla nomina a Capo di Stato Maggiore rivolse durante un convegno romano a un ammiraglio Paolo Treu - il comandante dell’Aviazione Navale - che gli porgeva le congratulazioni di rito per il nuovo incarico (il clima - parliamo di circa quattro anni fa - era al calor bianco): “Stia tranquillo ammiraglio, non sarò io a far togliere l’àncora nera dai vostri F-35”. Le due forze armate poi si sono messe a studiare assieme il problema, probabilmente è stato tirato qualche pugno sul tavolo, ma alla fine è venuta fuori quella che il generale Bernardis in Senato ha definito una “proposta” ma che in realtà è “la” decisione presa dal Ministro della Difesa: sarà creato un unico reparto “condiviso”, composto da due gruppi di volo, uno per forza armata, insomma un’unità interforze. I due gruppi condivideranno la logistica e la manutenzione, secondo procedure che sapendo quanto sia globalizzato e cruciale il sistema logistico che supporta il JSF, andranno ben al di là di semplici sinergie. Vi saranno sinergie e spazi di collaborazione anche nell’addestramento e nell’allenamento dei piloti, ricorrendo a risorse tecniche unificate (simulatori e quant’altro) e probabilmente utilizzando le medesime aree addestrative.

    Ognuno farà il suo mestiere (almeno per un po’)
    Diverso il discorso sull’impiego operativo delle due flotte di F-35B. Ciascuna obbedirà alla propria catena di comando, specializzandosi poi in ruoli e tipologie di missione non esattamente sovrapponibili: come ha fatto con gli AV-8B “Plus”, la Marina impiegherà i suoi JSF come velivoli multiruolo, e formerà i suoi piloti di conseguenza; inoltre porterà avanti il progetto “STOVL Carrier Training Initiative” dedicato alla ricerca di sinergie tra le marine dotate di portaerei e/o velivoli STOVL in un ottica di massimo contenimento degli oneri associati all’addestramento, proseguendo la collaborazione con la Royal Navy bitannica, che si è riconvertita alla versione B del JSF. L’Aeronautica, che come s’è detto all’F-35B intende affidare prioritariamente il Close Air Support, addestrerà a sua volta i propri piloti secondo necessità. Potrà esserci un’integrazione almeno nei sistemi d’arma, ma fino a un certo punto: l’Aviazione Navale sembra intenzionata a integrare sullo stealth americano un missile antinave da stivare nelle baie interne, mentre non risulta che lo stesso intenda fare l’Aeronautica. Almeno non con lo STOVL.
    Un’integrazione piena, cioè anche operativa, fra i due distinti Gruppi di volo verrà forse col tempo, ma al momento il tema è prematuro. La “condivisione di forze” richiamata dall’ammiraglio Di Paola probabilmente era riferita proprio a questo. Si dovranno stabilire precise modalità di interscambio di uomini e mezzi per amalgamare al massimo livello in un’unica risorsa altamente polivalente due reparti che nascono con tradizioni e ottiche diverse. Non sarà affatto facile, ma almeno ci si dovrà provare. Nella buona e nella cattiva sorte.

  8. #333
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    Predefinito Re: News militari (air based)

    di Silvio Lora-Lamia A.D.
    22luglio - I tagli al bilancio della Difesa aguzzano l’ingegno, o quantomeno l’arte di arrangiarsi. Se un aeroplano non lo si può acquistare e mantenere poi per decenni, lo si può prendere in leasing per un po’, mettendo nel “pacchetto” tutto: ore di volo, manutenzione, addestramento, logistica. E’ un modo (relativamente) più risparmioso di assicurarsi una determinata “capacità”, come si usa dire oggi. Portato a termine dopo dieci anni il leasing di 34 intercettori F-16 “Air Defence Fighter”, il Ministero della Difesa ora ha acquistato per la durata un anno (prorogabile di altri 12 mesi) ore di volo, training e quant’altro di un aereo da intelligence elettronica con cui l’Aeronautica Militare potrà sostituire almeno temporaneamente il suo anziano G.222 SIGINT (SIGnal INTelligence), che va in pensione a fine anno e di cui si chiede un sostituto da ormai cinque anni. L’aereo in questione è l’Airborne Multi-INT Laboratory, più brevemente AML, un bireattore d’affari Gulfstream III che Lockheed Martin ha attrezzato come banco-prova volante di sistemi SIGINT e ISR (Intelligence, Surveillance and Reconnaissance). Una piattaforma “dimostrativa” (oltre al Gulfstream Lockheed può modificare analogamente il biturboelica di aviazione generale Beechcraft 350 o il commuter de Havilland Dash- studiata per provare e far interagire agilmente una miriade di sensori capaci di andare anche oltre la (si fa per dire) semplice intercettazione e analisi di comunicazioni radio (sotto-funzione COMINT) e di dialoghi in radiofrequenza fra apparati (ELINT), fino a consentire il ben più completo C4ISR (Command, Control, Communications, Computers, Intelligence, Surveillance and Reconnaissance). Il tutto grazie a una esasperazione del concetto di “architettura aperta”, con sistemi “plug and play” che permettono al “laboratorio” di riconfigurarsi rapidamente secondo necessità. Il Gulfstream III/AML è insomma una sorta di “campionario volante” di tutto ciò che può servire, e Lockheed può fornire - con l’apporto per le funzioni C4ISR di Rockwell Collins e della “italiana” DRS Defense Solutions -, nel campo dell’intelligence elettronica.

    Già impiegato operativamente
    Mostrato in pubblico la prima volta a Farnborough 2010 a meno di un mese dal primo volo e basato normalmente presso il complesso sperimentale di Lockheed Martin sul Phoenix-Goodyear Airport, in Arizona, dalla fine di aprile il Gulfstream III/AML è a Pratica di Mare, inquadrato nei ranghi del 14° Stormo. Al salone londinese Finmeccanica attraverso la controllata Elsag Datamat Defence (poi incorporata da Selex Sistemi Integrati) annunciò un accordo con Lockheed e L-3 Communications per dotare l’aereo di sensori italiani, ma in realtà era solo un “pour parler”, verosimilmente un’ipotesi di “offset” industriale nel caso l’Aeronautica fosse stata interessata al velivolo. Fatto sta che non se ne fece poi nulla, come Selex Sistemi Integrati ha confermato ad “Analisi Difesa”. Per parte sua l’Aeronautica non ha mai dato notizia di questa acquisizione (in realtà è lo Stato Maggiore della Difesa a non voler fare troppa pubblicità), salvo citare l’AML - e questa è forse la notizia più interessante - fra gli assetti con cui dal 10 al 29 giugno ha preso parte in Norvegia assieme all’Esercito alla “Trial Unified Vision 2012”, esercitazione NATO volta ad avviare un’integrazione fra le piattaforme ISR dell’Alleanza dopo Iraq, Afghanistan e Libia, e - perché no - in vista di possibili nuovi impegni dalle parti delle coste siriane. A sua volta, in un comunicato del 25 giugno, Lockheed Martin ha manifestato apprezzamento per questo primo impiego in un “live operational environment” di quello che in definitiva è puramente un prototipo dimostratore tecnico-commerciale. Questa esperienza operativa, recita la nota di Lockheed, le tornerà utile per sviluppare ulteriormente il concetto di “fornitura di capacità ISR come servizio” attorno al quale ruota un’intera famiglia di configurazioni di sistemi Intelligence, Surveillance and Reconnaissance, battezzata “Dragon Family” e di cui l’AML è la prima concretizzazione. Che cosa intendano fare la Difesa e in particolare l’Aeronautica con questo velivolo - che non è chiaro se possa essere riprodotto in esemplari in tutto e per tutto operativi - è presto detto: imparare in primo luogo a gestire un genere di piattaforme aeree indispensabili alla conduzione di campagne aeree (o meglio aero-navali) con assetti alleati in un rapporto di condivisione e non già di dipendenza, oltre che utili nella composizione della “picture” di possibili minacce in campo nazionale (calamità naturali ed eventi straordinari compresi); e in seconda battuta stabilire quale parte dello spettro C4ISR affidare a questo tipo di velivoli, sapendo che parte di quelle funzioni saranno assegnate anche/o in alternativa agli aerei Early Warning che il nostro Paese attende da Israele (ne accenniamo più avanti). Va in questa direzione anche il ruolo attivo che personale di Lockheed Martin svolgerà servendosi del Gulfstream III/AML nella ricerca e nello sviluppo delle capacità ISR alle quali, in un ambito interforze, l’Aeronautica Militare vuole approdare. Gli accordi con gli Stati Uniti intanto prevedono il dispiegamento sulla base italiana di tre stazioni per l’“intelligence processing” dei dati raccolti dai sistemi dell’aeroplano, che comprendono al momento antenne e relativi apparati di ricezione di comunicazioni e segnali, e sistemi elettro-ottici all’infrarosso. Il tutto è stivato in una “canoa” montata sotto la fusoliera al cui interno come s’è detto possono trovare posto altri sistemi per ulteriori, più complete funzioni. I vari software e sistemi data link sono concepiti per essere integrabili nei network di comunicazione di cui la forza armata “affittuaria” dispone. L’addestramento del personale italiano è a cura di Lockheed Martin, che vi provvede direttamente sulla base di Pratica di Mare per quanto riguarda gli specialisti di sistema e gli operatori alle consolle di cabina, mentre il passaggio macchina per i piloti del 14° si svolge negli Stati Uniti (per ora il Gulfstream è volato da equipaggi misti). Lockheed assicura poi con proprio personale la logistica e la manutenzione sia del velivolo che del suo “segmento terra”.

    Una capacità assicurata fino (si spera) al 2014
    In parallelo all’acquisizione di nuove, ancorché temporanee capacità SIGINT/ISR, con le recenti prime trattative governo-governo l’Italia ha invece avviato il procurement di due (forse tre) aerei-radar CAEW “Eitam” prodotti dal team industriale israeliano Israel Aerospace Industries/Elta. Più in là seguiranno i necessari colloqui fra costruttori e forza armata. Per l’acquisto dei velivoli AEW i quattrini dovrebbero esserci, visto che come abbiamo anticipato nel n. 124 li compriamo in cambio della fornitura (del valore di circa 760 milioni di euro) a Gerusalemme di 30 addestratori AleniaAermacchi M-346. Il pacchetto di “offset” messo sul tavolo da Israele prevede però anche altri acquisiti da parte italiana. Si vedrà. Con l’affitto del dimostratore Gulfstream III/AML l’esigenza SIGINT/ISR è in qualche modo coperta almeno fino all’aprile 2014, quando scadrà la proroga di un anno del contratto di leasing, che è legittimo sperare ci sarà. Poi, chissà. La vicenda di questi aeroplani la dice lunga sugli affanni della nostra Difesa. Nell’aprile 2009, decidendo di procedere con il programma Joint Strike Fighter e di costruire la FACO di Cameri, il Parlamento diede via libera anche all’acquisto di due aerei da intelligence, ma lo fece “con riserva”, considerandoli “oggetto di successiva valutazione di compatibilità/percorribilità”. La spesa per le due piattaforme multi-sensore e multi-missione prese allora in considerazione, basate ancora su cellule Gulfstream (i candidati erano gli IAI AISIS e/o MARS, derivati dal G-550), era stimata in 280 milioni di euro da spalmare fra il 2009 e il 2016. Si dovevano spendere 40 milioni di euro all’anno per sette anni. Poi la voce SIGINT nel 2010 e nel 2011 è sparita dall’elenco della spesa (non dovrebbe apparire nemmeno nella Nota Aggiuntiva 2012, rilasciata nel momento di chiudere questo pezzo). Si è preferito tirare la coperta - un lembo bello spesso - da altre parti.
    (vedere la Nota 2012 http://www.difesa.it/Content/Pagine/...iario2011.aspx).

  9. #334
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    Predefinito Re: News militari (air based)

    A.D. di Silvio Lora Lamia.

    La NATO dice che non si devono superare i 30 minuti, ma di solito ne bastano 25. Il 16 ottobre, davanti a un folto gruppo di giornalisti europei, una delle prime batterie del sistema missilistico anti-aereo e anti-missile SAMP/T dell’Esercito Italiano ci ha messo solo 21 minuti per dispiegarsi ed essere pronta a lanciare. I militari hanno gongolato un po’, e ci è parso giusto. Da poco più di un anno hanno in linea il più moderno sistema d’arma superficie-aria europeo, e l’addestramento per raggiungere ai primi del 2013 una capacità operativa iniziale con le prime 2 delle 5 batterie ordinate nel 2003, procede bene. Il software utilizzato è quello finale, e la capacità in realtà è già più che iniziale, visto che il sistema sarà il grado non solo di difendere un obiettivo “a punto fisso” ma anche una forza di terra in movimento. Entro la fine dell’anno venturo arriverà la “Full Capability”, non appena al sistema sarà data la capacità di gestire la trasmissione dati in Link 16. Con il SAMP/T l’Esercito risulterà così pienamente integrato nella Difesa Aerea nazionale, potendo connettersi anche con il “terminale” italiano degli assetti AWACS della NATO. Basato sul missile bi-stadio (booster più “veicolo” intercettore) Aster 30, il nuovo sistema è in grado di vedere e abbattere anche “in automatico” qualsiasi minaccia aerea: aeroplani, elicotteri, UAV, missili di crociera, missili antiradar e guidati in generale. Può ingaggiare bersagli che manovrano fino a 10 g, con superfici radar riflettenti di 0,006 metri quadrati, volanti a mach 3,5 e a quota “cima alberi”. Grazie alle particolari performance del seeker (un radar “pulse doppler” di Thales e Sistemi Integrati) montato nell’ogiva, nell’attuale configurazione Block 1 l’Aster 30 può ingaggiare anche missili balistici a corto raggio (600 km), “missione” che da sola qualifica tutto il sistema, anche in considerazione della rapida proliferazione di questo tipo di vettori militari. Se il bersaglio del missile balistico è proprio la batteria, il sistema può reagire in automatico senza intervento umano, addirittura senza la presenza fisica degli addetti sul posto. Un’opzione più che “salutare” se si pensa che questo tipo di ordigni piombano dal cielo a velocità dell’ordine degli 8.000 chilometri all’ora, richiedendo tempi di reazione ultra-rapidi

  10. #335
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    Predefinito Re: News militari (air based)

    Praticamente un P180 in scala e radiocomandato...


    Abu Dhabi (UAE) – Piaggio Aero Industries e Selex ES, una società Finmeccanica, hanno presentato oggi ad IDEX 2013, il salone della difesa e della sicurezza in corso ad Abu Dhabi, il nuovo velivolo a pilotaggio remoto (VPR) Piaggio Aero P.1HH “HammerHead” Unmanned Aerial Systems (UAS). Il programma P.1HH “HammerHead” ha come obbiettivo lo sviluppo di un sistema aereo a pilotaggio remoto (APR o UAS – Unmanned Aerial System) ad elevate performance operative per missioni di sorveglianza, intelligence e ricognizione (ISR). Dopo due anni di sviluppo, la presentazione del P.1HH “HammerHead” ha seguito di pochi giorni il roll out del velivolo avvenuto il 14 Febbraio scorso contestualmente al primo test di accensione motori ed il primo rullaggio presso una base della Aeronautica Militare Italiana. Il primo volo del Piaggio Aero P.1HH – UAV è previsto per il 2013 dopo il completamento dell’integrazione del Sistema di gestione e controllo del velivolo e la conclusione dei ground test. Il Piaggio Aero P.1HH “HammerHead” è un velivolo capace di decollo e atterraggio automatico (ATOL Automatic Take Off and Landing) che si posizione nella fascia alta dei velivoli a pilotaggio remoto MALE (Medium Altitude Long Endurance). L’UAV può raggiungere la quota di 13.700 metri con una permanenza in volo di oltre 16 ore. La missione è gestita da una stazione di terra , collegata attraverso un sistema di comunicazione in linea di vista (Line of Sight – LS) e via satellite oltre la linea di vista (Beyond Line of Sight – LOS) che consente il controllo remoto dei sistemi di navigazione e di missione dell’aeromobile. “Il P.1HH HammerHead è certamente il più importante e ambizioso progetto di Piaggio Aero e proietta l’azienda verso il settore dei sistemi aerei a pilotaggio remoto impiegati in missioni di ssorveglianza e controllo. “Ha dichiarato Alberto Galassi Amministratore Delegato di Piaggio Aero “I sistemi unmanned rappresentano il futuro della sicurezza aerea, terrestre e marittima per la loro versatilità di impiego operativo. Progettato per integrare i più sofisticati sistemi di navigazione e di missione oggi disponibili il Piaggio Aero P.1HH ridefinisce gli standard e il concetto stesso di pattugliamento offrendosi al mercato internazionale come la sistema più innovativo e versatile nel settore della ricognizione e della sorveglianza aerea. Con lo sviluppo di una nuova generazione di pattugliatori multiruolo MPA e di sistemi aerei a pilotaggio remoto P.1HH , Piaggio Aero diversifica la propria attività in un settore strategico e ad alta tecnologia con il supporto fondamentale dei propri azionisti internazionali, Mubadala Aerospace e Tata Limited.”
    Come il Piaggio Aero MPA – Multirole Patrol Aircraft – presentato a Luglio 2012, anche il Piaggio Aero P.1HH “HammerHead” unmanned aerial system – è derivato dalla piattaforma P.180 Avanti II riprogettata con una nuova configurazione aerodinamica, maggiore estensione alare (15.5 m) ed una superiore capacità di carico utile combinando specifici interventi strutturali alla consolidata configurazione turboprop ad eliche spingenti e tre superfici portanti. La sezione esterna delle ali del P.1HH UAV è rimuovibile per consentire la trasportabilità del velivolo via terra rendendo possibile l’ impiego del sistema in qualsiasi scenario operativo. Piaggio Aero svilupperà il nuovo P.1HH “HammerHead”, in partnership con Selex ES che fornirà i sistemi di controllo del volo e navigazione a pilotaggio remoto e di missione skyISTAR nel quale sono integrati il radarSeaSpray 7300E R, l’interfaccia di comunicazione e data Link. Selex ES collaborerà con Piaggio Aero anche per l’integrazione dei sistemi a bordo. “Siamo orgogliosi di essere stati selezionati da Piaggio Aero per questo unico ed ambizioso progetto capace di mettere insieme le competenze di due aziende Italiane d’eccellenza operanti nel settore della sicurezza” ha dichiarato Fabrizio Giulianini, Amministratore Delegato di Selex ES. “Questo primo risultato premia gli sforzi e gli importanti investimenti che Selex ES ha dedicato allo sviluppo di tecnologie applicate ai sistemi unmanned, oggi integrati nel sistema skyISTAR che , dopo appena 2 anni dal suo lancio, ha trovato con Piaggio Aero ed il P.1HH HammerHead il primo cliente e la prima piattaforma d’impiego. Questa partnership rappresenta anche la possibilità inedita di offrire al mercato internazionale il primo sistema completamente europeo di sorveglianza a pilotaggio remoto della classe MALE”. Il sistema di missione del Piaggio Aero P.1HH, basato sullo skyISTAR di Selex ES trova impiego specifico in ogni missione di ricognizione: controllo delle frontiere e delle acque territoriali, immigrazione illegale, protezione da attacchi terroristici, anti contrabbando, tutela dei siti e delle infrastrutture sensibili, protezione ambientale. Le caratteristiche e le performance della nuova piattaforma di sorveglianza sviluppata da Piaggio Aero e la configurabilità dei sistemi di missione di Selex ES secondo le diverse esigenze del cliente, fanno del P.1HH “HammerHead” il sistema di sorveglianza a pilotaggio remoto più tecnologicamente avanzato nel settore di riferimento.
    Piaggio Aero Industries è attiva nella progettazione, costruzione e manutenzione di velivoli, motori aeronautici e componenti strutturali. Costituita nel 1998, l’azienda è strutturata in 4 unità operative: Genova, Finale Ligure, Napoli,e West Palm Beach negli USA (Piaggio America INC) Tecnologia e impegno per ricerca e sviluppo uniti a design e stile innovativo, sono i driver dello sviluppo di Piaggio Aero Industries, realtà protagonista nel mercato mondiale degli aerei executive, special mission e della motoristica aeronautica. La struttura societaria Piaggio Aero Industries S.p.A. è costituita da Tata Limited, società britannica del Gruppo Tata, la multinazionale Indiana considerata tra i più grandi conglomerati Industriali del mondo; Mubadala Aerospace parte di Mubadala Development la società di investimenti strategici del Governo di Abu Dhabi – e le Famiglie Ferrari e Di Mase.Selex ES, società di Finmecannica, è un leader globale nelle tecnologie elettroniche e informatiche applicate ai sistemi di difesa, all’aerospazio, alla sicurezza e protezione delle informazioni delle infrastrutture e del territorio nonché alla realizzazione di soluzioni “smart” sostenibili. Operativa dal 1 gennaio 2013, Selex ES integra le attività di SELEX Galileo, SELEX Elsag e SELEX Sistemi Integrati, società di Finmeccanica, ed è in grado di offrire sistemi, prodotti e soluzioni all’avanguardia in risposta alla crescente domanda di capacita’ avanzate nei settori della sicurezza nazionale e della difesa nonche’ nella gestione di infrastrutture civili complesse. Con una forza lavoro di17.900 persone e oltre 3,5 miliardi di euro di ricavi, Selex ES ha le sue sedi principali in Italia e Regno Unito e una forte presenza industriale negli USA, Germania, Turchia, Romania, Arabia Saudita e India.Fonte Comunicato Piaggio Aero/ Selex ES

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